Storia della Safety Car
In Formula Uno oggi siamo abituati a vedere entrare una Mercedes argento con lampeggianti posti sopra il tetto qualora accadano incidenti tali da dover rallentare il normale svolgersi della corsa. Quella che si può ritenere un’invenzione veramente utile ed atta a prevenire ulteriori tragedie, venne introdotta per la prima volta poco più di 40 anni fa, non senza perplessità e pareri contrastanti. Procediamo con ordine al fine di essere quanto più possibile specifici.
Negli Stati Uniti, sin dalla prima edizione della “Indianapolis 500” datata 1911, venne introdotta una Pace Car con lo scopo di guidare il trenino di vetture nel cosiddetto warm up, abbandonando poi il tracciato per lasciare posto alla corsa vera e propria. Al termine dell’evento era poi utilizzata dal vincitore come passerella d’onore e per questo molte case automobilistiche, intravedendone una buona azione di marketing, cercarono di portare le loro vetture di punta a tali eventi come Pace Car. Gli organizzatori notarono come il pubblico, molte star e le case automobilistiche apprezzassero questa iniziativa e così aumentarono a due il numero di giri previsti per essa, dando così la possibilità alle vetture da corsa di scaldare meglio motori e pneumatici.
Intanto crebbero le prestazioni con il passare degli anni e così dal 1960 in poi, per far sì che nel giro di ricognizione le monoposto si scaldassero a dovere, non solo le Pace Car divennero più performanti, ma si cominciò a darle in mano a piloti professionisti, mentre le celebrità potevano comodamente salire come passeggeri e godersi i saluti dei moltissimi tifosi.
Nel frattempo nel Vecchio Continente la Formula Uno era un evento sportivo e mediatico ormai seguitissimo, nulla aveva a che fare con le gare americane. Uno dei maggiori problemi riguardava però la sicurezza: ogni anno si verificavano diverse morti lungo i percorsi di gara, sia tra i piloti che tra il pubblico coinvolto. Era un sport bello e dannato, in ogni senso. Urgeva dunque trovare una soluzione per cercare quantomeno di aiutare coloro che erano stati coinvolti in un incidente, senza che le altre vetture in pista innescassero ulteriori sciagure. Ad introdurre quella che sarebbe poi divenuta la Safety Car fu un tedesco, Herbert Linge, ex pilota di auto da corsa e da rally. Nel 1972 egli aveva fondato la “DMSB – Staffel”, il primo gruppo di soccorritori organizzati per ogni evenienza – estintori ed anche dottori a bordo di auto ad alte prestazioni come le Porsche 911 e 914 per poter accorrere quanto prima possibile. Tuttavia questo gruppo operava in un ramo ristretto del motorsport, almeno finché non arrivò l’occasione giusta per dimostrarne l’utilità.
Gran Premio del Canada 1973: piove forte, molto forte. Si verifica un incidente, urge trovare una soluzione. Linge convince tutti dell’utilità della Safety Car e la sua proposta viene accolta anche grazie alla spinta di Bernie Ecclestone: si fa entrare in pista una Porsche 914/6. La sportiva di Stoccarda si posizionò quindi davanti alle monoposto creando un trenino che permise ai commissari di ripulire il tracciato e far così ricominciare la corsa. Il problema fu quello di non accorgersi che la prima vettura posta dietro la Safety Car fosse di Howden Ganley, il quale non deteneva la testa della corsa. Si generò quindi una grande confusione quando la gara ripartì, non consentendo a nessuno di capire chi realmente detenesse la leadership e falsando pertanto i risultati al termine. Da quanto ci è dato sapere vinse Peter Revson su McLaren davanti ad Emerson Fittipaldi su Lotus e Jackie Oliver su Shadow. Da lì in poi divenne sempre più frequente – ma non costante – l’utilizzo di una vettura per rallentare il gruppo in caso di incidente tale da rendersi necessarie delle opere di risistemazione del tracciato o soccorso ad un pilota. E ben presto venne a crearsi una Medical Car per il trasporto di medici ed attrezzature adeguate al primo soccorso su richiesta del famoso Sid Watkins, soprattutto dopo i fatti di Monza ‘78.
Molte vetture vennero usate per ricoprire il ruolo di Safety Car a cavallo degli anni ’80 e ’90 con scopo principale quello di farsi pubblicità: Fiat, Honda, Lamborghini ed Opel ne sono un esempio. Si sollevarono però molte polemiche da parte delle scuderie: anzitutto servivano macchine più veloci per far sì che non rallentassero eccessivamente le monoposto di Formula Uno, abbassando oltremodo la temperatura dei pneumatici in primis e delle parti meccaniche poi. Così all’inizio del 2000 venne stipulato un accordo con Mercedes per avere una fornitura di vetture, curate dal preparatore AMG, che svolgessero tale incarico. Essa è presente nel giro di formazione delle vetture, rientrando ai box quando queste si schierano per la partenza e rimanendovi. Subentra quando i commissari di gara espongono bandiera gialla ed il cartello a sfondo bianco con scritta nera “SC”, ovvero le iniziali di Safety Car. Il suo ruolo a questo punto è quello di porsi davanti al leader della corsa annullando ogni tipo di distacco tra lui e gli inseguitori, permettendo a chi è doppiato di superarla per recuperare il gap. Rimane in pista per quanto tempo è necessario: non rari i casi in cui si sia partiti in regime di Safety Car (Belgio 1997 e 2000, Brasile 20013, Giappone 2007, Italia 2008, Cina 2009, Corea 2010 e Canada 2011), o gare terminate con essa davanti (Canada 1999, Australia ed Italia 2009, Montecarlo 2010, Brasile 2012 e Canada 2014).
Potrebbe risultare quasi banale il lavoro che il driver di essa debba compiere, ma non è affatto così. Egli deve cercare di mantenere una media piuttosto alta a giro per non far sì che le monoposto raffreddino troppo gli pneumatici, cosa che potrebbe causare seri problemi alla prima staccata o curva ad alta velocità. Dal 2000 ad oggi a ricoprire questo compito è Bernd Maylӓnder, ex pilota di corse assunto a tempo pieno dalla FIA per ricoprire questo importante ruolo. Detiene tra l’altro il simpatico record di aver percorso più giri in testa del vincitore, Fernando Alonso, durante il Gran Premio d’Australia 2006.
Si sa, quando gli appassionati vedono entrare una Safety Car sanno già quali noiosi momenti spetterà loro sorbirsi, ma ogni tanto il noto pilota tedesco non risparmia qualche “drift” in curva per la gioia dei molti e soprattutto permette che gli stewards possano compiere il loro dovere senza preoccupazioni e nel modo più efficiente possibile. Non sono mancati casi un po’ particolari – vedesi la Jeep entrata in pista durante il GP di Corea l’anno scorso – senza conseguenze e risoltisi in prese in giro mediatiche che ricordano a noi quanto, dopotutto, anche chi lavora all’interno del circus della Formula Uno sia umano e può commettere errori.
Andrea Villa
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