F1 | Binotto delegittimato, Leclerc stufo: la Ferrari si è di nuovo disunita
La gestione di Binotto è al capolinea: poche vittorie, tanti malumori e l'ennesimo anno zero alle porte
Si potrebbe partire dai gesti, dai segnali, o viceversa dai numeri, impietosi. In Ferrari sta per chiudersi – nel modo peggiore – un quadriennio fatto di pochi alti e molti bassi. Mattia Binotto non è l’uomo solo al comando che sperava di diventare quando è asceso al trono di Maranello, ma è più che altro un uomo solo, delegittimato e scaricato (verosimilmente da tempo) da una dirigenza che negli ultimi due anni non lo ha mai pubblicamente sostenuto.
Basta tornare anche alle vittorie in Bahrain o Australia, per sentire l’assordante silenzio dei vertici di Maranello, nemmeno un complimento per la Ferrari che sembrava (beata illusione!) risorta dalle ceneri. Le quattro vittorie del 2022 a quanto pare sono sembrate troppo poco per rinnovare la fiducia ad una gestione che in quattro anni ha vinto soltanto sette GP iridati, esattamente la metà dei quattordici portati a casa dalla gestione Arrivabene (2015-2018).
Altro che rilancio, o progetto vincente, la Rossa di Binotto sarà ricordata come la squadra dell’accordo segreto con la FIA per il motore e l’inferno del 2020, del soltanto discreto 2021 e del mancato rilancio nel 2022. Perché se fai all-in sul nuovo ciclo regolamentare e ti chiami Ferrari non puoi in alcun modo permetterti di evaporare, sparire, regredire di botto, a metà stagione.
Non c’è direttiva tecnica o discorsi sugli sforzi destinati all’anno successivo (una storia che ha scocciato) che tengano: la Ferrari ha portato in pista una vettura vincente per poi crollare in pochi mesi, incapace di lottare per la vittoria da luglio in poi. Una debacle, condita dagli errori del muretto e di gestione complessiva dei GP per finire ai problemi di affidabilità della power unit. Che bilancio può essere mai questo se non negativo?
L’azienda Ferrari, tacciata dal mondo della F1 di essere disinteressata alla Scuderia per la poca effettiva presenza, dà tanto l’idea di essere stata lì alla finestra, già da tempo. John Elkann a fine 2021 si complimentò pubblicamente con Antonello Coletta responsabile dei programmi GT ed Endurance del Cavallino per i successi ottenuti, senza far alcuna menzione del terzo posto Costruttori raggiunto dal team di F1. Era già il primo segnale di una freddezza che è diventata gelo per l’ennesima stagione negativa.
La sensazione è che, come capitato proprio a fine 2018, la Ferrari sia vittima dell’ennesima lotta di potere, spaccata al suo interno in fazioni contrapposte. I malumori di Charles Leclerc, trattato non certo da prima guida, basti pensare a Montecarlo e Silverstone, sono prova circostanziale dell’aria pesante che tira in GeS e dell’evidente spaccatura in seno al team. Il fuoriclasse della Ferrari è stanco, saturo, immalinconito per la scarsa competitività dell’auto e per il trattamento ricevuto. Dopotutto in molti ci chiediamo, in modo ingenuo: perché Sainz sembra godere di uno status quasi superiore rispetto al più talentuoso compagno di box?
I vertici aziendali sono pronti all’ennesimo ribaltone con la nomina a team principal di Frederic Vasseur, possiamo soltanto ipotizzare con il placet di Charles e del suo entourage, nonché con il gradimento dell’attuale direttore sportivo Laurent Mekies a quanto pare visto spesso a colloquio con Vasseur negli ultimi tempi.
L’attuale responsabile dell’Alfa Romeo Sauber sposterebbe l’asse di interesse della Rossa tutto su Leclerc, che verrebbe messo certamente al centro del progetto. Una scelta, nel caso, anche lungimirante, considerato il fulgido e travolgente talento cristallino del monegasco. Resteranno però i cocci da raccogliere dopo l’ennesima notte dei lunghi coltelli in Maranello, l’ennesimo anno zero, per una squadra che non trova pace, annoverando ad uno ad uno fallimenti e illusioni più o meno dolorosi. Mai vincente, tanto ambita quando abbandonata al suo malinconico destino. C’è chi non si disunisce mai, e chi è disunito da tempo immemore.
Antonino Rendina
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