F1 | GP Monaco, Vettel: una gara d’astuzia

Il tedesco conquista un prezioso quinto posto grazie ad un'ottima strategia

F1 | GP Monaco, Vettel: una gara d’astuzia

Sulle strade del Principato, uno degli appuntamenti più difficili della stagione, Sebastian Vettel è tornato a splendere con una prestazione di assoluto livello, conquistando un prezioso quinto posto sul traguardo che rappresenta il miglior risultato in questo avvio di stagione per l’Aston Martin. Dopo essere riuscito a conquistare la top ten in qualifica, nonostante una strategia particolarmente rischiosa che lo aveva visto rischiare l’eliminazione nel Q1 per salvare un treno di pneumatici, il tedesco si è confermato in gara grazie ad prestazione d’austzia, in cui ha saputo dosare alla perfezione le fasi in cui gestire gli pneumatici e quelle in cui tornare all’attacco per sorprendere gli avversari. Dopo una prima parte accorta per salvaguardare le coperture, infatti, il quattro volte campione del mondo aveva iniziato a ricucire il gap da chi si trovava davanti a lui, ponendosi nella condizione ideale per tentare un undercut nei confronti dei suoi rivali più diretti. Una condotta di gara che aveva dato i suoi frutti grazie ad un giro di rientro particolarmente veloce, in cui era riuscito a guadagnare quei secondi necessari per portarsi al quinto posto. Per quanto arrivata su un circuito atipico, ben distante dalle altre sfide che si riproporranno durante il mondiale, si tratta di una prestazione significativa, perché si tratta del primo fine settimana in cui il tedesco è riuscito a sentirsi a proprio agio con la AMR21 dalle prove libere fino alla bandiera a scacchi, fattore che gli ha permesso di sfruttarne il potenziale e tornare ad imporre il proprio ritmo, nonostante gli attuali limiti tecnici della vettura. Ripercorriamo tutti gli avvenimenti della sua corsa, evidenziando le fasi in cui il quattro volte campione del mondo è riuscito a fare la differenza.

Allo spegnimento dei semafori, Vettel aveva subito cercato di rendersi minaccioso nei confronti di Lewis Hamilton provando ad effettuare un sorpasso all’esterno di curva uno, ma il poco spazio a disposizione per completare la manovra, data anche la presenza di Pierre Gasly davanti a lui, aveva spinto il tedesco a desistere, rimanendo così in settima posizione. Allo stesso tempo, tuttavia, la concorrenza alle sue spalle era agguerrita, in particolare quella di Sergio Perez, desideroso di risalire la classifica dopo una qualifica al di sotto delle aspettative: proprio per questo, sia al Mirabeau che al tornantino, si era visto Sebastian optare per una traiettoria più interna, in modo da proteggersi da eventuali attacchi.

Una difesa accorta ed efficace, che gli aveva permesso di tenere a bada il messicano della Red Bull e concentrarsi su quello che sarebbe stato il suo vero obiettivo, ovvero massimizzare la strategia di gara. Fin dalle prime fasi era chiaro come Sebastian stesse ragionando più sulla lunga distanza che nell’immediato, sapendo che una buona gestione degli pneumatici gli avrebbe consentito di giocarsi le sue carte nel momento più propizio. Sotto questo aspetto, il portacolori dell’Aston Martin aveva ragionato con grande astuzia, cercando di limitare lo sfruttamento delle gomme nei primi dieci passaggi attraverso una condotta di gara ben ragionata: invece di mantenere il ritmo dei piloti che lo precedevano, Sebastian aveva scelto di non forzare la mano nelle prime tornate, lasciando che si formasse un piccolo gap nei confronti di chi si trovava immediatamente davanti a sé. Ciò lo si era visto sia nelle curve a media velocità, come Massenet o il tabaccaio, che in quelle più lente, dove l’alto carico di carburante poteva mettere sotto stress l’asse posteriore, che si sarebbe poi dimostrato il punto debole per molti piloti. Un distacco sufficiente per non subire gli effetti dell’aria sporca, che avrebbe potuto portare alla formazione di graining e ad un degrado eccessivo delle coperture, ma allo stesso tempo adeguato a far sì che il tedesco fosse in grado di richiuderlo nel momento in cui avrebbe iniziato a spingere. Disporre di pneumatici in buone condizioni nelle tornate immediatamente precedenti al pit stop sarebbe stato fondamentale per riuscire a far funzionare la strategia e anche per questo la decisione di non forzare all’inizio rappresentava un punto chiave nella tattica scelta. Se c’è una cosa che queste gomme hanno insegnato nel corso degli anni è che, in particolare quando vi sono temperature relativamente fresche e il grip non è elevato, la prima fase di vita della mescola è cruciale: spingere eccessivamente nel periodo di riscaldamento delle mescola potrebbe infatti portare non solo alla formazione di graining, ma anche ad un consumo anomalo della stessa, compromettendone l’integrità e le performance sulla lunga distanza.

“Mi sentivo davvero bene sulla gomma soft. All’inizio stavo semplicemente gestendo, lasciando andare le vetture che avevo davanti, per poi chiudere  il divario”, ha poi dichiarato Vettel dopo la corsa, spiegando la sua strategia, che evidentemente era stata ben concordata con il team già durante i briefing pre-gara. Non a caso, il suo ingegnere di pista non era rimasto per nulla sorpreso di vederlo mantenere un ritmo così alto rispetto ai propri avversari nel corso dei primi passaggi, ma allo stesso tempo per la squadra era importante avere un riferimento costante da parte del pilota non solo dello stato di gomme, ma anche quanto avesse nel piede nel caso avesse iniziato a spingere. A fornire un’indicazione in merito era stato Sebastian stesso, il quale nel corso della nona tornata a precisa domanda aveva risposto che si trovava in una fase di gestione piuttosto accentuata, sottolineando come avrebbe potuto abbassare i suoi tempi di oltre un secondo. Un’informazione importante, non solo per avere un riferimento nei confronti dei piloti che aveva davanti a sé, ma utile anche al team per comprendere quale sarebbe stata la finestra utile per non finire nel traffico dopo la sosta, soprattutto nei confronti di quei piloti che per il primo stint avevano montato un compound più duro allo spegnimento dei semafori, fattore che gli avrebbe permesso di rimanere più tempo in pista. Essendo dati in tempo reale, per la squadra era fondamentale iniziare a ragionare con un certo anticipo su quali avrebbero potuto essere le prossime mosse, avendo così un minimo margine tempo per reagire nel caso si fosse presentata l’opportunità corretta, anche dal punto di vista dei doppiati, che a Monaco rappresentano un ostacolo di cui tenere conto.

Dopo aver mantenuto un approccio conservativo per circa una decina di passaggi, era ormai giunto il momento ideale per pensare di iniziare a spingere e a chiudere quel divario di oltre otto secondi che lo divideva da Gasly e Hamilton, il quale aveva ormai superato i sette secondi. Non a caso, infatti, pochi giri più tardi l’ingegnere di pista aveva aperto nuovamente la radio per suggerire a Sebastian di migliorare gradualmente il ritmo: le parole del tedesco pronunciate solamente qualche tornata prima si erano dimostrare veritiere, perché dopo quella comunicazione il tedesco aveva abbassato i propri tempi di oltre un secondo, arrivando anche a segnare parziali più competitivi dei suoi rivali diretti. Tutto ciò senza dimenticarsi che alle sue spalle Perez continuava a riproporsi ciclicamente negli specchietti dell’Aston Martin numero 5, in una sorta di effetto elastico, prima che dovesse nuovamente prendere spazio per far rifiatare i propri freni, controllare le coperture e conservare carburante: più che nell’immediato, il messicano avrebbe potuto essere una minaccia difficile da contenere sulla lunga distanza, potendo disporre dalla sua non solo di una vettura particolarmente veloce, ma anche di una strategia estremamente interessante proprio dal punto di vista della quantità di benzina imbarcata.

Giunti intorno al venticinquesimo passaggio, Vettel era riuscito a ridurre il distacco dal francese dell’AlphaTauri a circa cinque secondi, un gap sufficiente per fare due conti a livello strategico. Era chiaro che in quella fase nessuno volesse rientrare per primo ai box, non avrebbe avuto senso, anche se diversi piloti nel gruppo di testa avevano iniziato ad avvertire un leggero calo degli pneumatici, in particolare quelli posteriori. Quindi, chi avrebbe premuto il grilletto e dato il via al valzer del pit stop con un vero e proprio effetto domino? Dalla sua prospettiva, il quattro volte campione del mondo si trovava in una situazione di relativa comodità, perché nel suo caso non vi era alcuna fretta di fermarsi, tanto che il team gli aveva addirittura chiesto se fosse possibile allungare lo stint più di quanto inizialmente programmato, con risposta affermativa da parte del proprio portacolori, a dimostrazione del buon lavoro che era stato portato a termine con gli pneumatici nella prima parte di gara. Essenzialmente si trattava di capire come avrebbero agito i rivali più diretti e rispondere di conseguenza. A porre la parola fine a questo quesito era stata la Mercedes, la quale, spazientita dal fatto che Gasly davanti a sé non fosse ancora rientrato, aveva deciso di fare la prima mossa, tentando un undercut ai danni del transalpino. Una decisione che aveva portato ad una sorta di effetto cascata, portando il muretto AlphaTauri a far rientrare il proprio pilota nel giro immediatamente successivo, in modo da non perdere la posizione nei confronti dell’inglese. Sfruttando anche la presenza in pista di Mazepin, che aveva leggermente recato disturbo al britannico della Mercedes, gli strateghi della squadra di Faenza avevano fatto i loro conti e con Vettel distante circa quattro secondi nel momento del rientro ai box, pensavano di poter tenere alle proprie spalle entrambi, anche nel caso il tedesco avesse allungato il primo stint tentando un overcut. Dove risiedeva il problema di base? Già al sabato si era potuto osservare come la fase di riscaldamento degli pneumatici non fosse così immediata, per cui il vantaggio nel montare un set nuovo non era poi così ampio come su altri tracciati, in particolare nei confronti di quei piloti che erano riusciti a mantenere le proprio coperture in buone condizioni, proprio come aveva fatto l’alfiere dell’Aston Martin.

Ed era proprio in questa fase che il muretto della squadra di Silverstone e il suo campione avevano fatto la differenza. Nei primi due settori del giro di rientro, Sebastian era riuscito a registrare i propri parziali record: se il confronto con Gasly al primo rilevamento era influenzato dal passaggio nella pit exit, basti pensare che nel solo secondo intertempo il tedesco era riuscito a ridurre il distacco virtuale di quasi un secondo e mezzo. A sfavore del transalpino avevano di certo giocato a sfavore ancora una volta la presenza di Mazepin nelle prime curve in uscita dalla pit lane, così come il fatto che in alcuni punti avesse dovuto optare per linee più strette per difendersi da Hamilton alle sue spalle, ma ciò non toglie che in quella fase il talento di Heppenheim fosse davvero stato in grado di fare la differenza e porsi in una finestra utile per pensare di poter uscire davanti ad entrambi i suoi rivali. Un’opportunità piccola ma concreta, che andava sfruttata immediatamente per non perdere la chance di guadagnare punti importanti e, non a caso, il muretto dell’Aston Martin non aveva perso tempo, richiamando immediatamente ai box il suo pilota, anche se ciò avrebbe significato anticipare la sosta rispetto ai propri piani lasciando campo libero a Perez. L’opportunità di poter sopravanzare sia Lewis che Pierre, tuttavia, era troppo ghiotta e gli stessi ingegneri erano consapevoli che una volta che le gomme del francese sarebbero entrate in temperatura, riuscire a riproporre la medesima mossa sarebbe stato molto difficile. Nonostante una sosta non particolarmente rapida, conclusa in circa tre secondi e mezzo, all’uscita della pit lane Vettel si era ritrovato esattamente dove avrebbe voluto essere, ovvero in lotta con Gasly. Essendo riuscito ad uscire con circa metà macchina davanti, il tedesco poteva contare su un piccolo vantaggio, ma la sfida era molto più complicata di ciò che poteva sembrare all’apparenza, non solo perché lo spazio a disposizione rispetto ai muretti sulle strade di Monte Carlo è sempre ridotto. Proprio in cima all’allungo che porta alla “Massenet”, infatti, è presente un leggero scollinamento, dove la macchina tende ad alleggerirsi, per cui vi è la necessità di dosare con maestria sia l’acceleratore che il freno. Il rischio nel caso di Vettel era duplice: una frenata eccessiva avrebbe potuto portare al bloccaggio delle gomme anteriori non ancora in temperatura, con un inevitabilmente impatto contro il muro, oppure sarebbe potuto andare incontro ad una perdita del posteriore, in maniera simile a quanto era accaduto a Mick Schumacher durante la seconda sessione di libere. Una sfida che il pilota dell’Aston Martin era riuscito a vincere, mantenendo così la quinta posizione: “Sapevo che i giri immediatamente precedenti alla mia sosta sarebbero stati fondamentali per la nostra gara e sono stato in grado di fare dei buoni tempi anche su gomme che avevano passato il loro momento migliore. Ciò ci ha permesso di fare la differenza e recuperare due posizioni. All’uscita della pit lane ero al limite perché sapevo che Gasly sarebbe stato molto vicino. Correre fianco a fianco non è semplice qui a Monaco, ma abbiamo vinto la drag race e lui ha dovuto alzare il piede. I circuiti cittadini possono sempre riservare qualcosa di inaspettato e oggi ne abbiamo approfittato. Sono felice del fatto che oggi mi sentissi a mio agio con la vettura e che abbia potuto spingere quando vi era la necessità, sapendo anche in che modo la vettura avrebbe risposto. Questo risultato è arrivato grazie ad un’ottima decisione da parte del muretto e all’avere un buon passo quanto contava”, ha poi spiegato il numero 5 dopo la corsa, soddisfatto dell’ottima strategia organizzata insieme al team ed eseguita alla perfezione in pista.

Dopo aver concluso la missione overcut, tuttavia, vi era un’altra variabile di cui dover tenere conto, ovvero Sergio Perez. Per tutta la durata del primo stint, il messicano della Red Bull ciclicamente si era fatto notare negli specchietti del tedesco, ma senza mai trovare concretamente l’opportunità per tentare un vero attacco. Il problema non era tanto mantenerlo alle spalle nell’immediato, cosa che Sebastian era riuscito a fare anche abbastanza agevolmente, ma sulla lunga distanza, non solo perché dalla sua Sergio poteva disporre di una vettura potenzialmente più competitiva, ma anche per la sua strategia di gara. Sapendo di dover partire nel traffico e che molto probabilmente ci sarebbero rimasto per tutto la prima fase della corsa, gli ingegneri della squadra anglo-austriaca avevano optato per condotta di gara piuttosto aggressiva, imbarcando meno carburante dei rivali in modo da avere una vettura più leggera nel momento in cui avrebbe dovuto spingere tentando un overcut su chi aveva davanti. Con un vantaggio di soli due secondi prima della sosta ai box, il muretto Aston Martin era ben consapevole che riuscire a tenersi alle spalle il messicano sarebbe stata una sfida ardua, ma aveva cercato comunque di fare il possibile, suggerendo a Vettel via radio di spingere al massimo e non pensare alle gomme, le quali avrebbero sì sofferto un calo sul finale, ma che si sarebbe limitato più alla superficie che allo pneumatico in sé, tenendo a mente che la mescola dura avrebbe comunque offerto una buona resistenza. Un tentativo che purtroppo non era stato comunque sufficiente a colmare la differenza di passo che Perez era stato in grado di sfoderare in quei quattro passaggi in più in cui era rimasto in pista, concedendo così al messicano l’opportunità di mantenere la quarta posizione nel momento in cui si sarebbe fermato. “Pensavo che avessimo una chance di tenerci Sergio alle spalle con il passo che avevamo, ma lui aveva ancora un altro secondo in tasca, quindi non era possibile tenerlo dietro”, ha poi confermato Vettel nel post-gara, conscio che la RB16B avesse un altro ritmo, tanto che poi nella seconda parte di gara Perez era stato anche in grado di allungare con una certa facilità nonostante si fosse dovuto scontrare con delle procedure di lift and coast per assicurarsi di avere abbastanza carburante per arrivare al traguardo e, nel caso vi fosse stata l’opportunità, lottare contro Lando Norris prima della bandiera a scacchi.

Nonostante quei giri spinti dopo la sosta non fossero stati sufficienti per conquistare la quarta posizione, l’aspetto positivo risiedeva nel fatto che avevano permesso al tedesco di costruire un piccolo vantaggio sui propri inseguitori, lasciandosi Gasly e Hamilton quattro secondi alle spalle. Un gap utile al fine di gestire la seconda metà della corsa con maggior serenità, concentrandosi sostanzialmente sul mantenere in vita gli pneumatici fino alla fine e rimanere lontano dalle barriere a scacchi. Per quanto possa sembrare un lavoro semplice, quaranta giri a Monaco rappresentano una bella incognita, perché l’errore è sempre dietro l’angolo e le stradine del Principato non perdonano: nonostante ciò, Vettel era riuscito a portare a termine la missione senza alcun problema, centrando un ottimo quinto posto che aiuta sia dal punto di vista del morale che della classifica, permettendo all’Aston Martin di sopravanzare Alpine e AlphaTauri nel mondiale costruttori. Per quanto quello di Monte Carlo rappresenti un appuntamento atipico, vedere il tedesco così in forma sin dalle prove del giovedì è stato un segnale confortante, soprattutto considerando che è riuscito a trovare quella complicità con la vettura che in questa prima fase di stagione spesso è venuta meno. Come dimostrano anche Daniel Ricciardo, Fernando Alonso e Sergio Perez, riuscire a adattarsi ad una nuova vettura non è sempre semplice e ci vuole del tempo per riuscire a trovare quella fiducia necessaria per sentirla propria. In questo avvio di campionato, Sebastian Vettel ha sofferto l’instabilità e l’imprevedibilità del posteriore della AMR21, tra le più penalizzate dai nuovi regolamenti, soprattutto in fase di entrata curva, elemento di cui il tedesco nel corso degli anni ha fatto un suo punto di forza. Il team ha già spiegato nel corso delle prossime settimane dovrebbero arrivare degli aggiornamenti utili ad attenuare questo problema, elementi che potrebbero aiutare il quattro volte campione del mondo a trovare maggior confidenza con la monoposto e poterne estrarre il massimo potenziale, come ci ha già abituato in passato. Per ora, però, “Ring ding ding“.

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