F1 | GP d’Italia: l’analisi della gara
Charles Leclerc riporta la Ferrari al trionfo a Monza
Monza è nuovamente Rossa. Dopo 9 anni, la Ferrari torna finalmente sul gradino più alto del podio davanti a propri tifosi, grazie ad una prova superba di Charles Leclerc, fatta di caparbietà, gestione ed astuzia. Non è stato semplice, sono stati 53 giri interminabili, per il monegasco, per il muretto e per gli appassionati che vivevano ogni tornata con il cuore in gola fino a quella bandiera a scacchi che ha potuto liberare la gioia e la passione di un intero circuito.
La vittoria del giovane monegasco interrompe quell’egemonia Mercedes che andava avanti ormai dal 2014, il primo anno delle Power Unit ibride, ma anche in questa stagione le due “Frecce d’Argento” non hanno reso la vita semplice ai propri avversari, dimostrandosi molto competitive anche su una pista che per caratteristiche tecniche non le vedeva come le assolute favorite come in altre occasioni. Sia Lewis Hamilton che Valtteri Bottas hanno provato a lungo a scalzare Leclerc dal piedistallo, ma senza successo, dovendosi poi accontentare del secondo e del terzo posto.
In casa Ferrari, però, non è stata un weekend tutto rose e fiori, anzi. Già al sabato, nonostante la pole position, non si poteva non avvertire un certo senso di qualcosa di “incompiuto”. Così è stato anche la domenica perché, a scontrarsi con la gioia per il successo di Lecerc, c’è stata l’amarezza per la giornata negativa di Sebastian Vettel, il quale ha concluso la sua corsa fuori dai punti a causa di un testacoda che lo ha messo fuori giocp nei primi giri. Non è stato uno dei migliori weekend per il tedesco, il quale sicuramente avrà molto da recriminare, ma anche modo di valutare il fine settimana da più punti di vista.
Chi può essere molto soddisfatto della trasferta italiana è, invece, la Renault. Il quarto e il quinto posto ottenuti sul tracciato brianzolo rappresentano il miglior risultato della stagione, nonché il migliore da quando la squadra transalpina è tornata in Formula 1 nel 2016. Si è trattata di una prova convincente dove seppur le difficoltà incontrate dagli altri team, come McLaren, Racing Point e Red Bull, abbiano indubbiamente aiutato, le due RS19 si sono dimostrate competitive durante tutto l’arco del weekend, dalla qualifica alla gara. Gli strateghi sono stati oltretutto bravi a lavorare in termini di strategia, sfruttando la finestra della Virtual Safety Car per blindare il risultato, da cui deriva anche buona parte del gap tra i due piloti sul traguardo. Al sesto posto continua il suo periodo di apprendistato Alex Albon, autore di una gara fatta di alti e bassi: una partenza non particolarmente felice, un fuoripista durante un duello con Carlos Sainz e una penalità di 5 secondi hanno complicato notevolmente la sua gara, ma il giovane pilota anglo-tailandese sembra mostrare segnali incoraggianti di crescita, tra cui figurano diverse manovre di sorpasso particolarmente decise. Sarà interessante vederlo in azione a Singapore, probabilmente il primo vero weekend in cui si potrà avere un confronto con il compagno di squadra, su una pista che, a livello teorico, dovrebbe ben adattarsi alle caratteristiche della RB15. Al settimo posto un ottimo Sergio Perez, autore di una bellissima rimonta dal fondo dopo aver cambiato alcuni componenti della Power Unit in seguito alle qualifiche: il rapporto tra il messicano e il circuito di Monza è davvero speciale e, ancora una volta, il pilota della Racing Point è riuscito a fare la differenza gestendo le gomme e sfruttando tutte le occasioni che gli si sono presentate, inclusa la Virtual Safety Car che gli ha permesso di effettuare una sosta nel momento più congeniale. Alle sue spalle troviamo Max Verstappen, suo malgrado protagonista di un incidente nel corso del primo giro che ha complicato la sua corsa, vedendosi costretto ad effettuare un pit stop anticipato per sostituire l’ala anteriore. A rendere ancor più difficile la rimonta dell’olandese ci ha pensato anche un problema con la Power Unit, il quale ha pregiudicato le prestazioni sui lunghi rettilinei. A concludere la top ten Antonio Giovinazzi, autore di una bellissima prestazione davanti al pubblico di casa, e Lando Norris, autore in realtà di una gara non particolarmente emozionante e veloce, ma abbastanza da riuscire a rientrare nei punti evitando problemi ed incidenti.
Leclerc vs Mercedes: una battaglia senza esclusione di colpi
Il fine settimana di Monza non poteva non vedere i piloti Ferrari sotto i riflettori. È un appuntamento “sacro” del mondiale di Formula 1, una tappa unica nel suo genere, dove il calore dei tifosi è la vera in forza in più del Gran Premio. E a brillare davanti alla marea Rossa è stata la stella di Charles Leclerc, il quale grazie ad una prova di forza è riuscito a riportare finalmente la squadra di Maranello sul gradino più alto, quello più ambito e desiderato.
È stata una gara lunga e intensa, perché i due piloti Mercedes non hanno lasciato mai un attimo di respiro, sempre a mettere pressione per tentare di portare a casa il sorpasso che sarebbe valso la vittoria. Nonostante i piloti delle “Frecce d’Argento” ci siano andati anche molto vicini, un pizzico di fortuna e di astuzia hanno aiutato il monegasco ad arginare gli attacchi dei rivali.
Già alla partenza si vivono le prime emozioni: Leclerc non scatta benissimo, a differenza di Hamilton che prova immediatamente a portarsi sulla coda del rivale, finendo quasi per affiancarlo. La differenza di filosofie tra le due vetture fa sì che poi il monegasco riesca a riprendersi qualche metro e a resistere all’attacco dell’inglese, ma a quel punto il vero pericolo arriva da dietro, da Valtteri Bottas. Il finlandese, in realtà, non era stato protagonista di uno scatto eccezionale, ma l’aiuto della scia ha fatto sì che potesse recuperare qualche metro e portarsi in seconda posizione all’entrata di curva 1: qui il finlandese è stato in realtà abbastanza sfortunato, perché nella percorrenza della chicane ha dovuto alzare vistosamente il piede a causa della chiusura da parte di Leclerc in curva 2, permettendo al compagno di squadra Mercedes di approfittare della linea esterna e riportarsi nuovamente al secondo posto. Dopo il primo giro, quindi, le posizioni di partenza per quanto riguarda i primi tre sono rimaste le stesse dell’ordine di partenza.
Per quanto riguarda le prime dieci tornate, non ci sono stati particolari avvenimenti da segnalare dal punto dello spettacolo in pista, ma ci sono diversi dettagli interessanti da analizzare, soprattutto per capire come i team si stessero muovendo in tema di strategie. Suo malgrado, l’errore di Sebastian Vettel nel corso del sesto giro ha dato l’opportunità alla Scuderia di Maranello di poter valutare l’utilizzo della gomma hard, la più dura a disposizione dei team per l’appuntamento italiano. In realtà la Ferrari era stato uno dei pochi team a provarla già al venerdì durante le prove libere nelle consuete simulazioni, i cui riscontri però non erano stati particolarmente esaltanti, lasciando qualche dubbio in merito al suo utilizzo in vista della corsa. Ma è proprio qui che gli strateghi devono essere bravi, devono saper leggere l’evoluzione della gara e capire le situazioni e, in quel momento, i tempi fatti segnare dal tedesco era estremamente positivi nonostante il gap in termini cronometrici che poteva derivare dall’utilizzo di una mescola così dura. Insomma, in quel momento, quantomeno sulla vettura di Vettel, la hard sembrava garantire buone prestazioni unite molto probabilmente ad una lunga durata. Prima della corsa i tecnici Pirelli si aspettavano una gara ad una sola sosta, con la strategia più veloce che doveva corrispondere alla soft-medium. In effetti i dati raccolti durante le libere mostravano come la mescola più morbida non dovesse presentare un degrado particolarmente accentuato, ma che, anzi, riuscisse ad essere abbastanza costante in termini sia di usura che di prestazioni. Il segreto su una pista come Monza è salvaguardare soprattutto le coperture posteriori, non solo per le numerose zone in cui le suddette gomme vengono messe sotto stress, ma anche perché girando con ali così ridotte, non è difficile vedere un retro molto leggero che tende a scivolare eccessivamente finendo per portarti in testacoda.
Non a caso via radio i piloti si sono lamentati proprio degli pneumatici posteriori e ciò molto probabilmente ha influito non poco sull’evolversi della gara e delle strategie. Il primo a riportare questo tipo di problemi è stato Lewis Hamilton nel corso del 18° giro, segnalando che un overcut per superare Leclerc non sarebbe stato possibile e chiedendo una sosta per provare, al contrario, l’undercut. Dal box l’inglese ha però ricevuto risposta negativa e la ragione è semplice: se ci fosse stato il minimo errore o un piccolo inconveniente, il rischio di uscire dietro Carlos Sainz, che in quel momento si trovava nella pit windows, sarebbe stato molto elevato, vanificando quindi l’opportunità della sosta anticipata e del possibile undercut. In quella fase della gara era abbastanza chiaro che il pilota di Stevenage non ne avesse per tentare concretamente un attacco su Leclerc e prendere la testa della corsa, soprattutto a causa delle alte velocità di punta della SF90 che rendevano complicato alla W10 rendersi pericolosa nelle zone ideali per un sorpasso. L’unica valida alternativa era provare qualcosa di diverso in termini di strategia ed è per questo che nel corso del 19° giro, complice il maggior margine su Sainz e anche un team radio di Hamilton in cui dichiarava di soffrire molto sottosterzo alla Parabolica, un dettaglio che tornerà utile in seguito, la Mercedes decide di richiamarlo ai box per montare un nuovo set di medie. Ciò che viene da chiedersi è perché la squadra tedesca in questo momento abbia scelto questo tipo di compound quando, in realtà, la hard stava dando ottimi riscontri: prima di tutto, la dura non era stata provata al venerdì dalla squadra tedesca e, dato l’ampio scarto prestazionale tra le varie mescole, sicuramente la medium garantiva molte più chance di riuscire ad avvicinarsi e poter tentare un attacco di quanto non potesse farlo la controparte. Al contempo c’è da fare un ragionamento sul come si stesse evolvendo in quel momento la gara: nel corso del primo stint era divenuto abbastanza evidente come la W10 non riuscisse a stare al passo né sui rettilinei né in uscita da quelle curve lente dove la trazione fa la differenza, ma dai dati del venerdì era anche chiaro come sul passo con gomma media molto probabilmente la Mercedes avesse qualcosa in più dei rivali se indisturbata. Viene quindi semplice capire come, molto probabilmente, la scelta degli uomini Mercedes fosse più volta non tanto all’aspettare un calo di Leclerc a fine gara, quanto riuscire ad essere competitivi nelle primissime fasi, sperare di concludere un attacco e tentare di prendere il largo per resistere poi ad un eventuale risposta del monegasco. In Ferrari hanno giustamente deciso di rispondere subito fermandosi il giro seguente per montare la hard, un opzione indubbiamente più versatile. Era importante non lasciare spazio al 5 volte campione del mondo di concludere un undercut che avrebbe reso più complicato poi rispondere in pista. C’è, però, da dire che in realtà per un momento gli strateghi del Cavallino avevano pensato di lasciar fuori Leclerc per un altro giro, scelta che poi non si è concretizzata anche per un fraintendimento via radio, preferendo poi richiamarlo box alla fine di quella stessa tornata. Chi invece ha scelto una strategia diversa è stato Valtteri Bottas, il quale, al contrario dei due rivali, è rimasto in pista su soft usata ancora a lungo, fase in cui ha poi costruito le basi per un suo possibile assalto al successo finale.
Andando però con ordine, nel corso del 23° giro, quindi nelle tornate immediatamente successive ai due pit stop, arriva il primo vero attacco da parte di Lewis Hamilton nei confronti del Ferrarista per la testa della corsa, cosa che non era riuscita in precedenza. Per affrontare questo discorso è però interessante andare ad analizzare come i due affrontassero in modo diverso la Parabolica della pista, un comportamento ripetuto durante tutto il corso della gara. Sin dal venerdì era abbastanza evidente come nella prima fase di questa zona della pista, la Mercedes potesse permettersi una linea più spigolata, con cui anticipare l’ingresso e allo stesso tempo portare più velocità in curva, guadagnando preziosi decimi. Al contrario, entrambe le Ferrari seguivano una linea più dolce, stando più larghi in ingresso per poi spalancare il gas a metà curva per massimizzare l’uscita. Due approcci diversi, molto diversi tra loro, ognuno con i propri punti forti e punti deboli. Una differenza ben evidente nel corso di tutto il Gran Premio, come si può in parte apprezzare dal frame sottostante.
Ciò che ha impressionato è come proprio la Rossa riuscisse ad uscire forte da quella zona, guadagnando quei pochi metri necessari per poi diventare imprendibile sul successivo rettilineo nonostante la scia e l’utilizzo del DRS da parte di chi seguiva. Naturalmente, però, con il corso dei giri ciò è stato anche ampliato dal fatto che stando così vicino al proprio rivale, Hamilton abbia iniziato a soffrire di un forte sottosterzo proprio in Parabolica, pregiudicandone leggermente la velocità di percorrenza e in uscita, senza contare l’impatto che tutto ciò poteva avere sugli pneumatici, come confermato anche via radio. Un discorso simile si può fare anche per la prima chicane. Mercedes era molto competitiva in frenata e nella percorrenza della stessa, grazie anche alla grande reattività dell’anteriore della W10, la quale su curve come queste si è espressa sempre al meglio durante il corso di tutto il mondiale. Al contrario la SF90 aveva il suo punto di forza in uscita dalla seconda curva, dove conta la trazione, guadagnando anche in questo caso quei pochi metri utili per riuscire a difendersi. Per ovviare a questa vistosa carenza, il muretto Mercedes ha anche consigliato ai propri piloti via radio di interpretare la chicane in modo differente, sacrificando parte dell’ottimo ingresso in curva 1 per guadagnare qualcosa in uscita da curva 2. Nonostante questo accorgimento, la Rossa di Mararanello ha sempre mostrato i muscoli, potendo resistere egregiamente in condizioni normali, ma nel corso del 23° giro la situazione cambia. La variabile in questo caso è stata la presenza di Nico Hulkenberg, il quale aveva compattato il gruppo nella tornata precedente: la presenza del tedesco della Renault, il quale non aveva effettuato ancora la sua sosta, è stata fondamentale perché ha fatto sì che nel tentativo di superarlo, Leclerc abbia scelto una linea più interna e poco favorevole alla Parabolica, pregiudicando la sua velocità in uscita. Per sua fortuna, il monegasco è riuscito comunque ad avere il DRS nel rettilineo successivo, ma la sua scelta di effettuare in quel momento il sorpasso ha aperto la strada ad un possibile attacco di chi seguiva, Lewis Hamilton. L’inglese, infatti, ha avuto modo di sfruttare meglio la scia di chi lo precedeva sul rettilineo parallelo ai box, potendosi avvicinare in modo pericoloso alla vetta della classifica: per difendersi da un possibile attacco, Leclerc ha dovuto necessariamente andare a coprire sull’interno, pregiudicando l’ingresso, la percorrenza e l’uscita della prima chicane. Al contrario, l’inglese ha potuto impostare la curva seguendo la linea ideale e ciò si è rivelato fondamentale nel momento in cui in uscita è riuscito a rimanere incollato alla Rossa che lo precedeva, fattore che gli ha poi permesso di sfruttare veramente la scia e provare il primo attacco della gara alla staccata della seconda variante.
Hamilton esce bene dalla seconda curva, prendendo la scia ed affiancandosi sul lungo curvone, fino al primo episodio che ha generato molte polemiche. Proprio prima dell’ingresso di curva 4, in fase di frenata Leclerc inizia a stringere l’inglese sull’esterno, fino a portarlo con due gomme oltre la linea. A quel punto Hamilton, conscio che non ci sarebbe stato spazio per tentare un attacco, decide di tirare dritto e prendere la via fuga, lamentandosi via radio di essere stato stretto eccessivamente. Per questa mossa il pilota Ferrari ha poi rimediato la sua prima bandiera bianco/nera di avvertimento della gara, con l’accusa di essersi mosso in frenata. Indubbiamente ciò ha comportato numerose polemiche in merito alla decisione dei commissari, se fosse corretto assegnare una penalità o solo un avvertimento. A dare una spiegazione più approfondita è stato Michael Masi, il direttore di gara: “La regola naturalmente è che il pilota debba lasciare almeno lo spazio di una vettura. In questo caso è chiaro che Charles abbia stretto Lewis e, se vogliamo tornare indietro, la decisione è stata in linea con quella presa una settimana fa a Spa con Pierre Gasly. Come risultato è stata esposta la bandiera bianca e nera nei confronti della vettura numero 16 la mossa e la chiusura nella zona di frenata. Se ci fosse stato un contatto e ciò avesse avuto delle conseguenze, lo avremmo esaminato un po’ più nel dettaglio, ma nello spirito di quanto chiesto dai team, dai piloti e quanto lavorato con la FIA e la F1, abbiamo rispettato quando detto la scorsa settimana a Spa, che avremmo usato la bandiera bianco/nera più spesso”, ha spiegato Masi. Naturalmente, come raccontato dallo stesso direttore di gara, ciò rientra nella nuova filosofia voluta dai team e dai piloti, il “lasciateli correre”, assegnando in casi come questo un semplice warning. Ciò che ha sollevato qualche dubbio, però, è la discriminante che può intervenire in questi casi: se ci fosse stato un contatto anche dalle minime conseguenze, come sarebbero intervenuti gli steward? Prendendo come esempio quanto accaduto l’anno scorso proprio a Monza, a Max Verstappen fu assegnata una penalità di 5 secondi per aver stretto Valtteri Bottas in curva 1, arrivando al contatto e facendo finire il finlandese nella via di fuga. La differenza tra i due episodi sta sostanzialmente nel contatto, ma nel caso Hamilton-Leclerc, ciò non è avvenuto solamente perché l’inglese ha tentato di evitare un incidente mettendo le gomme oltre la linea bianca. Come giudicare in questi casi? Per quanto il “let them race” sia condivisibile, molto probabilmente questo sarà un tema che si ripresenterà nel corso dei prossimi mesi e che creerà ulteriori polemiche. Rimane una mossa al limite, difficile da interpretare in modo assoluto, ma l’importante è che ora rimangano su questa linea di pensiero anche nei successivi appuntamenti.
I giri passano, ma la situazione non sembra diversa da quella che si era già vista nel primo stint. Hamilton rimane molto vicino, ma non abbastanza per tentare un attacco, mentre Leclerc continua a soffrire e a sfruttare al meglio le caratteristiche della SF90, le quali si sono poi rivelate la carta vincente. Al giro 36° arriva però il secondo episodio chiave della gara: alla fine del lungo rettilineo, il monegasco della Ferrari arriva al bloccaggio dell’anteriore sinistra in frenata, ancor prima di impostare la curva. Avendo capito di non poter centrare il punto di corda, Leclerc decide di tagliare la prima chicane, ma non seguendo la classica via di fuga progettata appositamente per episodi come questi, bensì sui “salsicciotti” pensati per rallentare nella parte più interna. Naturalmente ciò ha permesso a Charles di minimizzare la possibile perdita di tempo rispetto alla classica via di fuga e, oltretutto, gli ha dato modo di avere comunque una buona accelerazione per difendersi dal successivo attacco di Hamilton alla Curva Biassono. Anche in questo nulla di fatto per Lewis, che si deve accontentare di rimanere in seconda posizione. Al pilota della Ferrari è poi stato assegnato il secondo warning della gara, ma anche in questo caso non sono mancate le polemiche in merito ad una possibile penalizzazione. La sfida rimane aperta, sul filo dei centesimi, una battaglia quasi mentale. Entrambi, però, guidano davvero al limite, tanto che non è stato difficile trovare dei piccoli errori, come dei bloccaggi o delle perdite di posteriore, soprattutto in quelle zone di forte frenata oppure all’Ascari. Restare così a lungo nella scia del rivale, però, ha indubbiamente delle conseguenze ed è così che al giro 42 Lewis, complici delle gomme ormai arrivato allo stremo, finisce lungo in curva 1, perdendo la posizione anche sul compagno di squadra Valtteri Bottas. Proprio verso la fine, quindi, l’inglese si è dovuto arrendere ai punti di forza della SF90 e ad una guida tutto pepe del Ferrarista, nonostante un passo che sulla carta sembrasse poter dare un piccolo vantaggio a pista libera. Da quel punto in poi la gara di Hamilton si è concentrata sul portare a casa il giro veloce della corsa, tattica che prevedeva un pit stop aggiuntivo per montare un set di gomme fresche e tentare l’assalto al cronometro.
Chi è passato sottotraccia è stato Valtteri Bottas. Nella prima parte di gara, tralasciando l’episodio alla partenza, il finlandese non si è reso protagonista di particolari avvenimenti, ma dal punto di vista strategico la sua è stata forse la corsa più interessante. Come detto in precedenza, in Mercedes erano ben consci della possibile durata della soft, quindi pensare di poter diversificare le strategie tra i due piloti era un’opzione assolutamente praticabile e realistica. In questo piano, però, c’era un grosso ostacolo, ovvero Sebastian Vettel. Coprire due piloti diversi avrebbe reso estremamente più complicato riuscire a trovare il giusto spiraglio per centrare il momento corretto in cui effettuare le soste. Il testacoda del tedesco della Ferrari ha però aperto le porte ad una maggior libertà in termini di strategia per le due “Frecce d’Argento”, che hanno potuto giocare per massimizzare ogni stint per entrambi i piloti. Per Valtteri Bottas la Mercedes ha scelto un approccio che puntava a tirare fuori il massimo nell’ultima parte di gara, quando le gomme di Leclerc avrebbe dovuto subire un drop di prestazioni. Per questo è stato deciso di allungare il primo stint del finlandese facendloo rimanere in pista gomme soft usate, per poi montare le medie e tentare l’assalto alla vittoria. C’è da segnalare, come, tra l’altro, Bottas in realtà sia stato molto sfortunato, perché se avesse ritardato il suo pit stop di un solo giro, sarebbe rientrato sotto VSC guadagnando ulteriori secondi preziosi in una delle pit lane più sfavorevoli di tutto il mondiale in termini di tempo. Una strategia che di per sé ha funzionato, permettendo al pilota della casa di Stoccarda di giungere effettivamente sulla coda del rivale, ma, anche in questo caso, i punti di forza della SF90 sono stati sufficienti per difendersi nei momenti salienti. Nonostante ci abbia provato a lungo, sfruttando anche un calo di gomme sulla vettura di Leclerc, arrivato come in Belgio proprio nelle ultimissime tornate, il finlandese si è poi dovuto accontentare del secondo posto, lontano solamente pochi decimi da quella vittoria che sembrava alla portata.
Dopo 53 lunghissimi giri, nel momento in cui Charles Leclerc ha passato il traguardo il mondo Ferrarista si è potuto liberare, ha potuto togliersi dalle spalle tutta quella pressione e quella sofferenza che hanno accompagnato ogni singola tornata di questo infinito Gran Premio. Il monegasco ha fatto qualcosa di meraviglioso. Per come ha saputo controllare le varie fasi di gara, per la gestione gomme, per come ha saputo gestire la pressione messa da Hamilton, uno che non ti lascia un attimo di respiro e sa come attaccarti, come farti male. È stato scaltro ma anche fortunato in certi episodi al limite, ampiamente discutibili, ma che lo hanno visto avere la meglio. Ha lottato come un leone. E in questa gara la Ferrari gli ha dato il giusto supporto, sapendo leggere l’evoluzione della corsa e fornendogli la miglior strategia possibile, mentre la SF90 è stata imbattibile nei suoi punti di forza, i quali si sono rivelati fondamentali per riuscire a conquistare il trofeo più ambito. Monza è di nuovo Rossa, finalmente. L’aspetto negativo della giornata, se così possiamo vederlo, è che questo successo rappresenta anche in un certo senso la vittoria mondiale della Ferrari, il risultato che sognavano, che volevano, ma che conta solo per il morale, mentre gli altri lottano per il vero mondiale, costruttori e piloti. È una vittoria effimera, amara, così come lo era in Canada, così come lo era in Belgio, così come lo è stato a Monza. E in tutte e tre le gare, la SF90, seppur calata nel suo ambiente naturale, ha dimostrato sì tutti i suoi punti di forza, ma anche tutti i suoi limiti. Limiti che potevano costare il successo in tutte e tre le occasioni. E di questo va invece dato atto alla W10, vettura che fino ad ora ha saputo esprimersi ad altissimi livelli su quasi tutte le tipologie di tracciato, tranne per sporadici episodi. E per questo, per un mondiale che sicuramente arriverà tra qualche appuntamento e per la forza mostrata ovunque, vanno solo fatti i complimenti al gruppo di lavoro degli uomini Mercedes, capaci ancora una volta di sfornare un gioiello e una delle vetture più più forti della storia di questo sport.
Sebastian Vettel: un weekend difficile
Di per sé ci sarebbe ben poco da dire in merito alla gara di Sebastian Vettel, conclusasi essenzialmente al sesto giro dopo un testacoda. Da quel momento in poi il pilota di Heppenheim non è stato protagonista di nessun episodio particolare, ma questa vuole essere più una riflessione al momento che sta vivendo il tedesco, anche se generalmente è sempre estremamente complicato parlare in questi termini, dato che i giudizi cambiano da una settimana all’altra.
Indubbiamente si trattava di un weekend importante per il 4 volte campione del mondo. Non era un fine settimana come un altro. Era il Gran Premio d’Italia, un appuntamento unico, che Sebastian ha più volte dichiarato di voler vincere con la Ferrari, di voler realizzare quel sogno di salire con la tuta rossa sul gradino più alto del podio davanti alla sua gente, davanti a quel popolo per cui anche Vettel stesso ci sta mettendo cuore e anima. Non poteva essere un fine settimana come gli altri. Era quasi l’opportunità per riscattare una stagione al di sotto delle aspettative personali e di squadra, avara di soddisfazioni se non per quanto avvenuto in Canada. Sentire la carica, sentire la passione, metterla sul pedale destro e portarla con sé in pista. Entrare nella testa di un pilota è difficile, se non impossibile. Ognuno è diverso. A malapena ci riescono i piloti tra loro, figuriamoci noi davanti ad un computer o un pezzo di carta su cui annotiamo tutti i nostri pensieri e le nostre sensazioni. È per questo che è anche complicato riuscire a descrivere come un pilota viva un determinato stato di forma, se ci creda ancora o se non ha mai smesso di provarci. Questo sta solamente a Sebastian, capire sé stesso. In tanti anni lui ha dimostrato di essere il più duro nei suoi stessi confronti, il più critico sul capire cosa potesse fare meglio, mettersi in gioco sul piano tecnico ed analizzare anche il più piccolo dettaglio. E sta a lui analizzare cosa sia successo non solo in questa stagione nel suo complesso, ma soprattutto in questo weekend, perché sul morale non può non essere una brutta botta da sopportare.
Inutile dire che gli episodi di sabato qualcosa l’abbiano generata e che qualcuno, al contempo, l’abbia combinata grossa, abbia lasciato una cicatrice che starà a Mattia Binotto cercare di sanare. Ma dimenticare è difficile. Metterselo alle spalle ancora di più. Con i giusti paragoni, Martin Luther King diceva che “nulla viene dimenticato più lentamente di un’offesa, e nulla più velocemente di un favore”. Vettel è una persona intelligente e si spera che sia in grado di valutare la situazione nel miglior modo possibile, dal punto di vista personale e di squadra, e si spera che anche la Ferrari sia in grado di fare altrettanto. Per tutti. I fatti di domenica sono stati semplicemente l’apice di un Gran Premio iniziato male e finito ancora peggio. I due errori, seppur comprensibili e spiegabili dal punto di vista tecnico, sono stati pesati, quasi come una mazzata. Sovrasterzo in entrata dell’Ascari, perdita del posteriore alleggerito e il gioco è fatto, non c’è più nulla da recuperare. Così come il rientro in pista, pericolosissimo e che avrebbe potuto portare conseguenze anche malauguratamente molto più serie. Inutile dire che per la posizione di rientro, avere una visuale dei piloti che arrivavano in quei frangenti fosse quasi impossibile, non solo per la presenza dell’Halo, ma anche per le limitazioni imposte dalle protezioni laterali e dal dispositivo Hans. Se ci si aggiunge il fatto che la vettura è andata anche più volte in anti-stall e che in parte è stata anche “rallentata” da un cordolo che per un momento gli ha fatto perdere direzionalità delle ruote anteriori, il gioco è fatto. Un rientro che comunque, al netto della spiegazione, resta pericolosissimo e per cui fortunatamente non ci sono state conseguenze più serie data la dinamica e la posizione delle due macchine.
Per uno sport che gioca sul filo dei millesimi, certe volte pochissimi secondi possono cambiarti un intero weekend. È come un colpo da KO da cui Vettel deve sapersi rialzare, non solo per la Ferrari, ma soprattutto per sé stesso. Perché Sebastian è un quattro volte campione del mondo e ciò vuol dire più di mille parole.
Renault: una piacevole sorpresa
La squadra che si è rivelata essere la vera sorpresa del weekend è senza dubbio la Renault, che sul circuito brianzolo ha ottenuto il suo miglior risultato da quando è tornata in Formula 1 nel 2016. Un quarto e un quinto posto che naturalmente devono essere presi con cautela, non solo per le caratteristiche del circuito favorevoli, ma anche per gli inconvenienti capitati agli avversari, i quali hanno sicuramente semplificato il compito dei due uomini in giallo. Deve però anche essere visto come un punto di partenza, perché fino ad ora il team francese ha estremamente deluso rispetto alle aspettative che la vedevano dover fare un passo concreto in avanti verso la zona podio, invece che uno all’indietro. Rimane però da sottolineare come, quantomeno su questa pista, la Renault abbia sfoderato il passo gara migliore della midfield, tenendo testa anche, per certi versi, alla Red Bull. Naturalmente gli episodi di gara sono stati estremamente favorevoli, a partire dal contatto tra Carlos Sainz e Alex Albon che ha fatto perdere diverse posizioni al pilota anglo-tailandese, o l’errore al pit stop della McLaren che ha impedito proprio allo spagnolo di potersi avvicinare, o ancora la virtual safety car intervenuta nel momento perfetto per effettuare un pit stop con Daniel Ricciardo e limitare il tempo perso durante la sosta. Inoltre, le numerose penalità rimediate da Max Verstappen e Sergio Perez hanno permesso di controllare la gara in modo con più serenità. Ma ciò non toglie che non solo il passo in qualifica ma anche quello in gara siano stati assolutamente positivi e che nel momento in cui c’è stato da difendersi da vetture potenzialmente più veloci, come il duello Hulkenberg-Albon sul finire di gara, i due piloti del team transalpino non abbiano sfigurato, mantenendo anche la posizione meritatamente conquistata. La prossima sarà una prova estremamente più complicata, Singapore, dove le curve lente e le basse velocità hanno già messo in difficoltà la RS19 durante questa stagione.
La battaglia della midfield: tra penalità, errori e sfortuna
Certe volte capitano weekend estremamente poco lineari, pieni di eventi che possono ribaltare completamente il risultato di un intero fine settimana di lavoro. Ed è proprio ciò che il Gran Premio d’italia ha rappresentato, tra penalità, errori e sfortuna. Monza è una pista dove generalmente si può sorpassare ed è per questo che molte squadre hanno scelto proprio il tracciato brianzolo per sostituire le Power Unit ed andare in penalità, esattamente come fatto da Max Verstappen, Pierre Gasly e Lando Norris. A loro si sono poi aggiunti anche Sergio Perez e Kimi Raikkonen, costretti a partire dal fondo a seguito della sostituzione del motore nel post-qualifiche. La nota interessante è che mentre sulla vettura del finlandese è stato montato un motore di diversa specifica, cosa che lo ha costretto a prendere il via dalla pit lane, sulla monoposto del messicano è stato deciso di aggiungere alle unità a disposizione un motore di vecchia specifica, la Phase 2 Mercedes, al contrario dei piloti ufficiali che possono disporre della Phase 3. Ciò significa che per il resto della stagione, Perez non avrà a disposizione l’ultima evoluzione della Power Unit tedesca.
Ti rendi conto che questo weekend diventa ancora più strano quando Beat Zehnder, Team Manager Alfa Romeo con 25 anni alle spalle in questo sport, interpreta male il regolamento e decide di montare sulla vettura di Kimi Raikkonen delle gomme diverse da quelle che in teoria il finlandese avrebbe dovuto calzare ad inizio gara. Essendo partito dalla pit lane, in Alfa-Sauber i tecnici pensavano di poter mettere da parte la regola che in merito all’utilizzo alla partenza della gomma usata per il giro più veloce in Q2, potendo di conseguenza usare un diverso set di pneumatici. Ciò, però, va contro il regolamento e Raikkonen, che era partito su mescola media invece che sulla soft, si è dovuto arrendere ad uno stop&go che ha ulteriormente complicato la sua gara quanto non più di quanto lo avesse già fatto un incidente nel corso del Q3 il giorno precedente. Un fine settimana disastroso per Iceman, protagonista di diversi fuori pista dalle conseguenze piuttosto gravi per la sua vettura, che va ad unirsi a quello del Belgio, dove la sua bellissima prestazione in qualifica era stata vanificata da un incidente con Max Verstappen nel corso del primo giro. È strano vedere Kimi commettere così tanti errori in un solo weekend, quando al contrario in questa stagione ha sempre dimostrato di essere un pilota affidabile da questo punto di vista. In casa Alfa Romeo possono però ritenersi comunque parzialmente soddisfatti della trasferta italiana, grazie al prezioso nono posto conquistato da Antonio Giovinazzi. Se a Spa l’italiano si era fatto sfuggire una grossa opportunità per via di un incidente nel corso delle ultime tornate (nonostante un’ottima gara condita anche con un sorpasso spettacolare ai danni di Daneiel Ricciardo), a Monza il pilota di Martina Franca ha centrato un buonissimo risultato, ricevendo anche i complimenti dai vertici del team.
In casa Racing Point è stata una gara a due facce. Se al sabato Lance Stroll era stato il protagonista centrando la sua prima Q3 stagionale e Sergio Perez si era dovuto arrendere in Q1 a causa di un problema tecnico, in gara i ruoli si sono invertiti. Il canadese è stato suo malgrado vittima dell’incidente con Sebastian Vettel all’Ascari che lo ha fatto finire in testacoda mentre stava lottando per la zona punti: Stroll ha provato in tutti i modi ad evitare l’impatto, ma il poco spazio a disposizione non ha lasciato scampo, proiettandolo proprio sulla linea ideale in uscita dall’Ascari. Dovendosi spostare rapidamente da una zona pericolosa, anche il canadese ha effettuato la stessa manovra di rientro di Vettel, muovendosi mentre sopraggiungevano altre auto, manovra per cui ha rimediato un drive through. A farne le spese è stata la Toro Rosso di Pierre Gasly, la quale è dovuta andare nella ghiaia al fine di evitare il contatto, anche se rimane comprensibile come Stroll volesse muoversi da una posizione scomoda e che la visibilità fosse limitata. Si è trattato di una grandissima rimonta, invece, per Sergio Perez, partito dal fondo per la sostituzione di alcuni elementi sulla Power Unit, ma capace di risalire fino ad un preziosissimo settimo posto che vuol dire punti nella classifica costruttori. Come sempre il messicano ha un rapporto speciale con la pista brianzola, dove è arrivato a punti in ben sette occasioni su nove, incluso un memorabile podio nel 2012: Sergio ha saputo sfruttare al meglio le situazioni di gara e la strategia, inclusa una VSC che gli ha permesso di ridurre il tempo del pit stop e recuperare virtualmente delle posizioni. Ma la sua corsa è stata segnata anche dal bel duello nella fase finale con Max Verstappen, anch’egli partito dal fondo per l’aver montato un nuovo motore, per la precisione la spec 4 Honda. L’olandese è stato anche protagonista di un incidente nel corso del primo in curva 1, dove è andato a tamponare proprio la vettura di Perez, “incolonnata” nel traffico del primo giro, rimediando la rottura dell’ala anteriore. Max ha poi ricostruito la sua gara, fino a quando negli ultimi giri si è dovuto confrontare nuovamente con Perez: seppur sul passo il pilota Red Bull sembrasse più veloce, le alte velocità di punta della Racing Point e un problema tecnico sulla vettura di Verstappen, non hanno permesso al giovane talento di tentare un vero attacco sui lunghi rettilinei, dovendosi poi accontentare dell’ottavo posto.
A conclusione della top ten Lando Norris, protagonista in realtà di una gara non eccezionale, ma in cui ha saputo evitare problemi recuperando dal 16° posto in griglia. In generale, comunque, per la McLaren si è trattato di un fine settimana abbastanza negativo, dato che un abbordabile sesto/settimo posto con Carlos Sainz Jr. è andato in fumo dopo un pit stop in cui non era stata avvitata l’anteriore destra. Fuori dai punti con grande rammarico la Toro Rosso, che con Daniil Kvyat stava disputando una grande gara fatta di strategia ed astuzia sfruttando la VSC: indubbiamente il russo sarebbe riuscito a concludere in top ten, ma una perdita d’olio ha mandato in fumo la sua Power Unit costringendolo a parcheggiare la STR14 subito dopo il pit stop. Giornata negativa anche per la Haas, vittima non solo delle prestazioni altalenanti ma anche degli errori dei propri piloti: Romain Grosjean si è girato in uscita dall’Ascari ad inizio gara, costringendo la squadra ad un pit stop anticipato, mentre Kevin Magnussen è stato protagonista di un brutto bloccaggio in curva 1 mentre si trovava in nona posizione, in cui si è dovuto anche in questo caso ricorrere ad una sosta aggiuntiva. Il danese si è poi dovuto ritirare per un problema idraulico concludendo anticipatamente la sua corsa.
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