Monza e Schumi: tu chiamale, se vuoi, emozioni

Monza e Schumi: tu chiamale, se vuoi, emozioni

Avevamo già avuto modo di elogiarlo dopo la splendida giornata di Montreal, con un podio forse sfumato per colpa, probabilmente, del DRS. Questa volta, scomodiamo il grande Lucio Battisti.

L’elisir dell’eterna giovinezza, sebbene molti sedicenti affaristi tentino di metterlo in commercio, non esiste. Lo scorrere inesorabile del tempo è, probabilmente, una delle poche sicurezze della nostra esistenza.

Il Gp d’Italia a Monza ci ha regalato un’altra grande gara dell’anno firmata Michael Schumacher. Che, allo scorrere del tempo, proprio non ne vuole sapere di cedere e ha dimostrato, ancora una volta, di poter fare ancora parte e con merito della Formula 1 della nuova generazione, a dispetto di chi ‘finge’ di averlo notato solo adesso, dal giorno del rientro.

Michael sente ancora Monza come la sua pista di casa. D’altronde, con dieci gare tra il 96 e il 2006 in Rosso (nel 1999 non corse per infortunio) di cui 5 conquistate, non potrebbe essere altrimenti. Memorabili rimarranno la prima nel 1996, la seconda nel 1998 dopo un duello incredibile con Mika Hakkinen ma, soprattutto, la terza, quella del 2000, con il pianto in conferenza stampa che ha lasciato intravedere qualche tratto ‘umano’ di uno Schumacher da tutti visto come freddo e calcolatore.

Nel 2011, nella ‘sua’ Monza e dopo la super rimonta di Spa, Michael si è ripetuto con una di gara (soprattutto nella parte su gomme soft) che lo ha riportato a lottare per le posizioni che contano con Lewis Hamilton. Dopo una superba partenza (da ottavo a terzo in poche curve, con qualche decina di metri in seconda posizione su Alonso non inquadrati), le telecamere sono rimaste incollate sulla Mercedes di Schumi e la Mclaren di Lewis per venti giri, tra tentativi di sorpasso, finte, controfinte, chiusure, staccate al limite.

La resistenza decisa opposta a Lewis, vale a dire uno dei più, se non IL più aggressivo pilota in circolazione attualmente, ha scaldato gli animi e regalato emozioni nostalgiche sulle tribune di Monza. Michael, con Felipe Massa arrancante dopo il contatto con Webber, è stato acclamato e spinto come se fosse ancora vestito di Rosso. E, se consideriamo la rimonta dell’Inglese e il distacco finale su Alonso, la Ferrari può ringraziare Schumi per aver evitato con il ‘blocco’ su Lewis una brutta gatta da pelare a Fernando nelle ultime fasi di gara.

La partenza, i 20 giri iniziali, le traiettorie, le chiusure, la tenacia nel riprendersi la posizione dopo il primo sorpasso subìto, hanno messo in luce quello che poche volte vediamo in pista, ultimamente. Vale a dire la differenza che un pilota può ancora fare rispetto al mezzo meccanico. Schumi ha sudato sette, dieci, venti camicie per contenere Hamilton. Con decisione, aggressività, intelligenza, senza sbavature. Quelle tra lui e Lewis, alcuni le chiamano semplicemente scorrettezze. Perchè la memoria storica impedisce loro di ricordare che nessun pilota, o campione che sia, è uno stinco di santo, e basterebbe navigare su Internet e documentarsi per rivedere sprazzi del passato e rendersene conto.

Ma è la sensazione che Schumi ha dato a chi era in pista il fattore che ha scaldato maggiormente il pubblico. E cioè quella di mettere una grossa ‘pezza’ alle pecche della sua vettura. Tutti sappiamo che l’attuale Mercedes non vale la Red Bull, non vale la Ferrari e tanto meno la Mclaren. E infatti, ad ogni giro, l’arrivo in prima variante era una continua suspance in attesa della staccata. Dove Michael, pur scarichissimo di ala posteriore, riusciva a frenare anche dopo Lewis, mantenendo così la posizione.

Inutile dire che questa gara, unita a Montreal e Spa, rafforza il crollo delle tesi di ‘pensionamento’ di Schumi. Il tedesco è integro, crediamo non ci siano più dubbi su questo. Ovvio, l’età c’è, la freschezza non può biologicamente essere quella dei (suoi) 25 anni, altrimenti saremmo qui a discutere di un alieno. Quello che manca, attualmente, è sempre e comunque la vettura ‘buona’. A questa Mercedes manca un buon mezzo secondo al giro per arrivare ai livelli di Mclaren e Ferrari in qualche occasione.

Ma quello che vogliamo sottolineare, questa volta, è altro. Vale a dire la ‘fame agonistica’ di Schumi. Spesso sentiamo parlare di piloti che vanno al risparmio, che non incidono, che sembrano passeggiare in pista. Piloti appagati dopo un Mondiale, o semplicemente una buona stagione. Michael, con i numeri che porta, in gare come quella di Domenica corre come se stesse ancora inseguendo la sua prima vittoria in F1. Evento risalente oramai a 19 primavere fa (Spa 1992). Schumacher non prova il senso di ‘sazietà’ neanche dopo 20 anni. E’ questa la cosa che lascia più di stucco. Stupisce la voglia di confrontarsi con dei ragazzi terribili, di una generazione in più rispetto alla sua, e il voler provare a batterli dopo aver vinto 7 Mondiali, quando potrebbe benissimo seguire i suoi ‘congenerazionali’ Hakkinen, Coulthard, Villeneuve e Irvine e spassarsela senza pensieri (criticando gli altri, magari..)

Può fare questo il solo richiamo dei soldi, come dice qualcuno? Molto difficile, per noi.

Alessandro Secchi
F1Grandprix.it

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