La Formula 1 diventa promotrice dei diritti umani

Se effettivamente il documento verrà applicato il calendario di Formula 1 rischia la decimazione

La Formula 1 diventa promotrice dei diritti umani

In base ai report di Amnesty International, il biennio 2014/2015 si è rivelato essere stato catastrofico per milioni di persone intrappolate nella violenza di Stati e gruppi armati. Di fronte ad attacchi barbarici e repressione, la comunità internazionale è rimasta assente. E così anche la Formula 1. Peccato che l’attenzione del Circus arrivi in ritardo, soprattutto alla vigilia di uno dei Gran Premi più caldi dal punto di vista delle violazioni dei diritti umani. L’obiettivo dello sport è quello di unire i popoli, nonostante le differenze culturali, religiose politiche, a differenza di quanto ha sempre puntato a fare Bernie Ecclestone, ossia al solo scopo di proteggere i propri interessi.

Secondo quanto riporta il Times, sarebbe stato approvato un documento che impegna la Formula 1 al riconoscimento dei diritti umani in tutti e 20 gli appuntamenti del calendario di Formula 1, anche se non sono ancora stati svelati i contenuti dell’ipotetico dossier: “Le nuove linee guida significano anche l’adozione di una politica di due diligence dello sport prima di firmare nuovi appuntamenti”. Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico, il documento rappresenterebbe una sorte di codice di parametri per capire se un Paese, che dispone di garanzie minime di libertà, è idoneo o meno ad ospitare la Formula 1, il tutto passando attraverso valutazioni interne della FIA o sulla base di indicatori internazionali indipendenti.

Il Gran Premio del Bahrain è uno degli appuntamenti più caldi sotto questo aspetto, soprattutto per le vicende degli anni scorsi dove la polizia bahrenita, guidata dal Governo, ha frenato con violenza le manifestazioni della popolazione contro il monarca assoluto e arrestato un indecifrato numero di attivisti o personaggi ritenuti scomodi. Ma il Bahrain, non rappresenterebbe l’unico ostacolo del calendario visto che anche in Cina, Russia, Corea e Azerbaijan, la situazione socio-politica non sia delle migliori.

Eleonora Ottonello
@lapisinha

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