F1 | GP d’Italia: l’analisi delle qualifiche
Analizziamo i temi più importanti della qualifica in cui Lewis Hamilton ha conquistato la pole position
Cambia la pista, cambiano le condizioni, cambiano le regole, ma la costante rimane la stessa. Ancora una volta Lewis Hamilton e la Mercedes conquistano la pole position del Gran Premio d’Italia sul circuito di Monza, in una sfida tutta interna, in cui il sei volte campione del mondo è riuscito a battere il compagno di squadra per soli sessantanove millesimi. Un distacco minimo, come accaduto più volte nel corso di questa stagione, che ha permesso alla squadra tedesca di monopolizzare l’intera prima fila, un fattore estremamente importante che gli consentirà di gestire diversamente in termini di strategie le fasi cruciali della partenza.
Una costante, tuttavia, è rimasto anche il gap sul giro secco tra il team campione del mondo e le squadre alle sue spalle, estremamente ampio. Chi sperava che i nuovi regolamenti tecnici imposti dalla Federazione con l’introduzione della mappa unica per qualifica e gara potessero sconvolgere l’ordine di partenza è rimasto deluso: Carlos Sainz Jr., ovvero il terzo classificato, ha infatti accusato un gap sul traguardo di ben otto decimi, uno dei più importanti dell’intero campionato, a dimostrazione della superiorità della squadra tedesca anche di fronte a questa nuova sfida. Lo spagnolo, in ogni caso, è stato autore di un grande giro, il quale gli ha permesso di eguagliare la sua miglior prestazione in qualifica in carriera, ottenuta solamente qualche mese prima sotto la pioggia del Red Bull Ring. Al suo fianco prenderà il via Sergio Perez, staccato di soli venticinque millesimi dal rivale della McLaren e con il rimpianto di non essersi riuscito a migliorare nell’ultimo e decisivo tentativo. Alle loro spalle scatteranno Max Verstappen e Lando Norris, seguiti da Daniel Ricciardo, Lance Stroll, Alex Albon e Pierre Gasly, con quest’ultimo che ancora una volta riesce ad entrare nel Q3.
Così come a Spa, per pochi centesimi Daniil Kvyat non è riuscito a centrare l’accesso all’ultima manche della qualifica, seppur ciò gli consentirà di avere scelta libera in tema di scelta degli pneumatici. Su una pista che teoricamente doveva vedere la sua vettura favorita date le caratteristiche, Esteban Ocon non è riuscito ad andare oltre la dodicesima posizione, anche se vi è da sottolineare che nel corso dell’ultimo tentativo fosse mancato il supporto del compagno di squadra e la relativa scia. Fuori dai primi dieci anche Charles Leclerc, il quale scatterà dalla griglia dalla tredicesima posizione, primo segnale di una delle peggiori qualifiche di sempre della storia del Cavallino sul circuito di Monza, in cui ancora una volta sono venuti a galla i problemi cronici della SF1000. Più staccati a livello cronometrico Kimi Raikkonen e Kevin Magnussen, nonostante quest’ultimi siano riusciti a passare la tagliola della Q1, ottenendo rispettivamente la quattordicesima e la quindicesima casella in griglia per la corsa di domani, mettendosi alle spalle i rivali più diretti.
Su una pista come quella di Monza, le questioni traffico e scia rappresentano due temi estremamente importanti, e anche nella qualifica odierna hanno giocato un ruolo fondamentale, complicando la vita di diversi piloti che magari non hanno avuto la possibilità di completare al meglio il giro di preparazione o evitare disturbi durante il proprio tentativo. Tematiche che si sono presentate in tutte le sessioni odierne, anche se indubbiamente hanno trovato il loro apice sul finale della Q1, quando un alto numero di piloti si trovava in pista per evitare l’eliminazione nella prima fase di qualifica. A rimetterci è stato soprattutto Sebastian Vettel, rispedito in pista nel traffico per l’ultimo tentativo, privandolo così dell’opportunità di segnare un tempo utile per superare il turno ed evitare un’amara delusione ad inizio qualifica. Tra gli altri eliminati in Q1 troviamo Romain Grosjean, penalizzato da un errore nel suo ultimo tentativo, Antonio Giovinazzi e le due Williams.
Q1: Traffico e scie la fanno da padrone
Nel corso degli ultimi anni, sul circuito brianzolo abbiamo spesso assistito a qualifiche giocate di strategia e piuttosto imprevedibili, come l’ultima manche della passata stagione, in cui diversi piloti non riuscirono a completare il loro secondo tentativo a causa di un’andatura a rilento nell’outlap. Una situazione che si è presentata anche questo weekend, soprattutto sul finale della Q1.
Andando con ordine, è bene partire dall’inizio di questa prima manche di qualifica, analizzando anche le strategie messe in atto dai vari team. Le prime squadre a scendere in pista erano state Ferrari, Alfa Romeo, Haas e Williams, pronte a sfruttare i primi minuti della sessione per completare un primo tentativo senza traffico, un fattore che a Monza può costare parecchi decimi di secondo. Così come si era visto in altre occasioni nel corso di questo campionato, l’idea di alcune di queste squadre era quella di effettuare ben tre diversi stint nel corso della Q1, in modo da massimizzare le opportunità a disposizione: ciò in alcuni casi rappresentava la strategia pianificata sin dai primi momenti, come per Haas e Alfa Romeo, ma in altri, come con Kevin Magnussen e Charles Leclerc, questa si è resa necessaria a causa dell’annullamento dei tempi dovuti ai track limit. Il danese e il monegasco, infatti, si erano visti cancellare il proprio primo tentativo per essere andati oltre la linea bianca alla Parabolica, pratica vietata dalle “Even Notes” pensate appositamente per l’appuntamento italiano, con la conseguente necessità di dover tornare ancora una volta in pista per ottenere quantomeno un crono valido.
A tre minuti dalla conclusione con i piloti pronti a scent in pista per il run finale, la situazione che si era delineata vedeva in zona eliminazione Romain Grosjean, Sebastian Vettel, Antonio Giovinazzi, George Russell e Nicholas Latifi. È importante, tuttavia, andare ad analizzare cosa fosse successo fino a quel momento, per capire chi avrebbe avuto la possibilità di migliorarsi e chi avrebbe davvero rischiato di vedersi fuori dopo i primi diciotto minuti. A dire il vero, diversi piloti in quel momento avevano già svolto due differenti tentativi, in parte per strategia, come i due dell’Alfa Romeo e Grosjean, altri per necessità, come Magnussen e Leclerc.
Se nel primo tentativo il danese della Haas non aveva avuto l’opportunità di sfruttare alcuna scia essendo il primo del gruppo di alfieri che erano scesi in pista, complice anche l’annullamento del primo crono ottenuto in casa Haas avevano deciso di invertire i ruoli per il secondo run, facendo sì che a “trainare” Kevin fosse il compagno di squadra, il quale, tuttavia, a sua volta non era riuscito a migliorarsi rispetto al tempo ottenuto precedentemente. Al contrario, grazie anche al progressivo miglioramento della pista e un buon lavoro in termini di posizionamento, le due Alfa Romeo erano riuscite ad abbassare i propri tempi, con Raikkonen che era riuscito a registrare un crono valido per posizionarsi momentaneamente in una posizione valida per riuscire a passare il tagliola ed accedere al Q2. Insomma, a conti fatti, l’unico che non era riuscito a sfruttare una scia nel corso il primo tentativo era stato Sebastian Vettel, diciassettesimo, ma con la consapevolezza che un buon ultimo giro gli avrebbe permesso di riuscire a trovare quella prestazione sufficiente per fare un buon salto in avanti.
Seppur non fosse in zona di esclusione, tra i piloti a rischio vi era anche Alexander Albon, momentaneamente ultimo dei qualificati in quindicesima posizione ma con un vantaggio di soli trentacinque millesimi sul primo degli eliminati. La strategia scelta in casa Red Bull era piuttosto particolare, ovvero fare ben due giri cronometrati intervallati da uno di coolwdown sullo stesso primo set di gomme soft nuove, prima di tornare ai box per l’ultimo e decisivo run. In entrambi i giri, tuttavia, il pilota anglo-tailandese aveva dovuto fornire la scia al proprio compagno di squadra e per quanto Albon fosse riuscito comunque a trovare un buon riferimento davanti a sé, riuscire ad organizzarsi internamente scambiandosi le posizioni con Verstappen avrebbe rappresentato una scelta senza dubbio più semplice.
Gli ultimi minuti della Q1 sono stati anche quelli più caotici dell’intera sessione, in cui il problema traffico ha giocato un ruolo fondamentale. Con ben diciassette piloti in pista, infatti, era semplice immaginarsi come i team avrebbero incontrato diverse difficoltà nel fare uscire i propri alfieri nel momento giusto, garantendogli l’opportunità di completare un giro pulito senza eventuali disturbi o complicazioni nell’outlap. Le prime a scendere in pista erano state le Mercedes sul medesimo set di gomme medie utilizzato nel primo tentativo, in modo da liberarsi completamente del traffico. Tuttavia, alle loro spalle la situazione era ben più complicata, con gli alfieri di tutte le scuderie estremamente ravvicinati, con un gruppo di ben undici piloti alla Parabolica pronti a lanciarsi. Un gruppo estremamente folto, che non solo aveva complicato l’outlap e la preparazione degli pneumatici, ma aveva posto anche i piloti in una situazione tale in cui essi si ostacolavano a vicenda per mantenere la posizione ed evitare di scalare ancor di più. Non è un caso, infatti, che alla fine siano stati davvero in pochi a migliorarsi rispetto al crono ottenuto precedentemente e che tali casi avessero riguardato piloti che si trovavano al di fuori di quel gruppo, come ad esempio Gasly, il quale era stato l’ultimo ad uscire dai box prendendo un discreto margine da chi lo precedeva. Tra questi vi era anche Grosjean, il quale nonostante non fosse riuscito a migliorarsi nel secondo settore, aveva abbassato i tempi nel primo intertempo: un errore in ingresso alla Parabolica aveva però vanificato il tutto, costringendolo a trovare l’eliminazione dalla prima manche: “Sono deluso, in quanto abbiamo fatto un cambiamento in termini di altezza da terra tra l’ultima sessione di libere e la qualifica, ma non ha funzionato. Sapevo che saremmo potuti andare in Q2 oggi, ma la modifica alla vettura non ha aiutati. Come ho detto, è deludente. Speriamo che la gara sia differente. Vedremo come andrà, speriamo che la sospensione posteriori evolva durante la gara aumentando l’altezza da terra, questo aiuterà”, ha commentato Romain a fine qualifica.
A subirne le conseguenze erano stati anche e soprattutto coloro che, oltre al francese della Haas, si trovavano nella zona di eliminazione, come Sebastian Vettel, Antonio Giovinazzi e George Russell, con il Ferrarista che non aveva nemmeno completato il suo giro ritornando direttamente ai box conscio che non sarebbe riuscito a migliorarsi a causa del traffico. Consapevoli dei problemi che si sicuramente sarebbero verificati con così tanti piloti in pista, indubbiamente il muretto del Cavallino avrebbe potuto agire diversamente, rimandando il tedesco in pista anticipatamente con il compagno di squadra pronto a dargli la scia, dato che quest’ultimo aveva ottenuto un crono utile per riuscire comunque a passare il taglio della Q1.
Q2: Fuori gli altri motorizzati Ferrari
Come sul circuito belga di Spa, anche a Monza i motorizzati Ferrari hanno incontrato grosse difficoltà sul giro secco, trovando l’eliminazione nelle prime due manche di qualifica con tutte e sei le vetture spinte da un propulsore del Cavallino.
Ripercorrendo il racconto della Q2, tuttavia, è importante partire sottolineando che nessun team aveva provato a scendere in pista con la gomma media, da una parte le difficoltà che alcuni team avrebbero incontrato nel superare il taglio con una mescola più dura, dall’altra per salvare un set nuovo in vista della gara. Nemmeno Mercedes aveva deciso di provare questa strategia alternativa, per cui aveva salvato due treni nuovi a fine della terza sessione di prove libere, optando di sfruttarne uno in Q1 per poi passare alla soft per i minuti conclusivi della seconda frazione della qualifica.
Dopo il primo tentativo, i distacchi erano estremamente contenuti, con ben sette piloti racchiusi in pochi decimi: tra Pierre Gasly, sesto, ed Esteban Ocon, dodicesimo, vi erano infatti poco meno di 30 centesimi che, con un progressivo miglioramento della pista e un utilizzo diverso della scia, avrebbero potuto rivoltare completamente la situazione. Infatti, ad esempio, il francese della Renault aveva dovuto fornire la scia al proprio compagno di squadra e per il secondo tentativo il team transalpino aveva deciso di invertire le posizioni, in modo da dare pari opportunità ai propri piloti. Molto più complicata la situazione dei motorizzati Ferrari, che seppur avessero utilizzato pneumatici usati per il primo tentativo della Q2, avevano accusato un gap estremamente importante per pensare realisticamente di poter accedere alla manche successiva.
Per il secondo run, Renault aveva deciso di mandare i propri piloti davanti a tutti, con Ricciardo pronto a trainare Ocon. Tuttavia, un rallentamento dell’australiano in seguito ad un errore alla Roggia aveva lasciato il francese senza scia per la seconda parte del giro, fattore che probabilmente ha anche salvato Ricciardo stesso da una possibile eliminazione, dato che quest’ultimo si trovava ai margini della zona utile per il passaggio del turno.
Fortunatamente per il numero 3 della Renault, quasi nessuno era riuscito a migliorarsi rispetto al tentativo precedente, se non per Carlos Sainz Jr. (terzo) e per i motorizzati Ferrari, che per il secondo run avevano montato un nuovo set di gomme soft. Leclerc era riuscito così a mantenere il tredicesimo posto, amara soddisfazione alla fine di una giornata deludente: “”Siamo arrivati a questo weekend sapendo che sarebbe stato più o meno così. Eravamo consci che Spa e Monza sarebbero state le piste peggiori per noi ma purtroppo questa è la situazione in questo momento. Non è il massimo ritrovarsi ad essere soddisfatti del proprio giro e poi vedere che quella performance è valsa solo la tredicesima posizione. Per il momento però non ci resta che continuare a lavorare per cercare di estrarre il massimo della performance dalla vettura. Nel corso della scorsa settimana così come in questa abbiamo provato tante cose sulla macchina, ma per ora non abbiamo trovato una soluzione ai problemi. Dobbiamo rimanere concentrati e non perdere la motivazione: sono sicuro che giorni migliori arriveranno”. Al contrario, Raikkonen era riuscito a recuperare una posizione, guadagnando la quattordicesima casella in griglia ai danni di Kevin Magnussen. Nel corso del suo ultimo giro, il danese aveva commesso un errore, che aveva così vanificato la possibilità di riuscire a concludere davanti al rivale dell’Alfa Romeo: da sottolineare che in casa Haas il team avesse lavorato su due set-up aerodinamici diversi, in quanto sulla vettura di Magnussen era stata montata un’ala posteriore più carica rispetto a quella del compagno di squadra.
Q3: un party senza party
Per l’appuntamento italiano, una delle novità più importanti riguardava le modifiche regolamentari apportate dalla FIA con un direttiva tecnica, volte all’utilizzo di una mappa unica lato motore sia in qualifica che in gara. Nelle idee della Federazione, questa decisione doveva da una parte rendere più semplice vigilare su Power Unit estremamente complesse e dall’altra avvicinare il gruppo, permettendo così di ridurre il gap tra le varie unità a livello prestazione. Da un certo punto di vista, sembra questa scelta abbia effettivamente funzionato, come ad esempio per la Racing Point, che tramite le parole del suo team ha appunto sottolineato che con la classica mappatura più spinta, nella giornata di sabato il terzo posto sarebbe stato possibile. Inoltre, andando a vedere la progressione dei tempi ad esempio di Mercedes, possiamo notare come il margine prestazionale tra Q1 e Q3 si sia estremamente ridotto, passando ad una media di otto decimi, senza tra l’altro considerare che la prima manche il miglior tempo era stato ottenuto con una mescola meno competitiva. Sotto quest’aspetto, in effetti, la FIA ha in parte centrato i suoi obiettivi, ma ciò non è bastato per arginare lo strapotere della casa tedesca sul giro singolo, che anche a Monza ha dato dimostrazione della bontà del suo pacchetto, rifilando alla concorrenza ben otto decimi. Toto Wolff non ha nascosto la sua soddisfazione, rivelando che il team lavorava su questo possibile cambio regolamentare ancor prima che fosse ufficiale: “Una volta che era chiaro che stava crescendo un sentimento di contrasto contro la nostra modalità da qualifica, molto prima dell’arrivo della nuova direttiva tecnica, avevamo spostato lo sviluppo verso questa situazione. Oggi abbiamo visto per la prima volta come il livello di performance sia cambiato trai team e ci sono risultati interessanti. Il vantaggio più grande su cui ci siamo concentrati è il guadagno in gara e questo lo vedremo domani”. Il manager austriaco ha inoltre confermato che non in tutti gli appuntamenti del mondiale il team aveva utilizzato la mappatura più spinta, come ad esempio in Spagna, dove aveva optato per l’utilizzo di modalità più conservative.
La sfida per la pole position, quindi, è stata ancora una volta tutta interna e si è giocata tra Lewis Hamilton e Valtteri Bottas, con il primo che è riuscito a sopraffare il proprio compagno di squadra. Una differenza ancora una volta minima tra i due, che si sono giocati la partenza dalla prima casella facendo la differenza nei tre diversi settori, con caratteristiche piuttosto evidenti. Prima di tutto, è importante sottolineare che per l’appuntamento italiano, secondo i programmi di rotazione stabiliti internamente ad uscire per primo avrebbe dovuto essere il finlandese, come si è effettivamente verificato, ma probabilmente, al fine di dare pari opportunità ai propri piloti, il sei volte campione del mondo si era mantenuto a distanza dal compagno di casacca. Per quanto effettivamente Lewis avesse preso spazio, su una pista come Monza, l’effetto scia si fa sentire anche a distanze elevate e data la sua conformazione, per quanto minimo, ciò avrebbe potuto avvantaggiare l’inglese nel confronto.
In effetti, andando a paragonare i giri e le rispettive telemetrie, possiamo vedere come Lewis guadagnasse effettivamente qualcosa nei confronti del compagno di squadra sui rettilinei, nonostante un assetto molto simile e mappature praticamente identiche. Ciò nonostante, le differenze più importanti sono state riscontrate in curva.
La prima chicane ha rappresentato una di quelle zone della pista in cui Hamilton era riuscito a costruirsi un piccolo tesoretto utile a guadagnare un buon vantaggio con cui gestire diversamente il resto della tornata. Mettendo a confronto i due piloti, infatti, ciò che salta all’occhio è come Bottas avesse modificato completamente il suo stile nell’impostazione e la percorrenza della stessa, cercando di essere meno aggressivo in entrata per favorire la successiva uscita sul lungo rettilineo, al contrario di quanto tendeva a fare al venerdì (e più in generale in diversi appuntamenti del mondiale), seguendo quindi la strada già percorsa da Hamilton, il quale aveva lavorato su quella traiettoria nel corso di tutto il weekend. Grazie al leggero guadagno alla chicane e sui primi due lunghi rettilinei, Hamilton era riuscito a portare momentaneamente il suo vantaggio a circa un decimo, un gap tanto piccolo quanto importante in una sfida così tirata.
Anche nel secondo settore Hamilton era riuscito a fare la differenza, soprattutto alle due Lesmo, dove dalla telemetria è possibile notare come Lewis avesse portato maggior velocità nella seconda parte della sequenza veloce, assicurandosi anche una miglior uscita per il successo tratto rettilineo. Grazie alla sua pulizia di guida, il sei volte campione del mondo era riuscito a portare il suo vantaggio complessivo all’inizio del terzo settore a circa due decimi, ma era stato proprio nelle ultime fasi che il compagno di casacca, Valtteri Bottas, aveva rischiato di ribaltare completamente la situazione e a conquistare una pole dal sapore speciale.
Come si era già più volte visto nel corso della stagione, il finlandese in entrata aveva un approccio piuttosto aggressivo, puntando tanto sull’anteriore e sulla reattività della monoposto per riuscire a portare qualche km/h di velocità in più all’apice. Un discorso che si era ripresentato anche nell’impostazione dell’Ascari, in cui Valtteri era riuscito ad attaccare l’ingresso con molta più aggressività e sicurezza, mentre Hamilton in frenata aveva riscontrato qualche incertezza al posteriore nella fase di frenata, il che indubbiamente aveva penalizzato il successivo inserimento la relativa velocità. Un’aggressività da parte di Bottas riscontrabile dalle telemetrie e anche dagli onboard, tanto che nella successiva fase di impostazione della seconda parte della chicane, il numero 77 aveva accusato un importante sovrasterzo dopo aver chiesto troppo al posteriore: ciò nonostante, Bottas era stato molto bravo nel controllare la vettura e mantenere quel piccolo vantaggio ottenuto in entrata anche nelle fasi successive dell’Ascari, grazie a cui era riuscito a chiudere virtualmente il gap a poco meno di un decimo.
Ancora una volta, tuttavia, Hamilton era riuscito a recuperare un piccolo vantaggio sul rettilineo che portava alla Parabolica, una costante per tutto l’intero giro, a dimostrazione che su questi tratti l’inglese avesse qualcosa in più. Proprio l’ultima curva, tuttavia, aveva rappresentato l’ultima grande chance del finlandese di sovvertire la situazione, ed esattamente come all’Ascari, guardando le telemetrie è possibile notare come Bottas fosse riuscito a portare maggior velocità in curva scegliendo una linea differente ed un approccio più aggressivo. Mettendo a confronto i due piloti, infatti, è possibile notare come gli alfieri della Mercedes avesse optato per traiettorie differenti nella percorrenza dell’ultimo tratto di pista: Bottas aveva scelto di sfruttare maggiormente la pista portando maggior velocità, mentre Hamilton aveva deciso di mantenere una linea più interna che sicuramente lo avrebbe penalizzato in termini di velocità pura, ma che gli avrebbe permesso di percorrere meno strada.
Ciò nonostante, il vantaggio accumulato nei primi due settori aveva permesso al sei volte campione del mondo di avere un gap sufficiente per gestire con maggior tranquillità l’ultimo intertempo, conquistando così la sua personale novantaquattresima pole position personale in carriera.
Una sfida ravvicinata, così come quella tra i team di centro gruppo, con ben sei piloti racchiusi in poco più di un decimo e mezzo. Nonostante quest’ultimi, infatti, avessero accusato un distacco importante dalla casa tedesca, la lotta per le prime file è stata comunque particolarmente accesa e ravvicinata, come dimostrano i tempi. Dopo il primo tentativo, la classifica recitava Sergio Perez in terza posizione, seguito da Max Verstappen a circa un decimo, la coppia McLaren, Daniel Ricciardo, Pierre Gasly, Lance Stroll e Alex Albon, con quest’ultimo che si era visto annullare il tempo a causa dei track limit.
Per capire come l’ultimo run abbia cambiato ribaltato la situazione, è importante andare a verificare il giro d’uscita e verificare come si fossero disposti i piloti. I primi piloti a scendere in pista erano stati quelli della Mercedes, seguiti dalle due Red Bull, con Albon che avrebbe dato la scia a Verstappen, Gasly, Perez, Ricciardo, Sainz, Norris e Stroll. Andando ad analizzare i distacchi, possiamo notare come chi fosse meglio posizionato, ovvero non troppo ravvicinato al pilota che aveva davanti a sé, fossero anche quelli che poi a fine tornata hanno riscontrato i miglioramenti più importanti, come Ricciardo, e il duo della McLaren, oppure coloro che avevano completato un primo tentativo estremamente pulito come Lance Stroll, tanto che quest’ultimo non voleva nemmeno completare il giro nel primo run pensando anche di aver rovinato il fondo e l’ala anteriore.
Al contrario, è semplice vedere come chi fosse eccessivamente vicino al proprio rivale, come ad esempio Verstappen e Perez, avessero riscontrati miglioramenti molto ridotti, oppure non fossero neanche riusciti ad abbassare i propri tempi, come nel caso del messicano. Tutto ciò, unito ad un gran giro di Carlos Sainz Jr., il quale aveva portato a termine anche un eccellente salvataggio in uscita dalla prima curva di Lesmo, aveva permesso alla McLaren di riuscire ad agguantare il terzo posto in griglia e allo spagnolo di eguagliare il suo miglior risultato in carriera. Amarezza, invece, in casa Racing Point e Red Bull, con quest’ultime che non sono riuscite ad andare oltre il quarto e il quinto posto. Il team inglese recrimina soprattutto per la track position nell’ultimo run e per la mancanza della mappatura da qualifica più spinta che, a detta del team principal Otmar Szafnauer, avrebbe permesso alla RP20 di Perez di agguantare la terza posizione e mettersi alle spalle i propri rivali. Delusione anche per la squadra anglo-austriaca, che domani dovrà partire dalla quinta casella con Max Verstappen: negli ultimi anni abbiamo potuto apprezzare come effettivamente le monoposto della Red Bull non fossero dei fulmini di guerra sul tracciato brianzolo, così come quest’anno non sia la prima volta che la RB16 venga sopravanzata sul giro secco da una delle squadre della midfield, per poi trovare maggior passo in condizioni di gara. È ciò su cui sperano i vertici del team anche per la giornata di domenica, magari con una buona partenza. Proprio questo aspetto sarà fondamentale, perché conosciamo le qualità dello spagnolo della McLaren sotto questo punto di vista, così come le difficoltà incontrate in alcuni appuntamenti di questo mondiale da parte del messicano della Racing Point, che ha spesso perso diverse posizioni allo start. Non è riuscita ad andare oltre al settimo posto la Renault di Daniel Ricciardo, che non è così riuscita a ripetere le ottime prestazioni di Spa, nonostante un solo decimo guadagnato avrebbe potuto farle scalare diverse posizioni riavvicinandola alla vetta. A concludere la top ten saranno Lance Stroll, Alex Albon, in questo caso a soli tre decimi dal compagno di squadra, e Pierre Gasly.
Le strategie
Per quanto riguarda le strategie per la gara, Pirelli suggerisce tre diverse opzioni. La prima, ovvero la più rapida, sarebbe quella di partire sul compound più tenere a disposizione e completare 24 giri, per poi passare alla media fino al traguardo: come in altri casi, anche la strategia opposta sarebbe una valida alternativa, soprattutto per i piloti fuori dalla top ten. Meno rapida la seconda opzione, ovvero prendere il via sulla soft, completare 22 tornate ed infine fermarsi per montare un nuovo set di gomme dure. Ancora più lenta delle precedenti la strategia media-hard (o viceversa), così come le tattiche a due soste, che potrebbero essere penalizzanti su una pista dove negli ultimi anni i sorpassi sono diventati sempre più rari.
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