F1 | Per la Ferrari doccia fredda nei test, pochi motivi per sorridere ma l’atteggiamento di Binotto è quello giusto

Poco ottimismo e un po' di preoccupazione per i primi giorni di test della Rossa, quasi non pervenuta a Barcellona

F1 | Per la Ferrari doccia fredda nei test, pochi motivi per sorridere ma l’atteggiamento di Binotto è quello giusto

Abbiamo più volte ripetuto come i test non contino nulla, e dopo questa prima tornata di Barcellona potremmo aggiungere “per fortuna”. Già quando la vedi arrivare da lontano, con quel muso largo e tozzo, la SF1000 non ispira grande fiducia, se paragonata alle forme filanti e armoniche delle dirette rivali.

La doccia in quel di Spagna è stata piuttosto fredda; le facce degli uomini in rosso erano scure, i problemi di sottosterzo sembrano essere invariati e lo stesso team principal ha anticipato che le novità previste per la settimana prossima non sono tante. La Ferrari, insomma, per ora è questa e tutto sembra fuorché un progetto incoraggiante ed entusiasmante. Gli stessi piloti hanno rilasciato dichiarazioni abbastanza abbottonate e diplomatiche, facendo però trapelare ben poco di quel cauto e anelato ottimismo che la platea ferrarista sperava di cogliere almeno tra le righe.

La verità è che i motivi per sorridere latitano. La Rossa non si è concentrata sulla prestazione, non ha lavorato in modo deciso sugli assetti, non ha insomma cercato il tempo. E questo è comunque un fatto. Quindi velocità e competitività sono ancora una incognita, ma i segnali non sono dei migliori. La vettura ha girato relativamente poco, 354 tornate complessive contro le 494 della Mercedes e le 470 della Red Bull. Come se su tre giorni Maranello ne avesse perso uno in quanto a chilometraggio complessivo. La squadra ha lavorato molto al box e non ha sfruttato tutta la potenza del motore, ciononostante ha avuto problemi di affidabilità proprio alla power unit, che hanno costretto Vettel ad un lungo stop.

Era difficile aspettarsi una Ferrari impetuosa nei test, ma il divario dalla Mercedes ad oggi appare incolmabile. E non parliamo solo di prestazioni, ma proprio di approccio e spessore. La Mercedes ha stupito tutti con il DAS, continua ad essere all’avanguardia, ebbra di un entusiasmo e di una voglia di vincere che non sembrano calare col tempo, riesce quasi a trasformare in spettacolo una certa malcelata e innata tracotanza. La Ferrari invece è lì che arranca, concentrata sul proprio onesto lavoro, ma presa un po’ in contropiede dai rivali. Il Cavallino dà l’idea di essere sempre un passo indietro, pur mettendocela tutta. Il fattore estetico non è un metro di paragone, ma la SF1000 all’occhio risulta pesante e sgraziata. I sorrisi di tecnici e piloti poi conteranno ancora meno, ma ce ne sono stati davvero pochi.

Da ammirare, però, l’atteggiamento di Mattia Binotto, nocchiere di una nave difficile da governare con pericolosi scogli che affiorano a destra e manca. Il team principal ha tenuto per tutto l’inverno le aspettative basse, non ha mai fatto proclami e – con grande onestà – al terzo giorno di test ha precisato che la Ferrari è ancora lontana dalla Mercedes e che non c’è questo grande ottimismo.

Senza abbandonarsi al catastrofismo, è inutile però indorare la pillola affidandosi al mantra del “magari si è nascosta”. Perché se la Ferrari si fosse nascosta e fosse pronta a ribaltare il tavolo allora staremmo davanti ad una prestazione da Oscar che Parasite spostati proprio. La verità è che la Rossa in questi giorni è stata grande assente, in evidente difficoltà; l’unica speranza è che il team abbia ben chiaro il programma di sviluppo e sappia come correggere quelle “caratteristiche simili alla monoposto dello scorso anno“, così Vettel con il suo consueto tatto da ragazzo a modo qual è. Quei difetti, per dirla in modo crudo, che proprio non consentono di sognare. Non c’è molto da essere ottimisti, ma nella storia tante volte la Ferrari sembrava spacciata e poi si è rialzata (non ultimo l’inverno del 2017) e va salvato quantomeno l’approccio di un team molto serio, onesto e realista nelle dichiarazioni.

Antonino Rendina

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