F1 | Gran Premio di Sakhir: l’analisi della gara
Dal primo successo di Perez agli errori della Mercedes: il racconto della gara di Sakhir
Il Gran Premio di Sakhir ha raccontato tante trame, ma indubbiamente passerà alla storia per la prima vittoria di Sergio Perez, che sotto i riflettori della pista bahreinita è riuscito a portare la sua Racing Point RP20 davanti a tutti alla bandiera a scacchi. Un successo tanto bello ed emozionante quanto inaspettato, soprattutto considerando che alla fine del primo giro il messicano era precipitato in fondo allo schieramento a causa di un contatto nelle prime fasi di gara.
Tra le tante sorprese del sedicesimo appuntamento del mondiale vi è anche il secondo posto di Esteban Ocon, al suo primo podio in carriera. Una buona strategia, unita ad un’ottima gestione dei momenti più delicati della corsa, ha permesso al francese di riuscire a centrare un risultato che rimarca i suoi progressi nell’arco della stagione, i quali gli hanno permesso di avvicinarsi al compagno di squadra soprattutto alla domenica. A concludere il podio l’altro portacolori della Racing Point, Lance Stroll, il quale si è contraddistinto soprattutto per aver fatto funzionare una tattica che in pochi credevano possibile prima della gara, a dimostrazione del buon fine settimana vissuto dal team anglo-canadese.
Quarto posto per Carlos Sainz Jr., il quale nelle prime fasi del Gran Premio era riuscito a conquistare momentaneamente la terza posizione a seguito dell’incidente che aveva coinvolto Max Verstappen, Sergio Perez e Charles Leclerc. La scelta di impostare la propria corsa su una strategia a due soste indubbiamente non ha pagato come ci si aspettava, non solo per le varie fasi di neutralizzazione dovute all’ingresso della Safety Car, ma anche per l’ottima gestione degli pneumatici mostrata da coloro che si trovavo su una tattica che prevedeva un solo pit-stop. Un destino simile anche per Daniel Ricciardo e Daniil Kvyat, rispettivamente quinto e settimo, i quali sono stati divisi da Alex Albon, bravo nel recuperare diverse posizioni dopo una qualifica sottotono. Deludente, invece, è stata la giornata della Mercedes, non tanto per le prestazioni mostrate in pista, quanto per gli errori commessi da parte delle squadra, che non hanno permesso al team di Stoccarda di andare oltre l’ottava e la nona posizione. Un grosso rimpianto in particolare per George Russell, il quale si è visto sfuggire una vittoria che avrebbe meritato per come aveva saputo imporsi durante la gara. A concludere la top ten Lando Norris, capace di rimontare dal fondo dopo che era stato costretto a prendere il via dall’ultima fila in seguito ad una penalità rimediata la domenica mattina per la sostituzione di alcuni elementi sulla sua Power Unit.
Non si è trattato di un weekend semplice per Pierre Gasly. In qualifica, il giovane francese non era riuscito a sfruttare il massimo potenziale della sua vettura a causa di un danno nella zona anteriore della monoposto, il quale ne aveva influenzato le prestazioni. In gara, tuttavia, i problemi di guida sono aumentati, dovendosi scontrare con un grosso sottosterzo che non gli ha permesso di esprimersi al meglio. Fuori dai punti anche Sebastian Vettel, solamente dodicesimo al traguardo: nonostante un’ottima partenza in cui era riuscito a recuperare diverse posizioni, il tedesco ha potuto fare ben poco, complice una monoposto che non gli ha permesso di difendersi come avrebbe voluto sui lunghi rettilinei che caratterizzavano la pista di Sakhir. Il Ferrarista è comunque riuscito a tenere alle spalle le due Alfa Romeo di Antonio Giovinazzi e Kimi Raikkonen, rispettivamente tredicesimo e quattordicesimo, nonostante un finale concitato. A concludere la classifica Kevin Magnussen, in difficoltà con una Haas che gli ha riservato poche soddisfazioni nonostante un ottimo scatto al via, e i due debuttati, Jack Aitken e Pietro Fittipaldi, i quali non ha di certo sfigurato nella loro prima gara in categoria. Tra i ritirati di giornata figurano Nicholas Latifi, Charles Leclerc e Max Verstappen, con quest’ultimi due loro malgrado protagonisti di un incidente nel corso del primo giro.
Racing Point: Il primo trionfo di Perez
Dopo il doppio ritiro dello scorso appuntamento sul layout tradizionale del tracciato del Bahrain, la Racing Point era a caccia di un riscatto, di un risultato che non solo gli permettesse di arricchire il palmares di questa stagione, ma anche di rimetterla in lotta per il terzo posto nel mondiale costruttori. Un’opportunità che non era tardata ad arrivare, questa volta sull’Outer Circuit di Sakhir, pista differente da quella che l’aveva preceduta, sia per layout che per caratteristiche. Proprio per questo, durante le prove libere il team aveva effettuato numerose prove di comparazione tra diverse specifiche di elementi, in particolare al posteriore, cercando l’assetto che meglio potesse bilanciare le alte velocità richieste a un buon carico aerodinamico per gestire al meglio non solo il tratto centrale, ma anche le gomme stesse, uno dei punti di forza della Racing Point in quello che era stato il primo weekend in Bahrain.
Alla fine, la scelta era ricaduta sulla soluzione più carica tra quelle provate, segnale che, molto probabilmente, l’altra specifica non offrisse un incremento di velocità massima sui rettilinei così importante da giustificare un’eventuale ricaduta non solo sul comportamento della monoposto, ma anche sulla gestione degli pneumatici, che in questo secondo fine settimana sulla pista di Sakhir avrebbero rappresentato una bella incognita. Da questo punto di vista, le indicazioni del venerdì erano state piuttosto contrastanti, perché da una parte avevano fatto intendere come la strategia a due soste potesse essere quella effettivamente più veloce da un mero punto di vista cronometrico, ma avevano anche lasciato la porta aperta a quella che avrebbe potuto essere una tattica con una singola fermata, una soluzione importante da tenere a mente nel caso in caso di traffico elevato.
Il quinto e il decimo posto conquistati in qualifica rappresentavano un buon punto di partenza, nonostante la prestazione di Stroll fosse stata influenza da un piccolo danno al fondo, poi successivamente riparato senza grossi problemi in vista della corsa. Allo spegnimento dei semafori, Perez era riuscito immediatamente a sfruttare il vantaggio dell’essere scattato dalla parte pulita della griglia, sopravanzando Leclerc e affiancandosi a Verstappen in frenata di curva 1 dopo averne preso la scia. Nonostante il poco spazio a disposizione, il messicano era comunque riuscito a preparare una buona uscita da quel tratto e, complici le difficoltà incontrate da Bottas e dell’olandese della Red Bull in fase di trazione, un doppio attacco nei loro confronti non sembrava un’ipotesi poi così remota. Avendo dalla sua parte questi fattori, Sergio era riuscito nuovamente ad affiancarsi a Verstappen, completando il sorpasso prima del punto di staccata, mentre vi era ben poco che si potesse fare contro il portacolori della Mercedes. Sfortunatamente, tuttavia, a mandare in fumo quanto fatto fino a quel momento era stato un contatto con Leclerc in curva 4, il quale lo avrebbe costretto a ripartire dal fondo, oltretutto con la vettura leggermente danneggiata, dato che la botta ricevuta alla gomma posteriore destra aveva influenzato la direzionalità della sua monoposto.
Andando ad osservare le immagini dall’alto, possiamo avere un quadro migliore della situazione e del perché il messicano non avesse alcuna responsabilità nell’incidente. Approcciandosi alla frenata di curva 4, Verstappen era colui che aveva scelto l’approccio più cauto tra tutti, alzando il piede dall’acceleratore in anticipo rispetto agli avversari, conscio che se non avesse preso manovre evasive, indubbiamente non vi sarebbe stato lo spazio necessario per percorrere il tratto successivo senza rischiare un contatto che avrebbe potuto mettere la parola fine alle loro corse dopo soli pochi metri. Ciò aveva garantito maggior libertà al pilota della Racing Point, che aveva così avuto l’opportunità di proseguire sulla sua linea e di preparare al meglio quella che sarebbe stata la frenata di curva 4, conscio che si trovasse sulla traiettoria ideale e che alle sue spalle Verstappen non avrebbe tentato una mossa azzardata. Nonostante la situazione favorevole, Perez aveva comunque deciso di non esagerare, né in frenata, né nell’impostazione della linea per la curva successiva, da una parte perché sull’interno vi era comunque Bottas, dall’altra per lasciare un minimo margine di sicurezza rispetto all’apice.
Era importante tenere a mente, infatti, che lo spazio di visione negli specchietti fosse comunque limitato, per cui sarebbe stato difficile notare la presenza di un’altra monoposto in una posizione particolarmente interna, soprattutto se questa avesse tentato un attacco dell’ultimo secondo. Da parte sua, quindi, il messicano aveva fatto quanto possibile per agire in correttezza, cercando di non chiudere completamente la porta, ma neanche di lasciare un vero e proprio invito a nozze per gli altri piloti. Tuttavia, purtroppo, nulla aveva potuto per evitare il contatto con Leclerc, il quale si era avventato in una manovra estremamente azzardata da una posizione particolarmente interna che non aveva lasciato scampo all’alfiere della Racing Point, costringendolo così ad una gara tutta in rimonta dall’ultima posizione in classifica.
Un duro colpo alle ambizioni del pilota della Racing Point, che era così passato dal sogno di poter conquistare il secondo podio stagionale a doversi far strada dal fondo per tornare in zona punti e conquistare un risultato che potesse aiutare il team nella classifica costruttori. Consci che la situazione fosse tutta in salita, l’alternativa migliore era quella di sfruttare l’ingresso della Safety Car e pensare ad un cambio di strategia, liberandosi della soft per passare ad un nuovo set di pneumatici medi, il che avrebbe permesso, con un’oculata gestione delle coperture, di poter anche completare il Gran Premio fermandosi solamente un’altra volta. Un piano che in realtà era stato messo subito in crisi da quello che era stato l’unico errore del messicano nel corso di tutta la gara, un brutto bloccaggio con l’anteriore sinistra mentre stava cercando di riscaldare le gomme effettuando delle manovre di “waving” ad alta velocità. Lo stesso Perez, preoccupato che ciò potesse avere degli effetti sulla lunga distanza, si era subito allarmato in merito alla situazione, chiedendo ragguardi circa lo stato di salute delle sue coperture. Nonostante dai dati fosse possibile riscontrare delle vibrazioni, il muretto aveva cercato di rassicurare il proprio pilota, sostenendo che queste non avrebbero rappresentato un grosso problema per il resto della corsa, a meno che Sergio non avesse ripetuto il medesimo errore. Tra le varie alternative tenute in considerazione in quel frangente, vi era anche quella di effettuare un’altra sosta per montare l’unico set di pneumatici a mescola hard a disposizione: un’ipotesi che era tuttavia tramontata molto velocemente, per il semplice fatto che pochi secondi dopo la comunicazione di questo possibile cambio di strategia fosse arrivata la conferma da parte della direzione gara che la Safety Car sarebbe rientrata nel corso di quel giro, per cui non vi sarebbe stato il tempo materiale per fermarsi senza poi uscire a circa venti secondi da quella che sarebbe stata la coda del gruppo. Insomma, data la situazione vi era ben poco da perdere, motivo per il quale il team aveva deciso di rimanere in pista, sperando che la gomma potesse effettivamente non solo reggere il più possibile, ma dare anche il giusto apporto al proprio portacolori per riuscire a recuperare posizioni e riportarsi in zona punti.
Già pochi metri dopo la ripartenza era evidente come Sergio non avesse voglia di rimanere a lungo in fondo al gruppo, infilando cinque sorpassi nello spazio di due giri e mezzo, alcuni dei quali senza l’ausilio del DRS. Ad aiutare il pilota di Guadalajara nella sua rimonta erano stati anche i numerosi duelli che si erano visti a centro gruppo e che avevano alzato il ritmo generale, tra cui quello tra Alex Albon e Lando Norris. Proprio l’attacco dell’anglo-tailandese nei confronti del connazionale della McLaren aveva facilitato il lavoro del messicano, il quale si era poi preso la posizione anche sull’alfiere della Red Bull solo una tornata più tardi, grazie ad un sorpasso capolavoro all’esterno di curva quattro. In meno di una ventina di passaggi, Perez era riuscito a sopravanzare nove monoposto e, soprattutto, a portarsi alle spalle di quelli che sarebbero stati i piloti con una strategia simile, ponendosi nella situazione di poter tentare qualcosa di differente anche a livello tattico. Giunto negli scarichi di Esteban Ocon, però, la rimonta del pilota della Racing Point aveva subito una brusca frenata, non tanto in termini di passo, quanto in termini di posizioni, ma in quel momento l’unico aspetto che contava davvero era quello di riuscire a mantenere in vita gli pneumatici il più a lungo possibile, in modo da rendere la singola sosta un’opzione sempre più concreta. Lo aveva ben compreso il muretto della squadra anglo-canadese, il quale aveva chiesto al suo portacolori di rimanere in pista nonostante la gomma anteriore sinistra stesse iniziando a risentire di quel bloccaggio verificatosi nei primi giri di gara, con grosse vibrazioni che rendevano sempre più difficile il lavoro al volante del numero 11, tanto da spingerlo più volte a ventilare l’ipotesi di tornare ai box e cambiare set di pneumatici. In quel momento era importante analizzare entrambi i punti di vista: da una parte vi era quello del pilota, in difficoltà con le coperture e bloccato ormai da diversi giri alle spalle della Renault, impossibilitato nel tentare un sorpasso a causa delle alte velocità di punta della monoposto francese e del fatto che potesse godere della scia dell’altra RP20, mentre dall’altra vi era quella del team, che continuava a tenere sott’occhio a distanza quelli che sarebbero stati i rivali più diretti a fine gara, come Sainz, Ricciardo e Kvyat, i quali avevano puntato su una strategia che prevedeva due pit-stop.
Uno dei momenti chiave della corsa era giunto nel corso del quarantunesimo passaggio, quello in cui Ocon era rientrato ai box per tentare un undercut nei confronti di Stroll ed effettuare quella che sarebbe stata l’unica sosta della sua corsa. Giustamente, per andare a coprire la mossa della scuderia transalpina, anche la Racing Point aveva richiamato il canadese ai box e questo si era rivelato estremamente utile soprattutto per Perez, che si era così ritrovato a pista libera, finalmente in grado di imporre i propri tempi e sperare nell’eventuale ingresso della Safety Car. Se nei giri precedenti il messicano era rimasto bloccato sul passo del 58” alto, dopo il pit-stop dei rivali Sergio era riuscito ad abbassare il suo ritmo di diversi decimi, imponendo un ritmo non troppo distante da coloro che si erano fermati precedentemente, ma sufficiente per riuscire a costruire una finestra su Lando Norris, in modo non rientrargli alle spalle nel momento in cui sarebbe stato costretto a rientrare ai box per il suo ultimo cambio gomme. Una chiamata giunta proprio nel momento in cui questa opportunità si era concretizzata nel corso del quarantasettesimo giro e che aveva visto i meccanici montargli l’unico set di coperture a mescola hard a disposizione. Se con il primo treno di pneumatici a mescola media Sergio aveva completato circa quarantasei tornate, al di là di quelle percorse dietro la vettura di sicurezza, era lecito aspettarsi che con soli quaranta giri alla bandiera a scacchi e un compound più duro ci sarebbe stata tutta la possibilità di sfruttare a dovere il nuovo set e spingere sull’acceleratore. Una scelta che il messicano aveva gradito, non solo perché sarebbe stato un secondo stint all’attacco, ma anche perché sostituendo pneumatici si era liberato di quelle fastidiose vibrazioni con cui aveva dovuto convivere per tutta la prima parte di gara.
Nello spazio di pochi giri, grazie anche al duello che aveva tenuto impegnati i due, il pilota della Racing Point era riuscito a portarsi nuovamente negli scarichi di Ocon e del suo compagno di squadra, i quali si erano però invertiti i ruoli rispetto al primo stint. Dopo qualche passaggio di studio, sicuro di avere dalla sua un passo più rapido di chi lo prendeva, Perez aveva aperto la radio per far intendere alla squadra senza mezze misure che uno scambio delle posizioni sarebbe stata l’opzione migliore. A salvare il team dal dover prendere una decisione complicata era stata la Virtual Safety Car, subentrata per la vettura di Latifi rimasta a bordo pista, la quale aveva neutralizzato momentaneamente la situazione in attesa di poter tentare un attacco subito l’esposizione della bandiera verde. Un’opportunità da non lasciarsi sfuggire e che si era concretizzata nel giro successivo quando, nel tentativo di difendersi proprio dal suo compagno di casacca, Stroll era arrivato lungo in curva 4 agevolando così il messicano. Avendo dalla sua anche l’ausilio dell’ala mobile, attaccare il pilota della Renault sarebbe stato ora possibile e non era un caso che quel tentativo fosse arrivato solamente qualche chilometro più tardi, grazie ad un bell’incrocio in uscita di curva 1, il quale gli aveva permesso di avere una miglior fase di trazione e sfruttare il rettilineo successivo per completare il sorpasso e portarsi così virtualmente in terza posizione ma, soprattutto, davanti a tutti i piloti sulla sua medesima strategia.
A quel punto, l’obiettivo era quello di cercare di prendere il largo e mettersi al riparo da coloro che, invece, si trovavano su una tattica che prevedeva due soste, i quali prima della fine della corsa molto probabilmente sarebbero riusciti a ricucire il distacco sia su Ocon che Stroll. Essendo consapevole di avere comunque momentaneamente un buon vantaggio sulla concorrenza e che ottenere un buon risultato anche con il suo compagno di squadra sarebbe stato vitale per la classifica costruttori, Perez aveva anche aperto la radio chiedendo al team se dovesse rallentare il francese della Renault in modo da permettere anche a Lance di tentare il sorpasso nei suoi confronti. Un suggerimento ammirevole, che tuttavia aveva trovato il parere negativo da parte del muretto, da una parte perché in quel momento per loro era essenziale riuscire a mettere in cassaforte il terzo posto con il messicano, dall’altra facendo ciò si sarebbe data l’opportunità ad Ocon di ottenere il DRS, incrementando così le già alte velocità di punta della R.S.20. Ciò che aveva cambiato i piani era stata l’entrata in pista della vettura di sicurezza per l’incidente occorso ad Aitken sul rettilineo principale, il quale era andato a sbattere contro le barriere perdendo l’ala anteriore: una scelta che Perez non aveva gradito, non capendo il motivo per cui sarebbe stato necessario compattare il gruppo nel momento in cui sarebbe stato possibile continuare con la Virtual Safety Car. Ciò, tuttavia, aveva dato anche un beneficio inaspettato, perché la confusione ai box Mercedes aveva fatto sì che la Racing Point si ritrovasse al comando del Gran Premio, con buone possibilità non solo di riuscire a portare a casa il successo finale, ma anche di conquistare un doppio podio. L’obiettivo, quindi, sarebbe stato quello di costruire immediatamente un margine di sicurezza, che non solo permettesse al messicano di difendersi da un possibile utilizzo dell’ala mobile da parte di Ocon, ma anche di contenere la rimonta delle due W11, le quali sicuramente avrebbero dato spettacolo negli ultimi venti giri rimanenti.
Nonostante le gomme non fossero immediatamente entrare in temperatura, alla ripartenza il pilota di Guadalajara era comunque riuscito a costruire un piccolo ma importante vantaggio di due secondi in meno di due passaggi, mettendosi così immediatamente al riparo da un ritorno di Ocon. Particolarmente interessante era stata anche la scelta del muretto, che non aveva fornito al suo portacolori sin da subito la mappatura più spinta, come avviene generalmente, bensì una leggermente meno aggressiva ma con la possibilità di utilizzare il boost aggiuntivo di potenza sui rettilinei: una mossa pensata probabilmente per non stressare eccessivamente le gomme posteriori in fase di trazione in una fase particolarmente delicata della loro vita. Il passaggio alla modalità più spinta era giunta solo due giri più tardi, quando dai box gli avevano anche comunicato che le coperture erano entrate nella finestra di utilizzo ideale, esortandolo nel continuare a spingere e sfruttare al meglio il pacchetto a sua disposizione fino alla fine, in modo da contenere il ritorno di Russell. Perez ci aveva messo del suo e per una decina di giri era riuscito a mantenere un ritmo impressionante, sempre sotto il 57, l’unico a riuscirci insieme al britannico della Mercedes, che tuttavia poteva contare dalla sua non solo di una monoposto più rapida, ma anche pneumatici più freschi e più competitivi a livello di mescola, due fattori che gli avevano permesso di sbarazzarsi in successione sia di Stroll che di Ocon.
Per quanto, una volta giunto intorno ai due secondi e mezzo, il distacco tra i due si fosse stabilizzato, indubbiamente sarebbe stata una bella sfida comprendere se il messicano ne avesse per riuscire a tenersi alle sue spalle il giovane talento inglese, impresa tanto bella quanto tosta. Una lotta che si era tuttavia conclusa anticipatamente a causa della foratura di uno pneumatico sulla W11 numero 63, che aveva così rispedito Russell in fondo al gruppo e lasciato Perez con un tesoretto di circa otto secondi da gestire sul secondo in classifica, ovvero Ocon. Con poco meno di dieci tornare al termine, l’obiettivo era solo quello di portare la vettura al traguardo, gestendo gli pneumatici posteriori che aveva iniziato a mettere sotto stress per tenere a distanza il pilota della Mercedes, ma senza commettere errori. Ciò lo si poteva notare anche, ad esempio, dalla chicane di curva 7-8, che il messicano aveva iniziato a percorrere in quinta, sacrificando sì la velocità di percorrenza, ma facendo anche in modo che in uscita diminuisse il più possibile il pattinamento al retrotreno. Un compito portato a termine egregiamente, passando sotto alla bandiera a scacchi davanti a tutti e potendo così liberare quel pianto che sognava da tempo, ma giunto nel modo più assurdo. Se una settimana prima Checo era stato costretto a parcheggiare la sua vettura a bordo pista a pochi passaggi dal termine mentre si trovava in zona podio, questa volta nulla lo aveva fermato. Una gara splendida, che sembrava aver preso una via completamente diversa dopo soli pochi metri, quando il contatto con Leclerc lo aveva rispedito in fondo alla classifica. Per quanto la strategia avesse giocato un ruolo fondamentale nella sua vittoria, è importante sottolineare che il messicano ci aveva messo molto del suo, compiendo sorpassi decisivi in momenti chiave della corsa e gestendo al meglio gli pneumatici medi nonostante delle grosse vibrazioni che ne avevano compromesso la stabilità di guida, senza dimenticare che la sua monoposto era rimasta anche leggermente danneggiata dall’incidente iniziale. Nel trionfo di domenica c’è tanto del pilota di Guadalajara, c’è tanto di quei punti di forza che ne hanno contraddistinto la carriera, c’è tanto di un pilota che nel corso degli anni si è dimostrato pronto a sfruttare ogni occasione che gli si era posta davanti. Questa era la gara di Sergio Perez: “Sono senza parole, spero di non sognare. Per tanti anni ho sognato di vivere questo momento. Dieci anni di carriera ed è incredibile. Non so cosa dire. Dopo il primo giro la gara era persa, come lo scorso weekend. Però non ho voluto mollare. Ho rimontato, ho cercato di fare il meglio che potevo. Quest’anno non è stata una stagione fortunata per me, finalmente oggi la ruota è girata. Ho avuto sicuramente grandi meriti, anche se la Mercedes ha avuto problemi alla fine ma oggi abbiamo fatto una figura fantastica”, ha raccontato il messicano.
Altrettanto positiva è stata anche la corsa di Lance Stroll, terzo al traguardo e autore del suo secondo podio stagionale dopo quello conquistato a Monza. Sfortunatamente, al sabato era stato vittima di un problema al fondo che non gli aveva permesso di esprimersi al massimo delle sue potenzialità in Q3, ma a dispetto di ciò il canadese era comunque riuscito a garantirsi un posto in top ten. Nonostante partisse dal lato sporco, Stroll era stato autore di un buon scatto allo spegnimento dei semafori e, anche se ciò non gli aveva comunque permesso di guadagnare alcuna posizione nelle primissime fasi, riuscire ad evitare di finire alle spalle di qualche pilota che prendeva il via sulle medie era un risultato altrettanto importante, che avrebbe aperto nuovi scenari in chiave strategica. L’incidente tra il suo compagno di squadra, Leclerc e Verstappen, oltre ad un largo di Gasly in curva 6, avevano permesso al giovane portacolori della Racing Point di recuperare diverse posizioni in un primo giro particolarmente movimentato, risalendo così al sesto posto in classifica. Da quel momento in poi, i suoi primi venticinque giri di gara non avevano riservato grandi emozioni, essendo bloccato nel gruppo senza avere la possibilità di tentare concretamente un attacco, dato che tutti si fornivano sia la scia che il DRS a vicenda, privandosi così dell’opportunità di avere un delta di velocità sufficiente per riuscire a completare il sorpasso sui lunghi rettilinei di Sakhir. L’aspetto più interessante, tuttavia, ci arriva nel corso del ventesimo passaggio, in cui dai box gli era stato comunicato che l’idea era quella di continuare sul “Plan A”, che poi si rivelerà essere la strategia ad una singola sosta. Partendo sulla soft, chiaramente non sarebbe stata impresa semplice farla durante a lungo, in particolare rimanendo per così tanto tempo nel traffico, e non era una sorpresa che pochi giri più tardi fosse stato lo stesso Stroll a lamentarsi dello stato dei suoi pneumatici posteriori, i quali si stavano iniziando a surriscaldare a causa di tutti i leggeri sovrasterzi di cui era stato protagonista il canadese sia in fase di entrata curva che di trazione. Fattori di cui si era accorto anche il muretto stesso dalle telemetrie, suggerendo al suo pilota alcune modifiche in termini di mappature che lo potessero aiutare ad abbassare le temperature e tornare ad avere un buon feeling con la vettura. Suggerimenti che avevano dato il loro beneficio, così come aveva aiutato il fatto che chi si trovasse davanti a lui fosse rientrato qualche giro prima, lasciando così al pilota di Montréal pista libera e maggiori possibilità di imporre il proprio di ritmo, che in effetti si era abbassato di qualche decimo. Non era un caso che, solamente qualche passaggio più tardi, fosse stato lo stesso Lance ad esclamare via radio che le coperture stessero tornando a funzionare correttamente, esortando il team a proseguire lo stint su una gomma su cui ben pochi avevano scommesso, ma che già la settimana passata, su un layout ben più probante, aveva riservato delle soddisfazioni anche sulla lunga distanza.
Uno dei momenti cruciali della sua gara era giunto nel corso del quarantesimo giro, quando la Renault aveva richiamato ai box Esteban Ocon. Una scelta importante e che indubbiamente ci si poteva aspettare da qualche giro per due motivi: da una parte era chiaro che il team francese volesse proseguire il più a lungo possibile sul set iniziale, in modo da sgravare sul lavoro di quello che avrebbe dovuto essere il secondo treno di gomme utilizzato in giornata, ma dall’altra non si poteva neanche attendere all’infinito, perché alle loro spalle non solo i piloti che si trovavano sua una strategia a due soste stavano spingendo in modo evidente, ma anche in quanto la finestra su Lando Norris si stava assottigliano passaggio dopo passaggio ed uscirgli davanti sarebbe stato fondamentale per tentare un undercut su Stroll. Avendo compreso il piano della squadra rivale, anche la Racing Point si era cautelata, richiamando nel giro immediatamente successivo il suo pilota e mettendolo su coperture a banda gialla, le quali sarebbero state più semplici da mandare in temperatura. Nonostante fosse uscito davanti, proprio quel passaggio in più aveva dato modo al francese di riscaldare più efficacemente i suoi pneumatici, tanto è vero che quest’ultimo era riuscito a costruirsi il sorpasso non tanto in curva quattro, bensì nella fase di trazione in uscita di curva uno, dove il canadese era stato protagonista di un grosso sovrasterzo che non gli aveva permesso di difendersi al meglio. Ocon ci aveva comunque messo del suo, affiancandosi in staccata di curva quattro e sopravanzandolo definitivamente all’esterno con una bellissima manovra, che gli aveva garantito l’opportunità di tornare a pista libera ed imporre il proprio passo. Ciò nonostante, Lance non si era dato per vinto, cercando immediatamente di riportarsi negli scarichi dell’avversario e di restituirgli il favore il più in fretta possibile. Anche l’utilizzo del DRS e dell’overtake, tuttavia, non avevano dato gli effetti sperati, in quanto era sì vero che Stroll riuscisse ad avvicinarsi in maniera importante alla fine dei rettilinei, ma il tempo perso nel settore centrale non dava modo di essere abbastanza vicino quando sarebbe stato necessario, non potendo così completare la manovra. Un altro fattore da tenere a mente era il fatto che alle loro spalle anche Perez stesse diminuendo il distacco, diventando così una minaccia sempre più concreta. Proprio nel tentativo di difendersi dal compagno di squadra, il canadese aveva commesso un errore in curva quattro, ritornando sulla linea ideale solo all’ultimo secondo e frenando in maniera ritardata, rendendo difficile evitare il bloccaggio e il conseguente lungo, che aveva dato così l’opportunità al messicano di approfittarne e sopravanzarlo.
A cambiare le prospettive era stato l’ingresso della Safety Car, la quale aveva ricompattato il gruppo, mettendolo così a rischio nei confronti di quei piloti che avevano puntato sulle due soste e su cui, fino al sessantesimo giro, poteva disporre di un vantaggio di quasi quattordici secondi. La ripartenza sarebbe stato uno dei momenti chiave della sua gara, in cui evitare di perdere terreno e venire risucchiato dal gruppo sarebbe stato fondamentale, soprattutto tenendo a mente che quando la vettura di sicurezza avrebbero spento le luci, alle sue spalle ci sarebbero state le due Mercedes. Proprio in questa fase, tuttavia, vi era stata un’incertezza, un errore che avrebbe potuto compromettere il buon lavoro fatto fino a quel momento: nel tentativo di scaldare le gomme ad alta velocità, Stroll aveva preso un minimo di spazio da coloro che aveva davanti a sé e, nel momento in cui si era ricongiunto al gruppo, era arrivato al bloccaggio dell’anteriore destra, mettendo a rischio la salute della gomma, così come aveva fatto Perez ad inizio Gran Premio.
Un altro aspetto altrettanto importante era il fatto che l’ingegnere di pista del canadese gli avesse comunicato un cambio di mappatura proprio all’ultimo secondo e, per agire sul volante, Lance aveva perso quell’attimo fondamentale per riuscire a rimanere attaccato ad Ocon e sfruttare la scia per tentare un attacco alla staccata di curva uno. Fortunatamente, anche utilizzano i boost di energia aggiuntivi, Lance era comunque riuscito a difendersi e a mantenere la sua terza posizione, anche se rimanerci fino alla bandiera a scacchi non sarebbe stato semplice, dato che oltretutto nelle prime fasi dopo la ripartenza il pilota di Montréal aveva accusato un grosso sottosterzo, dovuto al fatto che gli pneumatici non fossero ancora entrati in temperatura. Ciò aveva facilitato non poco il lavoro di Russell, che aveva così fatto un altro passo in avanti nella sua rimonta puntando Ocon e Perez: anche se Lance aveva perso virtualmente il podio, chiaramente non era un dramma, dato che riuscire a mantenere alle proprie spalle le Mercedes non sarebbe stata impresa semplice. Il sorpasso di Sainz ai danni di Bottas, autore di un errore in curva quattro, aveva dato un po’ di fiato al portacolori della Racing Point che, complice la foratura di uno pneumatico sulla W11 del britannico, era così potuto tornare a sognare una posizione tra i primi tre, conquistata alla bandiera a scacchi nonostante i tentativi sul finale da parte dello spagnolo della McLaren: “ara fantastica per il team. Solo leggermente nervoso perché avrei potuto vincere la gara. C’è stato un problema al pit stop e Ocon mi ha superato proprio in quel momento. Pensavo di avere il passo, visto anche quello che ha fatto Sergio, ma non sono riuscito a superarlo anche se sono contento per la squadra. È un risultato incredibile. Ne avevamo bisogno per questo campionato”, ha poi commentato il numero 18.
Un doppio risultato particolarmente importante per il team anglo-canadese, che è così riuscito a conquistare punti importanti e a riprendersi la terza posizione nel mondiale costruttori, il che oltre all’aspetto economico, darebbe un certo prestigio alla squadra per quella che sarebbe la sua prossima avventura sotto i colori dell’Aston Martin. Tutto si giocherà nell’ultimo appuntamento, quello di Abu Dhabi.
Mercedes: anche i migliori sbagliano
Dopo la vittoria della settimana passata e la forza mostrata nel corso della stagione, la Mercedes non poteva non presentarsi al penultimo appuntamento del mondiale come la grande favorita, conscia di avere dalla sua una vettura che si è dimostrata estremamente rapida su tutte le tipologie di tracciati. Durante le prove libere, il team aveva provato differenti configurazioni, sia in termini di set-up, che di soluzioni per massimizzare il raffreddamento della monoposto, testando due diversi cofani motori.
In qualifica, l’intera prima fila conquistata aveva posto una buona base per la corsa, ma a sorprendere era stato soprattutto il secondo posto di George Russell, a soli ventisei millesimi dalla pole position. Per quanto il britannico sia sempre dimostrato particolarmente competitivo sul giro secco e per quanto il tracciato di Sakhir permettesse agli esordienti di adattarsi più rapidamente, in pochi si sarebbero aspettati un distacco così ridotto tra i due portacolori della Mercedes, soprattutto tenendo a mente le sue difficoltà nell’adattamento alla vettura, dalla posizione nell’abitacolo fino all’impossibilità di premere in un certo modo il pedale del freno. Alla spegnimento dei semafori, nonostante scattasse dal lato sporco della griglia, che una settimana prima aveva messo in difficoltà diversi piloti, Russell era riuscito ad essere subito molto incisivo, segnando un buon tempo di reazione e sopravanzando il suo compagno di squadra, il quale dalla prima casella aveva accusato un leggero pattinamento nel passaggio tra la seconda e la terza marcia.
L’entrata della vettura di sicurezza aveva neutralizzato momentaneamente la corsa e tutta la poca esperienza del giovane britannico nelle procedure del team la si poteva vedere proprio in questa fasi, in quanto George continuava a chiedere continui feedback in merito a come comportarsi e quali azioni seguire e come sfruttare il DAS, una vera novità per lui. Proprio durante queste tornate era giunta anche una comunicazione strana e piuttosto inusuale all’orecchio dell’inglese, quel “HPP default 35” di cui non era semplice comprendere le ragioni. Generalmente, le mappature di “HPP Default” in casa Mercedes tendono ad indicare quelle situazioni per cui è necessario intervenire sui sensori o eventuali allarmi, in modo da attivarli o disattivarli all’occorrenza. Una richiesta che tendenzialmente si sente con una certa rarità, ma in questo caso nascondeva un problema più serio, di cui ha dato un dietro le quinte James Allison, direttore tecnico del team: “Nel giro per schierarsi in griglia, avevamo visto che uno dei sensori nei sistemi di scarico della vettura aveva iniziato a soffrire di un comportamento discontinuo. Questa poca costanza nel segnale, che è importante per far lavorare la Power Unit nel modo ideale, stava iniziando a creare fluttuazioni in termini di potenza. Normalmente, quando uno di questi sensori inizia a comportarsi in modo discontinuo, generalmente diciamo semplicemente alla vettura di non prestare attenzione a quel determinato sensore, optando per una strategia di riserva, che non sarà così potente come quella principale, ma che sicuramente sarà più affidabile. Questo è ciò che abbiamo fatto ad inizio gara. Il problema è che portando a termine quell’azione, spegnendo e ignorando quel sensore, c’era stato un altro effetto, ovvero che la macchina ignorasse anche un altro sensore. Ignorando entrambi i sensori vi era un altro problema, ovvero che il secondo sensore era quello che la FIA utilizza per monitorare la legalità della vettura, in particolare la gestione della parte elettrica ERS durante il giro. Per quanto la FIA potesse comprendere quanto stava accedendo, avrebbero preferito che questo secondo sensore continuasse a funzionare e fare il suo lavoro”, ha raccontato l’inglese nel classifico debrief Mercedes. Insomma, il muretto aveva fatto sì che la vettura potesse comunque funzionare, facendo perno su una soluzione alternativa, non così performante come quella originaria, ma comunque piuttosto affidabile, che gli permettesse di portare la monoposto al traguardo in scioltezza. Un problema di cui tenere conto, perché in realtà si ripresenterà in un momento successivo della gara.
Alla ripartenza, l’inglese era stato molto scaltro, sacrificando la percorrenza di curva undici per massimizzare l’uscita e la successiva velocità massima rettilineo, in modo che le chance di Bottas di prendere la testa della corsa si riducessero. Un piano che aveva dato i suoi frutti e che aveva permesso a Russell di rimanere davanti a tutti, pronto ad imporre il suo ritmo e tentare una fuga, portando rapidamente il suo vantaggio intorno ai due secondi. Nonostante un leggero sottosterzo in curva quattro, le impressioni del giovane portacolori della Mercedes erano tutto sommato positive e la sua preoccupazione principale era quella di ricevere continue indicazioni da parte del muretto per comprendere come muoversi e quando introdurre il lift and coast, in modo da essere più gentile sia sulle gomme che con il consumo di carburante. Ciò che era parso chiaro, infatti, era che con l’uscita di Verstappen nel corso del primo giro, la squadra tedesca avesse avuto dalla sua la possibilità di amministrare con maggior tranquillità la corsa, passando da una ipotetica strategia a due soste ad una che prevedeva un singolo pit-stop, in modo da ridurre il più possibile l’eventualità di incontrare traffico durante il Gran Premio. Una possibilità confermata anche dal fatto che, secondo i dati acquisiti in real time, il degrado fosse minore di quanto preventivato, rendendo così fattibile il cambio di tattica anche durante la gara. Nel corso del diciottesimo passaggio, tuttavia, un’altra comunicazione radio aveva catturato l’attenzione, quel “HPP default 35 off”, molto simile a quella che si era sentita ad inizio gara, ma che in questa occasione andava essenzialmente ad annullare l’azione precedente: “In un secondo momento della corsa, tuttavia, quel primo sensore che inizialmente aveva un comportamento discontinuo, semplicemente aveva smesso di funzionare da solo, e a quel punto non avevamo bisogno di dire alla vettura di ignorarlo” – ha spiegato sempre James Allison -. “A quel punto il nostro interesse era riportate tutto allo stato normale, perché il primo sensore non avrebbe dato segnale, facendo però funzionare il secondo sensore. Per un certo periodo di tempo, la vettura non aveva avuto problemi, non stava facendo più affidamento sul sensore non funzionante e il secondo stava dando le informazioni necessarie alla FIA”, ha poi aggiunto il tecnico. Il problema, quindi, sembrava essersi risolto autonomamente e per circa una ventina di giri, Russell aveva amministrato alla grande la situazione, imponendo il suo passo e gestendo al meglio gli pneumatici in attesa che arrivasse dalla squadra l’ordine di iniziare a spingere ed incrementare il proprio vantaggio su Bottas. Un messaggio giunto intorno al trentottesimo passaggio, in parte proprio per permettere a George di aumentare il gap sul compagno di squadra, dall’altra per liberarsi del traffico che il britannico si sarebbe trovato nella pit window nel caso si fosse fermato in quel momento. Grazie a questo incremento di passo, nel momento della sosta il numero 63 era riuscito a portare il suo vantaggio sul finlandese intorno ai tre secondi, avendo così un margine di sicurezza su cui agire in caso di necessità. Una necessità che in realtà si era ripresentata subito dopo il pit-stop, quando quel sensore difettoso aveva iniziato misteriosamente a riprendere a funzionare, dando valori di potenza errati che lo stesso Russell aveva potuto avvertire intervenendo via radio: “Dopo il pit stop, il sensore che pensavamo essere morto aveva iniziato nuovamente a funzionare. A quel punto aveva iniziato a dare nuovamente dei valori errati facendo fluttuare la potenza, motivo per il quale vi era la necessità di spegnerlo nuovamente per una seconda volta e portare nuovamente alla luce il problema che avevamo con il secondo sensore che avevamo ad inizio gara. Tutto ciò è stato un problema da gestire, sia per il team nel garage che per George, che è dovuto intervenire più volte sul volante per impostare le mappature corrette”, ha concluso Allison, sottolineando come il problema fosse stato effettivamente risolto in pochissimi secondi, comunicando un comando simile a quello di inizio gara. Per quanto, quindi, la monoposto non stesse girando nelle condizioni ideali, arrivare fino al traguardo non avrebbe dovuto essere un problema, avendo un piano alternativo.
Nonostante tutte le varie disavventure, sfruttando un pit-stop ritardato da parte di Bottas, Russell era riuscito a portare il suo vantaggio sul compagno di squadra a quasi otto secondi. Un buon margine da amministrare, che, però, sarebbe stato solo l’inizio di una seconda parte di gara particolarmente travagliata, sin dal cinquantunesimo passaggio il britannico aveva nuovamente riportato alcuni problemi alla Power Unit, in questo caso di de-rating, ovvero quando la parte elettrica in fondo ai rettilinei non riesce più a fornire il supporto necessario. Da questo punto di vista, il team aveva subito cercando di tranquillizzare il pilota, assicurando che la potenza fosse nella norma e che non si trattasse di nulla di particolarmente allarmante: difficile comprendere se si trattasse solamente di un problema momentaneo alla centralina, così come avvenuto anche per altri piloti, o se avesse a che fare con il secondo sensore, che in effetti in questa posizione avrebbe potuto creare dei valori sballati, così come spigato da Allison. Al netto delle varie ipotesi, ciò che contava davvero era che il team avesse assicurato che non vi fossero particolari problemi e che i valori di potenza fossero tornati sui livelli standard, tanto che effettivamente Russell era stato in grado di mantenere in modo stabile il proprio vantaggio sul compagno di squadra, prima che questo calasse improvvisamente durante la Virtual Safety Car. Ad incidere, tuttavia, non era stata tanta la Virtual Safety Car stessa, quanto una sua conseguenza. Nella fase di neutralizzazione, infatti, i piloti devono rispettare un delta minimo imposto dalla Federazione rispetto ad un tempo di riferimento, che generalmente è il 20% più lento di quello che sarebbe un normale giro di gara. Al fine di evitare di perdere il minor tempo possibile, coloro che sono in pista tenendo a rimanere il più vicino possibile allo zero, esattamente come aveva fatto lo stesso Russell: come possiamo notare dalle immagini, infatti, al termine del periodo di neutralizzazione sul dash del volante della monoposto numero 63 vi era segnato un delta di “+0.34”, a dimostrazione che il britannico aveva fatto quanto possibile per rispettare il regolamento ma anche per perdere il minor tempo possibile. Ciò che non poteva prevedere, tuttavia, è che la Virtual Safety Car si sarebbe conclusa quando si trovava circa a metà del lungo rettilineo, dovendo così ripartire da una velocità ridotta in un tratto in cui, in una situazione di gara normale, le stesse sarebbero state molto più elevate. Proprio grazie a questa particolarità, Bottas era riuscito a recuperare quasi ben tre secondi, riportandosi ad un distacco molto più contenuto rispetto a quello che si era visto precedentemente.
Vedendo crescere le sue opportunità di poter tornare all’attacco prima della conclusione della corsa, Valtteri aveva schiacciato il piede sull’acceleratore, incrementando il passo e iniziando a rosicchiare decimi su decimi nei confronti del compagno di squadra. Un cambio di ritmo che in realtà non sembrava preoccupare più di tanto l’altro lato dei box, il quale era subito intervenuto via radio chiedendo al proprio pilota di migliorare anch’egli i propri tempi, il minimo indispensabile per riuscire a pareggiare quelli del finlandese. Sfortunatamente, quello che avrebbe avuto il potenziale per essere un bel duello era stato interrotto dall’ingresso della Safety Car, dovuta all’incidente di Jack Aitken sul rettilineo principale, lasciando Mercedes davanti ad un interrogativo: sfruttare la situazione per montare un nuovo set di pneumatici, oppure rimanere fuori? La scelta del team era ricaduta sulla prima opzione, richiamando così entrambi ai piloti per quello che avrebbe dovuto essere l’ultimo pit-stop della giornata. Ciò che nessuno poteva sapere, però, era che proprio in quei pochi attimi di concitazione la loro corsa sarebbe cambiata radicalmente, prendendo una direzione completamente diversa. Giunto sulla piazzola, infatti, vi erano due meccanici aggiuntivi nella zona anteriore, pronti con quelle che avrebbero dovuto essere le gomme da montare sulla monoposto di Bottas, ma che invece erano state erroneamente assegnate a Russell. Essendosi accorti dell’errore solo in un secondo momento, nel giro successivo il team era stato costretto a richiamare ancora una volta il proprio pilota, montandogli in questo caso le coperture corrette e rispendendolo in pista con un duro lavoro da portare a termine, ovvero rimontare dalla quinta posizione e puntare alla vittoria. Ma cosa era andato storto in quei pochi secondi? Essenzialmente, come spiegato dalla stessa Mercedes, tutto ha a che fare con il metodo di funzionamento della radio all’interno del team, che generalmente lavorano su canali separati in modo che le conversazioni avvengano solo tra le persone preposte. Sfortunatamente, tuttavia, proprio nel momento in cui il direttore sportivo stava dando comunicazione ai meccanici in merito a quali pneumatici montare, un messaggio radio da parte di Russell verso il muretto aveva involontariamente sovrastato quelle che avrebbero dovuto essere le informazioni da dare alla pit crew, facendo sì che una parte del personale non avesse ricevuto le notizie corrette. Un semplice errore di comunicazione, difficile da prevedere e molto raro, ma che aveva completamente mandato in tilt il team di Stoccarda.
Con ancora una ventina di giri a disposizione, la sfida si faceva tutta in salita, ma dalla sua George poteva avere non solo il fortuna di avere la vettura più forte in pista, ma anche il vantaggio di avere gomme più fresche e performanti rispetto a quella della concorrenza. Per riuscire a centrare il successo, tuttavia, sarebbe stato fondamentale riuscire a superare il più rapidamente possibile coloro che si trovavano davanti a lui, in modo da non lasciare a Perez l’opportunità di accumulare un tesoretto con cui avrebbe potuto amministrare gli ultimi giri. Sotto questo aspetto, vi era ben poco che si potesse rimproverare all’inglese in quanto, complice anche un errore del suo compagno di casacca in curva quattro, Russell era riuscito ad infilarli uno dopo l’altro, fino a riportarsi piuttosto rapidamente in seconda posizione, mettendo nel proprio mirino il messicano della Racing Point. Il distacco diminuiva, ma non così rapidamente come ci si poteva aspettare, ma abbastanza da pensare che prima della bandiera a scacchi George sarebbe riuscito quantomeno a portarsi in una situazione tale per cui tentare l’attacco. Dopo una brutta botta di sfortuna, tutto sembrava procedere nella direzione giusta, ma a cambiare ancora una volta le carte in tavola era stata una foratura alla gomma posteriore sinistra, che aveva così costretto il britannico a rinunciare ai suoi sogni di gloria e a rientrare ai box per un’ulteriore sosta. Con i punti come solo obiettivo alla portata, George non si era dato per vinto e, sfruttando la gomma soft, aveva dato nuovamente il via alla sua seconda rimonta di giornata, cacciando le prede l’una dopo l’altra, fino a riportarsi in nona posizione. Un risultato che, per quanto gli avesse garantito i primi punti in carriera, non poteva lasciare la sensazione di amaro in bocca, per una vittoria alla portata ma sfuggita solo per fattori esterni.
Il grande sconfitto dell’appartamento di Sakhir in un certo senso non può non essere Valtteri Bottas, solamente ottavo sul traguardo, ma autore di una prestazione in cui ha faticato a mantenere il passo del compagno di squadra nei momenti chiave. La pole position conquista al sabato indubbiamente aveva posto le basi per quella che avrebbe dovuto essere la sua domenica, perché senza Lewis Hamilton, costretto a guardare la corsa da una camera d’albergo, il finlandese non poteva non vincere e convincere. Invece, dopo solo pochi metri dallo spegnimento dei semafori, tutto aveva iniziato a prendere una brutta piega, perché dopo un pattinamento eccessivo tra la seconda e la terza marcia, Valtteri aveva perso la testa della corsa e con ciò la possibilità di imporre il proprio ritmo. Questa era proprio una di quelle corse in cui, molto probabilmente, chi era davanti alla fine del primo giro sarebbe riuscito a passare sul traguardo davanti a tutti, ovviamente al netto di vari episodi di gara, e Bottas aveva appena perso l’opportunità di gestirla a piacimento. Non era più preda, bensì cacciatore.
Durante il primo stint, il numero 77 non aveva impressionato in termini di passo, arrivando ad accusare anche un gap di tre secondi nel momento in cui il suo compagno di squadra si sarebbe fermato per la sua prima sosta. Per Valtteri quello era il momento di agire, di spingere e lasciare il segno, in modo da avere una possibilità a fine gara di riavvicinarsi al battistrada e tentare un attacco. Complici le difficoltà incontrate da Russell, dopo il suo pit stop Bottas aveva incrementato il proprio ritmo, cercando di tenere viva quella speranza di rimonta. A dire il vero, tuttavia, Valtteri non era riuscito a chiudere in maniera importante, mantenendo un gap pressoché costante. Solamente l’entrata in gioco della vettura di sicurezza virtuale aveva permesso di ridurre il distacco, ma più per una particolarità della stessa che per meriti del finlandese. Solamente qualche giro più tardi, tuttavia, sarebbe arrivato l’episodio che avrebbe cambiato la sua corsa. Nel tentativo di sfruttare l’entrata della Safety Car per avere un pit stop essenzialmente “libero”, la Mercedes aveva richiamato ai box entrambi i propri piloti, optando per montare un treno di gomme medie. Purtroppo, a causa delle motivazioni espresse in precedenza, durante la sosta di Russell erano state montate all’anteriore quelle che avrebbero dovuto essere gli pneumatici da calzare sulla vettura di Valtteri, motivo per il quale all’atto pratico Bottas era rimasto senza gomme. Tra l’alternativa di dover montare un nuovo set di coperture soft (tenendo a conto dell’eventuale tempo perso nella preparazione) e quella di rimontare i vecchi pneumatici, il team aveva optato per quest’ultima opzione, rispondo così il proprio numero 77 in quarta posizione. Data la differenza di compound e vita del pneumatico vi sarebbe stato poco da fare per arginare Russell, ma anche per una questione d’orgoglio Valtteri non poteva arrendersi senza lottare. Sfortunatamente, nel tentativo di attaccare Lance Stroll alla ripartenza, Bottas era arrivato al bloccaggio della gomma anteriore destra, lasciando così l’opportunità al compagno di squadra si sfilarlo con una certa facilità in curva sette. Poche tornate più tardi, si era ripetuto lo stesso errore, ma questa volta le conseguenze erano state ben più importanti, dato che aveva perso la posizione sia su Sainz che su Ricciardo e Kvyat. Un duro colpo per il finlandese, che così sul traguardo non era riuscito a rimontare, dovendosi accontentare di un amaro ottavo posto.
Renault: un altro podio
Il settimo e nono posto della scorsa settimana non aveva lasciato di certo soddisfatti i piloti Renault, i quali nelle interviste pre-weekend di Sakhir avevano sottolineato come nel primo appuntamento di Bahrain le prestazioni mostrate in pista fossero state al di sotto delle aspettative. Su una pista differente, che sembrava ben più adatta alle caratteristiche della R.S.20, la quale si è sempre ben comportata sui tracciati veloci, il team francese cercava il riscatto. Anche le qualifiche, tuttavia, non avevano riservato grandi soddisfazioni, da una parte perché Daniel Ricciardo stesso non si era detto entusiasta dei suoi tentativi nell’ultima manche, dall’altra perché Esteban Ocon non era riuscito a superare il taglio della Q2, anche se ciò gli avrebbe dato l’opportunità di scegliere la mescola con cui prendere il via del Gran Premio.
Alla partenza, l’australiano era stato abile nello spunto, riuscendo così a superare rapidamente Daniil Kvyat, il quale dalla parte sporca della griglia non era stato autore di un grande scatto. Una buona uscita da curva uno aveva permesso a Ricciardo di portarsi in una posizione tale in cui per lui sarebbe stato possibile difendersi da coloro che aveva alle spalle, ma ciò che chiaramente Daniel non poteva aspettarsi era il fatto che Leclerc arrivasse al contatto con Perez e, al fine di evitarli, il portacolori della Renault era stato costretto ad alzare il piede e lasciar sfilare Carlos Sainz Jr., il quale dopo aver visto uno spazio all’interno non si era lasciato sfuggire l’opportunità di recuperare una posizione e poter così salire al terzo posto. Un problema non da poco per Ricciardo, che così in pochi metri si era visto dalla possibilità di poter essere in testa al proprio gruppo a dover nuovamente inseguire, dall’essere preda al diventare cacciatore, soprattutto tenendo a mente che la sua strategia era quella di effettuare due soste, per cui sarebbe stato importante imporre un ritmo importante fin dai primissimi giri.
Sfortunatamente per lui, c’era poco che Daniel potesse fare a quel punto, rimanendo in una sorta di situazione di stallo: troppo difficile riuscire a sopravanzare Sainz, il quale si era anche costruito un piccolo vantaggio che continuava ad oscillare tra i due e i tre secondi, ma abbastanza rapido per riuscire a mantenere alle proprie spalle i suoi rivali più diretti, come le due AlphaTauri e Lance Stroll. Proprio il pit stop anticipato da parte di una delle due vetture di Faenza aveva fatto sì che nel momento della prima sosta, Ricciardo perdesse la posizione su Kvyat, dovendo così rimanere ancora una volta imbottigliato nel traffico e nel trenino del DRS che si era venuto a creare e da cui era difficile uscire, rimanendogli alle spalle per l’intero secondo stint. Solo la sosta del russo nel corso del cinquantatreesimo passaggio aveva dato al numero 3 la possibilità di respirare e aumentare il proprio ritmo, che in effetti era sceso di paio di decimi. A cambiare le carte in tavola era stata la Virtual Safety Car, che aveva dato l’opportunità a diverse vetture di fermarsi e risparmiare così diversi secondi su quello che sarebbe stato il normale tempo del pit-stop: una chance che, tuttavia, non aveva potuto sfruttare la Renault, dato che il periodo di neutralizzazione si era concluso solamente pochi metri prima dell’ingresso della pit lane. Osservando i riferimenti del timing, tuttavia, è possibile immaginare come il dubbio che si potesse essere instaurato nella mente dei tecnici Renault fosse quello che nel momento in cui sarebbe stata esposta la bandiera verde, per loro sarebbe stato più complicato riuscire a ritornare sul passo precedente rispetto, ad esempio, a Kvyat, il quale con gomme nuove, anche se dure, magari sarebbe riuscito a portare in temperatura più rapidamente, chiudendo così la finestra. Avendo quindi l’opportunità di sopravanzarlo, anche se il periodo di neutralizzazione si era già concluso, gli strateghi Renault avevano comunque deciso di richiamare Ricciardo, riuscendo a completare a tutti gli effetti quello che era un overcut, anche se ciò chiaramente gli avrebbe fatto perdere la posizione contro coloro che si trovavano su una tattica a singola sosta. Nemmeno l’entrata della Safety Car aveva cambiato più di tanto le cose, perché è pur vero che aveva dato l’opportunità di riavvicinarsi al gruppo, d’altro canto aveva fatto sì che coloro che si era fermati precedentemente potessero risparmiare gomma, evitando di andare in crisi sul finale, senza contare che una volta che si fosse formato nuovamente il trenino del DRS e delle scie, sarebbe stato quasi impossibile riuscire a completare dei sorpassi. L’unico sussulto era stato proprio l’attacco ai danni di Valtteri Bottas, in grossa difficoltà sul finale di gara e suo malgrado protagonista di diversi errori. Una gara che l’australiano ha commentato così: “Risultato straordinario per la squadra, complimenti a Esteban per il suo primo podio in carriera, è stata una grande gara per lui e la sua parte di box. Io sono un po’ deluso, perché avremmo potuto fare meglio del quinto posto. La mia partenza è stata buona, ero contento e sentivo che avrei potuto prendere il quarto posto dopo il primo giro. Abbiamo fatto la sosta e ho perso tempo dietro Kvyat, dopodiché siamo riusciti a rimontare dopo il secondo pit-stop ma non potevo fare molto di più, essendo in coda ad un treno con piloti sempre col DRS. Ci proveremo di nuovo la prossima settimana così da terminare la stagione alla grande”, ha dichiarato Ricciardo.
Molto più interessante è stata la corsa di Esteban Ocon, il quale, al contrario del suo compagno di squadra, si trovava su una strategia che prevedeva un solo pit-stop. Alla partenza il francese non era stato autore di uno scatto bruciante, ma quantomeno era riuscito a non perdere posizioni, il che si sarebbe potuto considerare un disastro sulla lunga distanza, dato che sulla griglia il portacolori della Renault era il primo aver pensato la sua gara su quella specifica tattica. L’entrata della vettura di sicurezza aveva neutralizzato la situazione, dando così l’opportunità di riprovare un attacco all’esposizione della bandiera verde, ma in realtà la sua ripartenza non era stata delle migliori, dato un grosso sovrasterzo in uscita di curva uno che gli aveva fatto perdere contatto con il gruppo. Il retrotreno ballerino si era rivelato essere un problema non indifferente e proprio un altro piccolo errorino in frenata aveva fatto sì che per Esteban fosse difficile rimanere agganciato a chi si trovava davanti, tanto che lo stesso muretto box aveva più volte ripetuto al suo giovane alfiere di stare attenuto al pattinamento del posteriore, sia in ingresso curva che in fase di trazione.
Al di là delle difficoltà iniziali, Ocon era comunque riuscito non solo a richiudere il distacco dal gruppo davanti a sé, che era bloccato in una sorta di trenino di scie e DRS, ma aveva anche incrementato il suo vantaggio su Norris, portandolo fino a circa tre secondi. Un gap importante, utile soprattutto tenendo a mente che l’obiettivo principale del transalpino non era tanto quello di attaccare, piuttosto quello di amministrare e gestire gli pneumatici nel miglior modo possibile, perché sarebbe stata la strategia a dover fare la differenza permettendogli di recuperare posizioni. Sotto questo aspetto si era potuto vedere un assaggio nel momento in cui le due AlphaTauri erano ritornare ai box, lasciando così spazio libero al francese, che infatti aveva abbassato i propri tempi di qualche decimo, iniziando a girare intorno al 58 e mezzo: un passo di assoluto rispetto, nonostante fosse comunque arrivato troppo tardi, perché nei giri precedenti Perez era stato in grado di rimontare dal fondo e riportarsi negli scarichi della R.S.20 numero 31, pronto per attaccare. Esteban si trovava quindi stretto a sandwich tra le due Racing Point: davanti a sé aveva Stroll, mentre alle sue spalle aveva il messicano, per cui riuscire a comprendere quale sarebbe stato il momento ideale per fermarsi sarebbe stato essenziale. Da una parte, in termini tattici era importante proseguire su questa via, in modo da allungare il più possibile il primo stint di gara, ma dall’altra era fondamentale anche tenere sott’occhio la finestra su Lando Norris, che stava rimpicciolendo passaggio dopo passaggio, in modo da poter tentare anche un undercut proprio sul canadese della Racing Point. Sotto questo aspetto, non era giunta come una sorpresa il fatto che Renault avesse chiesto via radio al proprio portacolori di mettere pressione su chi aveva davanti a sé, come non lo era nemmeno che il team lo avesse richiamato ai box all’ultimo momento utile, alla fine della quarantunesima tornata. Una scelta che aveva dato i propri frutti in quanto, nonostante l’undercut non avesse del tutto funzionato, la decisione di fermarsi un giro prima rispetto ai propri avversari aveva dato modo ad Esteban di scaldare meglio le proprie coperture, rendendo così più semplice il sorpasso su Stroll, il quale era avvenuto solamente due giri più tardi grazie ad una bella preparazione ed un’ottima manovra all’esterno di curva quattro.
Nonostante un momentaneo leggero calo di potenza, dovuto più ad alcune scelte da parte della centralina in merito all’erogazione che ad un problema hadware, tanto che lo stesso muretto aveva rassicurato Ocon suggerendo che il problema si sarebbe risolto autonomamente, il francese era riuscito a resistere al ritorno di Lance, difendendosi sui lunghi rettilinei grazie quando riusciva a guadagnare nel settore centrale. Tuttavia, nulla aveva potuto per contenere gli attacchi di Perez, che con un bell’incrocio in uscita di curva uno era riuscito a sopravanzarlo e a recuperare un’altra posizione nella sua rimonta. La differenza di passo tra i due era evidente e dopo pochi passaggi il messicano era già riuscito a guadagnare un margine di sicurezza, che aveva così privato il transalpino dell’opportunità si sfruttarne a pieno la scia e il DRS.
L’entrata della Safety Car aveva cambiato anche in questo caso le carte in tavola, permettendo ad Ocon di salire al secondo posto grazie alle disavventure delle due Mercedes, che alla ripartenza sarebbero state ansiose di recuperare il terreno perso nel più breve tempo possibile. Nonostante all’esposizione della bandiera verde Perez era riuscito immediatamente a prendere nuovamente un minimo vantaggio, un errore da parte di Stroll aveva permesso ad Esteban di avere un margine di sicurezza, che gli sarebbe stato presto portato via dalla rimonta di Russell, che nello spazio di pochi giri era riuscito a riprendersi già una buona parte di ciò che aveva perso con quel pit stop aggiuntivo. Chiaramente, immaginare di riuscire a tenersi alle spalle una Mercedes, che oltretutto aveva anche un vantaggio a livello di mescola, sembrava un ipotesi poco realistica, ma non lo era del tutto per quanto riguardava Bottas, che alla ripartenza non era poi sembrato così incisivo e che aveva denotato grosse difficoltà in mezzo al gruppo. Secondo gli ingegneri della Renault, proprio il finlandese in quarta posizione rappresentava il pericolo maggiore e non era un caso che gli strateghi del team transalpino avessero chiesto ad Ocon di mantenere il proprio vantaggio su Stroll stabile intorno al secondo e mezzo, in modo che quest’ultimo potesse godere un minimo della scia e mantenere il pilota della Mercedes alle sue spalle, diminuendo così le chance che si potesse rivelare una minaccia sul finale. Nonostante un assalto negli ultimi giri da parte di Stroll, il pilota di Évreux non aveva denotato grosse difficoltà nel riuscire a mantenerlo alle proprie spalle, conquistando così una meritata seconda posizione che andava a certificare i suoi progressi nella seconda metà di campionato, non solo in qualifica, ma soprattutto in gara, dove in diverse occasioni si è rivelato essere un osso duro anche per un talento come quello di Ricciardo: “Che gara! Ce l’abbiamo fatta, siamo sul podio! E’ una sensazione fantastica. Ho provato delle emozioni incredibili quando ho tagliato il traguardo. Ho pianto, sono orgoglioso di dirlo! Quel momento lo ricorderò per sempre. Il team è stato grandioso per tutta la gara, avevo un buon ritmo e mi sono divertito effettuando alcuni sorpassi. E’ stata una stagione difficile ma abbiamo sempre creduto in noi stessi e questa è una grande ricompensa, che sensazione straordinaria. Continuavo a credere che prima o poi sarebbe successo. Siamo stati in grado di fare enormi progressi, e la prossima settimana vogliamo concludere la stagione nel miglior modo possibile”, ha raccontato Ocon.
McLaren: occasione mancata
Il buon risultato conquistato nel primo weekend in Bahrain aveva senza dubbio lasciato sensazioni positive in casa McLaren, che aveva visto così avvicinarsi la possibilità di poter portare a casa il terzo posto nel mondiale costruttori e i relativi premi in denaro. Sin dal venerdì, tuttavia, il feeling con la monoposto non era lo stesso che si era potuto osservare nel fine settimana precedente, soprattutto a causa di una vettura che non sembrava del tutto convincente sotto l’aspetto del bilanciamento, nonostante le varie prove effettuate in termini di set-up. Al sabato la situazione sembrava essere leggermente migliorata e l’ottavo posto di Carlos Sainz Jr. in griglia ne era la dimostrazione, nonostante, al contrario, Lando Norris fosse stato protagonista di una brutta sessione, dovendosi accontentare solamente di un quindicesimo posto anche per via di un errore strategico da parte del muretto nel momento d’uscita. Una ulteriore penalità prima della corsa in seguito alla sostituzione di alcuni elementi sulla sua Power Unit non aveva fatto altro che peggiorare la situazione, costringendolo così a dover prendere il via della corsa dall’ultima fila.
Lo scatto allo spegnimento dei semafori dello spagnolo non era stato dei migliori, ma l’aver trovato un buono spazio in curva uno gli aveva dato l’opportunità si sopravanzare Kvyat, in una manovra non particolarmente differente da quella della settimana precedente. L’incidente tra Perez, Verstappen e Leclerc, unito al lungo di Ricciardo per evitare un contatto, aveva fatto sì che Sainz avesse avuto modo di recuperare diverse posizioni, portandosi così immediatamente alle spalle delle due Mercedes al terzo posto. Un aspetto molto importante per il pilota della McLaren, che avrebbe così potuto imporre il proprio ritmo ed evitare di finire nel traffico.
Concluso il periodo di neutralizzazione, Carlos si era subito fatto molto minaccioso nei confronti di Bottas, prendendone la scia e trovando il sorpasso all’esterno di curva uno, doveva aveva potuto frenare sulla parte più pulita della pista ritardando così la staccata: sfortunatamente, tuttavia, un brutto sovrasterzo in fase di trazione aveva compromesso la sua uscita da curva due, facendo sì che il finlandese potesse avere lo spunto necessario per riuscire a recuperare la posizione. Anche se sarebbe stato bello riuscire a rimanere per qualche passaggio davanti ad una delle due W11, indubbiamente il sorpasso subito non rappresentava un problema, dato che, come ripetuto anche dall’ingegnere, le due Mercedes non rappresentavano l’obiettivo da perseguire. L’aspetto più complicato era proprio riuscire a gestire curva uno, dove il più occasioni il posteriore aveva dimostrato di essere troppo vivace, motivo per il quale non era una sorpresa vedere il pilota di Madrid effettuare dello shortshifting anche a costo di perdere qualcosa in termini di progressione. Con l’inizio del valzer dei pit stop intorno al ventesimo passaggio, a Sainz era stato chiesto di iniziare a spingere e di incrementare il vantaggio su Ricciardo, che in effetti era passato quasi intorno ai due secondi e mezzo. Ciò che, tuttavia, il team non si poteva aspettare era l’intromissione di Raikkonen il quale, dopo la sua sosta, era intenzionato a sdoppiarsi, rendendosi così una seria minaccia alle spalle dello spagnolo, così come lo stesso Carlos aveva fatto intendere via radio. Chiaramente ritrovarsi in battaglia con lui non faceva altro che andare a compromettere quello che era il passo potenziale del team, soprattutto tenendo a mente che finirgli alle spalle avrebbe significato molto probabilmente rallentare ulteriormente il ritmo, motivo per il quale, in anticipo rispetto a quella che sarebbe stata la loro tabella di marcia, il muretto aveva preferito richiamarlo ai box, ritornando comunque in pista davanti a suoi rivali, ma dietro Sebastian Vettel, anche se quest’ultimo non avrebbe rappresentato un grosso problema dato che si sarebbe fermato per sostituire gli pneumatici proprio alla fine di quel giro.
Per quanto sin dalle primissime tornate dopo la sosta il passo del pilota di Madrid fosse stato convincente, quantomeno inizialmente la differenza rispetto a coloro che si trovavano su una strategia ad una sosta non era poi così importante, quantificabile intorno ai tre decimi per giro, ma che era diventata più rilevante quanto, nel momento in cui era riuscito a portare le coperture in temperatura, Sainz aveva iniziato a guadagnare anche mezzo secondo ad ogni passaggio. Un vantaggio comunque importante, ma forse non abbastanza per pensare concretamente di ritrovarsi sul finale in una situazione che gli potesse permettere di chiudere il gap ed avere ancora sufficiente gomma dalla propria parte per tentare un attacco nei confronti dei rivali più diretti. Proprio per questo, intorno a metà gara, gli ingegneri della McLaren avevano preso in considerazione un cambio di strategia in corsa, cercando ci capire quanto fosse fattibile passare sul “Plan B” ed arrivare fino in fondo sullo stesso treno di pneumatici. Se la soft era riuscita a percorrere circa quaranta giri, la media sarebbe stata in grado di percorrerne quasi sessanta? Una domanda a cui il team inglese avrebbe dovuto cercare una risposta a breve e sui cui Sainz non aveva esitato ad esprimere i propri dubbi, suggerendo che sarebbe stato molto difficile attuare questa strategia. Perplessità rimarcare solo qualche passaggio più tardi, che avevano spinto la squadra di Woking a ritornare a quello che era il piano originario, ovvero impostando la corsa su due soste. La Virtual Safety Car dovuta al ritiro di Latifi avrebbe potuto nuovamente cambiare le carte in tavola, ponendo la scuderia di fronte ad un dilemma: fermarsi in quel sfruttando la neutralizzazione ma riducendo il delta di vita degli pneumatici dagli avversari, oppure prendere vantaggio della situazione per ritardare il pit stop di qualche altro giro in modo da poter tentare un ultimo stint più aggressivo? Sfortunatamente, proprio pochi secondi prima dell’ultima curva era comparso il messaggio di “VSC ending”, per cui sarebbe stato più complicato riuscire a trarre vantaggio dalla situazione. Ciò nonostante, un po’ a sorpresa il team aveva comunque deciso di fermarsi, rinunciando alla possibilità di creare un delta più marcato per il finale di gara e in un certo senso accodandosi a quella che era la strategia dei rivali. Con quasi quindici secondi da recuperare su Stroll e poco meno di trenta giri a disposizione, indubbiamente non sarebbe stato semplice non solo chiudere il gap, ma anche avere gomme a sufficienza alla fine dello stint per essere nelle condizioni di tentare l’assalto decisivo. “È un quarto posto davvero amaro. Il podio era vicinissimo, per tuta la gara, ma sfortunatamente non siamo riusciti a concretizzarlo – ha spiegato Sainz – la partenza è stata piena di eventi e sono riuscito ad infilarmi in terza posizione. Il primo stint con la soft è stato molto buono. Abbiamo azzeccato le strategie, optando per due sole soste. Dopo l’ultima safety car, la Mercedes bloccata dietro Stroll non sono state di grande aiuto, credo di aver perso un giro o più. Sono riuscito a superare la Mercedes e rincorrere Stroll fino alla fine, ho mancato il podio davvero per poco. Ho dato tutto me stesso oggi, ho fatto tutto ciò che potevo. È frustrante, ma allo stesso tempo siamo stati battuti da vetture un po’ più fortunate di noi durante tutto i weekend. Non possiamo essere troppo delusi, continueremo a spingere fino all’ultima bandiera a scacchi”, ha spiegato lo spagnolo dopo la corsa.
L’entrata della sicurezza aveva ancora una volta cambiato lo scenario, riportando Sainz essenzialmente quasi a gomma nuova alle spalle del gruppone. Alla ripartenza, Sainz aveva cercato immediatamente di essere aggressivo nei confronti di Bottas, ma senza riuscire a trovare il sorpasso, che sarebbe però arrivato una decina di passaggi più tardi a seguito di un errore del finlandese, conquistando così la quarta posizione. Complice la foratura sulla vettura il Russell, il podio era divenuto un ipotesi non più così remota, vicino ma allo stesso tempo lontano, dato che nel gioco delle scie Stroll era riuscito a respingere tutti gli attacchi e conquistare un risultato preziosissimo.
Ferrari e Red Bull: destini incrociati
Non si è trattato del weekend più entusiasmante della stagione per Red Bull e Ferrari. Da una parte, rispettivamente il terzo e il quarto posto avrebbero dato l’opportunità di lottare nelle prime posizioni, mentre l’essere finiti fuori dal Q2 con Alex Albon e Sebastian Vettel avrebbe dato la chance di inventarsi qualcosa di diverso in termini di strategia. Vi era da prestare attenzione in particolare a Charles Leclerc, non solo perché tendenzialmente in situazioni di gara tende a soffrire la gestione degli pneumatici, per quanto la gara di Sakhir avesse poi dimostrato che questo fattore non rappresentasse un grosso problema, ma anche perché più volte nel corso di questa stagione lo avevamo visto prendersi dei rischi in partenza. Conscio che questa avrebbe potuto essere la sua unica chance anche nella domenica bahreinita, anche considerando che in gara la SF1000 avrebbe potuto mettere in mostra tutti i suoi punti deboli venendo risucchiata dal gruppo, il monegasco aveva scelto un approccio aggressivo in partenza, anche se, a dire il vero, lo scatto allo spegnimento dei semafori non era stato eccezionale, vedendo immediatamente superato da Sergio Perez. Voglioso di rifarsi, Leclerc aveva preparato molto bene l’uscita di curva 2 e, sfruttando le difficoltà di Bottas in quel tratto, si era riavvicinato al gruppo di testa. Alla staccata di curva quattro, tuttavia, arriva l’azione che nessuno si aspettava, con una staccata profondissima e un contatto inevitabile, che mette fuori gioco sia lui che Verstappen, incolpevole vittima della situazione. Andando ad osservare le immagini possiamo notare di come si tratti di un errore piuttosto grave, soprattutto in termini di giudizio della staccata e lo possiamo comprendere dal confronto con Bottas. Facendo un passo indietro, è semplice osservare come Verstappen fosse stato il primo ad alzare il piede, conscio che nella sua posizione non vi sarebbe stato spazio e che sarebbe stato difficile evitare un incidente senza che qualcuno prendesse delle manovre evasive, come aveva fatto l’olandese. Perez si trovava sulla traiettoria ideale, mentre Bottas era rimasto sull’interno per riuscire a difendere la propria posizione: proprio nel tentativo di mantenere il secondo posto, Valtteri aveva ritardato la frenata, staccando in una zona quasi centrale della carreggiata e con una linea con cui fare la curva non sarebbe stato semplice, ma fattibile, tanto che era arrivato al bloccaggio ed anche molto profondo nel richiamano per la curva successiva. Leclerc, invece, aveva scelto un approccio ancora più aggressivo, rimanendo quel metro ancor di più sull’interno che avrebbe reso particolarmente complicato interpretare la curva nel miglior modo possibile, soprattutto ad alte velocità. Questo, infatti, era un fattore di cui tenere conto, perché il Ferrarista aveva iniziato la fase di frenata in ritardo rispetto ai suoi avversari e ciò avrebbe significato portare maggior velocità in curva. Una volta resosi conto che il contatto con Perez sarebbe stato inevitabile, Charles non aveva potuto fare altro che prendere ancor di più il pedale del freno, arrivando tuttavia al bloccaggio e perdendo direzionalità.
Non c’era nulla che si potesse fare, ormai il dado era tratto e l’incidente impossibile da evitare. Anche senza bloccaggio, arrivato probabilmente più per il tentativo dell’ultimo secondo di evitare Perez, vi è comunque da sottolineare che il monegasco avrebbe avuto grosse difficoltà nell’affrontare la curva e molto probabilmente, con la velocità che aveva in ingresso, sarebbe arrivato molto profondo, portando con sé non solo Perez stesso, ma anche Verstappen. Insomma, difficilmente sarebbe riuscito a fare la curva senza difficoltà: non ci era riuscito Bottas che era meglio posizionato, indubbiamente per Leclerc, tra l’altro con un disturbo aerodinamico non indifferente essendo nella scia proprio del finlandese in frenata, sarebbe stato ancor più complicato riuscire ad affrontarla nel modo corretto, essendo in una posizione di partenza peggiore. Vi era, inoltre, da aggiungere un altro dettaglio. Il cordolo interno di curva quattro era piuttosto alto, motivo per il quale, anche se avesse evitato il bloccaggio e avesse cercato di sfruttarlo, Charles avrebbe comunque perso direzionalità essendo ad una velocità piuttosto sostenuta. Non era un caso, infatti, che durante il fine settimana tutti i piloti avessero preferito stare lontani da quel cordolo perché, a causa della sua conformazione, il rischio che destabilizzasse la monoposto era troppo elevato. Un errore abbastanza grave che il numero 16 pagherà con tre posizioni di penalità sulla griglia di partenza del GP di Abu Dhabi. Fu così che Leclerc dovette mettere la fine alla sua corsa e con la sua anche quella di Verstappen, suo malgrado incolpevole spettatore della vicenda che, per evitare di venire a sua volta colpito da una delle due vetture, aveva scelto di prendere la via di fuga, finendo poi nella ghiaia. Chiaramente l’olandese non aveva molto alternative in quella situazione e la scelta più logica era quella di evitare che gli venissero addosso, sperando di uscire indenne dall’incidente.
A quel punto rimanevano in gioco solo i due compagni di squadra, Vettel e Albon, i quali avrebbero potuta tutto su una strategia differente da quella della concorrenza. Nonostante lo scatto al via del tedesco non fosse stato ottimo, perdendo subito una posizione nei confronti di Giovinazzi, nella frenata di curva uno e di curva quattro Sebastian era riuscito a rifarsi, recuperando la posizione soprattutto nei confronti di del pilota anglo-tailandese della Red Bull, suo diretto rivale in termini di strategia. Le varie vicende del primo giro lo aveva portato in nona posizione e, alla ripartenza, il Ferrarista era stato protagonista di un bel duello con Lando Norris, il quale cavalzava la pù competitiva gomma soft. Considerati anche i limit della SF1000, riuscire a mantenere alle sue spalle l’inglese non sarebbe stato semplice, tanto che il sorpasso sarebbe giunto solamente qualche tornata dopo la ripartenza, ma era riuscito a portare a termine un ottimo lavoro nel difendersi proprio da Albon, che nonostante avesse dalla sua una monoposto sulla carta più veloce, aveva impiegato diversi passaggi prima di poter portare l’attacco al tedesco. Proprio Sebastian si era anche lamentato più volte della mancanza da di velocità sul rettilineo principale, ma ciò che riusciva a recuperare nel settore centrale era spesso sufficiente per andare a coprire ciò che perdeva sui rettilinei. Ormai fuori dalla zona punti e con alle spalle solamente le vetture più lente del lotto, c’era poco che Vettel potesse fare per giocarsela, soprattutto considerando che spesso gli pneumatici tendevano a finire fuori dalla corretta finestra di funzionamento, che si univano ai ripetuti messaggi in cui il quattro volte campione del mondo esprimeva i suoi dubbi in merito alla durata del motore. Prima delle qualifiche, infatti, sulla sua monoposto era stata montata la seconda unità, quella con cui aveva disputato le prove libere, a seguito di un problema che si era verificato durante la terza sessione di prove libere sulla specifica che avrebbe dovuto essere utilizzata per la corsa. Difficile dire quanto questa sostituzione abbia impattato sul fine settimana del tedesco, ma sicuramente è un aspetto di cui bisogna tener conto, soprattutto nel momento in cui si andava su una pista in cui l’unità motrice assume una rilevanza particolare. Più dolce, invece, era stata la gara di Albon, che dopo aver incontrato ben più di qualche difficoltà nel sopravanzare proprio Sebastian, era riuscito a sfruttare a dovere la sua strategia, risalendo in zona punti anche grazie ai vari episodi di gara che avevano giocato a suo favore.
Il prossimo appuntamento
Il prossimo sarà l’ultimo appuntamento della stagione, quello di Abu Dhabi. Una pista non particolarmente amata dai piloti, ma che racchiude un buon mix di caratteristiche, da un primo settore particolarmente veloce con diverse curve in appoggio e frenate brusche, ad un ultimo intertempo molto tortuoso, in cui si richiede buona tradizione e precisione nell’inserimento, insomma, tanto grip meccanico più che aerodinamico. In tutto ciò non bisognerà dimenticare i due lunghi rettilinei, in quella che sarà la cornice d’addio per diversi piloti.
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