I circuiti d’Austria
Ventisei sono stati i Gran Premi valevoli per il campionato di Formula Uno, venti diversi vincitori in varie epoche: 1964 il primo ufficiale con Lorenzo Bandini su Ferrari, poi ininterrottamente dal 1970 al 1987 ed infine dal 1997 al 2003. È il Gran Premio d’Austria, che si è svolto su diversi circuiti in un arco di 50 anni e che noi andremo ad analizzare.
Aerodromo Aspern
È il circuito più comunemente conosciuto come Zeltweg, paese confinante con il tracciato. Esso venne ricavato all’interno dell’aeroporto militare – dedicato nel 1967 a Franz Hinterstoisser – di Aspern, il secondo stato federato più grande del territorio austriaco. Della lunghezza di 3186 metri era stato disegnato ad “L”, una forma tanto semplice quanto insolita per un tracciato, cui la superficie abrasiva contribuiva a renderlo “unico”. La prima gara per le Formula Uno non valevole per il campionato si corse nel 1963, dove si registrò la vittoria di Jack Brabham sull’omonima BT3 dopo ben 80 giri percorsi e con oltre 5 di vantaggio sul secondo, l’americano Tony Settember su Scirocco-Powell . L’anno seguente entrò invece in calendario ed a vincere fu l’italiano Lorenzo Bandini (Ferrari), il quale farà registrare qui la sua unica vittoria in Formula Uno (dopo aver percorso 105 giri con il tempo totale di 2 ore e 6 minuti). Da registrare anche l’esordio di un austriaco e futuro campione del mondo, Jochen Rindt. A causa del suo asfalto, il quale sottoponeva ad estremi stress meccanici molte vetture, venne eliminato dal campionato per le edizioni successive, trovando comunque un erede.
Österreichring
Situato sempre nella regione della Stiria, venne inaugurato nel 1969 con la 1000 Km di Zeltweg riservata a vetture di tipo Sport, mentre un anno più tardi il circuito vide arrivare la Formula Uno. Della lunghezza di 5911 metri nella sua configurazione originale, era molto veloce e tortuoso grazie ad un’altimetria assai variabile. La linea di partenza era situata sulla parte bassa della collina presso cui era stato costruito, da cui si saliva subito verso Vöst-Hügel, una veloce doppia curva a destra in cui le capacità di previsione del pilota erano messe a dura prova, non potendo vedere in anticipo il punto di corda. Dopodiché si saliva ancora grazie al Flatschach, un tortuoso rettilineo sempre in salita che portava dritto alla Dr. Tiroch, una curva molto lunga ed in salita verso destra. Al termine di questo lungo tornante la pendenza si invertiva, portando ad un tratto quasi rettilineo che conduceva alla Bosch-Kurve, un veloce tornante verso destra con una forte pendenza che tuttavia andava poi diminuendo fino a portare alle uniche due vere curve verso sinistra, che facevano compiere al pilota un angolo di 180°. A metà della seconda si ricominciava a salire attraverso la Texaco-Schikane, al termine della quale si ridiscendeva in modo piuttosto brusco prima di giungere alla Jochen Rindt Kurve, ennesimo tornante tanto veloce quanto impegnativo verso destra che immetteva sul rettilineo d’arrivo.
Dal 1976 cominciarono alcuni lavori di ammodernamento, necessari per evitare tragedie come quella di Mark Donohue alla Vöst-Hügel dell’anno precedente. La curva venne quindi allargata di tre metri e vennero aggiunti guard-rails all’esterno, mentre quelli interni furono arretrati di qualche metro. Grazie all’acquisto di nuovi terreni venne costruita la chicane Hella-Licht, tesa a diminuire le velocità a favore della sicurezza, allungando così il tracciato a 5942 metri. Ciò comunque non servì a coprire le carenze di un circuito con pochissime vie di fuga ed una sede stradale ancora troppo stretta lungo tutto il tracciato, rettilineo compreso. Con l’avvento dei motori turbo e di potenze esorbitanti nel 1987 avvenne l’ultima edizione, con una procedura di partenza ripetuta per ben 3 volte a causa di incidenti. L’anno successivo vennero attuati i lavori “veri”: allargamento di tutta la carreggiata stradale di almeno due metri (il rettilineo passò da 9 a 12), vennero inserite diverse vie di fuga e la Bosch-Kurve venne completamente ridisegnata, eliminando la forte pendenza che l’aveva sempre contraddistinta e spostandola verso l’interno, modificando nuovamente la lunghezza complessiva del tracciato a 5842 metri. Ciò tuttavia non bastò a far tornare il circus della Formula Uno sul circuito austriaco.
A1-Ring
Alla fine del 1995 intervenne il colosso austriaco della telefonia mobile A1 (da qui il nome del circuito), che investendo molti fondi incaricò Hermann Tilke di riprogettare il circuito per far sì che le monoposto della massima serie potessero corrervi senza problemi. L’architetto riprese quello che era il progetto iniziato nel 1988, cambiando notevolmente quello che era il tracciato originale di inizio anni ’70. Venne eliminata la salita che portava alla Hella-Licht, anticipando la prima curva di molti metri; venne costruito un rettilineo parallelo al Flatschach, che si ricongiungeva con la vecchia parte di tracciato tramite un secco tornante in salita, il Remus Kurve, posto poco dopo la discesa successiva alla Dr. Tiroch. Altre modifiche furono apportate alle due curve a sinistra, che vennero riproporzionate e rallentate, cosa che si fece anche alla Bosch-Kurve e alla Jochen Rindt Kurve, quest’ultima trasformata in una doppia curva a gomito in modo tale da a vere ampie vie di fuga all’esterno, con un terrapieno e guard-rail tutto nuovo. Le monoposto vi tornarono a correre nel 1997 e fino al 2003, anno in cui a vincere fu Michael Schumacher su Ferrari. Dopodiché il vuoto.
Di fatto dal 2004 il circuito passò nelle mani della Red Bull, il cui proprietario effettivo è Dietrich Mateschitz, il quale cominciò dei lavori di ammodernamento negando inizialmente la possibilità di farvi tornare la Formula Uno in futuro. Tuttavia il circuito nel 2010 è stato omologato FIA ed il 23 luglio 2013 Bernie Ecclestone ha ufficializzato il ritorno del GP d’Austria nel calendario della massima serie.
Cosa ci attende? Difficile a dirsi, il tempo ce lo dirà. Quello che tutti gli appasionati si augurano è che un po’ della magia dei passati Gran Premi d’Austria si ripeta ancora una volta, qui, in una terra che sembra non aver mai dimenticato il rombo dei motori, impresso nel verde dei suoi boschi.
Andrea Villa
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