La vigilia tormentata della Ferrari: svoltare in Cina per coltivare un sogno

E' una Ferrari in stato d'agitazione, chiamata in Cina a dare un importante segnale al campionato

La vigilia tormentata della Ferrari: svoltare in Cina per coltivare un sogno

La Ferrari sbarca in Cina e – parafrasando all’occorenza Marco Polo – ha un Milione di ragioni per fare bene. Alcune sportive, nobili. Altre semplicemente attinenti ad interessi commerciali.

UN FIUME IN PIENA La Rossa del 2016 deve reagire in pista per non essere travolta da eventi più o meno tumultuosi. Il presidente Marchionne ha attuato la seconda fase della sua ipotizzabile strategia, ovvero legare sempre di più la Ferrari alla proprietà Agnelli, dopo lo scorporo da FCA. E’ notizia recente che dal 15 aprile, successivamente alle dimissioni dell’attuale CEO Amedeo Felisa, il condottiero Sergio ricoprirà ad interim il ruolo di amministratore delegato del Cavallino, con l’ingresso tra gli altri nel CdA di due rampolli della famiglia torinese, John e Lapo Elkann. E’ una Ferrari in piena metamorfosi, sempre più lontana parente di quella plasmata in quasi trent’anni da Luca Cordero di Montezemolo. Marchionne è asso pigliatutto, in un processo di rifondazione gestionale che s’ha ancora da definirsi completamente, spesso brusco e discontinuo, senza troppi complimenti verso il passato. Presidente e CEO allo stesso tempo, per quella che ormai è in toto la Ferrrari di Marchionne.

ALLISON C’E’, ORA TOCCA ALLA SF16-H La Scuderia non può fare altro che restare impermeabile alle troppe sollecitazioni esterne, provando a migliorare un progetto tecnico di sicuro valore. James Allison, sconvolto da una tragedia familiare senza eguali, a quanto pare si è rifiondato sul lavoro, delegando poi per la pista le sue funzioni al valido Jock Clear. Ma il mare rosso è ancora in tempesta, con il nocchiere Arrivabene che vuol guidare la sua nave rampante tra gli strali minacciosi di un’affidabilità purtroppo precaria. Veloce o non veloce, la Ferrari ha l’obbligo di vedere in duplice schieramento la bandiera a scacchi, condizione imprescindibile per qualsivoglia altro discorso. Pressata dalla spasmodica voglia di vittoria di un presidente non troppo paziente, la Rossa è chiamata ad un duplice, piccolo, miracolo in Cina: provare a impensierire la Mercedes e al contempo dimostrare di aver risolto i fastidiosi problemi al turbo e all’elettronica, che secondo i beninformati avrebbero eliminato rispettivamente Raikkonen in Australia e Vettel in Bahrein. Un compito arduo, perché è nella tensione tra l’essere (seconda forza) e il dover essere (vincenti) che si annidano i pericoli e le paure e si gioca il destino di Maranello. Il rischio, qualora Mercedes dovesse annichilire ancora una volta la concorrenza e trionfare indisturbata Shanghai, sarebbe quello di avere già alla terza gara una Ferrari considerata una grande incompiuta, fuori dai giochi, ridimensionata e, soprattutto, depressa. Un danno enorme anche di immagine, che manderebbe – probabilmente – su tutte le furie Marchionne, nonostante alla Ferrari andrà sempre reso atto e merito di aver dato tutto per provare a colmare un gap importante.

SHANGHAI E’ UN CIRCUITO INCOGNITA Sia chiaro, l’obiettivo minimo di questa bellissima ma irrequieta bianco-rossa è portare due vetture al traguardo, quantomeno in terza e quarta posizione. Realisticamente è, ad oggi, il target della Ferrari. La squadra però, per tutto quello che abbiamo detto, le proverà tutte per ribaltare i valori in campo, cercando il jolly che possa riaprire un discorso che per alcuni è già chiuso. Che sia la pioggia o la dea bendata, il sogno – sognare è pur sempre legittimo – è quello di trovare quel gradino più alto del podio che manca da Singapore 2015. Impresa oggettivamente difficile, ma nei momenti più burrascosi della sua storia, recente e passata, l’anima italiana e passionale della Rossa ha dimostrato di saper reagire. Inutile fare poi previsioni sul tracciato di Shanghai, ne leggete di opposte dovunque, tra chi dice che è favorevole alla Ferrari per le curve a media velocità (terreno ideale per una monoposto storicamente bilanciata) e chi afferma che è un incubo per i rettilinei. La verità – o meglio l’assunto da cui partire – è che Shanghai è un tracciato variegato e lungo. Con tratti dove conta l’aerodinamica, altri dove conta il motore e altri ancora dove a farla da padrona sarà la trazione. Servirà una SF16-H equilibrata e versatile, soprattutto servirà la gran voglia di incollarsi alle frecce d’argento e spaventarle un po’. L’importante è che al termine dei novanta minuti la “maglia” sia “sudata”.

Antonino Rendina


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