Pagelle del Gran Premio di Abu Dhabi

Pagelle del Gran Premio di Abu Dhabi

Yas Marina, Yas Marina delle mie brame. Dimmi, chi è il più bello del reame (di Abu Dhabi)? Non lo sappiamo. Ma a quanto pare il più bravo è stato Lewis Hamilton, che regala a se stesso e alla mamma, presente ai box, il terzo successo stagionale cancellando un periodo costellato di errori e critiche. Al secondo posto la Ferrari di Alonso, davanti a Button -che corre senza Kers- e a Webber. Subito fuori Vettel, per una foratura dopo il via. Buona lettura!

Sebastian Vettel: 10 – Meriterebbe dieci. Dieci per la cattiveria con cui al sabato si prende una pole tutto sommato inutile. E dieci per quel suo modo di fare squadra -fermarsi ai box, parlare con i meccanici, restare al muretto- che ricorda tanto quello del Michael Schumacher dei tempi d’oro. Impagabile la battuta di David Coulthard in diretta alla BBC quando Seb viene inquadrato al pc: «Look! Sebastian Vettel is emailing his mom to say it’s okay», ovvero «Guardate! Vettel sta scrivendo una mail alla mamma per dire che va tutto bene». Il tutto il giorno del compleanno della mamma di Hamilton. Meriterebbe dieci, dicevamo. Anche perché, checché ne dicano in Rai, non ha responsabilità sul ritiro. E allora glielo diamo. E pace. Cordiale.

Mark Webber: 5,5 – La sufficienza non può starci, ahinoi, non può proprio starci. Perché se il potenziale della vettura senza Vettel è questo… beh, allora o tanto di cappello al bicampione del mondo o giù schiaffi al cangurone di Queanbeyan. Certo, sul risultato pesa come un macigno la buffa strategia attuata dal muretto con le aaaali, che gli impone un pit stop all’ultimissima tornata facendogli di fatto perdere il podio. Ma è anche vero che senza la cappella galattica di Massa avrebbe corso il rischio di arrivare quinto. In mezzo il solito pit stop che pare un tagliando, una marea di sorpassi a Massa prima e a Button poi vanificati dal bottoncino magico del DRS -un giorno dovranno spiegarci a chi appartiene la mente geniale che ha piazzato le due DRS zone attaccate una all’altra- e la serie di giri veloci alla fine. Giri veloci che testimoniano che il passo la vettura l’aveva. Nonostante le difficoltà e la «scarsa confidenza in frenata», per citare ancora lo zio Coulthard. Come abbiamo scritto anche nelle ultime pagelle, lo abbiamo difeso sempre a spada tratta per tutta una serie di motivi. Ma ora le giusfiticazioni traballano sempre di più. Speriamo che sia solo un’annata storta. Sceso (dal podio).

Lewis Hamilton: 10 – La misura dell’annata storta dell’inglese son proprio i tanti contatti con Massa. Perché quando Lewis corre da Lewis, come a Yas Marina, è tecnicamente impossibile che possa venire a contatto col brasiliano. Impossibile per una semplice questione fisica: per scontrarti con qualcuno devi essergli vicino. E star vicino a Massa significa star dietro. Tutto qua. Ad Abu Dhabi, invece, l’inglese regala alla mamma -era il suo compleanno- una prestazione maiuscola. Tutto sommato anche apparentemente facile: subito fuori Vettel, si ritrova al comando e amministra il vantaggio costruito su Alonso fino alla bandiera a scacchi. La Mclaren qui era in palla. E lui l’ha guidata al meglio. Ora, per favore, risparmiateci le fisime da romanzo d’appendice riguardo alla ‘ritrovata serenità’ del campione, magari per via della presenza della mamma ai box. Abbiate pietà. Parliamo di sport. Parliamo di prestazione. La sua è stata praticamente perfetta. Certo, con Vettel in pista magari le cose sarebbero andate diversamente. Ma sarà mica colpa sua la “bucatura” (cit. ing. Giancarlo Bruno, ndp) del tedesco? Scintillante.

Jenson Button: 9 – Il suo terzo posto in realtà è un mezzo capolavoro. Perché ottenuto con il Kers che va a singhiozzo -o meglio che perlopiù non va- che oltre a fargli perdere tempo gli complica parecchio la guida. Il dispositivo, infatti, oltre a garantire cavalli in surplus quando attivato, regala anche una certa quantità di freno motore in staccata. E attaccarsi ai freni senza sapere come si comporterà la macchina… beh, non dovrebbe essere divertente. Ma JB ci passa sopra. Lotta bene con Webber e riesce a restargli davanti. Poi il muretto Red Bull si inventa la strategia a tre soste che gli assicura il terzo posto e da lì si tratta solo di portare la vettura al traguardo. Sembra facile. Ma non lo è stato. Si fa fregare da Alonso al primo giro, ma tutto sommato va ancora bene così. E il suo pit stop nello stesso giro di Hamilton è un puro e semplice esercizio di stile del box McLaren. Tanto inutile quanto suggestivo. L’estetica della sosta. Perché altrimenti -parafrasando un noto spot- saremmo solo macchine. Da corsa, ma pur sempre macchine. InKERSato.

Fernando Alonso: 9,5 – Prima della gara il tormentone era: riuscirà Fernando a completare la sua collezione di coppe? Ora, con tutto il rispetto per la casa dello spagnolo, a noi del suo salotto o della sua sala dei trofei interessa ben poco. Ci interessa molto, invece, lo scatto felino al via che gli fa sopravanzare Webber e il sorpasso cattivo messo a segno ai danni di Button nelle primissime fasi di gara. Poi, da lì, non c’è molto altro da raccontare, se non una guerra a distanza sul filo dei centesimi con Hamilton. Guerra nella quale, tra l’altro, perde un secondo e sei decimi solo nel secondo pit stop (3.6 contro 5.2). Già è dura in pista, se poi pure ai box si perde tempo… Ma, ad ogni modo, porta a casa un secondo posto che completa la sua bacheca -aridaje!!!- e che rende giustizia all’impegno e alla costanza di questo spagnolo testardo e concreto. La Ferrari 2011 è molto meno di quello che appare. Per cui onore al merito. Mezzo punto in meno solo perché a fine gara se la prende con il traffico. Gli spagnoli parlano tanto, si sa. Ma certe volte forse si fa più bella figura a star zitti senza cercare una scusante a tutti i costi. Ciarliero.

Felipe Massa: 5 – Ci permettiamo di riportare una frase di Pino Allievi che avevamo già citato due o tre gare fa. «Massa? Corre bene, sicuro. Ma a fine gara, non si capisce bene perché, non c’è mai». Sarà un problema di concentrazione, di tenuta nervosa, fisica, astronomica, astrologica, astrolunare, non si sa. Ma anche stavolta alla fine la sua impronta -tutt’altro che virtuosa- ce la infila, sotto forma di un testacoda che gli impedisce di restare davanti a Webber. Certo, quarto o quinto non avrebbe cambiato chissà cosa, su questo siam tutti d’accordo. Ma è il principio, che ci fa imbufalire. Quest’uomo, signori, nel 2008 è stato campione del mondo fino a 200 metri dalla fine del campionato. Quest’uomo. Non si capisce come sia possibile che quest’anno corra così. Così scarico, così distratto, a tratti abulico. Budapest 2009? Hockenheim 2010? Certo è che, ora Fernando è davvero Faster than Massa. Poche storie. Più veloce e più concreto. La squadra si aspetta di più da lui. Anche se non si capisce bene in che senso. Più veloce, ma un pelino meno di Fernando? Boh, un rompicapo. Ma anche NOI ci aspettiamo di più da lui. E questo è quello che ci interessa maggiormante. Svagato.

Michael Schumacher: 6 – Piccolo passo indietro per il 7 volte campione del mondo. Dopo le ultime, convincenti prestazioni, ad Abu Dhabi il tedesco appare più in difficoltà. Soprattutto perché non riesce a trovare un assetto soddisfacente per tutto il weekend ed è costretto a correre con una macchina poco equilibrata, nervosa e più mangiagomme del solito( e ce ne vuole!!!). Parte bene, passa il compagno di squadra che si riprende la posizione in maniera decisa. E gli resta dietro, a distanza, per tutta la corsa. Lotta a fatica con le Force India ed è autore di un bel sorpasso a di Resta a metà gara. Poi taglia un po’ troppo una chicane e perde un pezzo della vettura, che non gli procura grossi danni ma che certo bene non fa. Questo lo induce a più miti consigli e si accontenta di portare la macchina al traguardo senza ulteriori sussulti. Anzi no: taglia il traguardo con una gomma forata e parcheggia la Mercedes alla curva 2 subito dopo la fine della gara. Gianfranco Mazzoni al sabato ha tenuto a precisare che nella prima parte della sua carriera Michael non aveva mai corso col buio, e che nella seconda parte -questa- non ha mai ottenuto risultati di rilievo dopo il tramonto. Avrà mica paura del buio? Boh. Certo è che l’anno scorso salì -letteralmente- sulla macchina di Liuzzi. Quest’anno ha tagliato il traguardo, per giunta anche a punti. Il prossimo anno magari zitto zitto finisce sul podio. Apprendista.

Nico Rosberg: 7 – Quando l’acqua arriva alla gola si impara a nuotare. Le ultime, belle prestazioni di nonno Schumacher devono evidentemente avergli dato la sveglia. Non più fare il minimo sindacale, dunque, ma fuori i piedi e pedalare. E allora giù, sorpassone cattivo al primo giro proprio contro il compagno di squadra che al via gli era saltato davanti. E allora via, picchiare giù duro, giro dopo giro, per staccarlo. Azzarda una strategia strana, con i pit stop ritardati, che alla fine non stravolge il destino della sua gara ma che per un po’ lo tiene nelle posizioni nobili della classifica – anche se si fa passare in pista da Webber. E alla fine arriva sesto, primo dei cosiddetti team terrestri, dietro a McLaren, Ferrari e Red Bull. Festeggia il rinnovo con la Mercedes mettendo qualche bel puntino sulla i e rispondendo a chi, più o meno velatamente, lo vedeva in calo. In questo senso andavano anche le dichiarazioni della settimana scorsa, quando si difendeva dicendo di non essere più lento di Schumacher in gara ma di essere ‘vittima delle circostanze’. E magari -aggiungiano noi- l’avrà pure fregato l’avvocato. Vabbè. Boutade a parte è stato bravo. Restauratore.

Bruno Senna: 4,5 – Un disastro. La macchina non va. Lui parte male, lo fermano subito ai box per una strategia bislacca, e finisce in fondo al gruppo. Oltretutto senza Kers. Prova a risalire, si sbarazza delle vetture più lente ma non ha assolutamente il ritmo di un fulmine di guerra, anzi. Inquadrato solo in occasione dei doppiaggi, si becca anche un Drive Through per non aver rispettato le bandiere blu. Roba da applausi scroscianti, dunque. O anche no. Alla fine chiuderà sedicesimo, staccatissimo. Facendosi passare anche da Alguersuari, il che -vista la gara tutt’altro che brillante dello spagnolo- parla da sé. E dire che la Renault a inizio stagione valeva il podio. Un’involuzione spaventosa, sulla quale i piloti non possono non avere responsabilità. Inutile a questo punto chiedersi se con Heidfeld le cose sarebbero potute andare diversamente. Ognuno va in guerra con le armi che si è scelto, punto. Ma la sua gara -tirando le fila del discorso- non è nemmeno lontanamente positiva. Anche se paga colpe non solo sue, gli specchietti bisogna guardarli, sempre. Disorientato.

Vitaly Petrov: 5 – Se Atene piange, Sparta non ride. La sua gara, in realtà, è migliore rispetto a quella del compagno di casacca. Soprattutto in virtù di una strategia più canonica. A complicargli le cose, però, ci si mette la rottura del DRS. Che sarà pure una scempiata, un’idiozia, quello che volete, ma non avercelo quando tutti gli altri lo usano… beh, di certo non ti aiuta. Veleggia più o meno a ridosso della zona punti per un po’, poi monta le gomme medie che sulla sua Renault non funzionano proprio ed è costretto a rimetter le morbide per le ultime fasi di gara. Viene inquadrato soprattutto quando subisce sorpassi e in occasione di un lungo che gli fa ulteriormente perder tempo. Alla fine taglierà il traguardo in tredicesima posizione, anonimo e depresso. E dire che l’anno scorso, qui, aveva praticamente deciso il mondiale tenendo dietro la Ferrari di Alonso per oltre 30 giri. Nemmeno in quell’occasione aveva il DRS, tra l’altro. Ma non ce l’aveva nessuno. Difficile affibbiargli colpe specifiche, ma anche assolverlo, in quanto coprotagonista nel team di una crisi tecnica imbarazzante. Sperduto.

Rubens Barrichello: 6,5 – La scena madre del weekend non è la foratura di Vettel. L’immagine di Abu Dhabi 2011 non è la spianata di yacht di superlusso che ogni tanto viene mostrata dalle telecamere. E non sono nemmeno le tante fanciulle ammiccanti in costume da bagno. La Scena -con la S maiuscola- del weekend è il sorpasso di Rubens Barrichello a Lewis Hamilton, con il quale il brasiliano si sdoppia a metà gara prima di essere doppiato di nuovo dall’inglese. Giù il cappello, applausi a scena aperta. Nonno Rubens non gira in qualifica a causa di un problema al motore -nuovo, peraltro- e si schiera in ultimissima posizione. Al quarto giro, per dire, è già 14mo. Gara gagliarda, dunque, tanto che a un certo punto è pure decimo, in zona punti. Alla fine chiude dodicesimo, contento, e dice di essersi pure divertito. Difficilmente il prossimo anno sarà ancora alla corte di Sir Frank, ma per quanto fatto vedere a Yas Marina un’altra stagione forse la meriterebbe. Indomito.

Pastor Maldonado: 4 – Per carità, si trova a partire penultimo per colpe non sue, leggi eccesso di motori. Ma in gara non ne azzecca una. Veleggia sempre dietro il compagno di squadra. Si becca un Drive Through per aver ignorato le bandiere gialle. E rischia pure di sbattere all’uscita dei box – d’accordo, quel tunnel è ridicolmente pericoloso, ma già che c’è… Continua indomito a far casino nei doppiaggi, lotta con Alguersuari proprio nel momento in cui sopraggiungono i primi e alla fine si becca un’altra penalità che non influisce sul risultato finale -tocca sia a lui che ad Alguersuari, in lotta- ma che rende di fatto inaccettabile la sua gara. Non è così che si fa, per niente. E questo ci fa arrabbiare, perché Pastor i numeri li avrebbe, quando tiene il cervello acceso. Il problema è che spesso, invece, decide di tenerlo in standby. E i risultati li abbiamo visti sull’isola artificiale di Yas Marina. Il quattordicesimo posto finale è quasi troppa grazia. Testone.

Adrian Sutil: 7 – La Force India si dimostra in forma e si presenta ad Abu Dbahi reduce dall’ottimo risultato ottenuto alla gara di casa, in India. E l’aziendalista Sutil -così l’avevamo definito dopo l’appuntamento indiano- si rivela essere in palla e voglioso di dimostrare di valere un posto in squadra anche per il 2012. Ottimo in qualifica, concreto e deciso in gara, dove porta a casa un ottavo posto che con un pizzico di fortuna in più poteva essere addirittura un settimo. Fa gara infatti su Michael Schumacher e il tedesco gli balza davanti solo in virtù di un secondo stint più lungo. Gara poco appariscente, dunque, ma di sostanza. Ai box -e con la stampa- non fa nulla per nascondere il proprio disappunto per non essere ancora stato confermato ed esterna tutto il suo nervosismo riguardo al futuro. Nervosismo che -per motivi diversi- lo affligge da inizio campionato. Ma una volta al volante si dimostra professionista solido e inappuntabile. Bravo.

Paul di Resta: 7 – A differenza del compagno di squadra la sua corsa è a dir poco complicata. A partire da una buffa strategia su una sola sosta, che lo fa correre senza riferimenti di sorta per circa 3/4 di gara. E non è facile. Ingaggia una lotta furiosa con Buemi nelle prime fasi di gara, sulla base di questo copione: Buemi si avvicina, attiva il DRS, lo passa, curva, controcurva, di Resta torna vicino, attiva il DRS, ripassa. Stop. Alla fine lo svizzero -più veloce per via delle gomme morbide- riesce a passarlo e se ne va, ma questo non gli costa molto nell’immediato e nemmeno nel lungo periodo, dato che poi Seb si ritira. Lotta con Michael Schumacher, passa Petrov e alla fine, quando tutti gli altri si rifermano, risale fino al nono posto. Non dimentichiamoci che stiamo ancora parlando di un rookie. E non dimentichiamoci nemmeno -questo a volte succede- dove si trovava la Force India 3 anni fa. Anche nella F1 del 2011, avendo tempo, pazienza e raziocinio, si può crescere bene. Bravi. Tutti.

Kamui Kobayashi: 7 – Era ora! Dopo una serie di sfighe e prestazioni deludenti Capitan Kamui torna finalmente a punti in maniera gagliarda e convincente. Piazzamento che probabilmente in pochi si aspettavano alla vigilia. Parte benissimo -con le medie- recuperando cinque posizioni al via. Si ferma subito, poi però perde terreno poco prima della seconda sosta a causa degli pneumatici che restano sulle tele. Poco male: con gomme morbide si scatena, recupera posizioni in pista, si sbarazza anche del compagno di squadra Perez e taglia il traguardo in decima posizione raggranellando un punticino che non cambia la classifica ma che ridà morale al piccolo Jap di scuola Toyota. La sua annata è comunque positiva, e ci fa piacere notare che grinta e determinazione paiono immutate. Lui e Perez sono tosti, formano una bella coppia -sportivamente parlando, intendiamoci- e se avranno una buona vettura il prossimo anno potranno farci divertire. Bentornato.

Sergio Perez: 6 – La media, al solito, è tra l’otto per la bella gara di rimonta e il quattro per la distrazione alla prima curva che gli costa l’ala anteriore, una sosta ulteriore ai box e tanto, tanto tempo. Al via, dicevamo, va addosso a Sutil e sfascia l’alettone anteriore. Sfiga, ma anche disattenzione. Dal fondo dello schieramento è poi bravo a tornar su bene, anzi benissimo, passando -in pista- un gran numero di avversari. A tre quarti gara si trova poi davanti a Kobayashi e il sorpasso su Petrov gli garantisce il decimo posto, ovvero l’ingresso in zona punti. Poi le sue gomme cedono, il Kers smette di funzionare e lui è costretto a far passare il giapponese e ad accontentarsi dell’undicesimo posto. Voto di compromesso, dunque, per una gara dai due volti. Per carità, l’errore ci può stare, soprattutto se sei un esordiente e hai un temperamento così aggressivo. Però dobbiamo tenerne conto, ahimé. E’ comunque positivo, e scommettiamo che anche in futuro Checo saprà farci divertire. Come nelle ultime fasi di gara, quando abbatte malamente una telecamera su un cordolo. Chissà se gliela addebiteranno. Vandalo.

Sebastien Buemi: 7,5 – Secondo ritiro consecutivo per lo svizzero, che anche ad Abu Dhabi stava correndo non bene ma benissimo. Molto meglio, per dire, del compagno di casacca. Nelle prime fasi di gara ingaggia un duello feroce con di Resta all’insegna del “passo io che poi passi tu”. Sentiti ringraziamenti anche in questo caso a chi ha avuto la geniale idea di mettere due zone DRS una attaccata all’altra. Lo candidiamo per il Nobel per la fisica applicata alla meccanica delle corse. Un imbecille. Alla fine Sebastien ce la fa, ma pagherà questo sforzo a caro prezzo: di lì a poco, infatti, il sistema idraulico lo saluta e gli sfascia, in sequenza, il servosterzo e il cambio. Peccato. Quest’anno ha seminato molto più di quanto abbia raccolto. E ci dispiace assai, sul serio. Jellato.

Jaime Alguersuari: 5 – A differenza del compagno di squadra lui imbrocca una giornata che più storta non si può. Non parte benissimo, poi è vittima di un pit stop che -non si capisce bene perché- si trasforma in un tagliando e sprofonda indietro. Dopo le imprecazioni di rito prova a recuperare, ma in maniera piuttosto maldestra. Nel senso che a un certo punto inizia a fare a sportellate con Maldonado -un altro che a Yas Marina ha avuto una giornatina niente male- proprio nel momento in cui i primi della classifica si apprestano a doppiare la strana coppia. E tra l’altro, oltre a far perder tempo ai frontrunners e a beccarsi una penalità post gara per l’accaduto, ci rimette pure la posizione. Della serie: se vuoi fare una cosa sporca, almeno che ti serva a qualcosa. Nelle ultime fasi si fa vedere quando passa Senna, in piena crisi di gomme, ma il quindicesimo posto finale così artigliato ha davvero il sapore della beffa. Non ci siamo. Nervoso.

Jarno Trulli: 5 – D’accordo, arriva ad Abu Dhabi febbricitante. D’accordo, non gira durante le libere del sabato mattina e questo fa sì che non riesca a trovare un assetto decente e che debba in un certo senso scoprire la vettura nelle qualifiche. D’accordo, la frizione al via gli slitta -ma di chi sarà poi la colpa??- e perde diverse posizioni, che poi recupera nel corso del primo stint. Ma a fine gara becca più di un minuto da Kovalainen, maledizione. E questo non è accettabile. Rimediando, tra l’altro, anche otto decimi sul giro più veloce. Jarno si lamenta del degrado delle gomme, dovuto probabilmente ad un setup che fa scivolare troppo la vettura e che quindi mangia le coperture. Però da uno della sua esperienza ci aspetteremmo di più che delle giustificazioni di maniera. E’ comunque riconfermato per l’anno prossimo -quando il team si chiamerà Caterham- e non stentiamo a credere che, a questo punto, non veda l’ora di lasciarsi quest’annata alle spalle. Stufo.

Heikki Kovalainen: 6,5 – Ascoltate cosa dichiara a fine gara. «Ho fatto un’altra bella partenza, e da lì la gara è stata in discesa. Non ho avuto nessun tipo di problema nell’arco della gara, i pit stop sono stati perfetti e la strategia ha lavorato esattamente come avevamo pianificato. E’ stato un altro bel weekend per noi». Ci viene da sorridere pensando alle magagne accumulate dal suo compagno di squadra in tutta la stagione. Ma non è colpa del biondo di Rovaniemi. Che come detto parte bene, tiene agevolmente dietro entrambe le Williams per buona parte della gara, è preciso e corretto nei doppiaggi e alla fine dà più di un minuto a Trulli. Chiedergli di più è francamente eccessivo. Il team progredisce e la vettura, almeno nelle sue mani, è sempre più veloce. Chissà se il prossimo anno riuscirà ad inserirsi nella lotta con team più blasonati. A questo punto, visti i progressi, siam davvero curiosi. Ottimista.

Daniel Ricciardo: 6 – Nono Gran Premio in Formula 1. In qualifica batte il compagno di squadra ma al via gli finisce dietro dopo uno start buono ma un errore alla prima curva. Ingaggia una lotta furiosa con Tonio, con tanto di contatto -incruento- nel momento in cui da dietro arriva Kobayaschi, che ne approfitta per passare entrambi gli alfieri della HRT. Dopo la prima sosta balza avanti a Liuzzi, lo stacca e va in caccia di Glock. Che non raggiunge. E a tre giri dalla fine la macchina lo tradisce costringendolo al ritiro. Peccato? Mah, tutto sommato mica tanto. Per come si erano messe le cose fermarsi tre giri prima significa solo far meno fatica. Lui fa buon viso a cattivo gioco e parla di «ottimi tempi ottenuti nel finale». Ed in effetti stacca il compagno di squadra di un secondo nel computo dei giri più veloci. Difficile bocciarlo. Anche perché corre più per fare esperienza che per altro, visto il mezzo a disposizione. E battere pure il vicino di box… Temporeggiatore.

Vitantonio Liuzzi: 6 – Un disastro. Nel senso che in qualifica le becca dal deb Ricciardo, in gara gli balza davanti al via e resiste come può nel primo stint. Poi però l’australiano lo sopravanza, lo saluta e se ne va, lasciandolo malinconicamente solo e ultimo. Ma c’è un però. La sua vettura denuncia “sottosterzo nelle curve a sinistra e sovrasterzo in quelle a destra”, indice di un probabile danneggiamento ad una sospensione. La squadra non conferma, ma nemmeno smentisce. E di fatto già un dubbio ci viene. Se poi aggiungiamo che a Tonio viene riservata una strategia ad una sola sosta, che alla fine si dimostrerà penalizzante rispetto a quella più canonica sui due stop pianificata per Ricciardo, beh, allora la prestazione non diciamo che si spiega ma ci andiamo vicino. Non parliamo di boicottaggio, intendiamoci, ma di scelte sbagliate, tutto qua. In queste condizioni è dura, dura, dura. E non ci sentiamo, stavolta, di condannare Tonio. Paziente.

Timo Glock: 6 – Al via è diabolico ed esce dalla prima curva in sedicesima posizione. Fenomenale. Poi però la favola -se così vogliamo definirla, in maniera forse anche un po’ troppo romanzata- finisce e le vetture più rapide lo passano senza pietà alcuna. Anzi, nel secondo stint si rifà sotto anche Ricciardo, che arriva ad insidiargli la posizione. Timo però resiste senza troppi affanni e porta a termine la gara, in diciannovesima posizione, ben dietro Trulli e ben davanti a Liuzzi. E trova pure il modo di lamentarsi del degrado delle gomme medie -e ci pèuò stare- e delle troppe bandiere blu espostegli. Capito, il signorino? Scherzi a parte, giudicare le prestazioni di chi guida vetture di terza fascia è sempre difficile e -permetteteci questo piccolo sfogo- pure antipatico. Per quanto fatto vedere -bella partenza, costantemente davanti al compagno di squadra, nessun errore, tempi costanti- Timo potrebbe addirittura meritare il dieci. Cosa che ovviamente non starebbe -di contro- né in cielo né in terra, per tutta una serie di motivi. Come uscirne? Con un sei, stavolta. In attesa di tempi migliori. Per lui e per noi. Promosso.

Jérôme d’Ambrosio: sv – «Che peccato!!!». Parole sue. Non nostre. Peccato, dice lui, perché aveva fatto una bella partenza ed era in piena lotta con le HRT. Poi, al giro numero 18, i freni anteriori lo abbandonano ed è costretto al ritiro. Che peccato, dice lui. Non ci sentiamo di sottoscrivere quest’aziendalistica affermazione. Perché probabilmente si sarà divertito di più a vedere la gara dai box che a patire contro le magagne della sua Virgin nell’abitacolo. Come dite? Abu Dhabi è stata una delle gare più noiose dell’anno? Ok. Allora forse ha davvero ragione lui. Nel dubbio non indaghiamo oltre. Salomonici (noi).

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

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