GP Ungheria – Hamilton più forte dei commissari, la Ferrari preoccupa: è senza d.t.?
La Rossa rischia di sprofondare, il direttore tecnico Allison è sempre più lontano e il futuro è incerto
Lewis Hamilton ha vinto il GP di Ungheria alla partenza, riprendendosi di forza quello che questo mondiale e i commissari di gara gli avevano tolto. S’è ripreso la testa del campionato, conquistando in scioltezza la quinta vittoria stagionale (e sembrava l’anno di Rosberg!), ma soprattutto è stato ammirevole per aver risposto in pista, senza lasciarsi andare a sterili polemiche, alla pole “furba” di Nico e al sonno profondo in cui sono piombati i giudici di gara, capaci di convalidare un giro record realizzato in regime di (doppia) bandiera gialla. Scaltro, furbo, machiavellico Rosberg ad aver fregato tutti, ma incontenibile Hamilton su questa pista. E a Nico non resta che constatare come il sogno mondiale si stia piano piano allontanando.
Nel giorno dell’ennesima doppietta Mercedes, e dell’ennesima gara più tattica che spettacolare, ancora una volta va registrata la sofferenza della Ferrari. Ma se un Cavallino terza forza a Budapest – su una pista tutta telaio e trazione che va evidentemente ad esaltare la precisione degli chassis di Mercedes e Red Bull – era ampiamente pronosticabile, molto più allarmanti sono le parole, gli sguardi, le notizie più o meno certe che ruotano intorno a Maranello. Sia chiaro, la Ferrari nel catino magiaro s’è difesa più che bene, si direbbe dignitosamente. Sebastian Vettel s’è limitato all’ordinaria amministrazione, facendo il compitino con diligenza, undercut sulla Red Bull di Verstappen e soltanto un (vano) tentativo di insidiare il terzo posto (meritato) di Daniel Ricciardo. Seb non è apparso nel dopo gara troppo soddisfatto della strategia, ma anche lui probabilmente poteva fare un po’ di più.
Al limite dello strepitoso, invece, la gara di Kimi Raikkonen. Partito quattordicesimo per l’ennesimo errore del muretto, il finlandese è stato magistrale nella gestione delle gomme soft, allungando lo stint e martellando giro su giro, al punto di risalire la china fino al sesto posto e dare vita ad una battaglia intensa con Verstappen. Battaglia “persa”, perché Max per l’ennesima volta ha dato prova di essere uno stopper nato, un “muro” invalicabile, correndo anche ai limiti del regolamento. Il giovane fenomeno olandese è stato autore di due zig-zag di troppo, ma l’esuberanza nella guida va di pari passo con l’età. Kimi non ha potuto fare nient’altro che accorgersi della miopia dei giudici di gara, ma il sesto posto e una gara bella così restano la miglior risposta al sempreverde “partito del bollito”.
Il problema della Rossa è però il caos tecnico in cui è sprofondata, con minacciose nubi apparse all’orizzonte. Il “progetto” Arrivabene sembra essersi arenato, lo stesso team principal ha rilasciato una dichiarazione sibillina sul 2017, asserendo “Bisogna sempre vedere se prenderò certe decisioni…”. La scottante verità è che la Ferrari è senza una guida tecnica. James Allison, per ragioni familiari ma non solo, è pronto a fare le valigie, lo confermano indirettamente le parole di Arrivabene “L’argomento direttore tecnico è delicato, nel 2017 cambieranno molte cose, servirà una gran macchina. Non è il momento di parlarne”.
Allison doveva essere il Newey della Ferrari, ed invece farà la fine di un Fry e di un Tombazis “qualsiasi” andando molto probabilmente ad infoltire la numerosissima schiera di bravi ingegneri silurati da Maranello. Con lui andrà via una bella fetta di speranze, per due ordini di motivi:
– La Ferrari dà l’idea di essere in alto mare con le nuove regole, se è vero che conterà maggiormente (+30%) l’aerodinamica e la Rossa fa già fatica adesso in questo delicato e fondamentale settore della F1 odierna.
– In più tutte le grandi squadre del campionato si affidano a triadi o coppie di cervelloni. La Mercedes può schierare Paddy Lowe, Aldo Costa e Geoff Willis. La Red Bull ha Adrian Newey e Rob Marshall, la stessa McLaren – in crescita con un Alonso grande setttimo a Budapest – mette sul piatto accanto al geniale telaista Prodromou (allievo di Newey), Matt Morris e Tim Goss.
La Ferrari non è riuscita a “rispondere” con Allison-Resta, e non immaginiamo come lo possa fare senza il direttore tecnico inglese. Bisognava fare un “mercato tecnici” di alto livello, ma anche sotto questo punto di vista c’è stato un forte immobilismo. Se i piloti fanno ancora a gara per guidare la Ferrari, gli ingegneri più quotati (James Key ne è un esempio) rispondono picche, preferendo restare dove i loro amati computer lavorano meglio. Alle delusioni per il presente, si aggiungono (fondate) angoscie per il futuro; la Ferrari non vede ancora la luce in fondo al tunnel.
Antonino Rendina
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