F1 | Gran Premio di Russia: l’analisi della gara

La Mercedes centra una preziosa doppietta sfruttando la strategia, la VSC e gli errori della Ferrari

F1 | Gran Premio di Russia: l’analisi della gara

Dopo un digiuno di tre gare, la Mercedes torna a vincere interrompendo il filotto di successi Ferrari. Lo fa sua una pista che sin dalla sua prima edizione ha sempre visto la squadra tedesca centrare il primo posto, ma se nelle precedenti occasioni la vittoria era arrivata in modo con una gara gestita dall’inizio alla fine, questa volta non è stato così semplice riuscire a tornare a casa con la coppa più ambita.

A conquistare il primo posto è stato Lewis Hamilton, bravo a mettersi nelle condizioni di poter sfruttare ogni occasione che gli si è presentata per concludere la corsa davanti a tutti: indubbiamente la Virtual Safety Car gli ha dato una mano, ma la strategia e il passo gara mostrato fino a quel punto sono stati due aspetti fondamentali ai fini del risultato finale, senza il quale l’inglese probabilmente non sarebbe mai riuscito a portare a casa il suo nono successo stagionale. A completare la doppietta Mercedes ci ha pensato Valtteri Bottas, autore di una corsa non ai suoi livelli qui a Sochi, ma in cui è stato bravo a difendersi da Charles Leclerc nella seconda metà di gara.

La Ferrari torna a Maranello con un terzo mesto posto, figlio della sfortuna e di una gestione di gara che ha lasciato molto a desiderare. Gli ordini di scuderia già al sesto giro, tra l’altro in un momento della corsa estremamente delicato, l’errata gestione delle fasi del pit stop e delle pit window, oltre ad un ennesimo problema di affidabilità, hanno fatto sì che la Rossa di Maranello non sia riuscita ad andare oltre l’ultimo gradino del podio, nonostante in realtà nelle prime tornate la situazione sembrasse in discesa. Per Sebastian Vettel è arrivato il primo ritiro dell’anno, causato da un problema alla centralina sulla sua monoposto che ha fatto andare K.O. l’MGU-K. Il tedesco fino a quel momento era sembrato estremamente competitivo anche rispetto al compagno di box, e se non fosse stato per gli ordini di scuderia e gli inconvenienti tecnici, non è difficile immaginarsi che molto probabilmente avrebbero concluso la corsa davanti a tutti come due settimane fa.

Non è stato un fine settimana particolarmente semplice in casa Red Bull, ma che può essere inquadrato piuttosto come una sorta di preparazione all’appuntamento di Suzuka, il Gran Premio di casa per il partner motoristico Honda. Sia la casa madre che la Toro Rosso, proprio in vista dell’appuntamento giapponese, hanno deciso di giocarsi il tutto per tutto, montando una nuova Power Unit spec. 4 abbinata ad una nuova benzina, come confermato dai piloti, la quale dovrebbe ritornare utile proprio in vista della prossima tappa del mondiale. Per questo tutti e quattro i piloti motorizzati Honda hanno dovuto pagare sulla griglia di partenza una penalità di cinque posizioni, la quale indubbiamente non ha giocato a loro favore.

È stato un fine settimana estremamente positivo per la McLaren, ancora una volta capace di conquistare il titolo di “best of the rest”, piazzandosi davanti a tutti nella midfield. Entrambi gli alfieri del team di Woking hanno disputato un’ottima prestazione, concludendo in sesta e ottava posizione. A brillare è stato anche Sergio Perez, ancora una volta decisivo per la Racing Point, nonostante le situazioni di gara non abbiano giocato a suo favore. A concludere la top ten il danese della Haas, bravo a finire a punti nonostante una penalità, e Nico Hulkenberg, penalizzato da alcune scelte del team in termini di strategia. Non è stata una giornata altrettanto entusiasmante per la Toro Rosso, l’Alfa Romeo e la Williams, tutte fuori dai punti.

Ferrari e il segreto della stanza dei bottoni

Il weekend russo della Rossa di Maranello a posteriori non può non essere visto come un’occasione sprecata, perché gli ingredienti per riuscire a centrare il quarto successo consecutivo, risultato che mancava dal 2008, c’erano tutti. Grazie alla pole position di Charles Leclerc e il terzo posto di Sebastian Vettel in griglia, la gara sembrava essersi indirizzata sui binari giusti, in particolar modo dopo che alla partenza il tedesco era riuscito a prendere la testa della corsa, portando le due SF90 davanti a tutti. Ed invece capita che nello spazio di qualche giro il mondo si ribalti, e che quella gara che sembrava essere messa quasi in cassaforte diventi una disfatta. È andata così anche in Russia, dove una strategia opinabile e un problema di natura della vettura di Sebastian Vettel hanno dato la possibilità alla Mercedes di ribaltare la corsa e portare a casa l’intero bottino. Nella domenica Ferrarista si è visto un po’ di tutto, a partire dagli ordini di scuderia imposti nei primissimi giri, passando per decisioni discutibili fino ad arrivare a quella centralina che, per la seconda volta in stagione, decide di dare il benservito a tutti privando la squadra di Mattia Binotto di un altro risultato di prestigio.

Procedendo con ordine, però, la gara dei due Ferraristi inizia prima della corsa stessa, nel briefing tenutosi domenica mattina. Quella di di Sochi è una pista particolare e partire dalla pole position – in determinate situazioni – può rivelarsi quasi uno svantaggio piuttosto che qualcosa a favore, dato il suo lungo rettilineo che permette a chi sta dietro di prendere la scia e portare un attacco in curva 2. Considerando il risultato delle qualifiche, in cui Charles Leclerc era riuscito a conquistare la prima casella, mentre Sebastian Vettel non era riuscito ad andare oltre il terzo posto, complice l’ottimo giro di Lewis Hamilton che gli era valso la seconda fila, la strategia in casa Ferrari era chiara: l’obiettivo era far sì che il monegasco si mettesse a disposizione del team fornendo la scia al proprio compagno di squadra, in modo che il tedesco potesse superare Hamilton e portarsi in testa. La priorità, quindi, era riuscire a portare davanti a tutte entrambe le vetture, fattore che avrebbe sicuramente agevolato la gara della Ferrari dal punto di vista tattico, considerando anche la differente scelta effettuata dalla Mercedes di partire con le medie, opzione che sicuramente forniva più elasticità in termini di strategia. Una volta completato ciò, in gara si sarebbe proceduto allo scambio di posizioni, in modo da ritornare il favore a Leclerc stesso.

E nel corso del primo giro, infatti, tutto va come prestabilito. Vettel scatta bene portandosi subito in seconda posizione, sfruttando anche la brutta partenza di Hamilton, prende la scia di Leclerc, che a sua volta dopo aver guardato gli specchietti si mantiene sulla sinistra per agevolare il compagno di squadra, il quale si porta in testa alla corsa. Ma è proprio da questo accordo e da questa situazione che nasce tutto il fraintendimento che vedrà poi protagonisti i due Ferraristi in gara e nel post-gara. Nelle classiche interviste ognuno ha poi dato una propria versione diversa in merito a quale fosse l’accordo preso prima della corsa e forse per questo è più utile riportare direttamente quella del team team principal: “Avevamo chiesto a Charles di concedere la scia a Sebastian, perché era il modo migliore per cercare di essere primo e secondo al primo giro. In quel momento però era una scia naturale, perché Seb aveva già sorpassato Hamilton. Forse avremmo dovuto essere ancora più chiari con i ragazzi prima della gara, ma anche da questo impareremo”, ha commentato Mattia Binotto.

Insomma, tutto sembra girare intorno a questo piccolo ma fondamentale dettaglio: Leclerc ha fornito la scia o Vettel se l’è guadagnata da solo? A questo punto è utile andare a riascoltare i team radio dei piloti con la squadra nel corso del secondo giro in un momento in cui era uscita la Safety Car per l’incidente che aveva visto coinvolto Romain Grosjean al via. Sia a Vettel che a Leclerc era stato comunicato che la “start performance” fosse la stessa per entrambi, quindi, secondo i dati a disposizione del team, i due erano scattati dalla loro rispettiva casella in modo equiparabile. Il problema sorge non tanto in questo frangente, ma piuttosto in ciò avviene pochissimi metri subito dopo il via: per superare Hamilton, il quale non era stato protagonista di uno scatto eccezionale dato anche il minor grip offerto dalle gomme a mescola media rispetto alle soft delle due Ferrari, Vettel non aveva avuto la necessità di sfruttare la scia del compagno di squadra, ma aveva concluso il tutto da solo senza aiuti esterni. Avendo quindi già preso la seconda posizione ed essendosi già portato davanti al rivale della Mercedes, a quel punto la strada per Sebastian era spianata e la logica conclusione è che in ogni caso, anche se non fosse stato agevolato da Leclerc, il tedesco sarebbe andato a prendersi comunque la scia in modo naturale, come confermato da Binotto stesso. In una situazione senza accordi, a quel punto il monegasco avrebbe dovuto cercare di difendersi spostandosi sulla destra per coprire l’interno, cosa che però lo avrebbe penalizzato nell’impostazione di curva 2, dando la possibilità a Vettel di avere un miglior ingresso dall’esterno per portare poi successivamente l’attacco in curva 3 o 4, come ne abbiamo visti tanti nel corso del Gran Premio. Insomma, dal punto di vista di Vettel, l’aiuto del compagno di squadra è stato completamente ininfluente, perché anche senza di esso, sarebbe riuscito comunque a superare il rivale della Mercedes.

Bisogna però giudicare la situazione da due punti di vista, mettendosi anche nelle scarpe di Leclerc. Dalla sua prospettiva, il fatto di aver o non aver superato Hamilton al via esulava da quelli che erano gli accordi, e per questo Charles si è messo comunque a disposizione della squadra fornendo la scia al compagno senza opporre resistenza, anche perché pur cercando di resistere, non sarebbe stato semplicissimo conservare la posizione. Per questo è chiaro che in una fase successiva della corsa, quantomeno dal suo punto di vista, il monegasco si sarebbe effettivamente aspettato che l’accordo venisse rispettato, scambiando le posizioni al fine di riavere la testa della corsa che si era guadagnato con la pole position, tanto che già nel corso del primo giro il monegasco aveva solelvato la questione via radio: “Just for me to understand. The situation was pretty clear, right?” [“Giusto per me per capire. La situazione era chiara, corretto?”, n.d.r.], sono state le sue parole. Pochi secondi dopo dal box gli viene confermato che la situazione fosse chiara e che in un momento successivo si sarebbero fatti sentire per discutere sul da farsi: “Yes, we will come back to you. Everything is fine”, ha detto via radio l’ingegnere di pista di Leclerc, Xavier Marcos.

Ma questo solleva molti interrogativi. Se Hamilton avesse avuto un problema in griglia o avesse stallato, come si sarebbe evoluta la situazione a quel punto? I due piloti avrebbero potuto lottare liberamente o avrebbero dovuto mantenere le posizioni cercando anche di proteggersi a vicenda, in modo da mantenere la testa della corsa con entrambe le vetture? Possibile che tutti questi scenari non siano stati presi in considerazione, sentendo le parole nel post-gara? Insomma, come dichiarato dal team principal della Ferrari, forse ci sarebbe stato bisogno di essere più chiari in merito ai possibili scenari che si sarebbero potuto verificare e come agire in merito. Da questo punto di vista è mancata organizzazione, ed è qualcosa che il team italiano pagherà molto caro nel resto della corsa.

Ciò nonostante, al muretto della Rossa la reazione iniziale, dato che le performance start erano le medesime, è quella di rispettare l’accordo, e per questo sempre durante il periodo di Safety Car nel secondo giro viene confermato ad entrambi i piloti che il team stava effettivamente pensando a scambiare le posizioni. Anche perché, detto molto francamente, considerando le parole che abbiamo ascoltato dopo la corsa e quanto accaduto a Singapore, probabilmente sarebbe stato complicato spiegare a Charles una decisione al contrario, con tutte le eventuali polemiche che ciò avrebbe potuto generare. Da parte del monegasco non arriva nessuna particolare controindicazione in merito, in fondo si stava delineando la situazione che si aspettava, mentre per quanto riguarda Vettel il messaggio è risultato leggermente più criptico: “Copy. I was ahead in or after turn one, so your call.”. Insomma, dal punto di vista del tedesco, ciò che contava effettivamente era proprio l’aver superato Hamilton già prima di curva 1, come si può vedere dalla ricostruzione sovrastante, quindi ciò che sarebbe venuto dopo era tutto di guadagnato e naturale, indipendentemente dal fatto che Charles avesse o non avesse opposto resistenza. Per questo Vettel, fatto comunque presente il suo punto di vista, decide di lasciare la decisione in merito al team con quel “your call”. Non è da vedere come un rifiuto in sé, bensì come una precisazione e un chiarimento in merito a ciò che forse non era stato previsto. La gara prosegue sotto Safety Car e il muretto continua a ricordare di gestire al meglio le gomme, i freni e di massimizzare le zone full throttle alla ripartenza.

Finalmente la corsa riprende dopo il periodo di neutralizzazione nel corso del quarto giro, in cui Sebastian Vettel fa immediatamente la differenza come a Singapore, riuscendo a guadagnare quei metri che lo avrebbero messo al riparo da un possibile attacco. Ciò però si scontra con la brutta ripartenza del compagno di squadra, non particolarmente brillante soprattutto nella parte finale della pista: nel tratto che separa la penultima e l’ultima curva, infatti, il monegasco finisce largo, finendo con le ruote sulla parte esterna dove è situato un inserto in plastica che offre minor grip. Un comportamento da tenere a mente perché si ripresenterà nel prosieguo della gara.

Le cose iniziano a farsi interessanti a partire dalla fine del quinto giro, quello in cui a Vettel arriva la prima comunicazione in merito al lasciar passare il suo compagno. Come il muretto aveva già fatto intendere via radio nelle tornate precedenti, la scelta fatta era comunque abbastanza chiara: indipendentemente da come sia era evoluta la situazione, la priorità era quella di rispettare l’accordo, facendo tornare Leclerc davanti. Da parte del tedesco c’è stata però qualche piccola rimostranza, sottolineando ancora una volta il suo punto di vista in merito alla partenza: “Do you know that? But I would have got him anyway”. Insomma, l’intento di Vettel era quello di rimarcare ancora una volta come di per sé l’aiuto di Leclerc non fosse stato determinante nel sorpassare Hamilton e che, di conseguenza, l’attacco sul compagno di squadra sarebbe avvenuto comunque. Ma ciò che è ancora più interessante è la comunicazione immediatamente successiva pronunciata dallo stesso Vettel, quel “but let’s break away for another two laps, let me know”. Perché questa comunicazione è fondamentale? Se da una parte essa può indubbiamente avere un’accezione “egoistica”, nel senso sono davanti e ci voglio restare (in fondo ad un campione non puoi togliere il piacere e il gusto di essere in testa, martellando tempi inarrivabili per chiunque), dall’altra è importante leggere come si stesse evolvendo in quel momento la situazione. Sebastian era in testa, seguito da Charles a poco più di un secondo, il quale a sua volta aveva un vantaggio di circa due secondi e mezzo su Lewis Hamilton. E questo il quattro volte campione del mondo lo sapeva, perché via radio gli erano anche stati comunicati proprio i tempi e i distacchi dall’inglese. Da questo punto di vista il pilota tedesco è stato molto furbo ed intelligente a livello tattico, perché scambiare le posizioni in quel momento sarebbe stato deleterio anche proprio le Rosse stesse, in quanto coà avrebbe solamente dato l’opportunità ad Hamilton di riavvicinarsi. Se infatti ipotizziamo una situazione in cui effettivamente il piano fosse andato avanti secondo le prerogative Ferrari, allora Sebastian avrebbe dovuto trovare il punto ideale in cui rallentare quel secondo e mezzo tale da far passare Charles e allo stesso tempo avrebbe anche dovuto provare a rimanere il più vicino possibile proprio al compagno di squadra. Detto fatto, il problema è che seguendo questa linea Hamilton probabilmente si sarebbe trovato più o meno un secondo dietro Vettel: certo, il tedesco avrebbe mantenuto il secondo posto, ma al contempo, nel caso il passo di Charles non fosse stato sufficiente per creare un gap consistente, allora Sebastian si sarebbe ritrovato chiuso a panino in una situazione in cui non solo avrebbe rovinato le sue gomme, ma in cui avrebbe addirittura potuto regalare il DRS a Hamilton. E questo era assolutamente da evitare, perché in quel modo si sarebbe andato a favorire il rivale proprio nel suo principale punto debole, senza contare che ciò avrebbe permesso a Lewis di contenere il gap nonostante fosse su gomma media, cosa che avrebbe potuto portare un considerevole vantaggio in termini di strategia nel prosieguo della corsa. Da questo punto di vista a Sebastian si può dire poco, è uno dei piloti con la miglior visione di gara e la migliore intelligenza tattica in griglia, uno dei pochi che sappia leggere così bene determinate situazioni pur essendo in macchina.

L’obiettivo a questo punto era semplice: prendere spazio e cercare di guadagnare il più possibile su Hamilton, lo scambio non era fattibile. E non a caso, già nel corso di quello stesso sesto giro, il quattro volte campione del mondo piazza intertempi record, facendo segnare il tempo più veloce della gara. La storia si ripete nel corso della tornata successiva, con il team che via radio comunica nuovamente a Sebastian di cedere la posizione, aggiungendo il gap tra Leclerc e il pilota delle Frecce d’Argento. Anche in questo caso, però, la risposta da parte di Vettel è stata negativa: “Negative. Tell him to close up.” [Negativo, ditegli di avvicinarsi, n.d.r.]. Anzi, paradossalmente lo stesso Sebastian continuava a prendere spazio, piazzando giri record a ripetizione, come si può notare dalla tabella sovrastante. Contemporaneamente, però, a Charles arriva un’altra comunicazione: così come nel giro precedente, anche in questa tornata al pilota monegasco viene detto che il pilota di Heppenheim lo avrebbe lasciato passare, cosa che non è poi avvenuta. A seguito della comunicazione di Vettel, il muretto apre nuovamente la radio a Leclerc per dirgli di chiudere il gap e che lo scambio sarebbe avvenuto nella tornata successiva. A questo punto, comprensibilmente, il numero 16 apre a sua volta la radio, facendo capire in modo chiaro che accorciare le distanze non sarebbe stato semplice: “You put me behind. I respected everything. We will speak later. But now it’s difficult to close the gap, obviously” [Voi mi avete messo dietro, io ho rispettato tutto. Parleremo dopo. Ma ora è difficile chiudere il gap ovviamente]. Ma perché Charles non è riuscito ad avvicinarsi? Il primo motivo è il passo di Vettel, che indubbiamente non si stava risparmiando dal canto suo, il secondo è che in quei pochi giri in cui Leclerc aveva cercato di rimanere attaccato dietro il suo compagno di squadra, egli aveva finito per surriscaldare le gomme, vedendosi quindi costretto a perdere in termini di prestazione assoluta.

La situazione si ripete anche nel corso dell’ottavo giro, in cui a Sebastian viene riferito “Starting to close the gap. Let him by. He’s 1.4 behind”, a cui in realtà il tedesco non risponderà. Come nella tornata precedente, il muretto comunica a Leclerc che avrà strada libera in questo giro, situazione che anche in questo caso non si è verificata. È importante sottolineare che, comunque, il vantaggio di Leclerc su Hamilton fosse rimasto pressoché costante fino a quel momento, quindi se pensare di invertire le posizioni nel corso del sesto giro era quasi utopia, di certo non era diventata una soluzione praticabile solamente 3 tornate più tardi con un gap simile. Le carte in tavola cambiano però nel corso del nono giro, quando a Vettel viene comunicato di essere sul piano C, mentre sulla radio di Leclerc torna a parlare Laurent Mekies, il direttore sportivo della Ferrari già protagonista a Singapore: “Charles we will do the swap a bit later on. Lewis is a bit close and we want to push now. We will do it later. Just focus on your race. Thank you.” [Charles, faremo lo scambio più avanti. Lewis è vicino e ora vogliamo spingere. Lo faremo dopo. Concentrati sulla gara. Grazie., n.d.r.]. È chiaro che anche in Ferrari avevano finalmente compreso ciò a cui Sebastian era arrivato qualche tornata prima, ovvero che effettuare lo scambio in quel momento della gara fosse una scelta controproducente e rischiosa, rimandando il tutto ad un’altra fase della corsa, probabilmente il pit stop. Da parte sua Leclerc, al contrario di Singapore, è rimasto piuttosto calmo, spiegando la situazione dal suo punto di vista e consigliando alla squadra sul concentrarsi in merito alla gestione stessa: “I completely understand. The only thing is that I respected, I gave him the slipstream, no problem. Then I tried to push at the beginning of the race but I overheated the tyre. But anyway, it’s no problem. Manage the situation. “ [Comprendo completamente. L’unica cosa è che io ho rispettato (l’accordo), gli ho dato la scia, nessun problema. Poi ho provato a spingere all’inizio della gara ma ho surriscaldato gli pneumatici. Ma comunque, non è un problema. Gestite la situatione, n.d.r.]

Liberi momentaneamente dai team order, i due Ferraristi continuano nella propria gara, con Vettel che continua a piazzare tempi record inarrivabili per gli avversari, in particolar modo per il compagno di squadra, su cui finisce per prendere un cospicuo vantaggio. A testimoniare il fatto che il tedesco in quel momento avesse una marcia ci sono due situazioni: la prima è tabella dei tempi, che chiaramente mostra come Sebastian, anche nel momento a cui Charles è stato detto spingere (giro 16) via radio, abbia sempre tenuto un ritmo importante, che solo Hamilton verso fine stint è riuscito a pareggiare in concomitanza con il calo degli pneumatici sulla vettura proprio del numero 5. La seconda viene dalle camere onboard. È infatti interessante notare come nella prima parte di gara i ruoli si fossero invertiti rispetto alla qualifica: se a serbatoi scarichi quello che soffriva e che spesso finiva largo era Sebastian, a serbatoi carichi la situazione si era ribaltata, dato che era Charles quello che finiva con più frequenza nella parte più esterna della pista, andando su quella parte in plastica che fornisce minor grip. Insomma, il 4 volte campione del mondo in quella fase della gara stava guidando in maniera nettamente più pulita, e non è un caso che a Leclerc venga poi detto di migliorare la velocità all’apice della curva proprio in cui tratti della pista in cui stava soffrendo in termini di uscita.

La gara prosegue fino al 22° giro, quello in cui la Ferrari decide di richiamare ai box Leclerc per mettere in atto lo scambio tra i due piloti. La tattica era semplice: richiamare il numero 16 per montargli un nuovo set di gomme, lasciare che con gli intertempi riuscisse a ricucire quel distacco accusato nel primo stint e, solo a quel punto, richiamare Sebastian per una sosta, facendolo uscire naturalmente dietro al compagno di squadra, ma con un gap ridotto, in modo da dargli la possibilità di lottare per il successo in pista. Ed infatti i giri successivi seguono proprio questo copione. C’è da sottolineare come in realtà a gomma nuova, dato anche il poco degrado riscontrato, non stesse facendo una differenza netta rispetto a chi era rimasto in pista, soprattutto nel primo e nel secondo settore, con il solo ed ultimo intertempo a rappresentare la possibilità di guadagnare in modo sostanzioso, tanto che a Leclerc ci sono voluti ben quattro tornate per riuscire a rientrare nella pit window del compagno di squadra. Da parte sua Vettel non ha fatto grandi rimostranze via radio in merito alla decisione presa dal team, limitandosi a dire che in quel momento le sue gomme posteriori stessero iniziando a calare, forse per chiedere anche velatamente di fermarsi, seppur non lo abbia richiesto espressamente.

Scelta condivisibile o meno, ciò rimane quanto la Ferrari ha deciso. Il problema è che di per sé la squadra di Maranello, prendendo questa decisione, ha sbagliato tutto ciò che era possibile sbagliare nella sua gestione. Per affrontare questo discorso bisogna però porsi una domanda: cosa volevano fare in Ferrari? Proteggere una vittoria sicura con Vettel o mettere a rischio tutto per una possibile doppietta a parti invertite? È chiaro che la squadra di Maranello abbia scelto la seconda opzione, ma facendo ciò si è esposta a tutti i rischi del caso nel momento dei pit stop.

Naturalmente la squadra di Maranello, al fine di agevolare lo scambio di posizioni, ha deciso di richiamare per primo Leclerc, nonostante generalmente la priorità per la sosta venga data a chi è davanti, a meno di situazione particolari come quella che si era presentata a Singapore. A quel punto, però, Vettel non sarebbe mai potuto rientrare ai box per due motivi: il primo è che banalmente vi era la necessità di aspettare che Charles completasse l’undercut ai danni del compagno, mentre il secondo è che vi era ancora la necessità di andare a coprire su Hamilton, che in quel momento, è bene ricordarselo, era su una strategia che gli permetteva maggior flessibilità. Fino a qui nulla di male in sé. Il problema sorge nel momento in cui la Ferrari decide di richiamare Sebastian, non appena Leclerc era riuscito a portarsi nella pit window ed assicurarsi la posizione: chiaramente il muretto ha deciso di richiamarlo al primo momento utile a nostro parere per far sì che nel momento in cui sarebbe poi uscito dalla pit lane, Vettel si sarebbe trovato sufficientemente vicino da potersi giocare comunque le sue chance di vittoria. Una sorta di restituzione per quanto tolto. Facendo ciò, però, in Ferrari hanno fatto esattamente ciò che non dovevano fare, ovvero smarcare Hamilton ed esporsi al rischio che comporta perdere la track position. Perché nel momento della sosta di Vettel, Leclerc non era ancora riuscito a rientrare in quella che era la pit windows in caso di VSC del campione inglese della Mercedes. Cosa significa ciò? Che se, dopo la sosta di Sebastian, fosse entrata in pista una Safety Car o una Virtual Safety Car, anche non causata da uno dei due piloti Ferrari, allora Lewis sarebbe rientrato sicuramente davanti, conquistando la testa della corsa. Ed è un errore grave, perché in realtà a Leclerc mancavano davvero una manciata di secondi per riuscire a rientrare in quella finestra e mantenere la prima posizione nel caso dell’entrata di una SC.

In Ferrari hanno forse peccato di presunzione, pensando di aver già la gara in mano quando in realtà non l’avevano. Hanno peccato di arroganza cercando di voler centrare una doppietta complicata a parti invertite, esponendosi a tutti i rischi del caso, piuttosto che portarsi a casa una vittoria sicura. Un errore pagato carissimo, perché esattamente nello stesso giro arriva l’episodio che ribalta la corsa: Sebastian Vettel è costretto a fermarsi a causa di un problema tecnico sulla sua monoposto, facendo entrare la Virtual Safety Car. In questo modo Hamilton ha avuto modo di fermarsi e risparmiare preziosi secondi sulla sua sosta, fattore che gli ha permesso di ritornare in pista davanti a tutti, anche davanti a Leclerc. Il monegasco è riuscito comunque a mantenere la seconda posizione, ma ormai il danno era ormai fatto. È buona regola in situazioni come queste, prima mettere al sicuro la vittoria e solamente dopo fermarsi. Per far ciò in Ferrari avrebbero dovuto lasciare fuori Sebastian ancora per un paio di giri in modo da conservare la track position, per poi richiamarlo ai box solamente nel momento in cui Leclerc avesse chiuso la pit window su Hamilton. In tutto ciò è bene segnalare che non ci sarebbero stati particolari problemi per Vettel, in quanto in quel momento disponeva ancora di un buon vantaggio su Lewis e il passo in realtà era ancora buono, due fattori che gli avrebbero anche permesso di evitare un possibile undercut proprio da parte dell’inglese. Ovviamente, però, ciò si sarebbe scontrato con la necessità della Ferrari di far tornare il campione tedesco immediatamente alle spalle del suo compagno di squadra dopo la sosta, dato che volendo mettere prima al sicuro la vittoria, Sebastian sarebbe poi tornato in pista con un distacco probabilmente intorno o superiore ai cinque secondi, perdendo ogni chance di vittoria. Il problema è che questa è esattamente la situazione che la Ferrari stessa si è andata a cercare, complicandosi inutilmente la vita per fare qualcosa di estremamente complicato su un accordo su cui nessuno era d’accordo, piuttosto che assicurarsi una vittoria sicura e tranquilla.

Ma cosa è successo al quattro volte campione del mondo e perché ha dovuto ritirarsi? Già nei primi metri dopo l’uscita dalla pit lane era evidente che qualcosa sulla SF90 numero 5 non stesse funzionando a dovere, tanto che il tedesco era rimasto in settima (neanche a limitatore) fino alla fine del rettilineo, segno che probabilmente ci fosse un problema nella parte ibrida o termica. Sebastian ha cercato immediatamente con grande lucità di identificare il problema, concludendo dalla sua breve analisi che stesse mancando il supporto dell’MGU-K: per questo ha provato ad azionare anche i boost ibridi con il K2 e il K1 Plus, in modo da comprendere quando fosse grave la situazione e se si potesse risolvere, ma si tratta di un nulla di fatto. Decide allora di avvertire immediatamente il muretto, il quale si era naturalmente anch’esso accorto del malfunzionamento. Ma poche tornate dopo è poi arrivata la comunicazione che nessuno avrebbe mai voluto sentire da parte di Ricciardo Adami: “And box. Stop the car now. Stop the car now.” A quel punto, ben conscio di quale potesse essere il problema, l’unica cosa che poteva fare Vettel era cercare il posto più sicuro in cui parcheggiare mestamente la sua Lina. A dare qualche informazione in più in merito ai motivi che hanno costretto il Ferrarista al ritiro ci ha pensato nelle classiche interviste Mattia Binotto: “C’è stato un problema alla centralina della Power Unit e abbiamo perso l’isolamento della monoposto. Per motivi di sicurezza dobbiamo fermarci immediatamente”, sono state le parole del team principal. Nel post-gara si è discusso a lungo in merito al fatto se il tedesco potesse o non potesse riportare la monoposto ai box evitando l’uscita della Safety Car: la risposta è assolutamente no. In casi come questo, in cui è coinvolto un malfunzionamento della parte elettrica della monoposto, il team presta sempre grande attenzione alla sicurezza dei piloti, imponendo agli stessi di fermare immediatamente la vettura, così come ha fatto Ricciardo Adami. La sicurezza dei piloti viene prima di tutto, tanto che sta allo stesso ingegnere istruire il driver in merito a come e quando poter scendere dalla monoposto: un episodio simile potrebbe essere quello in cui è stato protagonista Daniel Ricciardo in Bahrain, dove a seguito di un malfunzionamento dell’MGU-K, il muretto aveva chiesto all’australiano di fermarsi immediatamente e di aspettare una conferma da parte degli ingegneri in merito a quando e come uscire. Lo stesso Vettel sapeva benissimo che si trattasse di un problema che avrebbe potuto coinvolgere la parte elettrica e con la sicurezza non si scherza, dato che, per quanto ne sapevano in quel momento gli ingegneri e lo stesso pilota, vi era anche il rischio di prendere la scossa, tanto che allo stesso Sebastian è stato chiesto di saltare dalla vettura in modo “safely”, ovvero facendo un salto a piedi uniti. A confermare la pericolosità della situazione era anche la monoposto stessa, come si può vedere dai led illuminati di rosso vicino al roll bar, che indicano agli ingegneri e agli steward se sia sicuro o meno toccare la vettura: il rosso rappresenta il livello di rischio più alto, e per intervenire bisogna aspettare che essi cambino colore. Vettel ha seguito la procedura alla perfezione, parcheggiando vicino ad una via di fuga come vuole il regolamento: c’è da segnalare, oltretutto, come il quattro volte campione del mondo sia stato premuroso anche verso gli steward stessi, indicandogli di indossare i guanti e di prestare attenzione allo stato della vettura. Ciò nonostante per il Ferrarista è arrivato un mesto ritiro, tradito dalla sua SF90 quando stava disputando una gara che, senza team order, probabilmente lo avrebbe visto concludere sul gradino più alto, grazie ad un ottimo passo ed una bella gestione della gara.

Ironicamente, però, è stato proprio il ritiro del numero 5 a concedere alla Mercedes l’opportunità di portarsi in testa alla corsa sfruttando l’ingresso della Virtual Safety Car, rientrando quindi davanti a Leclerc. Il monegasco, che si era fermato solamente qualche giro prima, si è ritrovato a quel punto in una situazione complicata: dato che era sicuro di perdere comunque la posizione dall’inglese, la scelta si era spostata sul rientrare nuovamente per montare un nuovo set di gomme soft per mettersi in pari con i piloti Mercedes a livello di mescola ma perdendo la posizione su Valtteri Bottas, come era stato inizialmente proposto da Charles stesso, oppure mantenere il secondo posto ma su gomme medie, quindi in una situazione di svantaggio in termini di compound ma con la sicurezza di mantenere la track position. In un primo momento la scelta del team è stata quella di rimanere in pista, ma nel giro successivo la situazione si ribalta. Il muretto decide di chiedere nuovamente al proprio pilota quali siano le sue intenzioni, fermarsi con la consapevolezza di finire dietro a Bottas, oppure rimanere in pista. Dopo la richiesta di alcuni chiarimenti in merito proprio a quante posizioni avrebbe potuto perdere in caso di sosta, il numero 16 si convince, comunicando via radio: “Yeah maybe we should take the risk.” Leclerc rientra ai box, perdendo quindi il secondo posto a scapito del finlandese della Mercedes, ma con il vantaggio (sulla carta) di trovarsi su mescola soft e non su media. Una mossa che in realtà non ha pagato, dato che il giovane talento della Rossa non è mai riuscito ad attaccare concretamente il rivale delle “Frecce d’Argento”, rimanendo bloccato fino alla bandiera a scacchi. Ma perché Charles non è mai riuscito a rendersi davvero pericoloso, nonostante avesse a disposizione anche tutti i boost ibridi? Quella di Sochi è una pista strana, che seppur sulla carta potrebbe offrire numerose chance di sorpasso, non sempre esse vengono poi tramutante in reali opportunità. Il primo punto in cui tentare concretamente un attacco è alla staccata di curva 2 in fondo al lungo rettilineo: il problema è che quello stesso tratto è preceduto dal terzo settore, quello più tecnico della pista, fatto di numerose curve a 90° dove la Mercedes nel corso di tutto il weekend ha fatto la differenza rispetto agli avversari. Ed era proprio in quel punto che Leclerc perdeva molto tempo, finendo spesso anche per commettere diversi errori, come bloccaggi e lunghi, figli anche dell’aria sporca proveniente dalla vettura che precedeva. Nel momento in cui quindi si approcciava all’ultima curva, quella che immette sul lungo rettilineo, il monegasco si trovava già con quel piccolo distacco che, nonostante l’ausilio del DRS, non gli permetteva di farsi abbastanza vicino al punto di staccata per tentare concretamente un attacco. Un discorso simile può essere fatto anche per la seconda zona DRS, dove, seppur la confermazione delle curve sia differente, il numero 16 finiva sempre per avere quel piccolo gap all’inizio dell’area in cui era possibile attivare l’ala mobile che, nonostante la differenza di velocità, non rendeva davvero possibile riuscire ad attaccare. Anzi, rimanendo così vicino per un periodo così prolungato, il Ferrarista ha anche messo a serio rischio le sue coperture, tanto che per un momento sembrava che Verstappen, in quel momento in quarta posizione, potesse ritornare prepotentemente in lotta per il podio, cosa che in realtà poi non si è verificata.

Da una gara che sembrava alla portata, la Ferrari torna a casa con un misero bottino, un terzo posto che non può rappresentare un risultato soddisfacente per come si era messa la corsa. La Rossa aveva tutte le carte per giocarsi la vittoria, anche una doppietta con una gara “normale”, ma ha voluto provare un gioco pericoloso di cui ha pagato le conseguenze, sbagliando esattamente tutto ciò che non si doveva sbagliare. Chiamatela pure arroganza, presunzione o ingenuità, ma a fine giornata ciò che conta è il risultato finale, che chiaramente non è arrivato. Era più importante vincere o mettere tutto a rischio per attuare una strategia, che per quanto corretta verso gli accordi presi nel debrief di domenica mattina, poteva voler dire perdere tutto? Se a Singapore la squadra del Cavallino aveva gestito il tutto alla perfezione, sapendo scegliere perfettamente il momento in cui fermarsi, sapendo leggere in modo impeccabile come si stava evolvendo la corsa, soprattutto con Sebastian Vettel, a Sochi il muretto non è stato allo stesso livello, pagando pesantemente degli errori che era possibile evitare. L’aspetto positivo è che anche sulla pista russa la SF90 si è dimostrata molto competitiva, conquistando la pole e completando una prima parte di gara estremamente positiva. Questo è un segnale estremamente incoragginate, che conferma i progressi anche su una pista diversa da quelle affrontate precedentemente. Ciò nonostante, chiaramente l’amarezza per il risultato finale, soprattutto considerando il percorso di evoluzione mostrato negli ultimi appuntamenti, è tanta. I prossimi impegni saranno una vera prova del nove per la SF90, con due circuiti molti tecnici come quello di Suzuka, in particolar modo il primo settore, e quello da alto carico di Città del Messico, in altura, dove le differenze delle Power Unit in termini di potenza massima si assottigliano.

Mercedes: la fortuna aiuta gli audaci

Strategia, passo e fortuna. Sono queste le tre parole chiave che hanno contraddistinto il Gran Premio di Russia in casa Mercedes. Ben consapevoli di non poter competere sulla Ferrari sul giro secco, la squadra tedesca ha puntato su un approccio diverso, privilegiando la strategia per la gara. È per questo che entrambi i piloti hanno optato per partire sulla mescola media, un compound che avrebbe potuto offrire maggior elasticità per quanto riguarda le strategie o che avrebbe potuto dare una mano soprattutto nel caso dell’entrata di una Safety Car, nonostante allo stesso tempo in Mercedes erano anche consapevoli che non sarebbe stato semplice mantenere il passo delle due Rosse soprattutto nel primo stint dato anche lo svantaggio di gomma.

Una scelta che naturalmente non ha pagato in partenza, dove Lewis Hamilton, complice uno stacco non perfetto, si è visto sfilare immediatamente da Sebastian Vettel, perdendo quella seconda posizione meritatamente conquistata il giorno prima. L’inglese ha subito cercato di chiudere la porta al rivale tedesco, tentando anche di prendere la scia di Charles Leclerc per difendersi, ma il tutto è stato vano e Vettel è riuscito a completare il sorpasso già prima di curva 1. Perso il secondo posto, il pericolo più grande in quel momento era ancora una volta alle proprie spalle, perché Carlos Sainz Jr. era riuscito a sfruttare le scie davanti a sé per affiancarsi e superare sul dritto proprio Hamilton. Solamente una bella staccata del campione inglese ha fatto sì che Lewis riuscisse a mantenere la sua terza posizione, mentre il compagno di squadra, Valtteri Bottas, alla prima frenata importante si è dovuto accontentare di perdere la posizione proprio ai danni dello spagnolo della McLaren. Il finlandese riuscirà a recuperare il quarto posto solamente al settimo giro, quando però ormai suo distacco dalla testa della corsa si aggirerà intorno ai nove secondi.

La gara prosegue e nella prima parte dello stint accade esattamente ciò che ci si aspettava: la Ferrari, soprattutto nelle mani di Sebastian Vettel, è velocissima, cosa che le permette di creare un piccolo gap, seppur non sufficiente per considerarsi completamente al sicuro, soprattutto considerando che l’idea del team di Maranello era quella di effettuare uno scambio tra i loro due alfieri. La situazione inizia a cambiare intorno al 7° giro, quando la media inizia a funzionare e Lewis riesce ad abbassare in modo importante il suo ritmo, restando sì più lento di Vettel, ma pareggiando i tempi di Leclerc. Un errore nel secondo settore del decimo giro, però, ha rallentato la sua rincorsa, facendogli perdere oltre un secondo: rimane comunque evidente come Lewis sembrasse avere un passo migliore rispetto al monegasco della Ferrari, continuando a recuperare qualche decimo ad ogni tornata. Verso fine stint il campione inglese è riuscito a portarsi anche su tempi simili a quelli di Vettel, aspetto fondamentale per il prosieguo della corsa.

Ma è nei giri successivi alla sosta di Leclerc nel corso del 21° giro che si può apprezzare il perché la Mercedes abbia scelto di partire con la media. I tempi di Vettel iniziano leggermente a salire, mentre quelli dei due alfieri del team anglo-tedesco rimanevano pressoché costanti. Molto probabilmente il muretto delle “Frecce d’Argento” si aspettava un maggior degrado della soft, simile a quello che si era visto nella giornata di venerdì, ma il miglioramento della pista unito alla cura con cui Vettel ha gestito i propri pneumatici nel primo stint, ha fatto sì che seppur ci sia effettivamente stato un lieve degrado, questo non fosse così marcato come in tanti si aspettavano. La scelta di partire con la media ha dato alla Mercedes una tripla opportunità: mantenere tempi più costanti, essere pronti ad un degrado eccessivo accorciando il secondo stint, senza contare quella più importante, ovvero la possibiltià di rimanere fuori più a lungo girando su un ritmo accettabile ma con la speranza che potesse uscire una SC o una Virtual Safety Car. E questa è una scelta che ha pagato, perché proprio dopo il pit stop di Vettel, il tedesco si è dovuto fermare a causa di un problema tecnico, causando l’ingresso in pista della Virtual Safety Car. Ciò ha permesso ai due piloti Mercedes di sfruttare l’occasione e rientrare ai box per effettuare la propria sosta: come avevamo esposto precedentemente, la Ferrari ha commesso il grande errore di non essere pronta ad una simile eventualità, lasciando scoperta la finestra della VSC proprio di Hamilton. In questo modo l’inglese ha potuto rientrare in pista davanti a tutti, prendendosi la testa della corsa su gomma soft. La decisione della Scuderia di Maranello, congiunta a quella del pilota, di richiamare Leclerc per una sosta aggiuntiva in un secondo momento, ha fatto sì che anche Valtteri Bottas avesse avuto l’opportunità di sopravanzare il monegasco, portandosi al secondo posto.

Da quel momento in poi la gara è stata tutta in discesa per la Mercedes, la quale ha potuto mettere le carte in tavola e giocare secondo le proprie condizioni. Alla ripartenza dopo la Safety Car Lewis Hamilton è stato bravo a prendere subito il largo, guadagnando quei secondi vitali per mettersi al riparo da un possibile attacco di Leclerc nel caso egli fosse riuscito a superare Bottas. Questo piccolo ma consistente vantaggio ha fatto sì che il campione inglese abbia oltretutto potuto gestire al meglio i propri pneumatici, arrivando nell’ultima fase di gara con delle gomme ancora in ottime condizioni, abbastanza per piazzare un giro record impressionante, inarrivabile anche per la Ferrari. In tutto ciò è stato fondamentale anche l’apporto di Valtteri, autore in realtà di una gara sottotono per i suoi standard a Sochi, cosa al quanto strana dato il suo score in Russia. Dopo la Safety Car il pilota finlandese è stato protagonista di una buona difesa su Charles Leclerc, sfruttando al meglio tutti quelli che erano i punti forti della sua monoposto, in particolar modo nel terzo settore: Bottas è così riuscito a portare a casa un buon secondo posto, completando una doppietta Mercedes che dopo pochi giri sembrava impossibile.

La squadra tedesca torna a casa con punti pesanti, ma consapevole che c’è ancora da lavorare per battere questa Ferrari: è importante sottolineare come, però, in realtà la W10 non sia andata male nelle ultime uscite, anzi, spesso in gara si è dimostrata anche più veloce della SF90, ma ciò che continuava a pagare era il dazio in qualifica, le strategie e le situazioni di gara, che al contrario si sono rivelati fondamentali per il successo in Russia. Nonostante i risultati non glie ne diano atto, la monoposto tedesca ha sempre mantenuto perfomance di alto livello. Per questo a breve dovrebbe arrivare, come confermato dal direttore tecnico James Allison, un nuovo pacchetto aerodinamico che andrà ad affinare ulteriormente la creatura del team di Stoccarda, rilanciando la sfida alla Rossa su una pista su cui negli ultimi anni le vetture della “Stella” hanno sempre vinto.

La sfida a centro gruppo

Se nelle prime posizioni le sorprese non sono mancate, anche la lotta a centro gruppo è stata piuttosto viva, regalando diversi spunti di analisi. Indubbiamente chi ne esce vittoriosa dall’appuntamento russo è la McLaren, capace di portare a casa un sesto e un ottavo posto nonostante la Virtual Safety Car abbia giocato più a sfavore che a loro vantaggio. È stata una giornata positiva anche in casa Racing Point, dove il solito Sergio Perez ancora una volta ha fatto la differenza conquistando un preziosissimo settimo posto, utile soprattutto per la classifica costruttori, mentre il compagno di squadra, Lance Stroll è rimasto ai margini della zona punti. Nella top ten figura invece il nome di Kevin Magnussen, fortunato nell’entrata della Safety car che lo ha aiutato dal punto di vista strategico, ma anche bravo a riuscire ad andare a punti nonostante una penalità sul finire della gara per non essere rientrato in modo sicuro in pista. In casa Renault l’appuntamento russo sa tanto di occasione sprecata, complice l’incidente che ha visto coinvolto al primo giro Daniel Ricciardo e una strategia negativa che non ha permesso a Nico Hulkenberg di portare dove la macchina avrebbe meritato. Giornata nera per Toro Rosso, Alfa Romeo e Williams, tutte fuori dalla top ten.

Indubbiamente la notizia del weekend per la McLaren non può non essere la conferma del passaggio dalla Power Unit Renault a quelle Mercedes del 2021. Una scelta condivisibile, dato che difficilmente vedremo la squadra di Woking lottare per il mondiale a breve, quindi quantomeno ha senso ottenere la miglior Power Unit disponibile (difficile pensare di poter vedere una McLaren motorizzata Ferrari) pur rimanendo cliente. È importante sottolineare che, però, nella prossima stagione il team inglese continuerà a ricevere i propulsori del motorista transalpino, per poi solo nel 2021 effettuare il passaggio a quelli della Mercedes: un accordo di fornitura che non riguarderà il cambio, il quale continuerà a venire prodotto a Woking. Tornando alla gara, c’è da segnalare l’ottimo sesto posto di Carlos Sainz Jr., bravo a sfruttare la scia in partenza per superare Valtteri Bottas e portarsi al quarto posto nei primi giri, prima che il finlandese restituisse il favore qualche tornata più tardi. Lo spagnolo è rimasto stabilmente in quinta posizione fino al momento in cui Max Verstappen, partito con una penalità di 5 posizioni sulla griglia causa della sostituzione del motore sulla sua monoposto in vista dell’appuntamento di Suzuka, non è riuscito a strappargliela con un sorpasso con il DRS alla staccata di curva 2. L’uscita della Virtual Safety Car ha indubbiamente penalizzato i porta colori del team di Woking, dato che entrambi i piloti si erano già fermati precedentemente: a farne le spese è stato soprattutto Lando Norris, il quale fino a quel momento stava disputando un’ottima gara, ma che ha visto perdere una posizione ai danni di Kevin Magnussen, favorendo oltretutto anche il ritorno di Alexander Albon, partito dal fondo dopo un errore in qualifica. Da lì alla bandiera il giovane inglese ha dovuto lottare con Sergio Perez e proprio il pilota anglo-tailandese della Red Bull, perdendo però entrambi i duelli. È riuscito, invece, a mantenersi alle spalle a lungo Nico Hulkenberg, prima di sferrare negli ultimi giri l’attacco decisivo, anche grazie a qualche mappatura più aggresiva, che gli ha permesso di guadagnare qualche metro e mettersi al sicuro. A fine giornata è arrivato un prezioso ottavo posto, utile soprattutto in vista del mondiale costruttori.

Uno dei piloti di giornata è senza dubbio Sergio Perez, bravo ancora una volta a trarre il massimo dalla sua Racing Point e a concludere in zona punti. In partenza il messicano è stato un fulmine, dimostrandosi agile nello sfruttare ogni minimo spazio della pista per guadagnare ben quattro posizioni rispetto alla griglia di partenza, portandosi quindi al settimo posto, subito dietro le due McLaren. Sergio si è reso protagonista di una bella battaglia con Nico Hulkenberg, prima che quest’ultimo lo passasse nel corso del 15° giro. Come accaduto per altri piloti, l’uscita della Safety Car ha influito in maniera importante sulla gara del pilota della Racing Point, facendogli perdere la posizione su Kevin Magnussen e favorendo la rimonta di Alexander Albon. Rientrata la vettura di sicurezza, Perez si è reso protagonista di diversi duelli, tra cui due bei sorpassi su Lando Norris e Kevin Magnussen, portandosi a casa un vitale settimo posto per il team. Per quanto riguarda il compagno di squadra, Lance Stroll, anche il canadese è stato autore di una bella partenza, nonostante in realtà non sia mai riuscito ad entrare in zona punti prima dei pit stop dei suoi rivali. Nel caso di Stroll, invece, la Safety Car gli ha dato una grossa mano, portandolo proprio nella top ten e fornendogli una chance concreta di portare a casa un buon risultato: ma proprio nel momento che ha visto la conclusione della Virtual Safety Car e l’entrata della Safety Car, Lance si è fatto cogliere di sorpresa perdendo la posizione su Nico Hulkenberg, cosa che segnerà la sua corsa. Il canadese ci prova a lungo tentando più volte di rimanere vicino alla monoposto del team francese, ma a fine gara sarà un nulla di fatto e Lance si dovrà accontentare dell’undicesima posizione.

È invece riuscito a concludere nella top ten Kevin Magnussen, autore di una bella prestazione. Dopo una qualifica in chiaro scuro, in cui aveva mancato l’opportunità di entrare nella Q3 a causa di un errore nel suo giro veloce, il danese si è riscattato in gara, portandosi immediatamente nella top ten, al contrario del compagno di squadra, Romain Grosjean, vittima di un incidente che lo ha messo fuori gioco nelle fasi iniziali. Anche in questo caso, l’ingresso della Virtual Safety Car ha giocato a suo favore, consentendogli di ridurre il tempo della sosta e di recuperare qualche posizione. Naturalmente la differenza di passo rispetto ad avversari più quotati ha poi giocato contro, vedendolo scivolare nella classifica. Il momento più importante è forse il duello con Sergio Perez nel corso del 44° giro, dove per difendersi dall’attacco del messicano, Kevin è andato lungo in staccata a curva 2 finendo nella via di fuga. Nelle “event notes” redatte dal direttore di gara, vi è segnalato che in caso un pilota si ritrovi in una situazione simile a quella che ha visto protagonista il danese, allora lo stesso avrebbe poi dovuto rientrare in pista in modo sicuro seguendo un percorso prestabilito, restando a sinistra dei segnali di polistirolo. Dove sta il problema? In quella determinata situazione, Magnussen aveva già superato l’apice della curva e dover seguire il percorso imposto dalla direzione gara avrebbe significato allargare completamente verso sinistra, rallentare in modo vistoso per riuscire a seguire il primo cartellone di indicazione e allo stesso tempo stare lontano dal muretto, perdendo così molto tempo.

Il danese ha ritenuto che tutto ciò fosse pericoloso data la velocità e la rapidità con cui la situazione si è evoluta e ha quindi deciso di tagliare il primo segnale in polistirolo, cosa che gli ha permesso anche di avere un rietro in pista più rapido. Per questa infrazione i commissari hanno deciso di assegnare al pilota della Haas una penalità di cinque secondi che nessuno ha preso bene, incluso il team principal, Guenther Steiner, il quale nel team radio post-gara ha espresso tutta la sua amarezza. Negli ultimi giri Kevin ha spinto al massimo, supportato anche da mappature più aggressive, al fine di riuscire a guadagnare quei secondi che gli avrebbero permesso di riuscire ed entrare in top ten nonostante la penalità. Alla fine, il danese ha perso la posizione solo su Lando Norris, guadagnando comunque un ottimo nono posto.

Sa di beffa il Gran Premio di Russia in casa Renault. Dopo che entrambi i piloti erano riusciti ad entrare nella top ten al sabato, il team francese si aspettava di riuscire a confermare il risultato anche la domenica, portando tutte e due le vetture a punti. Invece, sin dal primo giro, è divenuto chiaro che questo sarebbe stato un obiettivo estremamente complicato, complice l’incidente che aveva visto protagonista Daniel Ricciardo in curva 4. L’australiano è rimasto coinvolto in uno scontro a tre con Romain Grosjean e Antonio Giovinazzi, uscendone in fondo al gruppo con la gomma posteriore sinistra bucata. Partenza più prudente per il compagno di squadra, Nico Hulkenberg, rimasto comunque nella top ten. Nelle fasi successive della corsa, il tedesco si è reso protagonista di un bel sorpasso su Sergio Perez, prima di rimanere bloccato dietro Lando Norris nonostante la sensazione fosse che avesse dalla sua un passo migliore. A questo punto il team francese, per liberarsi dell’inglese e provare una sorta di undercut, prende una pessima decisione, richiamando molto presto ai box il suo pilota. Anticipando la sosta, però, era sicuro che Nico sarebbe uscito nel traffico, anche dietro Giovinazzi, quindi a posteriori risulta comunque difficile comprendere il motivo di tale decisione. A complicare ulteriormente le cose si ci è messo di mezzo anche un pit stop disastroso, in cui sono stati persi molti secondi. Il tutto molto probabilmente è stato causato dall’accensione della luce verde del semaforo per un istante, che ha spinto l’uomo con il carrello ad abbassare la macchina quando in realtà non era ancora stata rimossa la gomma anteriore sinistra. Il semaforo, che nell’immagine si può vedere in alto a sinistra, ha infatti due lati, uno che punta verso il pilota e uno che punta verso il meccanico con il jack: è proprio questo a segnalare il completamento o meno del pit stop, motivo per il quale è plausibile immaginare che l’errore dell’addetto al carrello sia dovuto essenzialmente al malfunzionamento del sistema.

Ciò ha fatto sì che si sia perso tempo per rialzare nuovamente la vettura sui cavalletti, far togliere la copertura mancante sul lato sinistro e aspettare che i meccanici infilassero quella nuova, con tutto ciò che questa situazione possa significare in termini cronometrici. La combinazione di questi due fattori ha fatto sì che se prima di fermarsi Hulkenberg si trovasse a poco più di un secondo da Lando Norris, dopo la sosta il distacco sia diventato di ben secondi, facendogli perdere oltretutto la posizione anche ai danni di entrambe le Racing Point, complice l’entrata della VSC. Ma è proprio qui che il pilota di Emmerich am Rhein fa la differenza, sfruttando quel breve periodo che vi è stato tra la conclusione della Virtual Safety Car e l’entrata della Safety per cogliere di sorpresa Lance Stroll e superarlo in curva 13, riportandosi in top ten. Un sorpasso in realtà inutile, perché poco dopo la squadra decide di richiamarlo nuovamente ai box per effettuare un ulteriore sosta, rispedendolo in pista nuovamente dietro il canadese della Racing Point. Nico è poi riuscito a superarlo per la seconda volta nel corso del 37° giro, ma da quel momento in poi la sua corsa non ha presentato particolari acuti, dato che è rimasto a lungo nuovamente bloccato dietro Lando Norris fino alla bandiera a scacchi.

Giornata estremamente complicata per Toro Rosso, Alfa Romeo e Williams. Per quanto riguarda il team italiano, c’è purtroppo da sottolineare il weekend sfortunato di cui è stato protagonista Daniil Kvyat davanti al proprio pubblico di casa: per ben due volte nelle prove libere è stato costretto a concludere anticipatamente la sessione a causa di un problema sulla Power Unit, cosa che poi gli ha impedito anche di disputare la qualifica, in cui sarebbe partito ultimo in ogni caso a causa della sostituzione di alcuni componenti della Power Unit sulla sua monoposto in previsione dell’appuntamento di Suzuka. In gara, nonostante partisse dal fondo, il russo si è reso in realtà protagonista di una buona prestazione, sfruttando anche la strategia di essere l’unico a prendere il via su gomma dura. Dopo essersi riportato addirittura in zona punti, superando anche il compagno di squadra e tenendo a lungo alle proprie spalle Alexander Albon, la Virtual Safety Car ha dato al russo la possibilità di fermarsi ed effettuare la propria sosta, uscendo proprio ai margini della top ten. Ma in un weekend così sfortunato, la corsa di Daniil non poteva avere un altro colpo di scena: tutti gli sforzi compiuti fino a quel momento sono diventati vani nel momento in cui il muretto ha dovuto richiamare il proprio pilota ai box a causa di un problema al set di gomme montato solamente due giri prima. Ciò lo ha fatto sprofondare nuovamente in classifica, compromettendo le sue chance di ottenere un buon risultato. Spostandoci sull’Alfa Romeo-Sauber, dopo una buona qualifica, tutte le aspettative si sono infrante nel corso del primo giro: Kimi Raikkonen è stato protagonista di un jump start, cosa che lo ha fatto finire in fondo al gruppo nel momento in cui ha provato a recuperare la frizione partendo paradossalmente in ritardo, mentre Antonio Giovinazzi è stato suo malgrado vittima di un incidente in curva 4, stretto a “panino” tra la vettura di Daniel Ricciardo e quella di Romain Grosjean.

Il pilota italiano si è così ritrovato con l’ala anteriore danneggiata, costringendolo ad una sosta anticipata che lo ha fatto scivolare nelle ultime posizioni. Per quanto riguarda, invece, la Williams, purtroppo non ci sono parole particolarmente positive da spendere, ma solo un ritratto della situazione in cui verge il team di Grove: George Russell è finito a muro a seguito di un problema tecnico sulla ruota anteriore, mentre Robert Kubica ha dovuto mettere fine anticipatamente alla propria gara al fine di preservare i pezzi montati sulla sua monoposto in vista dei prossimi appuntamenti.

 

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