Alonso a Indianapolis: due attributi così e un nuovo obiettivo che sa di congedo dalla F1…

Fernando correrà la 500 Miglia di Indianapolis con la McLaren, una sfida temeraria ma anche uno schiaffo alla F1...

Alonso a Indianapolis: due attributi così e un nuovo obiettivo che sa di congedo dalla F1…

Fernando Alonso Chisciano, il Don Chisciotte della F1, s’è scocciato di lottare con i mulini al vento, di sfangarla ogni volta tra un’umiliazione sul rettilineo e un motore in fumo, e ha deciso di prendere il primo volo buono direzione oltreoceano per inseguire il sogno americano.

“Io amo gareggiare, sono un corridore” un racer si definisce Fernando, eccitato per l’annuncio della sua presenza ai nastri di partenza della prossima 500 Miglia di Indianapolis. Coraggio, audacia, passione. E’ l’amore più puro per la competizione; un Nando da applausi, gladiatore che non vede l’ora di gettarsi nell’arena più veloce del pianeta, con monoposto mai guidate prima, contro colleghi – esperti, cattivi, ruspanti – poco inclini ai complimenti. Alonso alla Indy 500 è l’esempio più fulgido del campione “borghese” di F1 che rinuncia alle sicurezze della massima serie per dare ascolto all’istinto. La mossa della McLaren e di Fernando è una vittoria del motorsport, sarà anche emozionante rivedere la livrea classica di Woking gareggiare ad Indy (la McLaren si appoggerà ad un’auto del team Andretti, realtà consolidata della IndyCar e rigorosamente motorizzata Honda).

Ma una medaglia ha sempre due facce, e l’altro lato di questa scelta è quello più intimamente legato al rapporto tra il due volte campione del mondo di F1 e la “categoria regina”, che negli ultimi anni gli sta dando più dolori che gioie. Saltare a cuor leggero il GP di Monaco è un duplice schiaffo di Alonso alla F1. Un “formulista” che corre a Indy è un buon modo per avvicinare due mondi totalmente paralleli, ma lo spagnolo salterà uno dei GP più rappresentativi del Circus, sicuramente quello con più sponsor, una passerella glamour e remunerativa che tanto piace a chi muove i fili nella stanza dei bottoni. Soprattutto Fernando salterà una delle poche gare nelle quali il suo talento e le caratteristiche del circuito potevano permettere a lui e alla McLaren di portare a casa un risultato degno di nota. L’anno scorso, a riprova di ciò, Fernando concluse ottimo quinto al traguardo.

La scelta di snobbare Montecarlo per la 500 Miglia è presto spiegata, con lo stesso pilota che ha dichiarato di puntare a alla Triple Crown, la tripla corona, la tripletta del pilota perfetto, ovvero la vittoria in carriera del GP di Monaco (o del mondiale di F1), della 500 Miglia di Indianapolis e della 24 Ore di Le Mans. Nella storia dell’automobilismo c’è riuscito solo Graham Hill, mentre l’impresa è stata sfiorata da Jacques Villeneuve, campione del mondo di F1, vincitore nel 1995 a Indianapolis, ma soltanto secondo classificato con la Peugeot alla 24 Ore di Le Mans del 2008. Tra i piloti in attività non va dimenticato Juan Pablo Montoya, vincitore a Montecarlo (2003) e due volte a Indianapolis (2000, 2015), ma mai impegnato a Le Mans.

Fernando, insomma, s’è prefissato un nuovo obiettivo, di ampio respiro, un appuntamento con la storia delle competizioni che trascende la sola Formula 1. Ma dietro tanto romanticisimo c’è anche e soprattutto la consapevolezza che la F1 è un capitolo della carriera sempre più prossimo alla chisura, un crepuscolo malinconico fatto di espressioni stanche e team radio sarcastici, ma anche uno spreco di una classe e di un talento ancora vivi e molto, ma molto, affamati. La Triple Crown rimpiazza di botto il Tris iridato, vecchio pallino di Nando (“Raggiungo Senna a tre mondiali e smetto” ripeteva anni or sono). Matador s’era stancato di lottare con i mulini al vento. S’è fatto insomma due pale così a vedersi sverniciato dalle Toro Rosso e dalle Force India di turno, impantanato in un disastro tecnico senza via d’uscita. E allora via a respirare aria nuova, anelito di libertà e di velocità. Anche se è solo per un giorno, ne sarà valsa la pena.

Antonino Rendina


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