Il Barhain non c’è più (per ora). Ma cosa rimane ancora della Formula 1?

Il Barhain non c’è più (per ora). Ma cosa rimane ancora della Formula 1?

Ebbene, dopo giorni di attesa e ansia, il Principe del Barhain ha pensato bene di annullare il Gp inaugurale dell’annata 2011.

Quindi, dopo i test previsti dal 3 al 6 marzo (si girerà ancora a Barcellona), è stata annullata anche la gara.

Niente da dire sulla decisione, per carità. Di fronte a questioni politiche e, purtroppo, a numerose vittime, lo sport passa assolutamente in secondo piano. Legittima e corretta la scelta di annullare (o quanto meno rinviare) la gara nel deserto di Sakhir.

Una mancanza a metà
Ma, al di là delle questioni politiche nelle quali non ci vogliamo addentrare (anche perchè lo scrivente ammette candidamente di non avere la preparazione necessaria), qui si parla di sport. E del fatto sportivo dobbiamo scrivere.

Pertanto. Alzi la mano chi sentirà la mancanza di questo GP. Forse quelli che attendono da tre mesi l’inizio del Mondiale e dovranno attendere altre due settimane, per Melbourne (Australia), 27 Marzo mattina.

Per il resto pare quasi un sospiro di sollievo. Intendiamoci, quello che è successo in Barhain sarebbe potuto succedere in qualsiasi altro paese, e qualsiasi altro GP sarebbe quindi saltato. Ma parlando puramente del lato sportivo della questione, è incredibile come la maggior parte degli appassionati non si stracci le vesti per una perdita (seppur temporanea) simile. Pensate cosa vorrebbe dire annullare Monza.

Ovviamente, tutti avrebbero preferito che non succedesse nulla e che non si arrivasse a questo punto. Ma tant’è, ci siamo, e il fatto che sia proprio il Bahrain il GP che salta non crea grossi disagi. E il perchè è ben chiaro a tutti.

Da 10 anni a questa parte stiamo assistendo all’esportazione del prodotto Formula 1 (non a caso abbiamo scritto ‘prodotto’) in luoghi nei quali cultura e tradizione motoristica non esistono. Si è iniziato con la Malesia (1999), poi si è andati in Cina, Barhain, USA (ci ringrazieranno sempre per il 2005), Turchia, Singapore, Spagna (Valencia), Corea, Abu Dhabi, quest’anno toccherà all’India. Tutto, esclusivamente, per soldi (quelli dello Zio Bernie, ovviamente).

Nostalgia..
Sono passati 10 anni, appunto, e una domanda ci coglie: cosa hanno regalato queste nuove frontiere alla Formula 1, intesa come sport? Assolutamente NIENTE.

Molti dei nuovi circuiti introdotti in questi anni sono stati costruiti ‘puntando’ sulla sicurezza. Assistiamo a vie di fuga chilometriche, nelle quali se non ci fosse una linea bianca non capiremmo dove termina la pista. Forse un po’ esagerato visto che non c’è più nemmeno quel lembo di erba/sabbia che farebbe perdere un po’ di tempo a chi sbaglia. Niente da dire sulla questione sicurezza, ma siamo sicuri che fosse necessario costruire nuovi impianti, piuttosto che modernizzare e consolidare quelli già presenti in altre parti d’Europa? Anche se, sempre riguardo la sicurezza, il controsenso è che si gira a Valencia e Singapore.

Si va a correre in Turchia, dove le tribune sono vuote, quando Imola sarebbe pronta a riempire ogni centimetro d’erba per assistere alla F1. Si preferisce rischiare l’annegamento in Corea quando in Germania si alternano Hockenheim (violentata, oltretutto) e Nurburgring. Si va in Cina quando Spa rischia ogni anno l’annullamento.

Possibile che non ci si renda conto della direzione verso la quale si sta dirigendo la Formula 1? Più passano gli anni più pare un giochino di uso e consumo del proprietario ottantenne, il quale in barba a tradizioni e affetto dei tifosi sposta equilibri ottenuti in decenni per trarne unicamente un profitto personale. E tralasciamo volutamente il discorso regolamenti/test, ai quali dedicheremo altro tempo.

Sognare ad occhi aperti (purtroppo)
Abbiamo un’Europa colma di tracciati storici che riporterebbero gli appassionati a vedere dal vivo le gare. Le Castellet, Le Mans, Estoril, Jerez, Imola, A1 Ring, e ce ne sono tantissimi altri che non stiamo ad elencare. Eppure assistiamo inermi a tribune vuote nel deserto, per giunta con spettacoli in pista indecenti dovuti, oltre che dai regolamenti, a tracciati simili a kartodromi dove per passare bisogna sperare quasi nell’errore di chi sta davanti.

Pensate ad un calendario del genere:

Malesia – Sepang
Australia – Melbourne
Brasile – Interlagos
Canada – Montreal
San Marino – Imola
Monaco – Montecarlo
Spagna – Barcellona
Portogallo – Estoril
Francia – Le Castellet
Inghilterra – Silverstone
‘Europa’ – Nurburgring
Germania – Hockenheim (la vecchia sarebbe meglio..)
Belgio – Spa
Ungheria – Budapest
Italia – Monza
Austria – A1 Ring
Spagna (2) – Jerez
Giappone – Suzuka

E’ un esempio, sia chiaro. Via Cina, Turchia, Barhain, India, Corea, Abu Dhabi, Valencia, Singapore. Insomma via i tilkodromi ed una F1 rinconsegnata alla sua storia. Ovviamente non basterebbe tornare sui vecchi tracciati per tornare alla vecchia F1, ci vorrebbe anche un pesante lavoro a livello tecnico/sportivo. Ma sarebbe un passo avanti.

Decisamente troppo per una F1 in mano ad un padre padrone. La tradizione non ha prezzo.

Alessandro Secchi
F1Grandprix.it

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