F1 | Ferrari grande incompiuta, non è nemmeno questo l’anno buono

La Red Bull è troppo più forte di una Ferrari che rispetto ad inizio anno pare evaporata

F1 | Ferrari grande incompiuta, non è nemmeno questo l’anno buono

Il parziale di dieci vittorie a quattro, i nove trionfi di Max Verstappen, dominatore assoluto del campionato, le incertezze di una Ferrari ormai lontanissima parente da quella schiacciasassi ammirata ad inizio anno, sono tutti elementi che confermano il dato fattuale di una classifica che parla piuttosto chiaro: non c’è più alcuna lotta iridata, i novantotto punti di vantaggio dell’olandese su Charles Leclerc non autorizzano più a parlare di ipotesi (sempre più assurde) di rimonta o di ribaltoni vari ed eventuali.

Quella che lascia Spa con il terzo posto di Carlos Sainz e il sesto di Charles Leclerc è una Ferrari malinconica, mesta, demolita dai bibitari nelle prestazioni e nello spirito, vulnerabile e fin troppo poco consistente. In una manciata di giri Max, che già segnalavo poche settimane fa più autorevole e consapevole della propria superiorità, si è andato a prendere senza nemmeno sudare la prima posizione; dominando con disarmante facilità, saltanto avversari come fossero birilli. Nel frattempo Leclerc arrancava tra sfortuna e mancanza di passo. E Sainz? Lo spagnolo, partito dalla pole, non ha sbagliato nulla, ma ha dovuto subire senza colpo ferire un sorpasso bruciante dal leader del mondiale.

E’ una Ferrari ridimensionata e fragile quella si affaccia alle ultime otto gare del mondiale, e bisognerà cambiare tutta la narrazione portata avanti sulla grande rinascita del Cavallino. Quattro vittorie in quattordici appuntamenti sono un dato che non incanta, non fa sognare, è un ritorno alla competitività nel ruolo di sfidante claudicante, incerta, fallace, rispetto ad una Red Bull che invece ha tutto un altro passo, un altro ritmo, sia in pista sia per ciò che concerne la gestione della macchina, delle gare e gli sviluppi.

Abbiamo sognato con Leclerc e ci siamo svegliati già prima della pausa estiva, a meno ottanta punti dalla vetta. Abbiamo sperato di (ri)trovare dal Belgio una Ferrari brillante e almeno in performance all’altezza della Red Bull e invece abbiamo ritrovato una F1-75 che per poco non si fa infilzare anche dalla sempre più rediviva Mercedes.

Speravamo di aver chiuso con i regali ai box e invece ancora una volta la Rossa ha pasticciato, chiamando Charles dentro per una inutilissima sosta al penultimo giro, per fare poi un inutilissimo giro veloce che non avrebbe spostato letteralmente nulla negli equilibri del mondiale. Risultato: il pilota ha violato il limite di velocità in pit lane per colpa di un sensore rotto e ha perso il quinto posto un favore di Alonso a causa della ovvia penalità di cinque secondi. Due punti iridati regalati, quando ormai dovrebbe essere assimilato l’adagio per cui conviene sempre mantenere la track position senza prendersi inutili rischi.

Maranello ha confermato, sic et simpliciter, di non essere pronta a diventare già quest’anno vincente e di essere soltanto la seconda forza in un campionato dominato dal Milton Keyenes. Dipinta e raccontata come una grande Ferrari, che accende speranze e sogni, la narrazione portata avanti con sincero entusiasmo deve fermarsi dinanzi alla realtà, per non scadere nel ridicolo.

Raramente, soltanto negli anni d’oro di Schumacher o di Hamilton, forse nemmeno nel dominio di Vettel, ricordo un pilota con nove vittorie (!) dopo soli quattordici GP. Siamo sparring partner nel Verstappen-Red Bull show. Bisognerebbe iniziare a dire le cose come stanno, abbassando aspettative e anche pretese.

La Ferrari è una nobile comprimaria, non una protagonista assoluta. Per ora un’incompiuta che ha lavorato di più degli altri alla nuova auto senza però trasformare questo vantaggio in trionfi. Potrà certamente vincere ancora qualche GP, perché l’auto è buona e si adatta in modo meraviglioso a certe piste e a certe condizioni. Ma è una finestra ristretta, nemmeno facile da trovare, non resta che aspettare e guardare le gare, ricordandoci di applaudire sportivamente chi la storia la sta facendo davvero, non solo a parole.

Antonino Rendina


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