La Ferrari è campione d’inverno, ma è una “vittoria” che non fa classifica…

Guai a fare voli pindarici sulla scorta delle indicazioni ricavate dalle prove collettive di Barcellona

La Ferrari è campione d’inverno, ma è una “vittoria” che non fa classifica…

Una volta c’erano i test collettivi, le prove generali della stagione che sarebbe iniziata da lì a poco, e noi li seguivamo in differita, tramite i giornali, e c’era prudenza, tanta. Oggi tutto fa seguito, crea attenzione, sono gli stessi team a trasformare i test invernali in un piccolo spettacolo “social” divertendosi a condividere con gli appassionati momenti di lavoro altrimenti noiosi.

E’ giusto e legittimo quindi godersi questo antipasto di una F1 diversa, più vicina al pubblico, meno inafferrabile, più informale. E’ altrettanto giusto gongolare, umanamente, per qualcosa che fa ben sperare, per un’impressione, una sensazione, di color rosso. Per una Ferrari distintamente più in forma, brillante, pronta, rispetto ai nefasti pronostici natalizi, e molto più a suo agio rispetto alle voci ben poco rassicuranti che giravano.

Potrebbero avere un valore pari a zero, eppure i 2.267 km messi insieme negli otto giorni di prove dal Cavallino, uniti ai giri record firmati in calce da Kimi Raikkonen (il più veloce con il crono di 1.18.634) e Sebastian Vettel (1.19.02) ci hanno strappato un gran sorriso, e non bisogna vergognarsene. La SF70H fa ben sperare, perché sta bene in pista, dà un senso di solidità e consistenza, permette ai due campioni che la guidano di tenere il piede giù, cosa che non è riuscita a molti loro colleghi, costretti a “parzializzare” il gas nelle curve più impegnative.

Si potrebbe parlare anche del passo gara dimostrato in simulazione, lasciandosi andare ad elogi quantomeno prematuri. Proprio nella umana esaltazione per una Ferrari più viva che mai va ricercato l’equilibrio per evitare controproducenti voli pindarici. La Ferrari ha fatto un figurone nei test ma, appunto, erano solo e soltanto test invernali. Cioè il nulla cosmico, come dimostrato già nel recente passato. Basti pensare che la maggior parte dei top driver ha giocato al gatto col topo, rallentando deliberatamente sul traguardo oppure tra un settore e l’altro. Hanno giocato tutti “chiusi” (tight) al tavolo da poker con più bluffatori della storia, in attesa degli all-in di Melbourne.

Quanto ama schernire gli avversari la corazzata Mercedes, con Niki Lauda che vede una Ferrari davanti a tutti? Lo stesso Lauda che qualche giorno prima aveva parlato di test affrontati con un giocattolo, rispetto alla macchina che correrà in Australia. La Mercedes ha dato l’impressione di essere in pieno controllo della situazione, come la squadra che addormenta la partita in attesa di portarla a casa al momento appropriato.

E la Red Bull? Dov’è finita Milton Keynes? Alle prese con un motore Renault giovane e poco potente, diranno i più attenti. Ma Adrian Newey è un mattacchione, probabilmente anche un po’ malizioso, e siamo certi sfodererà le sue migliori armi nella terra dei canguri. Insomma siamo stati alle prese con piloti che alzavano il piede sul traguardo, chi può escludere che quei simpaticoni della Red Bull non abbiano alzato il piede per due settimane?

La Ferrari è campione di inverno in uno sport che si corre in primavera, estate ed autunno. Basterebbe questo a restare cauti, ad andarci pianissimo, a sognare con moderazione. Probabilmente un controsenso, ma forse una necessità. Lecito sperare, sorridere, anche complimentarsi con chi, trincerato in un silenzio assordante, sembra aver fatto un gran bel lavoro. Guai però a toccare con mano e a coltivare un obiettivo (iridato) ancora proibitivo, perché il passo tra gli applausi e i fischi è più corto di quello dell’agilissima SF70H. E, almeno per quanto fatto intravedere nel precampionato, questa Ferrari tutto merita fuorché fischi.

Antonino Rendina


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