GP Giappone – Mondiale sfumato, ma la Ferrari ha studiato da grande

Finisce nel modo peggiore il sogno iridato di Vettel, ma questa squadra va applaudita

GP Giappone – Mondiale sfumato, ma la Ferrari ha studiato da grande

Soltanto applausi, non a scena aperta, ma applausi. Vado controcorrente dopo la drammatica domenica nipponica e dico che sì, la Rossa nelle ultime gare per diversi episodi avrà anche lasciato desiderare, ma soltanto vedendo sfumare per una banale candela d’accensione un titolo mondiale ci si può rendere conto del (gran) lavoro fatto da Maranello.

Ce la possiamo prendere con la sfortuna, con i fornitori esterni, con la cabala o con le congiunzioni astrali, ma alla fine contano i fatti e questi dicono che la Ferrari si è ritirata dalla lotta iridata a causa di un’affidabilità venuta improvvisamente a mancare. Al contempo però va con onestà intellettuale constatato come a ritirarsi non sia stata una Ferrari remissiva, timida e impacciata, bensì una monoposto finalmente arrivata laddove osano le aquile, dove ci sono le Stelle. Pole a Singapore, la più veloce a Sepang, pronta a dare del filo da torcere alla Mercedes anche nella ostica Suzuka.

Un trittico di gare fallimentare, è lecito constatarlo, ma l’altra faccia della medaglia è rappresentato da prestazioni via via crescenti, dalla consapevolezza di poter essere i più veloci, quelli che dettano i tempi, fanno l’andatura. Un respiro ampio, una ventata di freschezza (tecnica), la facilità nel raggiungere la performance, la sensazione che più che questo disgraziato (per come sta finendo) 2017, conti in fondo cosa sarà il 2018, che parte da basi ben più solide.

La SF70H si rompe per niente, la squadra non s’è dimostrata ancora “pronta”, ma personalmente una Ferrari abbonata alla prima fila e in grado di lottare per le pole position non la vedevo dal 2008.  Quasi dieci anni. E mettiamoci che lo sfidante è probabilmente uno dei team più dominanti mai visti in F1, nel solco della McLaren di fine anni ottanta e della Ferrari di inizio millennio.

Nel mare magnum di critiche aspre, ipotesi strampalate, polemiche, processi, rabbia e delusione, s’intravede lo scorcio di un orizzonte di grande serenità, anche di gioie, che seguiranno puntuali a dolori che poi nient’altro sono che lo scotto da pagare in un percorso – netto – di crescita.

La Ferrari del 2017 non è una scuderia perdente, bensì una squadra rinata capace di passare da zero a quattro vittorie (e non è ancora finita), convinta e convincente, tornata a fare spesso e volentieri paura. Ora non resta che mettere tutti i tasselli al loro posto; la Rossa ha studiato da grande, per esserlo definitivamente nel 2018.

Antonino Rendina


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