F1 | Ferrari “perfetta”, chilometri e tempi, sarà anche tutto bellissimo ma io non ci casco
La Ferrari ha iniziato alla grande il 2019, ma le delusioni recenti invitano ad una certa prudenza...
La vedi sfilare in pista che va una bellezza, in questo suo rosso matto opaco arancio nero che ci manca un po’ di blu per avere i Power Ranger e la ammiri assuefatto nella tenuta di strada, nei cambi di direzione (circostanza sottolineata ancora di più da chi era a bordo pista), nell’affidabilità. Chilometri, a iosa. Tempi sul giro illuminanti, un martello.
La SF90 è un capolavoro di auto, è già consistente, pronta. La facce degli uomini in rosso sono distese, addirittura Sebastian Vettel è tornato a sorridere! E già perché il tedesco ha vissuto un 2018 talmente difficile, tra errori di guida e poca serenità nel team, che si era adombrato e rattristato nonostante il cospicuo stipendio che percepisce.
La Ferrari varata da Binotto, insomma, sembra essere tornata un’entità che lavora all’unisono, armoniosa, melodicamente protesa a raggiungere l’Obiettivo massimo danzando sinuosa tra i cordoli. Con due piloti, poi, che sembrano davvero in palla. Entrambi nei primi due giorni di test hanno percorso quasi la distanza di tre GP di Barcellona a testa, e c’è da scommettere che la Ferrari continuerà a dettare il passo ed impressionare anche nei prossimi giorni di prove collettive.
Addirittura Sebastian Vettel, al pronti via di questa annata che si annuncia frizzantina, si è sbilanciato dimostrandosi entusiasta e felice dopo i primi km, affermando che non poteva esserci debutto migliore per la neonata monoposto. In più – e qui scivoliamo sul lato tecnico – sempre a leggere i social, ormai ufficio di collocamento delle più geniali menti aerodinamiche in rampa di lancio, pare che quell’ala anteriore di filosofia opposta a Mercerdes, ovvero con i profili spuntati ai lati per indirizzare in modo radicalmente diverso i flussi di aria verso le gomme, sia concetto indovinato e perfettamente funzionante. A tal punto che Mercedes e Red Bull avrebbero già pensato di riprogettare mezza monoposto per adeguarsi alla regina SF90. Tutto favoloso. Ma…
Ma di cosa parliamo? Di prove, della stessa Ferrari che ha impressionato nei test invernali anche nel 2017 e nel 2018? Della Mercedes sorniona che nemmeno cerca il tempo e sembra aver studiato il metodo Stanislavskij per come si immedesima puntualmente nella parte della squadra normale, presa un po’ in contropiede dal Rivale Rosso, quasi spiazzata e spaurita, per poi fottere tutti alla grande quando il gioco si fa serio? Essì perché se c’è una cosa che le ultime due stagioni hanno insegnato è che questi mondiali sono lunghissimi, fatti di tre se non quattro fasi, e che vince chi è il migliore durante tutto l’anno, soprattutto nella gestione delle gare, nelle strategie, e nello sviluppo. La Ferrari potrà anche laurearsi campione di inverno per la terza volta consecutiva, noi staremo al gioco e la magnificheremo, sublimando lo spirito italico e aspettando la grande vittoria. Magari sarà davvero così, ma ad occhio e croce, è una storia già vista. Ed è finita spesso male.
Impressionatemi, stampatemi giri record, violentate l’asfalto catalano con la rosso-nera più bella e competitiva di sempre. Applaudirò, in fondo in fondo spererò e soprattutto apprezzerò il grande lavoro svolto e il grande entusiasmo che si percepisce. Ma stavolta non ci casco. Mi siedo e aspetto, paziente, di vedere consistenza in gara e velocità, strategie, unità di intenti, sviluppi sviluppi sviluppi. Riusciti. Perché a cavallo dell’estate non bisogna puntualmente andare in crisi, perché per vincere il mondiale non bastano quattro pole nelle prime sette gare, il 2018 è lì che scruta, osserva, ammonisce.
Antonino Rendina
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