Ferrari: il progetto di Vasseur ha preso forma, basterà?
Il gruppo conta più del singolo, niente Newey, e un modello già visto senza progettisti top. Buona fortuna alla Ferrari
La Formula 1 è uno sport del tutto peculiare, in cui si lavora oggi non per il domani, ma per il dopodomani, con lo sguardo sempre rivolto all’orizzonte e solo in via residuale al presente.
Per questo, con ancora negli occhi la strepitosa vittoria di Monza, e confidando in una buona SF-24 anche tra i muri di Baku, permettete un commento sul team costruito da Fred Vasseur.
A più di un anno dal suo insediamento nelle vesti di team principal finalmente ha preso forma l’idea di scuderia voluta da monsieur Vasseur. L’investitura ufficiale di Loic Serra nel ruolo di direttore tecnico, al quale faranno capo tutti gli altri reparti con responsabili promossi dall’interno, ha chiuso definitivamente il cerchio.
La Rossa ancora una volta s’affida quasi del tutto nei ruoli chiave (il mercato tecnici c’è stato con tanti ingegneri presi da altre scuderie) alle proprie risorse, credendo nei propri uomini, con il mantra ripetuto a mo’ di cantilena da Vasseur de “il gruppo conta più del singolo“.
E’ chiaro che la partita maggiore s’è giocata tutta sulla figura, ingombrante, di Adrian Newey. Il “genio” liberato dal giogo bibitaro ed improvvisamente libero di accasarsi altrove, un’occasione spartiacque e ghiottissima in ottica 2026.
Adesso non stiamo qui a rammentare la cronologia delle news più o meno fondate di questi mesi. Dai colloqui con la Ferrari a Londra, alla firma in grande segreto, ai dissidi tra l’ingegnere inglese e la dirigenza del Cavallino sul ruolo da ricoprire. Ne abbiamo lette di ogni.
Chissà qanto c’era di vero, ma a questo punto chissenefrega. Fatti. Contano quelli. E ci dicono che la Rossa, pur disponendo di ingenti risorse, tali da permettersi di ingaggiare Lewis Hamilton, alla fine non ha voluto, non ha potuto, non è riuscita (fate voi) ad assicurarsi le competenze di Newey, il quale ha scelto di sposare il progetto della Aston Martin.
Ed è qui che sorgono dubbi, si divono le opinioni, si moltiplicano ipotesi, con lo sguardo che guarda all’indietro preoccupato per il domani. Il pensiero ricorrente – nella più assoluta soggettività – è che la Ferrari stia ripercorrendo una strada già battuta, che in passato ha portato a poche gioie.
Il dubbio è che per la Rossa mai come questa volta Adrian Newey rappresentasse più una necessità, che una mera opportunità. La sensazione, solo di questa si può trattare per carità, è che le (belle) parole abbondino come i buoni propositi, ma manchi sempre il famoso centesimo per fare una lira.
Non facciamo gli insider facendo finta di conoscere gli oscuri motivi che hanno portato la Ferrari a nominare Serra direttore tecnico e non chiudere con Newey. Forse al genio piace solo lavorare in Inghilterra? E’ una ipotesi. Voleva troppi poteri e il Cavallino non si è piegato? Chissà. Motivi di bilancio e soldi? Anche. Non lo sappiamo. Ci possiamo solo limitare ad osservare il risvolto sportivo della vicenda.
La Ferrari non è una scuderia vincente dal 2008, e da quella data ad oggi non abbiamo avuto l’onore di vedere una vettura del Cavallino realmente vincente o competitiva per il titolo. A parte il biennio 2017, 2018, foriero di gioie e dolori, e con il solito problema degli sviluppi sbagliati. La storia la conosciamo, quella che è sempre mancata è una decisa inversione di rotta.
Possibile che una Scuderia così blasonata e bisognosa di vittorie non riesca a prendere mai un progettista di quelli notoriamente superiori alla media, una figura capace di trascinare davvero i reparti e imporre un metodo di lavoro vincente?
Negli organigrammi delle altre squadre ci sono nomi pesanti, la Ferrari continua con la sua politica della valorizzazione delle risorse interne, del famoso “genio italico” lanciato all’epoca da Marchionne, perseguito con convinzione da Binotto, e soltanto attenuato da Vasseur, per il quale il “gruppo conta più del singolo” e secondo cui Loic Serra (pur descritto da tutti come validissimo ingegnere con grande esperienza) può avere lo stesso impatto che avrebbe avuto Adrian Newey, o qualche altro progettista di livello superiore.
Con la speranza che il gruppo tirato su da Vasseur, con le strutture all’avanguardia di Maranello, il talento e il carisma di piloti come Lewis Hamilton e Charles Leclerc, possa regalare la svolta attesa da quasi vent’anni e riportare la Ferrari in alto, resta un pizzico di amarezza, ad oggi, nel constatare che quella di Fred sembra tanto una Rossa gattopardiana, che ha cambiato molto per non cambiare in fondo nulla, restando fedele al “modello” varato ben prima di Binotto e che finora non ha portato titoli in bacheca.
Antonino Rendina
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