GP Singapore: Vettel, scintilla rossa tra i grattacieli. La Ferrari fa impallidire la Mercedes

Impresa della Scuderia italiana a Singapore, Mercedes non pervenuta. Ma il mondiale è davvero riaperto?

GP Singapore: Vettel, scintilla rossa tra i grattacieli. La Ferrari fa impallidire la Mercedes

Grattacieli immensi, alberghi extra lusso, una città che corre veloce tra luci e traffico, sommersa dagli affari e dallo smog. Singapore è una specie di Montecarlo in stile Blade Runner, città stato figlia della globalizzazione e dei tempi moderni. In questa cornice si snoda un tracciato con curve nette e muretti affascinanti, una sfida fisica e tecnica per i piloti, anche se magari non troppo esaltante per il pubblico. Negli anni questo atipico tracciato cittadino è stato teatro di tante imprese (Hamilton nel 2009, Alonso nel 2010, Vettel nel 2013) e tante polemiche (il crash-gate del 2008) e alle prime si aggiunge la meravigliosa vittoria di Sebastian Vettel al volante della Ferrari.

UN IMPLACABILE CONDOTTIERO E UNA VERA FERRARI La terza sinfonia dell’anno per il Cavallino è quella che suona le note più dolci, sulla scia di un dominio che mancava da anni in modo così autoritario. Stavolta non ci sono state particolari errori altrui o condizioni favorevoli, soltanto una monoposto finalmente più veloce della concorrenza in condizioni più che normali, e soprattutto in qualifica. Erano anni che la Rossa non poteva fregiarsi di avere la macchina più veloce nel giro secco, a tal punto che la pole position di sabato è stata quasi più importante della vittoria finale. Vedere scivolare come una saetta rossa Seb tra le pieghe ad angolo retto e le numerose “esse” del “toboga” asiatico è stata una gioia per gli occhi, per la grande trazione messa in mostra dalla SF15-T. Il resto ce l’ha messo quell’iradiddio che è Vettel; lucido nel gestire in modo impeccabile le gomme, freddo nelle ripartenze, impietoso nello scherzare Ricciardo a suo piacimento. Un Seb indomabile, autore di una prova di forza esemplare nel momento peggiore per la Mercedes. E si iniziano a percepire i segnali di quel tanto agognato “cambio di passo” che molto presto potrebbe restituirci una Ferrari da mondiale.

RED BULL DI TELAIO, MERCEDES INQUIETANTE… Se dunque la Ferrari fa passi da gigante – riuscendo a conquistare la prima pole non motorizzata Mercedes dell’era ibrida – a stupire su un circuito lento e tortuoso, tutto trazione e meccanica, è anche la bontà della RB11. Daniel Ricciardo è stato autore di una prova maiuscola,  Kvyat sarebbe arrivato quarto se non fosse stato beffato nel gioco delle safaty car. La Ferrari dovrà chiedersi se i venti milioni di euro che prenderebbe dalla RBR per la fornitura della PU valgono il rischio di ritrovarseli davanti. Questione di compromesso tra interessi contrapposti; business, politica e sport. Protagonista in negativo del fine settimana asiatico è stata la Mercedes, sulla quale nel paddock giravano le più strane teorie. Dal campo elettromagnetico della metropolitana che interferiva con il corretto funzionamento della PU, ad una “vendetta” FIA-Pirelli per le gomme più sgonfie del dovuto di Monza. C’è anche chi sostiene che gli anglo-tedeschi abbiano cannato completamente l’ultimo sviluppo del propulsore, ritrovandosi a dover correre depotenziati. In un clima di sospetti, quelli di Lewis Hamilton su Pirelli, di battutine e di risentimenti – quelli di Pirelli che si è giustamente sentita offesa dalle ipotesi di complotto – e di smentite, l’unico dato certo è che una delle monoposto più forti della storia della F1 si è improvvisamente piantata di botto, rivelandosi lenta e fragile, con la punta di diamante (in tutti i sensi, visto il look) Hamilton ritirata per problemi al motore e Rosberg malinconico quarto. Non era un circuito Mercedes, dicono, senza ricordarsi della vittoria schiacciante di appena un anno fa.

KIMI, UN PODIO DI FIORETTO Stanco, sorriso appena accennato, leggermente deluso. Kimi Raikkonen nel dopo gara non nasconde un po’ di insoddisfazione per un podio che con questa Ferrari era quasi il minimo sindacale, sembrando sinceramente rammaricato per non essere riuscito a rimanere costantemente con i primi due mattatori di giornata, Vettel e Ricciardo. Il finlandese ha fatto appieno il suo dovere, ma resta da capire perché non sia riuscito a migliorare i tempi come il compagno Vettel. Lui imputa la colpa alle mescole, e forse una guida estremamente gentile non ha “pagato” su un circuito nel quale le gomme andavano strapazzate un po’ in un mare di chicane e ripartenze. Per il finnico comunque un podio che scaccia definitivamente gli incubi e lo riporta al quarto posto nel mondiale.

LA CONCRETEZZA E LO SPETTACOLO Qualcosa di interessante s’è potuto vedere anche nelle posizioni di rincalzo. Marina Bay ci ha restituito un Valtteri Bottas solido come quello di inizio stagione, segno che forse il pilota Williams ha smaltito definitivamente le delusioni di mercato. Ancora una grande gara per Sergio Perez; il messicano della Force India è al terzo risultato utile consecutivo e sta inaspettatamente mandando in crisi Nico Hulkenberg, quest’ultimo protagonista di un’azione di forza su Massa che gli è costata botto, ritiro e penalità in griglia a Suzuka. Se Bottas e Perez sono due anime consistenti di questo GP, il lato spettacolare è monopolizzato da un Max Verstappen sempre più giovane fenomeno del Circus. L’olandese, piantatosi in griglia e partito dai box con un giro di ritardo, ha rimontato su tutti a suon di sorpassi e si è imposto anche nei confronti del team, con un “no” urlato in radio come risposta ad un ordine di squadra che è già storia. Il ragazzo cresce bene, sempre al limite, nei sorpassi all’esterno e per personalità.

TORMENTI SPAGNOLI Fernando Alonso e Carlos Sainz; il maestro e l’allievo. Si sfidano in pista, si stimano fuori, entrambi sono in un periodo no. Fernando lotta a Singapore come un mastino, sin dalle qualifiche. La sua guida incisiva riesce a fare la differenza su un circuito muscolare e difficile, e sembra poter aspirare ad una meritata zona punti nel giorno in cui la PU Honda può fare meno danni del solito. Anche stavolta, però, la Macca si rivela una “macchietta”, capace di appiedare il suo campione per i capricci del cambio. E Nando scende dall’auto sconsolato; una scena vista troppe volte, ma stavolta è ancora più dura. Non va meglio a Carletto Sainz, che continua a sostenere di non soffrire Verstappen, ma a soli vent’anni è costretto a fare i conti con un compagno più talentuoso e più giovane. Una situazione difficile, e vedersi sbarrata la porta quando la squadra gli aveva dato il diritto di passare Max non dev’essere stata una bella sensazione. Anche perché il team principal Franz Tost ha difeso pubblicamente Verstappen. Almeno Sainz, dopo cinque gare, è riuscito a tornare in zona punti.

LA FERRARI E IL MONDIALE “Est modus in rebus” scriveva Orazio, ed è vero che l’unico problema della Ferrari potrebbe essere l’equilibrio, o meglio la mancanza di equilibrio. Una rondine non fa primavera, una Singapore non fa una corona iridata. Al netto del “mistero” Mercedes, i punti di distacco in classifica Piloti restano troppi da colmare in sei sole gare e c’è da scommettere (ci piace vincere facile) che le frecce d’argento hanno alte probabilità di tornare velocissime a Suzuka, pista “pittata” per la W06. La Ferrari deve godersi questi meritati momenti di gloria, emozionandosi ed emozionandoci, ma con la consapevolezza che il vero obiettivo è e resta il 2016. Farsi prendere dalla smania di rimonta rischierebbe di innervosire l’ambiente e oscurare giornate memorabili come quella di Marina Bay.

Antonino Rendina

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