La Mercedes W196: l’arma vincente di Fangio

Negli anni '50 la W196 conquistò 2 titoli piloti con l'argentino

La Mercedes W196: l’arma vincente di Fangio

La Mercedes esordì per la prima volta nel mondiale di Formula 1 nel 1954. La casa di Stoccarda decise in questo modo di riprendere le attività agonistiche dopo la seconda guerra mondiale. Il progetto della nuova vettura venne chiamato W196, e vi presero parte ingegneri del calibro di Nallinger, Kraus, Scherenberg e Gossmann.

La vettura non prese parte a tutte le gare dell’annata, anzi, debuttò solamente al Gp di Francia, e la prima volta che scese in pista, la macchina sembrava un disco volante, una nave spaziale. Le forme sinuose, le ruote carenate, il colore argento: tutti questi dettagli contribuivano ad aumentare la curiosità attorno a questo strano progetto.

Ma andiamo con ordine.

Il telaio della W196 era leggerissimo: pesava solamente 36 kilogrammi. Era formato da una struttura a reticolato di tubi di magnesio saldati tra loro, quindi garantiva anche una grande robustezza. Gli ingegneri di Stoccarda avevano progettato per “il ritorno” un nuovo sistema di sospensioni, a ruote indipendenti sui due assi, veramente innovativo per l’epoca, che venne poi proiettato sulla produzione delle vetture da strada. I freni erano 4 a tamburo ed erano situati entrobordo, per ridurre le masse non sospese.

La vettura del marchio a tre punte era dotata di un motore a 8 cilindri, con una distribuzione desmodromica, e un’iniezione diretta, innovazioni che la Mercedes aveva avuto occasione di testare durante la seconda guerra mondiale. Data la vicinanza al suolo della macchina, il motore venne posto di lato rispetto all’asse longitudinale della vettura, per permettere il passaggio dell’albero di trasmissione proprio di fianco al sedile del pilota. Durante la stagione questo motore raggiunse le straordinarie prestazioni di 295 CV di potenza e di 8500 giri/minuto.

La peculiarità di questa vettura stava però nella carrozzeria. Completamente in alluminio, al suo esordio presentava una carenatura completa delle ruote, per potere sfruttare meglio i flussi aerodinamici. Al suo primo Gran Premio questa vettura divenne la prima a toccare i 200 km/h, e sul circuito francese di Reims la Mercedes ottenne subito una gloriosa doppietta. Ma a Silverstone, la scarsa maneggevolezza della vettura si fece sentire parecchio. Fangio non riusciva a spremere il vero potenziale della sua Mercedes, trovandosi a dovere sgusciare tra i coni che delimitavano la pista con una macchina grande, ingombrante e poco reattiva. Si capì subito che la versione della carrozzeria carenata portava benefici solamente sui circuiti veloci. Infatti, per riprogettare la vettura venne utilizzata una delle prime gallerie del vento della Formula 1, nella quale il modello della macchina fu un 1:1. La Mercedes carenata, con una resistenza aerodinamica di 80kg arrivava a 175 km/h, mentre il nuovo progetto toccava solamente i 157 km/h, mentre a 250 km/h, velocità massima, la differenza di resistenza aerodinamica era di 37kg in meno in favore della versione carenata. Con una minore velocità di punta, ma meno pesante e più agile, la versione a ruote scoperte della W196 quella “a sigaro” debuttò al Nürburgring, dove Fangio riuscì ad arrivare sul gradino più alto del podio. L’argentino trionfò anche in Svizzera e a Monza, questa volta con la vecchia versione della vettura, che si adattava bene ai lunghi rettilinei del tracciato brianzolo. Sebbene non vinse, Fangio si laureò campione del mondo al Gp di Spagna. Con 6 gare su 8 del campionato, 2 delle quali vinte in Maserati e 4 in Mercedes, rimase saldamente in testa alla classifica, conquistando il suo secondo titolo mondiale.

Nel 1955 la Mercedes corse praticamente solo con la vettura a ruote scoperte, e Fangio, che lottò con dei compagni d’eccezione quali Moss, Kling e Hermann si confermò ancora il migliore, conquistando il mondiale vincendo proprio a Monza, totalizzando 4 vittorie in quella stagione. Proprio in suo onore, e chi è mai stato all’autodromo di Monza lo sa, all’interno del circuito vi è una statua in bronzo, che ritrae il cinque volte campione del mondo di fianco alla sua Mercedes. Tale statua è una delle quattro copie dell’originale, che si trova a Barcellona in Spagna. Le altre tre statue ritraenti l’argentino con la sua vettura leggendaria si trovano al Nürburgring, in Argentina e a Monaco.

A seguito dell’incidente di Alberto Ascari a Monza e a quello di Pierre Lavegh a Le Mans, la Mercedes, dopo due anni di attività nella massima serie decise di ritirarsi, dopo avere vinto tutto con le “frecce d’argento”. La casa di Stoccarda si ripresenterà nella massima categoria solo 55 anni più tardi, ma sarà decisamente un’altra epoca, e un’altra storia…

 Matteo Bramati.

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