F1 | Hamilton fa bene a continuare, ma al momento giusto dovrà dire basta
Guai a rovinare lo status da leggenda continuando a correre tanto per farlo
Il 2022 è stato una spia, un allarme, un indizio preoccupante, verso un crepuscolo che se non è domani sarà dopodomani, perché la caducità delle vicende umane è ineluttabile e prima o poi anche le storie più belle finiscono. Lewis Hamilton si presenta ai nastri di partenza del 2023 più carico che mai – parole sue – motivatissimo a ritrovare quella vittoria che fin troppo gli è mancata nel 2022; inseguita come una tigre affamata nei GP di Stati Uniti o Messico, vistagli sfuggire a favore di George Russell, compagno di box, nel suo secondo GP di casa (è cittadino onorario brasiliano no?) e proprio quel Russell, con il suo viso a tratti glaciale e l’aplomb british, diventa l’ago della bilancia.
Il primo confronto generazionale è andato a favore del principe in pectore George, ma per Sir Lewis le attenuanti sono tante, a partire dalla riconosciuta e acclarata disponibilità a lavorare molto di più rispetto al giovane collega sui problemi e sugli assetti della saltellante W13. Per questo, secondo i più, e a ben donde aggiungerei, il giudizio sul 2022 va un po’ preso con le pinze. Bravissimo Russell, ma Hamilton il suo lo ha fatto, e guai a darlo per vinto.
La notizia di queste settimane è che Hamilton non solo sta preparando il 2023 per tornare davanti, ma sta lavorando con la Mercedes per allungare nuovamente il suo contratto, per altri due anni. Una leggenda da sette mondiali e 103 vittorie che ha ancora fame e voglia di vincere. L’obiettivo, nemmeno a dirlo, è l’ottava corona iridata, obiettivo che gli consentirebbe di staccare Michael Schumacher.
Il probabile prolungamento di Hamilton con Mercedes è una notizia meravigliosa per l’automobilismo, parliamo dopotutto del pilota che nei discorsi degli appassionati si gioca con altri pochissimi eletti la corona di GOAT della Formula 1, mica pizza e fichi. C’è però da dire, ritornando alla premessa del presente commento, che il rischio è che Lewis continui a correre perché prigioniero dell’idea di se stesso, in una F1 che per forza di cose sarà già andata avanti. In questi sedici anni di magnifica carriera Hamilton non aveva mai pescato un Russell in squadra, c’era stato Jenson Button, ma quello era un campione del mondo, di pari livello, non un giovane in rampa di lancio con un futuro da scrivere.
E quindi, come successo a tanti altri fenomeni del Motorsport, Sir Lewis dovrà decidere se continuare per inerzia anche senza possibilità di vincere o dire basta quando avversari e compagni di squadra risulteranno troppo ostici. Per intelligenza, per classe, per dimensione, Hamilton dovrà ballare finché auto e piede glielo consentiranno, con il coraggio però di sapersi fermare prima che la leggenda e l’immagine inizino a sfumare.
Dire stop prima che il ricordo venga macchiato da troppi anni inutili. Meglio abdicare in tempo, che finire a scazzottare a metà schieramento. Correre tanto per correre non va bene per chi ha un tale lignaggio. Guai ad esempio a fare la fine di Valentino Rossi, che ha corso quattro cinque anni più del dovuto, ritirandosi ormai troppo tardi, quando era solo una macchia gialla in fondo al gruppone. Ben venga il suo rinnovo, signor Hamilton, ma senza alcuna vergogna a dire basta quando lo riterrà opportuno.
Antonino Rendina
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