F1 | GP Bahrain: il lungo duello tra Leclerc e Verstappen

Il primo Gran Premio della stagione ha regalato una sfida in pista e sul piano strategico tra Ferrari e Red Bull

F1 | GP Bahrain: il lungo duello tra Leclerc e Verstappen

Sotto i riflettori di Sakhir, la Ferrari è tornata a brillare nel miglior modo possibile, conquistando una doppietta da vera protagonista. È un inizio di stagione da sogno per il team di Maranello che, alla vigilia del primo appuntamento del campionato, non si era nascosto dichiarando apertamente di puntare alla vittoria. Una promessa mantenuta con una corsa guidata dall’inizio alla fine, da quella pole position conquistata in grande stile al sabato fino alla bandiera a scacchi, per alzare in alto quel trofeo che ormai mancava da oltre due anni e mezzo.

È lecito tornare a sognare in casa Ferrari? Chiaramente è ancora presto per dirlo, ma la notizia più importante è l’essere tornati lì davanti, lì dove il Cavallino vuole rimanere, nonostante la concorrenza si promette particolarmente agguerrita. L’antagonista principale è senza dubbio la Red Bull, più di quanto racconti quello zero finale in classifica figlio di un doppio ritiro dal sapore amaro negli ultimi giri, capace di dare filo da torcere ad entrambe le F1-75 per gran parte della gara. RB18 che ha patito quelli che per tutto il weekend sono stati i punti di forza della Ferrari, in particolare quel dominio in fase di trazione dove la Rossa è sembrata imbattibile, consentendo ai propri piloti di difendersi anche nei momenti più tesi.

Un ruolo importante l’ha giocato anche la lunga preparazione con cui il team diretto da Mattia Binotto è giunto al primo appuntamento della stagione. Il lavoro completato nei test prestagionali sulla lunga distanza aveva dato modo alla squadra di concentrarsi sin dal venerdì sul giro secco, conquistando quella pole position che poi si è rivelata fondamentale in gara.

“Sono felice. Ancora una volta continuo a ripetermi, ma gli ultimi due anni sono stati incredibilmente difficili per la squadra e sapevamo che questa sarebbe stata una grande opportunità per il team e i ragazzi hanno fatto un lavoro incredibile, dandoci questa macchina incredibile. Quindi per ora è iniziata nel miglior modo possibile: pole position, vittoria, giro più veloce, doppietta oggi con Carlos, non potevamo sperare di meglio”, ha spiegato Leclerc durante le interviste.

Primo stint: Leclerc allunga, Verstappen si destreggia tra le difficoltà

Allo spegnimento dei semafori, Leclerc era stato autore di un ottimo scatto dalla pole, andando subito a coprire l’interno per evitare un possibile tentativo di attacco da parte di Verstappen in curva uno, sempre molto scaltro nell’approfittare di ogni opportunità a sua disposizione. Non avendo spazio a sufficienza per inserirsi sull’interno, l’olandese aveva quindi cambiato strategia, tirando la staccata sulla traiettoria esterna più gommata per preparare l’incrocio con cui avrebbe poi cercato il sorpasso verso la fine del primo settore. Un tentativo, tuttavia, prontamente sventato dal monegasco, bravo nel chiudere la porta spostandosi nuovamente verso il centro della pista, in modo da togliere al rivale lo spazio necessario per tentare la manovra.

Restare davanti era fondamentale, era ciò per cui la Ferrari aveva lavorato il venerdì e Leclerc non aveva deluso le aspettative, consentendo agli strateghi di seguire il piano prestabilito. La speranza era quella di incrementare rapidamente il gap sui piloti alle proprie spalle e sfruttare la soft nuova scelta per la partenza, in modo da poter allungare lo stint oppure disporre di un vantaggio tale da potersi difendere da un undercut. Una scelta che aveva dato i suoi frutti, perché anche se pur vero che i nuovi regolamenti tecnici hanno aiutato nel ridurre l’impatto negativo dell’aria sporca, il mantenersi in scia ha ancora un’influenza sulla vettura, specie a livello di temperature. Aspetto che Verstappen avrebbe scoperto poco più tardi, in quanto già a partire dal quarto/quinto giro l’olandese sarebbe stato costretto a mettere in atto la tattica del lift and coast per mantenere sotto controlli i freni, tanto da spingerlo in curva uno ad alzare il piede dall’acceleratore ancor prima del cartello dei 150 metri. Un fenomeno che si sarebbe poi ripresentato anche in altre zone del tracciato e che in parte aiutava a comprendere il perché il pilota della Red Bull faticasse nel mantenere il ritmo del battistrada, che passaggio dopo passaggio riusciva a incrementare il suo vantaggio di qualche decimo fino ad arrivare ad un gap di circa quattro secondi.

Numeri che, però, non raccontato interamente quanto successo, dato che esistono due lati della storia. In particolare, è interessante osservare come Ferrari avesse reagito alle difficoltà degli avversari. Più Verstappen era costretto ad effettuare lift and coast, più gli strateghi del team di Maranello rispondevano con la stessa tattica, potendo così non solo ridurre il consumo degli pneumatici ma anche salvare carburante, tanto che Leclerc a fine corsa non avrebbe avuto problemi in tal senso, come visibile anche dai i numeri sul dash del suo volante. Medesima strategia, differenti motivazioni e diverse applicazioni, considerando come nel primo stint il monegasco non fosse mai davvero giunto agli stessi livelli di saving del rivale, cercando piuttosto di adattarsi alle indicazioni ricevute via radio dal team. Per il pilota della Red Bull, la corsa si stava complicando, perché se da una parte era necessario cercare di mantenersi a distanza per preservare la vettura, dall’altra allontanarsi eccessivamente avrebbe reso più macchinoso rendersi poi minacciosi con un tentativo di undercut, specie nel momento in cui sarebbe stato costretto al passaggio sulla media. Non potendo recuperare in staccata, l’unica alternativa era quella di ragionare sulle traiettorie, adottando uno stile all’opposto rispetto a quello usato in qualifica. Se essendo in testa Leclerc poteva concedersi linee più dolci che aiutavano a preservare gli pneumatici, specie tenendo a mente delle buone qualità in fase di accelerazione mostrate dalla F1-75 durante il weekend, l’olandese era costretto a seguire un approccio più aggressivo, cercando di tagliare l’entrata per percorrere meno strada. Una scelta che se in parte aiutava a contenere il distacco, dall’altra metteva sotto ulteriore sforzo le coperture, specie quelle posteriori in uscita di curva che, su un circuito rear-limited, con una soft usata e il serbatoio pieno, non avrebbero retto a lungo. Sensazioni rafforzate dallo stesso Verstappen via radio, indicando al proprio ingegnere di pista come ormai il retrotreno in fase di trazione fosse al limite, rendendo di fatto quasi impossibile reggere il passo del poleman.

Situazioni del genere, però, non fanno altro aggiungere altra benzina al fuoco, creando una sorta di circolo vizioso pronto a colpirti a tradimento. Un problema ne genera un altro e così via. Un discorso applicabile al caso del campione del mondo, che verso fine stint aveva iniziato a soffrire anche in quei punti in cui in teoria avrebbe dovuto fare la differenza. L’esempio più lampante era quello di undici, dove la realtà lo portava a doversi confrontare un fastidioso sottosterzo, limitando le possibilità di tornare sull’acceleratore con una considerevole perdita in termini di tempo sul giro. Indicazioni che trovano conferme dalle telemetrie di uno degli ultimi passaggi del primo stint, in cui sono evidenti le difficoltà dell’olandese non solo nel dover adottare un lift and coast superiore al rivale, ma anche quelle nel mantenere il passo in curva.

Red Bull passa al contrattacco

Con Leclerc che ormai aveva preso il largo indisturbato, l’unica mossa a disposizione per il muretto Red Bull era quella di giocare in contrattacco, anticipando la sosta per montare l’altra soft a disposizione, in questo caso nuova. Se tendenzialmente i team evitano di impiegare la stessa mescola per due stint consecutivi, specie nella prima parte di gara per avere maggior flessibilità strategica, in questo caso Red Bull era quasi obbligata. Dai dati ricavati durante le libere, il delta tra il compound più soffice e quello medio era di oltre un secondo, per cui recuperare con la gomma a banda gialla non sarebbe stata un’opzione del tutto fattibile. L’altro aspetto da considerare è che gli strateghi della squadra di Milton Keynes in realtà avessero in mente anche un secondo fine, ovvero spingere la Ferrari a reagire anticipando a loro volta il pit stop, in modo che Leclerc non avesse l’opportunità di sfruttare appieno la gomma nuova scelta alla partenza per allungare lo stint. Il compound tenero rappresentava quindi l’alternativa più concreta per tentare di ribaltare il destino di una corsa che iniziava ad assumere tinte rosse.

In passato il Bahrain aveva dato prova in più occasioni di essere un tracciato in cui la tecnica dell’undercut potesse dare i suoi frutti, ma forse neanche in Red Bull si aspettavano di poter essere così competitivi nel giro d’uscita, tanto da recuperare oltre tre secondi e mezzo, complice un piccolo errore del monegasco nel giro di rientro. Nelle spazio di pochi chilometri, Verstappen si era ritrovato con un’occasione d’oro da non lasciarsi sfuggire, poter finalmente tentare l’attacco per essere quello da inseguire e non l’inseguitore. L’unica opzione di difesa per Leclerc era quella di sfruttare la parte ibrida della Power Unit per difendersi sugli allunghi, scaricando ogni volta la batteria per allungare nella prima fase del rettilineo, abbastanza perché l’olandese non avesse il tempo materiale per recuperare anche con l’apertura del DRS. Una tecnica che poteva funzionare nel secondo settore, dove il tratto più guidato consentiva di recuperare energia e mantenere la prima posizione, ma ben altra storia sarebbe stata quella per il rettilineo principale. Per quanto Leclerc fosse in grado di presentarsi all’uscita dell’ultima curva con un buon margine, il poter contare solamente su un livello di carica dell’ERS del 15% lo esponeva a seri rischi. Non deve quindi sorprendere se nella parte finale del rettifilo la Power Unit del Ferrarista andasse in derating, evidenziando velocità di punta inferiori anche di 40 km/h rispetto all’avversario alle sue spalle, che poteva fare affidamento sia sulla scia che sull’ala mobile. Erano proprio questi elementi a mettere Verstappen nella posizione tale da poter portare l’attacco in curva uno, nonostante poi il Ferrarista fosse molto scaltro nel prepararsi per restituire il favore alla fine dell’allungo successivo.

Lecito chiedersi il perché, a quel punto, il campione del mondo in carica non avesse tentato una strategia differente, evitando il sorpasso alla prima staccata per poi poter contare sul DRS anche prima di curva quattro. Due erano i problemi di fondo: le qualità della F1-75 in trazione e la posizione di pilota di Hasselt all’uscita dell’ultima curva, costantemente tra i sette e i nove decimi dal battistrada. Trovandosi così staccato all’inizio del rettilineo principale, anche con l’ala mobile e la scia – il cui effetto è minore quest’anno – Verstappen era in grado di rendersi una seria minaccia solamente nell’ultima parte dell’allungo, consentendo al monegasco di avere a disposizione tutto il tempo per preparare la propria difesa. In primis anticipando la frenata di qualche metro per rimanere dietro al detection point, in secondo luogo scegliendo la traiettoria migliore per allestire l’incrocio e massimizzare la fase di trazione. Anche se il portacolori della Red Bull avesse deciso di rimanere dietro alla linea di rilevazione del DRS, riuscire a portare a termine il sorpasso non sarebbe stato quindi semplice. L’unica opzione a disposizione era quella di annullare completamente il vantaggio della Rossa in fase di trazione, ma questo avrebbe significato accompagnare il Ferrarista fuori pista, mossa che avrebbe attirato senza dubbio l’attenzione della direzione gara. “Ho sempre cercato di frenare molto presto in  curva 1 per ottenere il DRS per la curva 4 e ha funzionato tre volte di fila. Così ho potuto mantenere il mio vantaggio. Ed è sempre stato anche molto difficile perché stavo lottando molto con la mia energia e dovevo gestire anche quella. Ma poi, dopo il terzo giro, penso che fossi in una finestra migliore e ho potuto spingere di nuovo e riuscire ad avere un po’ di margine per gestire la mia gara”, ha poi spiegato il numero 16.

Un duello che si era prolungato per tre tornate, con un continuo scambio posizioni, quantomeno fino a quando sulla vettura numero 1 non si era ripresentato lo stesso problema di inizio gara, ovvero l’allarme per le temperature dei freni. Concluso il momento critico, finalmente il team di Maranello aveva l’occasione di rifiatare, riportandosi anche su strategie di consumo dell’ibrido più consone ad una condotta di gara alla ricerca della pulizia che della performance pura. Da quel frangente in poi, si sarebbe riproposta la stessa danza del primo stint, con Verstappen costretto ad allontanarsi per ricondurre sotto controllo l’impianto frenante, mentre davanti Leclerc poteva agire con libertà, rispondendo colpo su colpo per adeguare il lift and coast e il livello di stress sulle gomme nei curvoni veloci. Osservando i tempi, tuttavia, ciò che salta all’occhio è che una volta riportati i freni nel giusto range di funzionamento, la differenza di passo tra i due non fosse così ampia, nonostante l’olandese iniziasse nuovamente a rimarcare quelle difficoltà di sottosterzo ne avevano condizionato l’andamento nei primi quindici giri.

Si passa alla media

Seconda tornata di pit stop, altra chance. Anche in questo caso, Red Bull aveva cercato di giocare d’astuzia, non tanto per tentare un undercut, dato che con il passaggio alla media sarebbe stato estremamente complicato, quanto piuttosto per riavvicinarsi al leader. Sembra quasi paradossale, ma durante il secondo stint era emerso come riuscire a doppiare i piloti in fondo al gruppo sembrasse quasi ostico, tanto che lo stesso Leclerc era rimasto nella scia di Lando Norris e Nico Hulkenberg per oltre un giro prima di completare la manovra. Sapendo che il monegasco avrebbe si sarebbe ritrovato davanti Daniel Ricciardo nel settore centrale perdendo decimi preziosi, gli strateghi del team anglo-austriaco avevano tentato di sfruttare l’occasione, richiamando Verstappen ai box mentre il battistrada si sarebbe dovuto confrontare con il traffico. L’avviso per Verstappen, tuttavia, era chiaro: evitare di stressare eccessivamente gli pneumatici nella prima fase della loro vita, quella più delicata. Una richiesta che il pilota di Hasselt avrebbe poi rimpianto, perché con un out-lap più rapido avrebbe potuto ritrovarsi nuovamente in lotta per il comando, ma era chiaro che Red Bull volesse inizialmente preservare una gomma con cui avrebbe dovuto percorrere venticinque tornate.

Una sfida al limite, per cui un plauso va anche ai meccanici Ferrari, bravi nell’effettuare uno dei pit stop più rapidi della corsa in un momento decisivo, garantendo al proprio alfiere quei pochi decimi utili per uscire davanti con un piccolo margine di sicurezza. Anche con un compound differente, tuttavia, la musica era sempre la stessa. La Rossa numero 16 continuava ad essere il punto di riferimento, mentre alle sue spalle i rivali scivolavano accumulando ad ogni passaggio qualche altro decimo di svantaggio, anche se in questo frangente ad aver rallentato il gruppo erano stati i doppiaggi. Al di là di questo discorso, è interessante segnalare che i tempi di Perez in realtà fossero piuttosto competitivi sulla mescola a banda gialla.

L’ultima spiaggia

Non avendo altre alternative, Red Bull aveva optato per una terza sosta, anche se a dire il vero la sensazione era piuttosto quella di una mossa da ultima spiaggia. Se fermarsi con Perez poteva avere un senso, dato che la lotta per il terzo posto sembrava iniziare a vergere a favore a favore del messicano dal punto di vista del passo, l’unico vero motivo per azzardare la stessa manovra con l’olandese era quella di sperare in qualche inconveniente ai box Ferrari che riaprisse la sfida, anche perché fino a quel momento Verstappen non aveva riportato particolari problemi di bilanciamento con la media. Un pit stop a cui Ferrari, quantomeno con Leclerc, aveva deciso giustamente di non rispondere. In primis proprio per non esporsi a un eventuale duello, in secondo luogo per un semplice discorso di numeri. Il vantaggio di circa ventisette secondi a tredici tornate dalla bandiera a scacchi consentiva di amministrare il gap con una certa serenità, in parte perché realisticamente non ci sarebbe stato un calo improvviso della media, in parte perché il pilota della Red Bull avrebbe dovuto spingere per chiudere il distacco, bruciando di fatto la mescola prima dell’assalto decisivo. Inoltre, anche recuperando un secondo al giro, Ferrari avrebbe avuto una finestra di almeno sette/otto giri per reagire a una possibile VSC o Safety Car uscendo comunque davanti ma con una mescola più performante, come è poi effettivamente successo. Vi era, infine, un ultimo elemento da tenere in considerazione: con il continuo lift and coast svolto durante la gara, Leclerc aveva conservato un buon quantitativo di carburante, come confermato dai numeri suo volante, e in caso di necessità si sarebbe potuto permettere mappature leggermente più aggressive per contenere la rimonta del rivale.

Al di là di queste considerazioni, sul finale si sono aggiunti i problemi di natura tecnica che hanno afflitto la Red Bull durante gli ultimi passaggi. Prima l’inconveniente allo sterzo sulla monoposto numero 33 (forse per il danneggiamento dei braccetti dello sterzo, come Vettel in Ungheria nel 2017), riscontrato nelle fasi immediatamente successive a quelle del pit stop, poi i problemi di alimentazione che hanno colpito entrambe le vetture di Milton Keynes sul finale, portando a un doppio zero dal sapore amaro. Dubbi su cui il team diretto da Christian Horner non si è ancora espresso fornendo una versione ufficiale, anche se le prime analisi hanno suggerito che a causare il doppio ritiro siano state le difficoltà nel far arrivare il carburante al motore. Non perché non ve ne fosse a sufficienza a bordo, anche perché nel caso non avrebbero superato i controlli post-gara, ma per un guasto al sistema di alimentazione.

Considerando il lungo lavoro prestagionale svolto sulla pista di Sakhir, è presto per tirare le somme, specie all’alba di una rivoluzione tecnica così importante come quella del 2022. Partire con il piede giusto era però fondamentale per il team di Maranello, non solo dal punto di vista della performance, ma anche del morale. Comprendere di avere tra le mani una vettura con una buona base, con determinati punti di forza da sfruttare in una fase in cui le altre squadre stanno ancora imparando a conoscere le proprie monoposto. La strada è ancora lunga, ma la sfida è appena iniziata.

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