F1 | McLaren, Ricciardo contro Norris: una questione di stile
Analizziamo le differenze tra gli stili di guida dei due portacolori della McLaren
L’avvio della stagione 2021 di Formula 1 ha regalato una McLaren in grande spolvero, in grado di lottare con una certa costanza per le migliori posizioni nel gruppo della midfield. Una conferma importante per la squadra di Woking, in quanto le modifiche regolamentari e il passaggio alla Power Unit Mercedes avrebbero potuto rappresentare delle incognite da non sottovalutare, soprattutto considerando i limiti imposti dalla Federazione sulle possibilità di intervento per adattare la vettura dell’anno passato alla nuova motorizzazione.
Già durante le prove prestagionali sul circuito di Sakhir, la MCL35 aveva destato buone impressioni sia sulla breve che sulla lunga distanza, nonostante un programma di lavoro molto particolare, ridotto per rientrare nei soli tre giorni di test concordati. Gli sforzi si erano concentrati prevalentemente su prove d’assetto e su confronti tra varie soluzioni tecniche, con uscite di pochi giri poste a qualche minuto di distanza in modo da poter effettuare le modifiche necessarie prima di tornare nuovamente in pista, per poi dedicarsi con più costanza ai long run sul finale dell’ultima giornata, quando le temperature più fresche avrebbero fornito indicazioni migliori. Un programma differente rispetto a quello della concorrenza, che infatti aveva posto il team inglese nelle ultime posizioni delle classifica per il maggior numero di giri percorsi, con un complessivo di trecentoventisei tornate, quasi cento in meno di AlphaTauri e Alfa Romeo. A farne le spese erano stati soprattutto i piloti, sia Lando Norris che Daniel Ricciardo, con quest’ultimo al suo primo anno alla corte della squadra di Woking dopo essere giunto in sostituzione di Carlos Sainz Jr., partito in direzione Maranello. Con un plurivincitore tra le proprie fila, la speranza della McLaren era quella di poter contare su una line-up che gli permettesse di fare un ulteriore step in avanti nel proprio percorso di crescita, anche se l’obiettivo per la stagione era sempre quello di riuscire a difendere il terzo posto nel mondiale costruttori da un’agguerrita concorrenza, in particolare quella della Ferrari.
L’arrivo di Ricciardo era atteso con impazienza, complici le sue qualità che nel corso degli anni lo hanno reso uno dei piloti più apprezzati in griglia, ma l’inizio del mondiale non è stato dei più semplici per il talento di Perth, il quale ha dovuto fare i conti con delle difficoltà di adattamento alla nuova vettura che non gli hanno concesso l’opporunità di esprimerne il massimo potenziale, come è invece riuscito a fare in più occasioni il suo compagno di casacca. Il podio di Imola e le ottime prestazioni di Sakhir e Portimao hanno di certo rappresentato un’iniezione di fiducia per Norris, il cui obiettivo è quello di riconfermarsi su questi livelli per tutto il campionato, al contrario di quanto avvenne l’anno passato, dove dopo un inizio da protagonista fu autore di risultati altalenanti, peccando di costanza. Nonostante l’esperienza accumulata negli ultimi due anni con il team di Woking, il pilota britannico ha comunque voluto precisare che in termini di guida la MCL35M presenti differenze evidenti rispetto alla monoposto che l’aveva preceduta, tanto da spingerlo a modificare leggermente il suo stile: “Ci sono alcune differenze con la macchina di quest’anno e come si deve guidare. Il modo con cui avevo dovuto guidare la macchina nelle ultime due stagioni sta andando via in modo positivo. È qualcosa a cui devo adattarmi un po’, perché la macchina è diversa quest’anno. Devo concentrarmi anche sul passo gara, un’area che non era molto buona qualche anno fa. Penso di aver fatto dei passi in avanti e ne sono felice”, aveva spiegato Norris dopo il primo weekend stagionale in Bahrain, dove era riuscito a centrare un ottimo quarto posto in gara. Variazioni necessarie, non solo per migliorarsi da un punto di vista personale, ma anche per adattarsi ai nuovi regolamenti 2021 attraverso cui la Federazione era intervenuta soprattutto per togliere carico aerodinamico al posteriore, riducendo la superficie di fondo, diffusore e brake duct. Chiaramente ciò ha influito non solo sulle prestazioni generali delle vetture, ma anche sul bilanciamento delle stesse, costringendo i piloti a doversi adeguare, anche solo in minima parte, ai nuovi limiti.
Chi ha incontrato le maggiori difficoltà è stato Ricciardo che, provenendo da un realtà completamente diversa, si è dovuto confrontare con una vettura e con delle procedure differenti rispetto a quelle a cui aveva ormai fatto l’abitudine in Renault e di cui, dopo un inizio in salita, aveva saputo trarre il meglio centrando anche due podi. Il poco tempo a disposizione durante le prove invernali, unito ad un programma di lavoro ridotto durante le libere, che ormai non consente di lavorare sul set-up in loco quanto e come si vorrebbe, ha indubbiamente penalizzato l’australiano: “Quest’anno le sessioni del venerdì sono di 60 minuti anziché 90. Questo cambia il nostro modo di pensare. Finora, abbiamo fatto un po’ meno di tutto piuttosto che tagliare un aspetto preciso, perché abbiamo ancora due set di pneumatici da restituire dopo ogni sessione. I long run con un alto carico di carburante alla fine delle sessioni non sono stati così lunghi come in passato. E molti degli esperimenti di set-up back-to-back che vorremmo eseguire durante la sessione sono ora divisi tra le sessioni o eseguiti sulle due auto”, ha spiegato la McLaren sul proprio sito ufficiale. Ciò lo si era visto molto bene a Barcellona, con i due piloti che si erano divisi il lavoro di confronto delle nuove soluzioni tecniche (ala anteriore e fondo) durante l’arco delle due sessioni del venerdì.
Il primo appuntamento della stagione aveva fornito risultati altalenanti per l’australiano, che in qualifica aveva saputo battere il proprio compagno di squadra, mentre in gara si era dovuto accontentare di un settimo posto, complice un importante danno al fondo in seguito ad un contatto con Pierre Gasly nelle fasi iniziali della corsa e una gestione degli pneumatici meno efficace rispetto a quella dell’altro portacolori del team di Woking. Difficoltà poi riconfermate qualche settimana dopo a Imola, quando sia in qualifica che in gara Daniel non era riuscito a mantenere il passo di Norris, in parte per il decadimento prestazionale delle sue coperture sulla lunga distanza, in parte per un feeling non ancora perfetto con la monoposto, che su un tracciato come quello italiano si paga a caro prezzo dovendo essere molto aggressivi sui cordoli e in percorrenza: “Penso che anche se personalmente non sto ancora estraendo tutto dalla vettura, la cosa che mi dà fiducia è ovviamente guardare il potenziale della macchina con Norris. Ed è abbastanza buono. La vettura può fare più di quanto penso anche solo per quanto riguarda portare più velocità in curva. Quindi c’è un po’ di fiducia nella macchina. Ma non credo basti chiudere gli occhi e poi funzionerà. Molto dipende anche dalla tecnica. E questo, cerco di non dirlo come una scusa, ma probabilmente ci sono ancora alcune vecchie abitudini che ho bisogno di eliminare e cose che forse non funzionano bene per questa monoposto”, aveva dichiarato Daniel dopo l’appuntamento in riva al Santerno, cercando di spiegare le difficoltà incontrate durante quel fine settimana. Il punto più basso lo si era toccato in Portogallo, quando un giro al di sotto delle sue qualità, unite a delle folate di vento che avevano reso più complicato riuscire ad abbassare il proprio tempo negli ultimi minuti, lo avevano portato a trovare l’esclusione già in Q1: in gara andò meglio dal punto di vista del risultato, grazie anche ad un buon primo stint in cui fu capace di portare a termine diversi sorpassi, ma anche in quell’occasione si evidenziarono tutte le sue difficoltà, arrivando spesso al bloccaggio dell’asse anteriore in fase di frenata ed entrata curva.
Non a caso, proprio durante quel Gran Premio, il suo ingegnere di pista aprì più volte la radio per ripetergli: “Remember, we want to make sure we get the early turn-in. Don’t overpush the braking phase. It feels slow when it’s fast.” Un invito a non forzare troppo la fase di frenata, come evidenziato dai numerosi bloccaggi sopratutto in curva tre e curva cinque, con quest’ultima che rappresenta tratto in discesa dove è molto complicato riuscire a combinare le due cose se non si è in totale sintonia con la monoposto, al fine di favorire la sterzata. Due caratteristiche che, in realtà, in passato avevano sempre contraddistinto in positivo il pilota di Perth, ma che trovano dei punti di contatto con le problematiche che incontrò durante il suoi primi weekend al volante della Renault. “Ho notato un paio di bloccaggi che l’anno scorso non avrei fatto con la Red Bull. Penso che dovrò adattarmi in termini di approccio, sto cercando di capire quale sia il limite, anche se spesso quest’anno mi è successo molto spesso di arrivare al bloccaggio senza capirne il motivo”, spiegò Daniel ad inizio 2019 cercando di illustrare le sue difficoltà in frenata.
Dopo due fine settimana sottotono come lo erano stati quelli di Imola e Portimao, Daniel era chiamato al riscatto, a mettere insieme una prestazione convincente e non vi poteva essere opportunità migliore di farlo se non a Barcellona, un tracciato che l’australiano conosceva bene e su cui aveva spesso tirato fuori dal cilindro ottime performance. Nonostante varie peripezie, il settimo posto conquistato sulla griglia di partenza non sembrava di certo una posizione da buttare, soprattutto considerando che il distacco dai rivali di Ferrari e Alpine era sceso ad un solo decimo. L’essere stato in grado di battere anche il compagno di squadra, nonostante quest’ultimo avesse dovuto fare i conti con un danno al fondo in seguito ad un’escursione sui cordoli, rappresentava un altro segnale incoraggiante, da confermare anche in gara. Sotto questo aspetto, il sesto posto finale aveva poi testimoniato la bontà della prestazione del portacolori della McLaren, anche se per lunghi tratti era stato costretto ad una gara in difesa, per proteggersi prima dagli attacchi di Sergio Perez e poi da quelli di Carlos Sainz Jr., nonostante la Ferrari avesse dimostrato di avere qualcosa in più sulla pista catalana.
Ascoltando le sue dichiarazioni e le sue indicazioni, ciò che pare evidente è che al momento Ricciardo sembra non aver ancora trovato una sintonia perfetta con la propria vettura nella prima fase della curva, dalla frenata alla percorrenza: “La macchina ha la tendenza di premiare una tecnica un po’ diversa, uno stile differente. Questo va dall’ingresso in curva, al modo in cui si usa il freno e si torna all’acceleratore. È un po’ unico. Su questo ho cercato di lavorarci al simulatore”, aveva dichiarato il numero 3 della McLaren, cercando di spiegare come la MCL35 al momento premiasse uno stile differente. Qualcosa su cui cercare di progredire in attesa che gli aggiornamenti e un intenso lavoro di assetto possano aiutare a fare quel salto in avanti in termini di fiducia che gli permetta di sfruttare a pieno il potenziale della monoposto, come era avvenuto con la Renault e, ancor prima, con la Red Bull. Proprio sotto questo aspetto, è interessante evidenziare le differenze tra gli stili di guida dei due piloti della squadra di Woking, piuttosto dissimili tra loro. Al fine di avere un quadro più completo in merito, è utile osservare i confronti telemetrici e gli onboard dei giri di qualifica fino ad ora disputati.
La prima differenza che salta all’occhio è senza dubbio l’uso del freno e del cambio. Al contrario di quanto si possa credere, Ricciardo non fa della frenata all’ultimo secondo il suo punto di forza, bensì esso risiede nella modulazione della frenata stessa e nell’ingresso curva. Non si tratta semplicemente di premere a fondo il pedale, ma anche di riuscire a dosare il tutto senza arrivare al bloccaggio, un aspetto in cui Daniel ha ben poco da inviciare al resto della griglia. Per far ciò, l’australiano tende ad andare sui freni con un leggero anticipo rispetto ai propri avversari, cercando poi di stabilizzare la fase di frenata in scalata, due caratteristiche rese ancor più evidenti nel confronto con Norris, il quale sfrutta uno stile di guida piuttosto differente. Per quanto nel corso degli anni le sollecitazioni si siano ormai ridotte sempre più, in alcune situazioni una scalata troppo aggressiva può compromettere la stabilità del posteriore ed è proprio qui che Ricciardo eccelle, rendendo il tutto più graduale anche grazie ad un sapiente utilizzo del freno motore. Ciò lo si osserva sia nella staccate più violente che in quelle meno aggressive: un esempio pratico è la prima curva di Sakhir, per cui abbiamo messo a confronto non solo i migliori giri di questa stagione, ma anche quelli dell’anno passato.
In entrambi i casi, è subito facile notare come Ricciardo inizi la scalata con un certo anticipo rispetto al compagno di casacca, il quale, al contrario, tende non solo a ritardare la frenata, ma anche a rilasciare più tardi il piede dall’acceleratore. A variare è anche la pressione esercitata sul pedale del freno nelle varie fasi, dall’attacco al rilascio, dove il pilota di Perth è sempre stato un riferimento, proprio per questa sua capacità di riuscire a modulare alla perfezione un momento così delicato senza andare oltre il limite. Nel corso degli anni, vedere Daniel arrivare al bloccaggio, anche negli attacchi più aggressivi, è sempre stato piuttosto raro, se non durante quei periodi di adattamento alle nuove monoposto e alle sue nuove sfide professionali e, non a caso, ascoltando i team radio è possibile udire come i suoi ingegneri in questo avvio di campionato siano stati molto specifici su questi elementi, ben più di quanto non facciano altre squadre. Sono molti, infatti, i fattori che possono influenzare il feeling con il pedale del freno: “Per quanto riguarda i freni, usiamo tutti materiali molto simili, sistemi molto simili e così via. In termini di sensazione del pedale, in una certa misura, c’è un po’ di variabilità, ma certamente il bite e le prestazioni in frenata sono spesso molto simili” – ha spiegato James Key durante un’intervista, con McLaren che in questa stagione dovrebbe aver abbandonato il partner Akebono, non più presente nella propria scheda tecnica -. “Dove vi sono differenze sono cose come il freno motore e come esso funziona, come regolarlo di conseguenza, come funziona il telaio, come funziona l’aerodinamica e come essa supporti l’auto in certe condizioni. È una vettura più forte sui rettilinei, come lo siamo sempre stati, o un po’ più debole se stai cercando di portare i freni in una curva, o in certi tipi di curve dove ci sono condizioni di frenata diverse? È lì che le differenze si fanno davvero sentire e su ciò quest’anno ha influito anche il fatto che le nuove gomme che abbiamo sono leggermente più deboli in certe condizioni rispetto a prima. Uno dei cambiamenti che abbiamo notato è la frenata”, ha poi aggiunto il direttore tecnico della casa di Woking. A livello di Power Unit, indubbiamente il freno motore è uno di quei fattori che può fare la differenza, soprattutto in due contesti: durante la scalata in fase di frenata, e in quel breve momento tra quando il pilota inizia a rilasciare il freno per tornare sull’acceleratore.
Un esempio pratico è curva cinque a Barcellona dove, per evitare che in fase di rotazione una pressione eccessiva e prolungata del pedale in ingresso curva possa portare al bloccaggio dell’asse anteriore, in una zona del tracciato che già di per sé tende a spingere verso l’esterno, i piloti agiscono sull’engine braking, in modo da spostare la ripartizione verso il posteriore. Naturalmente, tuttavia, si tratta di preferenze piuttosto personali, che variano a seconda delle sensazioni dei piloti e delle caratteristiche delle monoposto stesse. Vi possono essere Power Unit che tendono ad essere più aggressivi con il freno motore o in fase di rigenerazione, mentre altre unità lasciano maggior libertà. Per quanto questi siano parametri regolabili, riuscire a adattarsi a caratteristiche diverse fra loro non è semplice, soprattutto per quegli alfieri che fanno della sensibilità di guida uno dei loro punti di forza.
Secondo fattore, ma altrettanto importante, da prendere in analisi è l’inizio della fase di rotazione della monoposto, che anche in questo caso presenta differenze sostanziali tra i due portacolori della McLaren. Come spiegato in precedenza, Ricciardo tende a sfruttare il pedale del freno anticipatamente rispetto al proprio compagno di squadra, ma dietro questa scelta vi è anche un’altra motivazione, ovvero l’inserimento in curva. Osservando gli onboard, è infatti possibile notare una costante, ovvero come Daniel inizi a sterzare prima di Norris, in particolare in quelle curve dove un ingresso più aggressivo può fare la differenza. Come spunto di analisi, è interessante prendere come esempio curva 4 del circuito di Barcellona, un tratto molto particolare che mette alla prova sia l’asse anteriore che quello posteriore. Il primo elemento che salta subito all’occhio, ben visibile anche dalla telemetria, conferma quanto illustrato in precedenza, ovvero come l’alfiere di Perth anticipi la staccata combinandola con una scalata molto dolce, che eviti di destabilizzare il retrotreno. Una tecnica che gli permette di essere più aggressivo in entrata, anticipando a sua volta anche la fase di rotazione: ciò lo porta a sfruttare una traiettoria più spigolata con tanto angolo volante, raggiungendo così prima l’apice. Al contrario, lo stile di guida di Norris è molto più dolce ed elegante in termini di linee e ciò spiega anche il perché tenda ad un diverso utilizzo del freno e del cambio rispetto a Ricciardo.
Invece di forzare l’ingresso, Lando lascia scorrere la vettura ritardando la frenata, in modo da favorire la velocità a centro curva e in uscita e ridurre il più possibile la fase off-throttle. Allo stesso modo anche il suo utilizzo dello sterzo presenta delle peculiarità, con un angolo volante che tende ad aumentare in maniera netta proprio verso l’apice, al contrario dell’australiano che, iniziando prima la fase di rotazione, è molto più progressivo e lineare. Ciò lo si può apprezzare in maniera chiara dalle immagini sottostanti, in cui si può notare Daniel arrivare alla staccata con un angolo volante più pronunciato mentre si allontana dal cordolo.
Due stili differenti, ognuno con i propri punti di forza e le proprie debolezze. Sotto questo aspetto, curva quattro fornisce ulteriori spunti di indagine, questa volta per quanto riguarda la percorrenza e l’uscita. Cercando di forzare la linea in entrata, chiaramente è fondamentale disporre di un buon anteriore e, più in generale, di un buon bilanciamento, che aiuti a chiudere la curva quando inevitabilmente la traiettoria tenderà ad allagarsi, caratteristica che al momento sembra venire meno su questa McLaren. Come si può notare dalle immagini, a centro curva, nonostante un maggiore angolo volante, Daniel tende ad allontanarsi dall’apice complice un evidente sottosterzo, mentre Norris, che aveva optato per una linea più dolce in entrata, riesce a mantenersi più cucito al cordolo interno senza dover chiudere eccessivamente lo sterzo, il che gli consente anche di tornare prima sull’acceleratore. Ciò che quindi Ricciardo era riuscito a guadagnare nella prima fase lo aveva poi perso nel resto della curva, tanto che al successivo rilevamento era giunto con un piccolo ritardo rispetto all’altro portacolori della McLaren. Allo stesso modo, sempre in Spagna, lo stesso comportamento lo si poteva notare anche nel cambio di direzione sette-otto, dove da quest’anno l’aggiunta dei dissuasori in uscita non aveva fatto altro che accentuare i problemi di sottosterzo, costringendo Daniel a dover continuare a chiudere il volante mentre, al contrario, Norris si trovava già in fase di apertura, tanto da poter contare alla fine della sequenza di un altro piccolo vantaggio. Sin dai suoi trascorsi in Toro Rosso, il pilota di Perth non aveva mai nascosto come un anteriore che finisse in sottosterzo non gli andasse propriamente a genio, preferendo piuttosto dover gestire un posteriore leggermente più ballerino.
Un altro caso molto interessante è quello di Imola, in particolare la chicane di curva due-tre, dove si evidenziano due diversi elementi caratteristici. Prima di tutto, vale la pena osservare come, ancora una volta, Ricciardo avesse anticipato la staccata e la relativa entrata ma, soprattutto, come lui e il compagno di squadra avessero optato per un approccio completamente differente sui cordoli: molto più aggressivo Norris, più conservativo Daniel, quasi solamente a sfiorarli. Sotto questo aspetto, per i piloti debuttanti con i loro rispettivi nuovi team la pista italiana rappresentava una delle prove più probanti, proprio per la necessità di trovare la completa sintonia necessaria per sfruttare cordoli così alti, come era stato in grado di fare Lando, il quale, non a caso, nell’ultimo tentativo fu autore di un giro fantastico, nonostante poi fosse stato cancellato per track limit. Allo stesso modo, questa differenza tra i due si era riscontrata anche in altre zone del tracciato, come alla chicane della Variante Alta, dove l’inglese non si era fatto timori nell’attaccare il più possibile sia in entrata che in uscita, conquistando ulteriore vantaggio.
Facendo tuttavia un passo indietro per tornare al tratto iniziale del circuito, vi è un altro fattore su cui è interessante posare l’attenzione e che illustra chiaramente le ragioni per cui lo stile di Ricciardo in questa stagione non riesca ad essere altrettanto efficace in determinate tipologie di curve, in particolare quelle lente o dove bisogna effettuare un inserimento aggressivo. Mettendo a confronto il suo miglior giro dell’anno passato rispetto a quello di questo campionato, è possibile notare come con la Renault, nonostante anche in quel caso non fosse stato molto aggressivo sul cordolo, riuscì comunque a disporre di un buon anteriore e di una buona guidabilità, il che gli aveva consentito di riuscire ad impostare il tratto successivo con un discreto margine. Qualcosa che, invece, non è riuscito a ripetere con la McLaren a causa di un grosso sottosterzo in percorrenza, il quale aveva costretto a ritardare l’impostazione del cambio di direzione per il tratto successivo, con conseguente perdita di tempo e riduzione della velocità in inserimento di curva tre. Non a caso, osservando la telemetria, è possibile riscontrare un grosso calo in velocità minima non solo rispetto al miglior giro del 2020, ma anche nei confronti di Norris nel corso di questo campionato, a dimostrazione che il suo stile, in quella particolare circostanza, fosse meno remunerativo.
Riuscire ad trovare il giusto bilanciamento non sarà certamente semplice per Ricciardo che, in attesa di aggiornamenti che lo aiutino a trovare maggior confidenza con la vettura, dovrà tentare di combinare tutti i vari elementi e individuare un compromesso che da una parte integri le sue qualità, ma che dall’altra vada incontro alle richieste della monoposto. Già a Barcellona, una pista che ormai conosce alla perfezione, l’australiano aveva dichiarato di sentirsi più agio con la monoposto, continuando in quel processo di crescita che anche il team principal ha voluto sottolineare: “Sono molto contento di come Daniel si stia integrando nella nostra squadra. Non è una sorpresa come è andata, conosciamo tutti la personalità di Daniel, che carattere ha, quindi non direi che è una sorpresa come ha affrontato queste prime gare. Sapevamo che sarebbe stata una sfida considerando il tempo limitato a disposizione nei test per abituarsi alla macchina, per diventare un tutt’uno con la vettura. Non siamo ancora dove vogliamo essere, dove Daniel vuole essere. Ma sono convinto al 100% che è solo una questione di fare più gare con noi e vedremo le prestazioni a cui siamo tutti abituati. È solo un processo di adattamento delle sensazioni nella monoposto e di ciò che vuoi fare, a ciò che la macchina sta effettivamente facendo”, ha spiegato Andreas Seidl, il quale ha poi voluto rimarcare anche quali siano le aree su cui in McLaren stanno lavorando per aiutare l’australiano: “Naturalmente da parte nostra stiamo cercando di adattare l’auto e facilitare ciò che Daniel sta cercando di fare. Ci stiamo arrivando lentamente, ci sono alcune cose che non possiamo cambiare, le gomme e altre cose rimarranno le stesse, ma in termini di come la macchina si comporta, le mappature del motore, la sensazione del pedale, queste sono tutte cose che sono nel nostro controllo”, ha poi aggiunto il dirigente sportivo tedesco. Insomma, nonostante si tratti di un anno particolare dagli sviluppi limitati, l’obiettivo è quello di vedere Ricciardo tornare ai suoi livelli fornendogli il massimo supporto, fiduciosi che possa davvero dimostrarsi l’arma in più di questa di questa McLaren.
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