Vettel: “La pole di Rosberg in Ungheria? Un brutto spot per la F1”

Una vicenda che, secondo il tedesco, costituisce un cattivo esempio per i giovani che militano nelle categorie inferiori

Vettel: “La pole di Rosberg in Ungheria? Un brutto spot per la F1”

Sebastian Vettel ha esternato tutto il proprio disappunto nei confronti della decisione della direzione di gara, rea di non aver sottratto la pole position a Nico Rosberg nel GP d’Ungheria, autore sabato scorso della migliore prestazione in regime di doppia bandiera gialla (segnalata nei pressi di curva 8) causata dal testacoda Fernando Alonso.

Sulla questione si è scatenato un vero dibattito, con vari piloti (compreso lo stesso Vettel e l’attuale leader della classifica iridata Lewis Hamilton, che negli attimi precedenti all’episodio incriminato deteneva la pole) costretti ad abortire, vista la situazione di pericolo in pista, il loro ultimo tentativo non riuscendo così a migliorare il proprio tempo.

Per Vettel questa vicenda costituisce un cattivo esempio per i giovani che militano nelle categorie inferiori, in quanto potrebbero emulare la scena verificatasi all’Hungaroring negli istanti finali della Q3: “La F1 deve essere un esempio. Se in una gara di kart ci dovesse essere una doppia bandiera gialla sul tracciato, i ragazzi potrebbero prendere l’esempio del sabato di Budapest e decidere di non rallentare. Non sarebbe un comportamento da prendere come modello”.

In passato non c’era la tecnologia attuale per valutare tutte le varie situazioni in pista – il pensiero del quattro volte campione del mondo – Le regole sono chiare: quando viene esposta la bandiera gialla bisogna rallentare, con la doppia gialla bisogna rallentare sensibilmente quasi fino a fermarsi”.

Probabilmente – conclude Vettel – quando un pilota decelera solo di qualche chilometro e perde circa mezzo decimo, non credo che si stava preparando a fermare la monoposto. È una di quelle regole su cui dobbiamo cercare di discutere. A me non piace vedere colleghi penalizzati, ma ripeto, in Ungheria non abbiamo dato un bell’esempio”.

Piero Ladisa

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