Pagelle del Gran Premio del Belgio
Dalle Ardenne spunta la Red Bull di Vettel, che interrompe il digiuno e torna alla vittoria ipotecando il Mondiale. Dietro di lui la vettura gemella di Webber, che recupera bene dopo una brutta partenza, la McLaren di Button e la Ferrari di Alonso, che patisce oltremodo le basse temperature. Ritirato Hamilton dopo un incidente assurdo con Kobayashi. Spa non tradisce mai: sulla pista più bella del mondiale va in scena uno dei Gran Premi più appassionanti dell’anno, ricco di sorpassi, colpi di scena e battaglie. Buona lettura!
Sebastian Vettel: 10 – Vince, forse non Stravince ma, vivaddio, Convince. E scusate se è poco. E’ un po’ il rovescio della medaglia di guidare la vettura più competitiva del lotto. Ma Seb a Spa ci mette molto del suo, e pur potendo correre da ragioniere infila il proverbiale coltello fra i denti -chissà come avrà fatto col casco, tra l’altro- e dà tutto. Splendido in qualifica, viene bruciato al via da Rosberg ma si riprende il maltolto dopo appena tre giri. Conduce con autorità -fatte salve le soste ai box- e quando c’è da liberarsi in fretta di una vettura più lenta -Rosberg, ma anche Button a fine stint- ci mette il minimo sindacale. Curioso, tra l’altro, vedere a fine gara il display sul suo volante fare le bizze e illuminarsi a casaccio. Roba per nostalgici, da Atari anni ’80. Certo, resta il dubbio sul “prego, si accomodi” gentilmente offerto dalla ditta Webber&Horner alla ripartenza dalla safety car, ma sull’episodio le bocche di tutti sono cucite e ci pare inutile, visto il contesto, alzare un polverone. Ha già più punti dell’anno scorso. Salvo asterioidi in rotta di collisione col pianeta terra vincerà il suo secondo mondiale in carrozza. Prendendosi pure Spa. E -ripetiamo- scusate se è poco. Game Over.
Mark Webber: 8,5 – Meriterebbe non 10, non 100 ma 1000 per il sorpasso che regala all’Eau Rouge ai danni di Alonso. Una delle manovre più belle degli ultimi 10 anni. Ruota a ruota, giù in discesa ai 280 all’ora, in una compressione che fa paura anche a vederla in TV -e che dal vivo è decisamente peggio, pensate che le macchine di serie devono scalare due marce…- con a fianco Alonso che cerca anche di chiuderlo. Altro che Red Bull, blistering, camber, e compagnia bella. Qui servono le palle. E scusate il francesismo: riguardatevi il sorpasso, se non siete d’accordo, poi ne riparliamo. Di fronte a questa manovra passa tutto in secondo piano, la solita partenza a rilento -ma perché in Belgio gli entra sempre l’antistallo? Sarà mica un antiSPAllo?-, la rimonta furiosa -Alonso, Sutil, Petrov, Kobayashi, ancora Alonso-, la radio rotta che lo fa correre al buio e il ritmo di gara sensazionale con le gomme medie. E pure il sorpasso misterioso subito da Vettel alla ripartenza. Festeggia il rinnovo in Red Bull -ma alzi la mano chi non ci credeva- con un secondo posto che non fa che confermarlo scudiero perfetto di capitan Vettel. Ma vi lanciamo una provocazione. Scommettiamo che una volta che il tedeschino avrà conquistato matematicamente il titolo il canguro inizierà a vincere a man bassa? E’ solo un cattivo pensiero, perdonateci. Mitologico.
Lewis Hamilton: 4,5 – Stavolta non c’è piaciuto. O meglio, ci è piaciuto fino al sabato, quando si inventa un giro letteralmente da urlo per strappare una prima fila tutt’altro che scontata. Poi al via si fa fregare da Rosberg e Massa, lo passa -bella manovra questa- assieme ad Alonso e più tardi si sbarazza anche di Rosberg in evidente difficoltà con le gomme. Quindi la sosta, i sorpassi a Sutil, Petrov, Kobayashi e il contatto con quest’ultimo che lo mette fuori gioco. Una cretinata di dimensioni colossali, a parer nostro. O meglio, probabilmente, una distrazione. Non crediamo sia stata una manovra volontaria, però è pur vero che, se per sua stessa ammissione, «nei rettilinei la McLaren non andava proprio avanti», un’occhiata agli specchietti bisogna sempre darla dopo un rettilineo di quasi un km. Anche se il pilota che ti precedeva l’hai appena passato. O no? Chiaro, fare i professori a tavolino è semplice. Però, vivaddio, buttare all’aria un possibile podio -e rischiare, tra l’altro, di farsi male- con un incidente così assurdo ci pare imperdonabile. Mezzo voto in più per le scuse via Twitter. Informatico.
Jenson Button: 9,5 – Uno degli eroi di giornata. Il buon JB è come il vino, invecchiando migliora. In tanti aspetti. Il primo riguarda l’educazione, da vero Lord: contrariamente a quanto vorrebbe viene fatto rientrare ai box prima della fine della Q2. Risultato: 13mo posto in griglia. Il giorno dopo il suo ingegnere non ha nessun occhio nero. Ergo: Jenson ha fatto il bravo. E poi c’è il secondo aspetto, che sarebbe anche il più importante, la visione di gara e nella gestione delle gomme. Anche perché le cose si erano messe, se possibile, anche peggio. Al via Di Resta lo tampona e, all’Eau Rouge, un detrito gli rovina anche l’ala anteriore. Deve fermarsi ai box dopo appena 5 giri e si ritrova in fondo al gruppo. Ma lui non si fa prendere dalla frenesia e aspetta, paziente, che la gara gli venga incontro. La safety car lo riavvicina al gruppone e da lì, quando capisce che è arrivato il momento di attaccare, si scatena facendo fuori Perez, Petrov -contemporaneamente!!-, Michael Schumacher, Sutil, Massa -all’esterno della Bus Stop, bellissimo-, Rosberg e Alonso, fino al terzo posto finale. Senza il caos al via, dice, avrebbe potuto vincere, nonostante la qualifica disastrosa. E in parte, aggiungiamo noi, è vero. Di sicuro sarebbe stato più vicino alle Red Bull. Non ha il talento naturale di Hamilton ma lo sta mettendo in crisi. E ora si va a Monza, dove l’anno scorso sfiorò la vittoria. Oramai è tardi per il campionato, ma ve bene così. Ci è piaciuto, una volta di più. Maestro.
Fernando Alonso: 9 – C’è ben poco da rimproverargli, ahinoi. La buona volontà c’è tutta. Certo, quella qualifica all’ottavo posto grida vendetta. Se la prende con il traffico ma ammette che avrebbe potuto fare un giro migliore. Però poi in gara si riscatta. Aggressivo al via, nonostante la spintarella rimediata dalla coppia Senna-Alguersuari, passa Hamilton, Massa e Rosberg e si ritrova anche a condurre il gruppo. Subisce un bruciante sorpasso da Webber ma si riscatta parzialmente due giri dopo, quando nell’arco di Source, Eau Rouge, Raidillon e Les Combes passa sia Sutil che, appunto, l’australiano. La squadra però sceglie di non fermarlo con la Safety car, il che significa che più tardi si trova a far tanti giri con le gomme medie. Che sulla Ferrari funzionano quanto il ketchup sulle tagliatelle. Deve quindi arrendersi a Vettel, Webber e Button, accontentandosi del quarto posto, ai piedi del podio. Gli si può rimproverare solo la qualifica, e forse -ma si aprirebbe un discorso troppo complesso- una scarsa personalità nella scelta delle strategie. Intendiamoci, è chiaro che certe decisioni non spettano a lui. Però se dall’inizio dell’anno la Ferrari fa fatica con il freddo e le gomme più dure, non ci vuole Einstein per capire che gli stint con quelle coperture vanno accorciati al massimo. O no? Se chi di dovere non ci arriva, tu che sei in macchina forse una parolina potresti mettercela. Ma è solo l’umile pensiero di un nostalgico, anche questo. E’ l’Alzheimer che avanza, perdonateci. Deluso.
Felipe Massa: 5,5 – Andare controcorrente è bellissimo. L’arcinoto problema della Ferrari è la cronica mancanza di grip con le gomme medie. E Felipe a fine gara che dice? «Ho avuto problemi con i pneumatici, ma con le medium la situazione è migliorata». Impagabile. Sembra quasi che ci faccia apposta. La qualifica sarebbe anche buona, ottima. Ma ci mette una vita a sbarazzarsi di Rosberg, a differenza dei suoi colleghi -e tra l’altro sia Alonso che Hamilton lo passano mentre è in lotta col tedesco- e inizia progressivamente a perdere terreno. Si difende come può dall’arrembante Button ma, pur relegandolo all’esterno della Bus Stop, deve cedergli la posizione. Quindi ci si mette anche una foratura -ma la Ferrari non aveva un degrado inferiore delle gomme? Vabbè, sarà stato l’onnipresente detrito- e ingaggia una lotta furiosa con Kobayashi -sorpasso e controsorpasso- e Maldonado. Le difficoltà di Petrov a fine gara gli regalano un ottavo posto incolore e francamente poco utile sia a lui che alla squadra. Curioso che per Felipe e Fernando le posizioni al traguardo siano le stesse delle qualifiche, ma invertite. Qualcuno un giorno in Ferrari dovrà spiegarci che fine ha fatto il pilota che ha perso il mondiale 2008 all’ultima curva. Vivere da separati in casa facendo finta che tutto vada bene dovrebbe essere micidiale. Non lo invidiamo. Psicosomatico.
Michael Schumacher: 9,5 – Sei sulla tua pista preferita, festeggi il ventennale dal tuo debutto in F1, ti forniscono un casco d’oro -vero-, festeggiamenti, complimenti, e così via. Tutti felici e contenti. Poi la squadra in qualifica ti manda in pista con un triciclo. Letteralmente. E ti ritrovi a partire all’ultimo posto. Già meriterebbe il massimo dei voti per non essersene tornato a casa. Ma poi in gara il miracolo, che fa tanto film americano di quarta serie ma che, invece, è tutto vero. Cinque posizioni recuperate al via, una gara tutta di rimonta, grinta, battaglie, sorpassi, fino all’ultimo, decisivo, effettuato ai danni del compagno di squadra che lo issa al quinto posto finale. Standing Ovation, davvero. Una gara seconda solo a quella messa assieme in Canada, quest’anno, e che -a parer nostro- vale più di tante vittorie ottenute in passato. Evitiamo, per cortesia, frasi del tipo “Il Kaiser è tornato” o simili. Stiamo solo parlando di un pilota che ha recuperato 19 posizioni in gara, primo dei cosiddetti terrestri (dietro a Red Bull e McLaren). Se poi aggiungiamo che questo ragazzone di Kerpen all’anagrafe denuncia 42 anni e ha in bacheca 7 Tituli… beh, chapeau. Un abbraccio, Michael.
Nico Rosberg: 7,5 – La sua prestazione, com’è giusto che sia, viene offuscata dalla sontuosa gara di Schumacher. Ma lui non è che abbia corso peggio, anzi. E’ autore di una partenza memorabile, che già a Les Combes lo porta a menare le danze davanti a tutti. Poi la Mercedes si ricorda di essere un Dragster, ovvero veloce solo per un tempo moooolto limitato, e comincia progressivamente a perdere posizioni. Resiste però a Massa, complice anche la velocità di punta più che buona, e anzi più avanti addirittura lo passa in pista, per via del gioco delle strategie. A pochi giri dalla fine deve cedere il quinto posto al compagno di squadra -i team radio «siete liberi di combattere» e «Nico, devi risparmiare benzina» fanno tanto agente segreto modello Austin Power- ma va bene così. Di più è oggettivamente complicato tirar fuori dalla Mercedes. Fino a fine 2011 andrà così, poi chi vivrà vedrà. Per intanto accumula punti, e va sempre bene. Maggiordomo [di Schumacher].
Bruno Senna: 5 – Un po’ ci fa tenerezza, un po’ rabbia. Ci fa tenerezza per il modo in cui è stato accolto, osteggiato praticamente da tutti. Ci fa rabbia perché il talento l’avrebbe, e lo mette in mostra in qualifica con uno stellare settimo tempo. Ma getta tutto alle ortiche con una partenza scellerata, che innesca una carambola a dir poco caotica. Va addosso ad Alguersuari, rimettendoci l’ala anteriore, costringendo al ritiro lo spagnolo e facendo finire largo anche Alonso. Brasile-Spagna 2-0. Obbligatoria la sosta, per cambiare il musetto, e doveroso il drive through per l’incidente. Merita tutte le attenuanti generiche, la poca esperienza, la poca confidenza con il clima da gara, e così via. Ma proprio perché hai una grandissima occasione sprecarla subito per un eccesso di foga è criminale. Peccato. Il resto della sua gara non vale la pena di essere commentato. Accumula km che gli torneranno utili a Monza. Poi chissà. Per favore, però… non chiamatelo Bruno Lalli, vi preghiamo. Altrimenti poi dovremmo parlare anche di Ayrton da Silva. Ed è un qualcosa che non ci piace. Insensibili.
Vitaly Petrov: 6 – Fa veramente tanta, tanta, tanta fatica. Forse perché con l’esclusione di Heidfeld gli occhi di tutti e la pressione del team finiscono su di lui, forse perché non trova il bandolo della matassa nelle regolazioni e scende in pista con una vettura imperfetta, forse perché Marte con Venere in congiunzione con Urano e in opposizione a Saturno gli peggiorano il bioritmo, chissà. Fatto sta che per tutto il weekend guida nervoso, contratto, fa appunto fatica. In qualifica becca più di un secondo da Senna -ma c’entra anche il tempismo nel chiudere il giro- in gara si fa notare solo quando viene infilato da vetture più veloci. Trotterella in zona punti e deve cedere -non si capisce bene come- a Massa nell’ultimissimo giro. Chiude nono un fine settimana incolore, lui che avrebbe dovuto essere la punta di sfondamento della squadra. Poi, intendiamoci, non è che gli si chieda di vincere, al di là della livrea nostalgia la Lotus Renault è quella che è. Però lo immaginavamo più tonico, a Spa. E un po’ ci dispiace, non ve lo nascondiamo. La sufficienza la strappa, ma nulla più. Triste.
Rubens Barrichello: 5 – Come l’ineffabile Mazzoni non perde occasione di ricordare, è palesemente in rotta con la squadra. No, dico, se qualcuno di voi non lo avesse capito: Rubens e la Williams non si parlano. Chissà qual è il piacere sadico alla base del ripetere ogni 5 giri questo concetto. Ma al di là di questo, il punto è che non corre sereno, e si vede. Alla fine la Williams, per sua stessa ammissione, si rivela più competitiva di quanto non si potesse sopettare alla vigilia. Ma lui non ne approfitta, corre di conserva fino a metà gara e si fa vedere solo in un sorpasso-controsorpasso con Perez. Dice di aver perso tempo dietro Rosberg: deve essere un difetto di fabbrica delle seconde guide Ferrari, passate e presenti. Di riffa e di raffa comunque a pochi giri dalla fine è ai margini della zona punti ma getta tutto alle ortiche con un attacco scellerato a Kobayashi che gli fa distruggere l’ala anteriore. Chiude sedicesimo, dietro anche alle due Lotus. Curiosamente ottiene un tanto inutile quanto coreografico terzo giro più veloce in assoluto (!!!). Triste vederlo così, specie pensando che difficilmente il prossimo anno verrà ancora da pilota nelle Ardenne. Ma chissà. Malinconico.
Pastor Maldonado: 6,5 – Genio -ok, forse esageriamo- e sregolatezza. Al duello rusticano con Hamilton nelle qualifiche -definire scellerata la ruotata rifilata all’inglese è ancorché riduttivo- che gli vale l’arretramento di cinque posizioni in griglia replica con una gara tutta all’attacco, gagliarda e tenace, nonostante il musetto leggermente danneggiato da un contatto al via con una Lotus. Dopo cinque giri è già decimo -partiva 21mo, ricordiamo- e a metà gara si diverte a duellare con Barrichello, vincendo il confronto diretto in pista. Nel finale deve cedere a Massa ma riesce comunque a strappare il primo punticino in carriera chiudendo decimo. Il voto è per forza di cose influenzato da quanto combinato il sabato -c’è ancora della ruggine con Hamilton per via del Gp di Monaco, evidentemente- anche perché se fosse partito più avanti avrebbe potuto fare molto meglio. Ma negargli la sufficienza sarebbe scorretto. A Maldonado non si guarda in bocca, del resto. Prendere o lasciare. E noi stavolta lo prendiamo, e non a sganassoni. Focoso.
Adrian Sutil: 7 – Agosto, tempo di contatti, di contratti, di discussioni, di abboccamenti. Il suo sedile in Force India scotta. Nel senso che piloti con la valigia più ricca premono. Urge dunque mettersi in mostra per potersi vendere al meglio. E il pilota-pianista a Spa ci prova, con successo. Parte bene, recuperando terreno dalla 15ma posizione al via, poi sfrutta la safety car per fermarsi ai box e minimizzare la perdita di tempo, ritrovandosi in zona punti. Certo, finisce sotto l’occhio del regista solo in occasione di sorpassi subiti -andiamo a memoria: Webber, Alonso, Hamilton, Button, Michael Schumacher- ma alla fine l’immagine importa fino a un certo punto. I conti a fine gara si fanno con i risultati, e il settimo posto -davanti alla Ferrari di Massa, peraltro- non è affatto da buttar via. Una seconda parte di stagione in crescendo, complice -dicevamo- la ricerca di un sedile e, perché no, la ritrovata serenità dopo le brutte vicende personali di inizio anno. Bene, dunque. Bravo. Bis? Staremo a vedere. A Monza la Force India è sempre andata bene. Ottimista.
Paul di Resta: 6 – Le sue possibilità di ben figurare svaniscono come d’incanto al via, quando Glock gli va addosso rovinandogli il fondoscocca e condizionando le prestazioni della vettura. Difficile dunque giudicare la sua prova, afflitta da un sottosterzo micidiale. Nonostante questo riesce a tenere un ritmo discreto e nei limiti del possibile costante. L’ingresso della safety car gli fa perdere tempo perché la squadra chiama ai box per primo Sutil, ma con molta onestà ammette che è stata la scelta giusta in quanto il tedesco era ben più avanti in classifica. Peccato, perché si ritrova dietro alle Williams e alla fine chiuderà proprio alle spalle di Maldonado, mancando la zona punti di sei secondi appena. Ma oggi va così, pazienza, inutile recriminare. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Abbattuto #1.
Kamui Kobayashi: 6 – Vista l’indole combattiva del jap, i suoi meccanici decidono di fargli uno scherzo cattivissimo e gli disegnano sulla livrea un bel bersaglio. Così, tanto per fargli provare cosa significa trovarsi dall’altra parte, cioè subire attacchi anziché portarli. Il guaio è che certi suoi colleghi prendono questo scherzo troppo sul serio. Prima Hamilton lo sbatte fuori, un incidente tanto pericoloso quanto assurdo, poi è Barrichello a finirgi addosso. Nel mezzo una gara disordinata, con una vettura particolarmente scarica aerodinamicamente -che gli regala la velocità di punta più alta ma che sul misto scoda come una biscia- condita da diversi sorpassi fatti e soprattutto subiti. Bello lo scambio di colpi con Massa nelle ultime fasi di gara, quando Kamui passa il ferrarista e questi gli restituisce il favore poco dopo. Il tutto nel tratto veloce prima della chicane Bus Stop, per dire. Il dodicesimo posto non aggiunge e non toglie nulla alla sua stagione comunque positiva, se non un po’ di brividi. Abbattuto #2.
Sergio Perez: 5 – Certo che carattere e irruenza alla Sauber non mancano. Alla faccia degli stereotipi sugli svizzeri, neutralisti, incolori, pacifici e anche un po’ noiosi. E la realtà è dinamica, fluida, in continuo mutamento. Se per una volta Kobayashi non attacca ma viene abbattuto, tocca a Sergio andare alla guerra a spron battuto. Con esiti, purtroppo, disastrosi. Nel senso che -checché ne dica il messicano- chi tampona ha sempre torto. E in questo caso è proprio il pilotino centramericano a tamponare Buemi, piegandogli l’ala posteriore e costringendolo al ritiro. Per questa manovra si becca pure un drive through. Niente male, dunque. Il ritiro per la rottura dell’asse posteriore non cambia la sostanza delle cose. Il talento c’è, ma serve freddezza. Ed è la mancanza di autocritica a preoccupare, francamente. Calma, giovanotto, calma!
Sebastien Buemi: sv – Meriterebbe un votone per due cose: la partenza eccezionale che lo issa al sesto posto -partiva 11mo- e l’aplomb tutto svizzero -aridaje!!!- che dimostra evitando di mettere le mani addosso a Perez. Il messicano lo tampona, gli piega l’ala e pretende pure di avere ragione. Nemmeno fosse un incidente stradale qualsiasi, da CID per capirci. Brutto screanzato che non sei altro. Fa una certa impressione vedere la sua Toro Rosso procedere sul rettilineo del Kemmel con l’alettone completamente piegato. Per fortuna non si stacca. Dicevamo che meriterebbe un votone. Ma cinque giri sono troppo pochi. Si guadagna comunque un bonus-indulgenza per i prossimi appuntamenti. Abbattuto #3.
Jaime Alguersuari: sv – Se in Sauber hanno dipinto un bersaglio sulla vettura di Kobayashi, alla Toro Rosso hanno fatto il bis. Ad un Buemi che viene tamponato risponde un Alguersuari che -dopo una qualifica stellare- viene letteralmente falciato al via da Senna. L’impatto -nel quale lo spagnolo è assolutamente incolpevole- gli trancia la sospensione anteriore e lo spedisce addosso ad Alonso. Peccato, peccato, perché -come Jaime giustamente sottolinea a fine gara- occasioni così difficilmente si riproporranno. «Non voglio parlare male di qualsiasi altro pilota in quanto non è nel mio stile -dice ai microfoni dell’ineffabile Stella Bruno- ma penso che la situazione sia abbastanza chiara a tutti». Non vorrei… ma… però… forse… Artifici linguistici del tipo “Non vorrei mai dirti che il tuo migliore amico se la fa con tua moglie”. Sibillino… ma neanche tanto. Peccato, davvero. Abbattuto #4.
Jarno Trulli: 7 – Dice di aver portato a termine la migliore gara dell’anno. E c’è da credergli. Al via gli va addosso Kovalainen -evviva il gioco di squadra- che gli danneggia il fondo rendendo di fatto meno guidabile la vettura. Ma sui curvoni da pelo delle Ardenne Jarno si esalta e fa finta di niente. prendendosi il lusso di recuperare e battagliare con vetture decisamente più performanti della sua Lotus. Con la safety car tiene addirittura dietro l’altra Lotus, quella motorizzata Renault di Bruno Senna. A fine garà chiude quattordicesimo, primo degli ultimi, come riconosce ai microfoni, che è il meglio che possa sperare di ottenere, per quest’anno almeno. E tutto sommato, se vogliamo dirla tutta, si prende una bella soddisfazione davanti al team che in Germania gli aveva preferito Chandhok. Di questi tempi, alla sua età, e soprattutto su una pista vera come Spa, non è poco. Contento.
Heikki Kovalainen: 5 – Finisce coinvolto nella carambola innescata da Glock e rovina malamente addosso a Trulli, danneggiandogli la vettura e sfasciando il proprio musetto. Dalle immagini però non c’è la certezza che Glock o Di Resta l’abbiano toccato davvero, anzi. Noi propendiamo per un suo errore, e per questo gli abbassiamo il voto. Anche perché, successivamente, non corre nemmeno male. Nonostante la sosta per cambiare il musetto riesce infatti a recuperare terreno e alla fine, complice anche la safety car, chiude ad appena sei secondi da Trulli. Staccandolo di mezzo secondo nel computo dei giri più veloci in gara. Che dire, non sarebbe da bocciatura. Ma la macchia dell’errore in partenza è dura da cancellare. E la sufficienza non ci sta. Cattivone.
Daniel Ricciardo: 6 – Quarto Gran Premio in Formula 1. Prende il via grazie a una deroga -giusta- concessa dagli steward alla regola del 107%. Parte bene, si tiene fuori dai guai, e finché resta in gara tiene dietro anche il compagno di squadra Liuzzi. Su una pista da uomini veri. Poi dopo 13 giri gli si rompe qualcosa al retrotreno, la vettura inizia ad accusare vibrazioni -chiaramente negative, direbbe con una sacra illuminazione il Divino Otelma- e deve ritirarsi. Sarebbe ingiudicabile. Ma la sufficienza gliela diamo. In fondo non ha sbagliato niente e ha corso con la maturità del veterano. Impara in fretta, il ragazzo. Sagace.
Vitantonio Liuzzi: 5 – Ogni gara un’agonia, un calvario. Dura correre così. Per non uscire pazzi occorrono pazienza, spirito di sacrificio e capacità di accontentarsi delle misere soddisfazioni che la pista può regalare. Tipo, ad esempio, passare le Virgin al via o tenere dietro Glock e d’Ambrosio per un pugno di tornate. Che poi sarebbe la stessa cosa, ma tant’è. Il piatto è povero, ce ne rendiamo conto. E sarebbe quasi da sufficienza. Se non fosse che Ricciardo, fintanto che resta in gara, lo tiene dietro senza particolari problemi. Lui, più esperto, su una pista magica, sopravanzato da un novellino. Imperdonabile. E dire che Tonio, qualche anno fa, era in orbita Red Bull. Esattamente come l’australiano ora. Chissà come andrà a finire. Per adesso l’affronto è bruciante. E non è cancellato -anzi- dall’ultimo posto finale. Sconfitto.
Timo Glock: 5 – A Spa c’è sempre una possibilità in più per tutti, specie se viene a piovere. Sulle colline delle Ardenne è così, basta essere pronti a cogliere l’eventuale opportunità. Esattamente il contrario di quello che il buon Timo fa. Il tedesco partirebbe anche bene, salvo poi mancare clamorosamente il punto di staccata alla Source e travolgere l’incolpevole Di Resta, rovinandogli retrotreno e gara. E -en passant- distruggendo la propria ala anteriore e rimediando anche un drive through. Due soste non previste in pochi giri non sono esattamente quello che ci si aspetta da un pilota esperto e -pare, almeno una volta- veloce. Per fortuna -sua- la pioggia non arriva e con essa nemmeno le recriminazioni su ciò che avrebbe potuto essere e invece non è stato. Per sua stessa ammissione si preoccupa solo di portare la vettura al traguardo senza (ulteriori) danni, prendendosi anche il lusso di passare Liuzzi. Sai che impresa. Che altro aggiungere? La prossima volta un po’ più di attenzione, please. Opportunista.
Jérôme d’Ambrosio: 5,5 – Corre in casa per la prima volta con una Formula 1, e per quanto sia alla guida di una modesta Virgin questo comporta sempre un carico di emozione supplementare. In più il buon Jérôme ha da farsi perdonare l’incredibile piroetta ai box compiuta in Ungheria. Arriva a Spa tutt’altro che rilassato, dunque. Ma -contrariamente a quanto la nostra premessa farebbe intendere- è invece autore di una gara regolare, tutto sommato valida, senza errori o sbavature. Fatica un po’ al via ma è bravo a evitare il caos alla prima curva, uscendo indenne dall’imbuto della Source. Migliora costantemente i tempi in gara, e alla fine si prende il lusso di tener dietro Liuzzi e Glock, che pure ha avuto la sua buona parte di problemi. Ma se chi è causa del suo mal deve piangere se stesso, chi approfitta dei mali altrui non è necessariamente un avvoltoio. E il belga potrà raccontare ai nipotini di aver tenuto dietro, al debutto in F1 a Spa, il suo ben più esperto compagno di squadra. Anche -e soprattutto, visto che di Virgin stiamo parlando- queste son soddisfazioni. Profeta [in patria].
Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it
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