F1 | GP d’Italia, Verstappen: una vittoria costruita sulla costanza

L'olandese si impone anche a Monza, la Ferrari ha provato a rispondere con una strategia alternativa

F1 | GP d’Italia, Verstappen: una vittoria costruita sulla costanza

Così come a Imola, l’Italia è terra di conquista per Max Verstappen, che anche a Monza si è imposto conquistando il suo undicesimo trionfo stagionale. Una vittoria significativa, che lo avvicina sempre di più al secondo titolo iridiato, il quale potrebbe giungere già in uno dei prossimi due appuntamenti.

Un successo giunto in “rimonta”, perché la penalità rimediata al venerdì per la sostituzione di alcuni elementi della Power Unit lo aveva fatto scivolare sino alla settima casella. Dopo aver vinto a Spa partendo quasi dal fondo dello schieramento, riuscire ad imporsi anche a Monza non sembrava impresa impossibile, ma ciò che ha lasciato sorpresi è la qualità della sua gara più che la scalata in sé. Sin dal venerdì, Red Bull era arrivata in Italia sapendo che il tracciato brianzolo potesse rientrare tra quella lista di piste favorevoli alle caratteristiche della sua monoposto, particolarmente efficiente e rapida sui lunghi rettilinei. La scelta di sostituire ancora una volta il motore, seppur non ve ne fosse realmente bisogno, lasciava ben intendere quanto il team anglo-austriaco si sentisse fiducioso in vista del weekend, tanto da poter giocare a carte scoperte. Ancor più interessante era stata la decisione di presentarsi con un set-up leggermente più carico dei rivali, specie di quello della Ferrari, che indubbiamente non avrebbe aiutato in qualifica, tanto da accusare gap di 7/8 km/h sugli allunghi dove non era possibile sfruttare il DRS, ma avrebbe giovato la domenica riducendo lo scivolamento degli pneumatici.

Ciò che ha cambiato rapidamente il volto della gara è stata la capacità dell’olandese di riportarsi rapidamente nelle primissime posizioni, in meno di due giri, abbastanza da evitare quel trenino DRS con le due McLaren che avrebbe potuto rallentare la sua rimonta. Ritornare così velocemente al terzo posto aveva oltretutto permesso di ridurre le chance della Ferrari di aumentare il vantaggio nei primi giri e mettere da parte un tesoretto che sarebbe poi stato indispensabile nel resto della corsa. Osservando i riferimenti cronometrici, emerge immediatamente come la chiave della sua vittoria, oltre a un passo irraggiungibile per chiunque, sia stata la costanza, rendendolo l’unico nel primo stint in aria pulita a girare fisso sotto il minuto e ventisei secondi. Ciò evidenzia da una parte come, realisticamente, a pari strategia sarebbe stato impossibile fermare la rimonta del campione del mondo in carica, dall’altra che vi fosse un degrado molto contenuto, abbastanza da renderlo uno dei piloti più veloci in pista anche con pneumatici ormai usurati. Scelta resa possibile anche dall’ottimo lavoro svolto in casa Honda sul lato ibrido, che sin da inizio campionato ha dimostrato di avere un sistema ERS particolarmente efficiente, abbastanza da consentire di spingere sui lunghi rettilinei monzesi senza accusare clipping nella parte conclusiva, specie in qualifica. Una Power Unit che, gestisce così bene l’aspetto del deployment, ha indubbiamente garantito una finestra più ampia nelle decisioni del pacchetto aerodinamico.

Una volta presa la testa della corsa, Verstappen ha semplicemente tentato di mantenere il suo passo, dimostrando l’eccellenza di un binomio che in questo momento sembra quasi imprendibile. È proprio quello l’elemento che risalta maggiormente della sua prestazione, perché al di là della bontà del secondo stint, riuscire a mantenersi su livelli così rapidi e stabili denota una superiorità difficile da scardinare, una superiorità che probabilmente il pilota di Hasselt non ha nemmeno totalmente scoperto. Doti esaltate anche dal fatto che, tendenzialmente, la RB18 sia una vettura che si è sempre ben comportata con il pieno di carburante, mostrando così una curva di degrado eccellente. Presa la testa della corsa, l’unico obiettivo era quello di portare la vettura sotto il traguardo, gestendo, perché non vi era avversario che avrebbe potuto intimidirlo: “Sì, abbiamo fatto un’ottima gara. Su ogni mescola siamo stati i più veloci. Il degrado era molto buono, quindi avevamo un’ottima macchina. Alla fine stavo controllando il distacco, ma naturalmente è uscita la Safety Car. Purtroppo non siamo riusciti a ripartire. Nel complesso, però, abbiamo avuto di nuovo una giornata molto buona”, ha spiegato Verstappen al termine del Gran Premio, illustrando anche come le scelte a livello di carico e strategico abbiano poi pagato la domenica: “Oggi penso che l’ala più carica di abbia aiutato. Oggi faceva molto caldo e siamo riusciti a gestire al meglio i nostri pneumatici. Naturalmente, il fatto di aver fatto un ottimo primo giro mi ha aiutato molto e ho potuto eliminare la maggior parte delle auto prima che entrassero, diciamo, in un treno DRS. E, sì, da lì in poi, fondamentalmente, entrambi i set di pneumatici erano ottimi e ho potuto allungare un po’ il primo. E anche sulle Medium, tutto ha funzionato molto bene”, ha aggiunto l’olandese, passato sotto la bandiera a scacchi dopo una vittoria conquistata a pieno merito.

Se da una parte c’è chi festeggia, dall’altra in casa Ferrari si abbozza un sorriso a metà. Dopo le due prove opache in Belgio e Olanda, la pole position conquistata al sabato aveva galvanizzato l’ambiente, seppur rimanesse la consapevolezza che per battere la Red Bull servisse qualcosa di diverso, qualcosa che potesse aiutare a colmare un’evidente gap prestazionale. Proprio per questo la scelta di fermarsi sotto la prima Virtual Safety Car non deve essere vista come un errore, bensì come un tentativo di riscrivere una corsa che, dopo due giri, ormai aveva già trovato un copione a tinte orange. Le opzioni, infatti, erano quelle di essere superati in pista da un Verstappen che stava rimontando guadagnando circa due decimi al giro, oppure provare a mischiare le carte, cercando di trarre il massimo dal periodo di neutralizzazione. Una decisione che ha pagato a metà, in parte anche per il fatto che la VSC si fosse conclusa quando Charles Leclerc si trovava ancora nella pit lane, di fatto riducendo quello che avrebbe potuto essere il possibile guadagno. Strategia che puntava principalmente su due assunti: la speranza che il pilota di Hasselt evidenziasse del degrado, ipotesi piuttosto remota, oppure che una ulteriore neutralizzazione nell’ultima parte di gara potesse dare un senso a una seconda sosta in cui il monegasco avrebbe potuto montare il secondo treno di gomme soffici a disposizione.

A conti fatti, chiaramente non si è rivelata la tattica di gara più efficace sul piano cronometrico, ma era l’unica chance concreta per alimentare quella speranza che andasse ben oltre un secondo posto. Se sul piano delle performance e del degrado in casa Ferrari erano consapevoli di non essere sullo stesso livello dei rivali, complici alcune scelte di assetto piuttosto estreme per compensare alcuni punti deboli della vettura, come la mancanza di velocità punta (rispetto a Red Bull) e la tendenza al fenomeno del porpoising, l’unica strada percorribile era quella di giocarsela sulla strategia. Ed è esattamente quello che il team di Maranello che fatto, puntando su qualcosa di diverso rispetto a un finale annunciato e già scritto. Purtroppo per i tifosi sulle tribune, ciò non ha dato gli esiti sperati, ma realisticamente anche decidendo di non fermarsi alla prima neutralizzazione, il risultato non sarebbe cambiato, se non per il fatto che molto probabilmente Max sarebbe stato costretto a completare il sorpasso in pista.

Sorpassi che si sono visti da parte di Carlos Sainz, autore di un bel recupero dal fondo della griglia, abbastanza da giungere ai piedi del podio. Un terzo posto che, anche senza l’entrata della Safety Car nelle ultime tornate, sembrava in realtà possibile, perché George Russell era in una fase di gestione non solo delle coperture, ma anche della benzina a causa di alcune problematiche sotto l’aspetto del consumo carburante. Sarebbe stata una sfida tirata, ma se lo spagnolo avesse mantenuto lo stesso ritmo seguito prima della neutralizzazione, forse avrebbe avuto una chance nell’ultimo giro, con un attacco all’ultimo respiro per dare un’ulteriore gioia ai tifosi sugli spalti.

Un duello mancato, perché lo stop a bordo pista di Daniel Ricciardo aveva provocato una situazione imprevedibile e di difficile risoluzione. Il ritardo nel chiamare l’entrata della vettura di sicurezza, giunta in pista circa un minuto dopo l’esposizione della bandiera gialla, aveva fatto sì che la Safety Car non potesse raccogliere il leader della corsa, Max Verstappen, che nel frattempo era già passato sul traguardo. Da quel momento in poi, seguendo alla lettura la procedura scritta nel regolamento, i tempi si sono molto dilatati, in quanto per far entrare in pista i mezzi di soccorso è necessario che il gruppo venga compattato alle spalle della Safety Car. A ciò, a norma di regolamento, si sarebbe aggiunto quantomeno un altro passaggio per dare modo ai piloti doppiati di recuperare la tornata di ritardo accumulata durante la gara, rendendo di fatto impossibile evitare un finale privo di suspence.  È finita con le vetture in processione dietro e i tifosi sulle tribune delusi per un’emozione uccisa sul più bello, ma anche questo fa parte dello sport, perché la Federazione ha seguito il regolamento dopo un’esitazione iniziale. Seppur non sia giunta quella vittoria tanto sperata, il weekend italiano rappresenta un appuntamento che fornisce qualche spunto di riflessione per la Rossa, in parte perché il gap dalla Red Bull, seppur sempre presente, non è sembrato così elevato come negli appuntamenti precedenti, in parte perché i dati accumulati durante la prima sessione di prove libere potrebbero aiutare a comprendere cosa non abbia funzionato ultimamente al fine di ottimizzare il buono che la F1-75 può ancora offrire.

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