F1 | Mercedes, è un tonfo senza precedenti
La scuderia di Brackley è lontana parente del top team degli anni passati. Frecce d'argento mai a proprio agio con l'effetto suolo
Dopo tre gare della nuova stagione la Mercedes non è mai sembrata così in crisi, smarrita, disorientata. Lo stesso Toto Wolff dopo lo zero del GP di Melbourne ha affermato: “Dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare, mi darei un pugno in faccia, non ci sono motivi per essere ottimisti ad oggi“. La scuderia attuale è lontana parente di quella che ha dominato la scena per otto anni consecutuvi, regina incontrastata dell’era ibrida. Dopotutto è “colpa” della Mercedes se la FIA ha varato il regolamento ad effetto suolo, per avvicinare il gruppo e rendere la massima categoria meno prevedibile, dando invece il là al dominio Red Bull (e questa è una storia che conosciamo).
Finora la Mercedes con le auto ad effetto suolo non s’è mai trovata a proprio agio. D’altronde le sue fortune la squadra di Brackley nei suoi anni d’oro le aveva costruite sulla potenza del suo motore, sul telaio, su un gruppo di ingegneri che sapeva lavorare in modo impeccabile di concerto, seguendo le indicazioni del fuoriclasse Lewis Hamilton.
La squadra anglo-tedesca, dal 2022, si è completamente persa. Da quando ha messo in pista quella W13 che saltellava impazzita sui rettilinei, a riprova dell’obiettiva difficoltà a trovare la giusta quadra con l’effetto suolo, e con la singolare carrozzeria a zero pance. Pance poi apparse come per magia a metà 2023, a cavallo poi del ritorno di James Allison nel ruolo di direttore tecnico per risollevare le sorti di un top team, con l’allora direttore Elliott a pagare lui per tutti.
Ma Mercedes è riuscita dove in pochi avrebbero creduto: ha sbagliato la terza monoposto consecutiva, con l’aggravante non solo della recidiva, ma dell’aver creduto di aver compreso e risolto i propri problemi, di aver capito come tenere incollata l’auto a terra senza saltellare e come sfruttare le gomme. Addirittura dopo prove invernali non certo esaltanti – almeno da ciò che abbiamo osservato noi dall’esterno – James Allison si sbilanciò asserendo che secondo i suoi calcoli le Frecce d’argento erano la seconda forza per ciò che riguardava il ritmo sul long run.
Una previsione ardita, che gli si è ritorta contro. Allison aveva previsto una W15 consistente sul passo, mentre Bahrain, Arabia Saudita e Australia hanno detto l’esatto contrario, con la monoposto di Brackley in grandissima difficoltà sulla distanza e con le gomme. Con le parole proferite dal DT a margine dei test invernali che sono diventate oggetto di ironia. Anche i piloti, dal canto loro, stanno vivendo un momento difficile.
George Russell fino all’incidente nel finale del GP di Melbourne ha fatto ciò che poteva, con gare buone ma senza particolari sprazzi. Lewis Hamilton, complice un naturale processo di distacco dalla scuderia in vista del passaggio alla Ferrari, si è dimostrato sin da subito sfiduciato, scettico, demotivato. Il termometro dell’umore, ma anche della scelta, di Hamilton rende l’idea di come ad oggi dalle parti di Brackley ci sia una sensazione di sfiducia dilagante.
Mercedes dà l’idea di non credere lei in primis ai propositi di riscossa da tempo sbandierati. Il team anglo-tedesco sta affrontando problemi di correlazione dati tra virtuale e pista, tra simulazione e rendimento sull’asfalto, che fino a qualche tempo fa aveva soltanto letto sui giornali a proposito della Ferrari. Proprio Maranello pare stia facendo il percorso inverso alla Mercedes, avendo trovato finalmente la giusta direzione nello sviluppo dei suoi concetti.
Il fallimento della Mercedes per certi versi è clamoroso; per grandezza, risultati recenti e nobiltà della scuderia è un tonfo quasi senza precedenti, un ridimensionamento inaspettato e drastico. E’ cambiato il direttore tecnico, ma non sono cambiati i risultati, anzi i problemi sembrano aggravati, e molte squadre si sono ormai adattate molto meglio al regolamento in vigore ormai da due anni. E richiamandoci alla livrea mista di quest’anno, il futuro è più nero che d’argento.
Antonino Rendina
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