GP Monaco – Hamilton rapace, Ricciardo beffato dal team, Ferrari ancora disorientata
GP di Monaco vivace e ricco di spunti di discussione, risorge Hamilton, Ricciardo furioso col team, Vettel giù dal podio
Probabilmente gli uomini in Rosso dopo la gara hanno faticato anche a ritrovare la strada dell’albergo, considerata la confusione tecnica e tattica che regna in Ferrari. Storditi anche gli appassionati che continuano a sentirsi ripetere che la vettura è ottima e che bisogna avere fiducia, che Vettel poteva andare in pole, quando ancora una volta la pista ha parlato diversamente, raccontadoci di una SF16-H plafonata tra una sessione e l’altra, capricciosa, delicata, ingestibile e incomprensibile, l’unica monoposto “top” che non migliora quando bisogna cacciare fuori i secondi e mettersi (magari) in prima fila.
“Ma che c… la macchina è peggiorata” lo sfogo via radio legittimo di un in Vettel incredulo e ancora una volta “tradito” dalla vettura. Non c’è da stupirsi se poi Seb dimostra un piccolo calo nel rendimento, sul quale non possono non pesare l’entusiasmo complessivo dell’ambiente e il feedback che proviene dal team.
E’ un mistero, d’altronde, la chirurgica puntualità con la quale la Ferrari manca l’appuntamento con il Q3, dove non riesce a cambiare ritmo come gli avversari. Tutti accendono (irritanti per noi poveri cuori rossi) lucette fucsia sul monitor dei tempi e il Cavallino resta impassibile a guardare, immobile ed impotente. La SF16-H sembra difficile da comprendere e mettere a punto, fragile come poche altre monoposto di Maranello – il cambio saltato a Kimi è il secondo nelle ultime tre gare dopo quello sostituito a Sebastian in Russia – in più non sembra spiccare né per il telaio e né per il motore, eppure se qualcuno critica o manifesta delusione viene accusato di essere ingeneroso.
“Perché non hai visto che passo gara Vettel…” la strenua difesa degli irriducibili ottimisti. La storia è vecchia, e ha anche stufato un po’; la complicatissima Formula 1 diventa semplicissima se spogliata di tutto il superfluo. Poche basilari regole: le monoposto competitive solitamente stanno incollate a terra, sfruttano bene le gomme, sono veloci sul giro secco e consistenti in gara. Se parti avanti ti giochi il mondiale, se parti dietro ti esponi al rischio di essere uccellato dal primo Perez di turno che ti “undercutta” o vai dritto nell’albergo Loews con l’alettone sotto le ruote (imperdonabile Raikkonen!). Forse, però, più che vedere le cose obiettivamente viene più facile sperare che il Canada possa ribaltare i valori tecnici di un mondiale che continua ad essere una via crucis per Maranello.
Per fortuna la F1 non è solo di rosso tinta, ma anche argento (vivo!) e blu opaco. Che mattatori tra le stradine del Principato di Monaco Lewis Hamilton e Daniel Ricciardo! Bello vederli correre insieme, all’insegna della rabbia agonistica. Lewis, dopo un immeritato terzo posto in qualifica per i soliti problemini che colpiscono la sua W07, aveva finalmente l’occhio della tigre, avesse potuto non si sarebbe mai fermato a cambiare gomme, arrivando sulle tele ma primo, di sovrasterzo, di controsterzo, tagliando la chicane, andando per mari e monti. Poco importa, la sua guida è stata show, e il pilota festaiolo è tornato a trasmttere emozioni in pista, facendosi anche perdonare per lo squallido siparietto del podio con Justin Bieber. Quando guida così è una gioia per gli occhi.
Non da meno, tutt’altro, Daniel Ricciardo. L’australiano ha talento da vendere e fa quasi specie pensare che in carriera ha vinto 41 gare in meno di Hamilton (numericamente un Ayrton Senna di differenza!). Perché, in quanto ad emozioni, Daniel è secondo a pochi. La pole è un capolavoro di guida, l’aggressività in gara, l’irriducibilità, la capacità di non commettere mezza sbavatura, sono doti da fuoriclasse e peccato che la Red Bull si sia allenata al pit stop studiando probabilmente quello di Irvine al Nurburgring nel 1999 (e “migliorando”, facendo sparire tutte le gomme). Un vero e proprio “delitto”, aggravato dalla insulsa strategia di Barcellona. E’ raro, infatti, vedere un pilota privato due volte di seguito della vittoria dalla propria squadra.
Il GP di Monaco è stato bellissimo per metà gara, noioso per la restante metà, ma d’altronde i piloti più che barcamenarsi come funamboli tra le barriere non possono fare su questo tracciato. Molti gli incidenti sciocchi tra piloti di metà gruppo, alcuni nervosi e preoccupati per il sedile che “scotta”. Troppi incidenti, invece, per Max Verstappen in un solo fine settimana. Ben tre botti in due giorni suonano come preoccupanti anche per un giovane fuoriclasse, ma Max ha il tempo dalla sua parte. Tutta esperienza. Desaparecido Nico Rosberg, che ha girato tra le strade di casa come se stesse andando a fare la spesa al supermercato. Ma Nico è ormai un pilota maturo: lascia passare Hamilton e non si lamenta mai con il team, comprendendo che l’aziendalismo più sfrenato è il miglior viatico per il titolo mondiale.
Menzione speciale per un campione mai domo: Fernando Alonso, con una McLaren che paga due secondi al giro alle prime della classe, ha chiuso quinto e s’è tenuto dietro due motori Mercedes sul traguardo. Facile difendersi a Montecarlo, direte voi. Certo, ma chissà perché certi “numeri” riescono solo a lui.
Antonino Rendina
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