F1 | GP del Portogallo, Hamilton: una vittoria di strategia

Il campione inglese è riuscito a portare a casa la seconda vittoria stagionale sapendo alternare momenti di attacco a fase di gestione

F1 | GP del Portogallo, Hamilton: una vittoria di strategia

Così come nel 2020, a porre il proprio sigillo sui sali e scendi di Portimao è stato ancora una volta Lewis Hamilton, che in terra portoghese è così riuscito a conquistare la seconda vittoria stagionale dopo quella ottenuta nella gara di apertura in Bahrain. Una performance in cui il pilota della Mercedes è riuscito a combinare in maniera efficace fasi di gestione a momenti più aggressivi, anche con un cambio di approccio durante la corsa stessa per sfruttare al meglio gli pneumatici.

Gomme che hanno rappresentato uno dei temi più spinosi del weekend, data la scelta presa da Pirelli di portare in Portogallo le mescole più dure dell’intera gamma, le quali non si sono del tutto ben adattate all’asfalto estremamente liscio e scivoloso di Portimao, portando così ad una situazione di scarso grip per cui i piloti hanno espresso più volte il loro disappunto. Per quanto il degrado non fosse particolarmente elevato nonostante le condizioni leggermente più calde rispetto ai giorni precedenti, riuscire a far funzionare gli pneumatici nel corretto working range sarebbe stato fondamentale al fine di estrarre il massimo dalla vettura. Da questo punto di vista, il secondo posto conquistato in qualifica rappresentava allo stesso tempo un’opportunità ma anche un problema: rimanere a lungo dietro il proprio compagno di squadra, infatti, avrebbe potuto influire in maniera rilevante sulle gomme, portando le temperature ad uscire fuori della finestra di funzionamento ideale, pregiudicando così il grip complessivo, come accaduto a Max Verstappen nel suo inseguimento a Valtteri Bottas nelle fasi iniziali di gara.

Proprio per questo, riuscire a prendere la testa della corsa già nei primi giri sarebbe stato estremamente importante, ma lo scatto al via dalla parte più sporca della pista non era stato dei migliori, dovendosi così accontentare di difendere la seconda posizione dagli attacchi dell’olandese della Red Bull. L’entrata della Safety Car dovuta ai detriti lasciati in pista da Kimi Raikkonen alla fine del primo passaggio, tuttavia, aveva garantito all’inglese una nuova chance di riavvicinarsi al compagno di squadra e tentare un sorpasso, un elemento che gli avrebbe poi consentito di imporre il proprio ritmo. Un’opportunità in realtà mal sfruttata, perché alla ripartenza il sette volte campione del mondo si era fatto sorprendere dal battistrada, con una mancanza di spunto sul rettilineo principale che aveva permesso a Max Verstappen di sopravanzarlo salendo in seconda posizione. Uno scenario inatesso per cui, nel post-gara, Hamilton ha cercato di una spiegazione: “Ho perso la posizione, ecco cosa è successo! Beh, è stato interessante perché mi stavo concentrando su Valtteri naturalmente e letteralmente solo per una frazione di secondo ho guardato nei miei specchietti per vedere dove era Max e in quella frazione di secondo che è quando Valtteri è andato.” Una frazione di secondo che gli è costata la posizione, data l’impossibilità di difendersi dal rivale della Red Bull che, sfruttando la scia, era riuscito a compiere un agevole sorpasso.

Nei giri immediatamente successivi alla ripartenza, era evidente come Verstappen sembrasse avere qualcosa in più dalla sua, probabilmente anche grazie alla capacità della RB16B di essere leggermente più efficace nella fase di riscaldamento degli pneumatici, tanto che per l’olandese non era stato difficile riportarsi negli scarichi di Bottas nello spazio di pochi chilometri, mentre Hamilton si manteneva a distanza. Max riusciva ad essere incisivo nel primo settore, dove costantemente si riavvicinava al battistrada, per poi ritrovarsi a distanza alla fine del terzo settore: ciò che mancava era soprattutto una buona uscita dalle ultime due curve dove, generalmente, le Mercedes riuscivano a fare la differenza e a guadagnare un minimo vantaggio che avrebbe poi consentito ai due portacolori della squadra tedesca di difendersi anche sul rettilineo principale. In questa prima parte di gara, è interessante notare come Hamilton interpretasse alcune zone del tracciato in maniera differente rispetto ai propri avversari, in particolare nel secondo settore: linee più strette che gli permettevano di percorrere meno strada, anche se ponevano sotto un maggior stress gli pneumatici. Un comportamento visibile soprattutto in curva 10/11 e in curva 13, due tratti in cui la pista offre diverse modalità di interpretazione e differenti traiettorie. Un comportamento che serviva soprattutto a non perdere contatto con il gruppo di fronte a sé, cercando di preservare gli pneumatici in altre zone del circuito dove questi erano posti maggiormente sotto stress.

Dopo qualche passaggio in cui l’olandese della Red Bull aveva tentato il sorpasso del battistrada, l’aumento delle temperature delle sue coperture e una difficolta nel riuscire ad interpretare in maniera perfetta l’ultimo settore aveva fatto sì che Verstappen avesse perso terreno, tanto che il suo ingegnere di pista gli aveva chiesto di prestare attenzione alla percorrenza e all’uscita di curva otto, permettendo a Hamilton di portarsi nuovamente nei suoi scarichi. Un’opportunità da sfruttare rapidamente, perché il rischio che Lewis subisse lo stesso destino non era da sottovalutare rimanendo a lungo nella medesima posizione: l’opportunità più ghiotta era indubbiamente quella sul rettilineo principale dove, sfruttando l’effetto del DRS, il numero 44 della Mercedes avrebbe potuto sopravanzare il rivale e mettersi alla caccia di Bottas in prima posizione. Il problema sorgeva nel momento in cui, seppur Verstappen non riuscisse ad essere così incisivo nelle curve 14-15 come le due W12, l’effetto scia nel lungo tratto in accelerazione aiutava sia a restare abbastanza vicino al battistrada che a difendersi dal sette volte campione del mondo. A cambiare radicalmente la situazione, tuttavia, era stato un errore proprio in curva 14 dove, a seguito di una perdita di aderenza del posteriore, Max era finito al di fuori della linea ideale perdendo tempo e spunto per quello il tratto finale della tornata, lasciando così campo libero a Hamilton di sfruttare il DRS e completare il sorpasso.

Nei passaggi successivi, tra il duo di testa si riscontrava una sorta di tira e molla, con i distacchi che continuavano a variare a seconda della zona del tracciato, complici anche alcuni piccoli errori dell’inglese in fase di frenata, dove in diversi occasioni era arrivato ad un leggero bloccaggio dell’asse anteriore. Anche quello posteriore, tuttavia, era un punto critico perché, per quanto il tracciato di Portimao presenti caratteristiche da pista “front-limited”, ovvero che premia soprattutto chi dispone di un buon anteriore, il rischio era di ottenere esattamente il contrario, mandando il crisi il retrotreno. Proprio per questo, gli ingegneri avevano suggerito più volte all’inglese di essere più gentile soprattutto in quelle zone della pista, come la percorrenza e l’uscita di curva 13, risapute per la loro aggressività sulle coperture, anche sfruttando una marcia più alta: ciò avrebbe sì ridotto la coppia a disposizione, ma avrebbe anche ridotto il pattinamento del retrotreno, che nelle ultime due curve rimanenti avrebbero dovuto lavorare intensamente. Non a caso, osservando anche l’analisi telemetrica sovrastante, è possibile notare come in curva sette Lewis esitasse leggermente sull’acceleratore, proprio per non gravare eccessivamente sulle coperture, senza dimenticare come lui disponesse di un assetto leggermente più carico rispetto al proprio compagno di squadra, come illustrato nell’analisi delle qualifiche. Il momento decisivo era verso la fine del diciannovesimo giro, quando Lewis aveva finalmente visto l’opportunità che stava inseguendo: un approccio estremamente conservativo e difensivo da parte di Bottas in curva tredici ne aveva pregiudicato l’uscita, dando così al suo compagno di casacca l’opportunità di rimanergli incollato e di sfruttare finalmente a pieno il DRS per portare l’attacco sul rettilineo principale. Un’occasione che il numero 44 della Mercedes non si era fatto sfuggire, completando la manovra all’esterno di curva uno, complice anche un’esile difesa di Bottas, che di certo non sembrava aver fatto di tutto per mantenere la testa della corsa. Ciò aveva completamente ribaltato la gara del sette volte campione del mondo, garantendogli la chance non solo di imporre il proprio ritmo, ma anche di gestire nella maniera più adeguata le coperture. Non a caso, già nelle tornate immediatamente successive al sorpasso, Lewis aveva iniziato a percorrere traiettorie molto più tondeggianti, soprattutto in curva 11, dove ora aveva optato per un approccio completamente differente rispetto a quanto avveniva nei giri precedenti: se prima del sorpasso Hamilton percorreva linee molto strette, anche per togliersi dalla scia di chi lo precedeva, una volta portatosi in testa era facile vederlo affrontare quella stessa zona del tracciato lasciando scorrere la vettura su un percorso più largo, per poi chiudere all’ultimo. Essenzialmente, quindi, si era allineato a ciò che avevano fatto i suoi avversari in precedenza e, complice anche l’essere in aria libera, le temperature degli pneumatici avevano iniziato ad abbassarsi, come riportato via radio.

Portatosi al comando, il sette volte campione del mondo era riuscito rapidamente ad imporre il proprio ritmo, imponendo un distacco che lo aveva messo al sicuro da un possibile ritorno del finlandese sfruttando l’ala mobile. Man mano che la gara si addentrava verso quello che sarebbe stato il momento del primo pit stop, Hamilton era riuscito a costruirsi un vantaggio importante che superava i quattro secondi, il che sarebbe stato fondamentale pensando proprio al pit stop: dato che Verstappen si trovava in terza posizione ad un distacco ridotto da Bottas, era logico supporre che Red Bull avrebbe potuto tentare un undercut nei confronti della W12 numero 77, in modo da conquistare quantomeno la seconda posizione di classifica. Date le temperature più alte dell’asfalto che avevano reso il warm-up delle coperture più rapido rispetto a quello visto al venerdì, intorno al giro/giro e mezzo con le mescole più dure, Mercedes non avrebbe potuto fare altro che difendersi immediatamente, richiamando il più in fretta possibile il proprio pilota. Ciò chiaramente non avrebbe messo a rischio l’inglese, ma rimanendo fuori anche solamente un giro in più il suo distacco si sarebbe chiaramente ridotto, per cui avere un buon margine che gli permettesse di portare le gomme nella corretta finestra di funzionamento avrebbe potuto fare la differenza, evitando quel calo che, ad esempio, Sainz ha poi accusato dopo aver forzato nei primi giri per rimanere attaccato a Lando Norris.

Da questo punto di vista, è interessante sottolineare come in concomitanza con il pit stop, l’ingegnere gli avesse suggerito anche una particolare mappatura, nello specifico “HPP 12 position 5”, che è ormai è comune sentire proprio in quelle occasioni in cui vi è il bisogno di aiutare la fase di riscaldamento degli pneumatici, come durante un Safety Car, in condizioni particolarmente fredde o di pioggia, a dimostrazione che comunque vi era la necessità di supportare la gomma. Complice il duello che aveva visto impegnati Bottas e Verstappen, con quest’ultimo che dopo la sosta era riuscito a portarsi in seconda posizione, il vantaggio di Hamilton si era mantenuto ad un livello assolutamente accettabile, ovvero intorno ai tre secondi. Superata la fase più critica, l’importante sarebbe stato a gestire al meglio le coperture fino alla fine ed evitare la “grana” Perez che, una volta capito che fosse ormai escluso dalla lotta per il podio, era stato mantenuto a lungo in pista dal team probabilmente anche per ostacolare proprio il battistrada, permettendo a Verstappen di accorciare il gap e provare a mettere nuovamente pressione all’inglese. Se nel primo stint l’asse “limitante” era stato maggiormente quello anteriore, nella seconda metà di gara, come riportato dallo stesso Hamilton via radio, il problema maggiore si era presentato al posteriore a causa di temperature fuori dal range di funzionamento ideale, complice anche la scelta presa prima del pit stop di aumentare l’incidenza dell’ala. Al di là di questo minime differenze, che il sette volte era comunque riuscito a controllare in maniera egregia, la strada per centrare il secondo successo stagionale era tutto in discesa, anche perché con il passare dei giri il vantaggio sui rivali alle proprie spalle era in realtà aumentato, fino a sfiorare i cinque secondi. L’unico dilemma di un secondo stint relativamente tranquillo lo si era visto proprio negli ultimi passaggi, quando era sorto il dubbio in merito alla possibilità di puntare alla conquista del punto aggiuntivo per il giro veloce. Un rischio giudicato eccessivo dall’inglese, ancor prima che gli giungesse la comunicazione del pit stop di Bottas: “Oggi ho rimontato dal terzo posto, quindi per me è stato un lavoro solido e ci sono giorni in cui è necessario prendere il rischio extra per fare un giro in più ma oggi non era uno di quelli. Penso che si trattasse solo di assicurarsi di finire bene e mettere i punti nel sacco, perché ogni punto conta, ma avevo sentito che Valtteri si era fermato e poi ho sentito che anche Max si era fermato, per cui se la sarebbero giocati loro due”, ha poi spiegato il vincitore nelle interviste dopo la corsa.

Un successo importante, grazie a cui Hamilton è riuscito ad incrementare il proprio vantaggio in classifica su Verstappen ad otto punti. Un bottino che, all’apparenza, potrebbe sembrare ridotto, ma che, in un campionato che in queste prime fasi ha dimostrato di essere estremamente combattuto, potrebbe fare la differenza a fine stagione. Ciò che sembra fondamentale, al momento, è trovare una costanza di rendimento che permetta di essere competitivi su ogni pista, riducendo al minimo eventuali errori che potrebbero far perdere punti preziosi.

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