Formula 1 | Quattro chiacchiere con Laurent Mekies, direttore sportivo della Ferrari

"Sono qui grazie a Mattia Binotto: Monza 2019 il mio ricordo più bello", ha detto il francese

Formula 1 | Quattro chiacchiere con Laurent Mekies, direttore sportivo della Ferrari

In Ferrari dal 2018, Laurent Mekies ha sviluppato una carriera di assoluto rispetto. Dopo aver lasciato la Toro Rosso nel 2014 è entrato a far parte della FIA, ed è uno dei fautori dell’Halo, entravo in vigore proprio all’inizio della sua prima stagione con la Rossa. Il francese quindi è uno degli uomini più fidati di Mattia Binotto, scelto personalmente dal team principal della Scuderia di Maranello.

Ci racconti da dove arriva la tua passione per il motorsport? Come sei arrivato in Ferrari e qual è fin qui il tuo più bel ricordo di questa avventura con la Scuderia?

“Come avviene per molti, è cominciato tutto quando ero un bambino: fin da subito sono stato attratto dale auto e ho avuto la fortuna di poter trasformare questa passione in un lavoro qualche anno più tardi. Fortunatamente ci sono ottime opportunità nelle categorie propedeutiche del motorsport per un ingegnere appena uscito dall’università e tal volta da quelle serie si riesce ad arrivare fino alla Formula 1. Dopo un lungo periodo alla Scuderia Toro Rosso sono stato in FIA, quindi ho avuto (di nuovo) la fortuna di incontrare Mattia lungo il mio percorso. In quel periodo e così come ancora oggi era alla ricerca di persone che potessero rinforzare il team e così ho avuto modo di arrivare in Ferrari. Il ricordo più bello fin qui? Di sicuro la vittoria a Monza nel 2019, perché vincere davanti ai nostri tifosi è qualcosa di impareggiabile!”.

Ci puoi parlare delle caratteristiche di Interlagos? Cosa occorre di solito per andare forte su questa pista?

“Interlagos è uno dei circuiti classici del calendario. È una pista con tanto carattere, che propone un mix superbo di curve da media velocità, con lunghi rettilinei e diversi saliscendi. Per questo è così impegnativo a livello di assetto e di scelta del carico aerodinamico. È anche una pista sulla quale spesso si deve fare i conti con la pioggia battente il che rende le gare qui ancora più imprevedibili”. 

Questo weekend per la terza e ultima volta abbiamo il format Sprint: quali sono le abilità che questo tipo di sistema mette in luce, sia per i team che per i piloti?

“Con il formato Sprint si va in qualifica dopo appena un’ora di prove libere, e questa è la principale insidia: da quando entri in Q1, infatti, non puoi più toccare il set-up. Questo dunque mette in particolare evidenza le capacità del team nel preparare il weekend a casa. Mi riferisco alle simulazioni che facciamo approcciando la corsa e anche al lavoro che i nostri piloti svolgono fisicamente al simulatore. Per i piloti è particolarmente impegnativo, perché impone loro di spingere al limite dopo pochissimi giri di assaggio della pista. Per la squadra un weekend con la Sprint è un po’ come un Gran premio di 400 km interrotto da una bandiera rossa dopo un quarto di gara, 100 km, appunto la lunghezza della Sprint”. 

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