Il ritorno di Michael Schumacher (2/4) – delusione o apprendistato?

Il ritorno di Michael Schumacher (2/4) – delusione o apprendistato?

Articolo precedente: Analisi del 2010

Con l’articolo di oggi, cercheremo di raccogliere degli spunti per capire quali sono stati i fattori e le cause di un’annata no.

IL 2010
Nella prima parte abbiamo preso in esame singolarmente le gare di Schumacher in questo anno di rientro. Analizzando la stagione nel suo complesso, nonostante questa sia stata globalmente negativa si notano alcuni aspetti che lasciano qualche dubbio riguardo la presunta competitività persa da parte del pilota tedesco.

Confronto con Rosberg
Il primo avversario è il compagno di squadra, si sa. Le qualifiche sono state a favore di Rosberg 14 volte contro le sole 5 di Schumacher (Spagna, Turchia, Belgio con successiva retrocessione, Brasile, Abu Dhabi). Nelle gare in cui entrambi sono giunti al traguardo (14), solo tre volte Michael è giunto davanti a Nico: a Barcellona (4°), Istanbul (4) e a Monaco (6°) salvo poi essere retrocesso in 12a posizione per il sorpasso discusso ai danni di Alonso in regime di Safety Car. In Bahrein, Germania, Belgio e Brasile è invece giunto alle spalle del compagno. C’è anche da sottolineare come alcune gare siano state segnate da episodi vari tra incidenti al via e strategie errate del muretto. Ne parleremo più avanti nell’articolo.

Le partenze
Gli start sono stati spesso il punto debole di Schumacher ai tempi della Ferrari, eppure paradossalmente questa pare essere la sua stagione migliore sotto questo punto di vista. Non a caso, nel primo articolo, abbiamo selezionato diversi onboard relativi alle partenze del tedesco durante questa stagione. In particolare quelle di Montreal, Valencia e Monza sembrano tutto tranne che opera di un pilota in parabola discendente.

Le piste magiche
Montecarlo, Spa e Suzuka, ovvero i tre tracciati più ostici del Mondiale, sono stati quelli in cui il tedesco ha dato l’impressione di essere più a suo agio. Dovrebbero proprio essere le piste più selettive a creare problemi ad un pilota in crisi, e invece Michael ha trovato buon ritmo in tutte e tre le occasioni. A Montecarlo ha sopravanzato Rosberg in partenza e solo una discussa retrocessione per il sorpasso su Alonso nel finale (in regime di Safety Car) non gli ha permesso di raccogliere un buon sesto posto. A Spa, la penalizzazione in griglia successiva al sorpasso al limite su Barrichello in Ungheria non gli ha impedito di effettuare un’ottima rimonta dalla ventunesima alla settima posizione. A Suzuka per tutto il weekend è stato sui tempi di Rosberg, e in gara il suo passo era decisamente migliore rispetto al compagno di squadra. Solo un’errata valutazione del muretto non gli ha permesso di rientrare davanti a Nico dopo il pit e mantenere il suo ritmo, con il quale avrebbe concluso vicino ad un Lewis Hamilton nei guai con il cambio.

Le gare “rovinate”
La stagione di Michael è stata condizionata da vari episodi, tra contatti al via ed errate strategie del muretto. A riguardo, ne abbiamo parlato in questo articolo.

Questo è l’elenco delle gare il cui risultato è stato in parte condizionato da fattori “esterni”:
Australia (contatto al via con Alonso e Button)
Malesia (ritiro per un problema ad una ruota posteriore.)
Monaco (retrocessione post-GP dalla 6a alla 12a posizione)
Canada (contatto con Kubica, gomme morbide per metà gara)
Europa (strategia “fantasiosa”, viene richiamato ai box nonostante le gomme dure durante la Safety Car iniziale e rimane bloccato dal semaforo della pit)
Spa (retrocessione in griglia post-Ungheria)
Singapore (contatto con Kobayashi)
Suzuka (strategia sbagliata)
Interlagos (strategia sbagliata)

Non contiamo, ovviamente, Abu Dhabi, in quanto il testacoda del primo giro è stato un errore del tedesco.

Se per Monaco siamo sicuri della sesta posizione senza penalizzazione, e a Suzuka sarebbe stato comunque difficile sopravanzare Hamilton, non possiamo sapere come sarebbero andate le altre gare senza contatti o strategie penalizzanti del muretto. Probailmente, però, la posizione al traguardo sarebbe stata migliore e Michael avrebbe, quindi, ottenuto più punti di quelli conquistati in realtà.

Un contatto in gara, soprattutto al via, o l’errata strategia del muretto sono fattori determinanti per il risultato di una corsa. E se consideriamo che su 19 gare, Schumacher è stato coinvolto in questo tipo di episodi in almeno 7/8 occasioni, è chiaro che il suo punteggio in classifica è inferiore a quello che avrebbe potuto ottenere.

Doverosa precisazione: non si vuole affermare che senza contatti ed altri episodi Schumacher sarebbe arrivato davanti a Rosberg in classifica. Questo non sarebbe successo comunque, perchè Nico quest’anno ha dimostrato di essere abile nel settare l’auto e capace di ottenere anche buonissimi risultati in rapporto al mezzo meccanico non proprio eccelso. Si vuole solo sottolineare che leggere superficialmente le classifiche finali dei GP non rispecchia in alcuni casi l’andamento delle gare. E, quest’anno, in molti casi Schumacher è stato criticato ampiamente (dai media italiani se ne sono sentite di tutti i colori) per i risultati in gara indipendentemente da ciò che è successo in pista. Dire che è arrivato decimo in Australia senza considerare il contatto al via, o undicesimo in Canada senza tenere conto del contatti con Kubica e dei quasi 40 giri con le gomme morbide non è corretto.

Trend positivo nel finale di stagione
A partire da Spa, Schumacher ha in parte invertito il trend negativo ottenendo risultati migliori. Esclusa Singapore (dove comunque è stato colpito da Kobayashi) ha ottenuto un 7° posto proprio a Spa in rimonta, un 4° in Corea, un 6° a Suzuka ed un 7° posto ad Interlagos, nonostante il pasticcio dei box. Ma soprattutto, ha dato l’impressione di poter viaggiare finalmente sui ritmi e anche meglio di Rosberg.

Pochissimi errori di guida
Pochi gli errori di guida che possiamo definire importanti da parte di Schumacher. In gara l’unico degno di nota è il testacoda ad Abu Dhabi, proprio sul finire di stagione. Per il resto, ha avuto pochissime sbavature e, come abbiamo visto, ottimi spunti in partenza e si è fatto notare nelle difese a denti stretti contro Hamilton (Cina), Vettel (Silverstone) e Barrichello (anche troppo decisa, nel suo caso, a Budapest).

CAMBI REGOLAMENTARI 2006-2010
Michael si è ritirato, nel 2006, guidando F1 profondamente diverse da quelle che ha ritrovato nel 2010.

Aerodinamica
La differenza aerodinamica tra 2006 e 2010 è profondamente maggiore di quella che si sarebbe potuta riscontrare, per fare un esempio, tra il 2002 e il 2006. Ala posteriore più stretta di 25 cm, più alta di 15. Ala anteriore più larga di 40 cm e con altezza dal suolo ridotta a meno di 10 cm e profili alari ridotti.

Gomme
Tra il 2006 e il 2010 ci sono stati due grandi cambiamenti. Dal 2009 sono state reintrodotte le gomme slick al posto delle scanalate, in vigore dal 1998. Dal 2010, la larghezza delle coperture anteriori è stata ridotta da 270 mm a 245 mm.

Rifornimenti
I rifornimenti durante il cambio gomme, introdotti nel 1994, sono stati aboliti a partire dal 2010. Le monoposto sono state progettate, quindi, prevedendo un serbatoio ben più ampio e il risultato è quello di avere vetture più lunghe, rispetto ad un anno fa, anche di 20/25 cm.

I MOTIVI DI UNA STAGIONE DELUDENTE
Nel paragrafo precedente abbiamo parlato di quello che Schumacher ha trovato di diverso rispetto al 2006, limitandoci ai dati tecnici. Ora invece cercheremo di approfondire quali sono stati i problemi riscontrati dal tedesco.

Adattamento alla Mercedes e ai nuovi pneumatici
Il problema “tecnico” più grosso per Schumacher pare essere stato quello relativo al feeling con la sua Mercedes in relazione alle gomme. La W01 ha evidenziato, sin dai primi test di Febbraio a Valencia, problemi cronici nella gestione delle Bridgestone. I problemi si sono protratti senza possibilità di porre rimedio fino alla decisione di fermare lo sviluppo dell’auto alla fine dell’estate (più o meno a partire da Spa). Michael ha manifestato più volte lo scarso adattamento della vettura e delle gomme al suo stile di guida, molto aggressivo sull’anteriore soprattutto in fase di frenata ed ingresso di curva. Problemi che Rosberg non ha avuto in quanto più docile nella guida. In un’intervista di fine agosto Ross Brawn aveva spiegato, infatti, che “se analizziamo la telemetria nelle curve veloci o il suo tempo di reazione quando la macchina perde aderenza, non c’è differenza: è ancora il vecchio Michael. Ma nelle curve lente non riesce a sfruttare le gomme come invece fa Rosberg, anche se comunque lui sa dove deve migliorare. Per andare forte Michael ha bisogno di una gomma forte sull’anteriore, capace di supportare le sue staccatone ed il suo modo di guidare, ma purtroppo quelle di quest’anno non sono così. Semplicemente, Nico ha saputo adattarsi meglio di lui a queste coperture”

3 anni di inattività
Questo è l’elemento che più raccoglie pareri discordanti. C’è chi dice che non contano, chi dice che contano poco per chi ha molta esperienza, e chi dice che sono determinanti.
Oggettivamente, non si può pensare che uno stop così lungo non sia deleterio per le prestazioni di un pilota. Ma questo è un parametro riscontrabile in qualsiasi situazione. Immaginiamo di abbandonare il nostro ambito lavorativo e di tornarci dopo tre anni. Saremmo subito efficienti come quando si è lasciato, o avremmo bisogno di tempo per riambientarci e riprendere i ritmi di prima?

Oltretutto, riguardo gli argomenti inattività e ambientamento, abbiamo due esempi molto recenti che ci possono venire in soccorso per poter fare un confronto: quelli di Luca Badoer e Giancarlo Fisichella nel 2009.

Badoer è stato crocifisso pubblicamente (anche con una certa ignoranza, permetteteci di dire) per aver “portato a spasso” la F60 nei gran premi di Valencia e Spa, l’anno scorso, dopo l’annuncio dell’impossibilità di rientro di Schumacher. Al di là del fatto che l’assurdo divieto dei test è ancora più tale anche nel caso di sostituzione di un pilota infortunato com’era Massa, nessuno ha considerato il fatto che Luca, oltre ad essere un collaudatore che di fatto non aveva mai potuto sedersi sulla F60 viste le restrizioni che conosciamo, non correva in gara praticamente da 10 anni. L’unica cosa che i media hanno saputo fare è stato deridere un pilota che correva con coraggio nonostante delle oggettive e palesi difficoltà. Ovviamente, dopo quelle due gare, nessuno si ricorderà mai dell’enorme lavoro svolto dietro le quinte (quando si poteva) per dare il suo contributo nello sviluppo delle monoposto vincenti del decennio rosso.

E qui veniamo a Fisichella. Dopo le gare di Valencia e Spa, a Badoer è stato dato il benservito. Ed è stato portato a Maranello, in arrivo dalla Force India dopo l’ottimo secondo posto di Spa, il pilota romano. Tutto questo tra fiati di trombe e sogni di vittoria già da Monza (come se Raikkonen fosse uno scarpone qualunque, ovviamente). I risultati, considerato il fatto che Fisichella aveva corso fino a due settimane prima con un’altra auto, sono stati anche peggiori di quelli di Badoer, se vogliamo vedere. Nessun punto conquistato, sorpassi subiti a destra e a sinistra, anche in corsia dei box.

Questo dovrebbe far riflettere moltissimo. Dove vogliamo arrivare? Ad una semplice domanda. Se, nel 2009, un pilota in piena attività si è trovato in difficoltà con il solo cambio di auto, non riuscendo ad ottenere nemmeno un punto, è giusto considerare completamente fallimentare la stagione di rientro di un altro pilota, dopo tre anni di fermo e qualche decina di punti portati a casa?

Considerate, inoltre, le differenze accumulate dalle monoposto in questi anni, è compensibile come non si potesse pretendere il Mondo, anche da un sette volte Campione.
Il problema, se vogliamo, è stato proprio questo. Le aspettative attorno a Michael.
Le dichiarazioni di facciata sono un conto, e ce ne sono a decine ogni anno. Ad inizio stagione non si contano i proclami bellicosi di squadre che poi non vedono mai il podio o nemmeno la Q2. Quello che si vede poi in pista è quello che conta, e a fine anno ogni volta si ride sui buoni propositi delle squadre alle varie presentazioni delle vetture.

Tornando a Schumacher, anche se nel 2011 dovesse migliorare sensibilmente le proprie prestazioni, è bene ricordare che l’orologio del tempo vale per tutti, anche per lui. 91 vittorie non fanno invecchiare meno un campione. Anzi, in certi casi (come questa stagione) sono un boomerang alla popolarità e all’immagine che ci si è cucita intorno negli anni.
In tanti si sono chiesti e si chiedono cosa abbia spinto un quasi 42enne a rimettersi in gioco sfidando il tempo, gli avversari ma soprattutto il proprio passato colmo di vittorie e record. Questo non lo sappiamo, forse non lo sapremo mai, ma un’idea possiamo farcela ripensando a ciò che Schumacher ha fatto durante questi anni di inattività. Al di là delle consulenze Ferrari, al muretto e per le vetture di serie, l’abbiamo visto lanciarsi con il paracadute, correre in Kart ma soprattutto correre e non piano con le moto fino a farsi anche male. Non ha mai rinunciato al brivido e alla velocità, come se facessero talmente parte della sua vita da non poterne fare a meno. E il fatto di “rovinarsi” l’immagine, pare quasi non interessargli.

Alain Prost, intervistato a riguardo a margine della Race of Champions, ha detto “Non mi aspettavo di meglio, perchè so quanto possa essere difficile ritornare dopo tre anni di stop. Quello che ha fatto in quest’anno è già molto buono, quasi eccezionale. L’obiettivo di vincere il Mondiale era però impossibile, anche perchè la vettura e il team non erano allo stesso livello di Red Bull, Mclaren e Ferrari. Quindi aspettiamo e vediamo l’anno prossimo, anche se la sfida è davvero difficile. L’obiettivo forse è un po’ troppo alto, ma solo lui avrebbe potuto fare quello che ha fatto quest’anno”

L’invito di Montezemolo di tornare al volante della Ferrari per sostituire Massa è stato probabilmente l’accendere la miccia della voglia di tornare in pista, e i dolori al collo non sono serviti se non a posticipare il rientro di qualche mese. Ed è stato lo stesso Presidente Ferrari ad ammettere le proprie colpe per aver fatto tornare la voglia a Michael. D’altronde, l’ipotesi terza vettura era talmente fantasiosa che la soluzione, visti i posti chiusi in Ferrari da Alonso e Massa, non poteva che essere diversa.

Concludendo
Tornando ai fatti: il 2010, l’anno che possiamo definire di “apprendistato”, è finito. Da Spa in poi si sono visti dei miglioramenti nelle prestazioni di Schumacher. C’è anche chi ha sussurrato un ritiro a fine anno dovuto agli scarsi risultati, ma non lo riteniamo probabile. Vorrebbe dire vanificare gli sforzi compiuti quest’anno per riambientarsi e rimettersi in gioco, e Schumacher non pare essere uno che molla. Solo il fatto di essere tornato a 41 anni, d’altronde, dovrebbe parlare da sè sulla voglia di sfidarsi e sfidare. E intanto, assieme all’amico iridato Vettel, ieri sera ha vinto la Race of Champions a Dusseldorf.

Prossimo articolo: Il rovescio della medaglia

Alessandro Secchi – F1Grandprix

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