AJ Allmendinger: “Le monoposto dovrebbero avere l’abitacolo chiuso”

Sconvolto dalla morte di Wilson l'americano ha lasciato le ruote scoperte

AJ Allmendinger: “Le monoposto dovrebbero avere l’abitacolo chiuso”

L’introduzione dell’abitacolo chiuso nel Circus a partire, forse, dal 2017 è certamente uno degli argomenti più discussi degli ultimi mesi. Ecco perché seppure la vicenda che sto per raccontare non riguardi uno dei ragazzi della serie più ambita del motorsport ho ritenuto opportuno concederle spazio.

Parliamo di AJ Allmendinger, dal discreto passato in Champ Car che di recente, ferito da un tragico avvenimento, ha deciso di dire basta con le ruote scoperte.

“Quando ho saputo della morte di Wilson sul tracciato di Pocono mi sono ripromesso di non salire mai più su una monoposto” – la testimonianza del pilota Sprint Cup.

“Finché non verrà trovata una soluzione per rendere più sicuri i cockpit non mi vedrete più al via di una gara del genere, neppure della prestigiosa 500 miglia” – ha ribadito aggiungendo di essere disponibile a testare un sistema pur di ovviare ai pericoli.

“In Nascar si fa un lavoro continuo sia sulle vetture, che sulle piste, in F1 e in IndyCar invece il rischio è sempre presente. Capisco che le corse debbano mantenere un minimo di brivido e che incidenti gravi accadano ormai raramente, tuttavia non bisogna abbassare la guardia su questo fronte” – ha sottolineato.

Tornato alle competizioni dopo la pausa nataliza alla 24 Ore di Daytona con la Chevrolet del team Shank il 34enne di Los Gatos non ha smesso di pensare alla perdita dell’ex compagno di squadra scomparso il 24 agosto scorso: “L’evento in sé è andato abbastanza bene. Per il resto nelle ore libere ho giocato a minigolf con suo figlio e suo fratello Steph. Con lui lo facevo di tradizione. E’ stato un modo per ricordarlo. Sabato mattina il mio boss Michael ha postato su Twitter una foto che lo ritraeva assieme a Justin con la scritta “la nostra arma segreta”. Mi ha colpito al cuore. E’ stata dura. Mi viene in mente spesso e gli sono grato. Se sono quello che sono come atleta è merito dei suoi insegnamenti”.

Chiara Rainis

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