La vera Ferrari non è questa, ma nemmeno quella raccontata in inverno dalla stampa
La Rossa non è la squadra pronta al mondiale di cui abbiamo letto in inverno. C'è un problema enorme di narrazione sul Cavallino
Ci risiamo. Ci son cascato di nuovo, o meglio ci siete cascati di nuovo, imbottiti di speranze, sogni, illusioni, di questa maledetta hype, e puntualmente delusi, depressi, attoniti, dinanzi ad uno spettacolo visto e rivisto più volte negli ultimi diciassette anni di digiuno iridato della Ferrari.
Ma riavvolgiamo il nastro. La Rossa è stata protagonista di un pessimo GP di Australia, chiuso all’ottavo posto con Charles Leclerc e al decimo con Lewis Hamilton (che si sarà chiesto se fosse finito su Scherzi a parte). La cronaca, se siete arrivati a leggere questo pezzo, la conoscete già. La macchina è stata lenta per tutto il fine settimana, e la scuderia ha sbagliato totalmente il timing della sosta ai box quando la pioggia è tornata a formare pozzanghere all’Albert Park, contribuendo ad un risultato finale indecoroso. Con una gara più lineare Maranello avrebbe portato a casa almeno un quinto posto, comunque poca roba.
Questo per dire che il risultato finale in se è l’ultimo problemi. Ciò che ha allarmato più di tutto è stata la mancanza di performance, sia in qualifica che in gara, con una SF25 semplicemente lenta, incapace di superare la Williams, e anche la Sauber (!). E’ chiaro come il sole che la Rossa è stata troppo brutta per essere vera. Sgombriamo il campo da ogni dubbio in questione. Ci sono dei problemi evidenti di finestra d’utilizzo e sono state fatte scelte di compromesso, forse per trovare un bilanciamento ancora inesistente, ma è chiaro che la Ferrari non arriverà ottava e decima tante altre volte.
Sicuramente è molto indietro rispetto alla McLaren (un missile, bravi loro, sembrava Melbourne nel 1998, chi non c’era…studi!), quasi certamente è in ritardo su Verstappen (che fa scuderia a se con la Red Bull dicotomica in stile 2024), ma poi è lì, con Mercedes più o meno. E chissà che non possa anche alzare il livello una volta che gli uomini in rosso capiscano come far funzionare degnamente la monoposto.
In Australia non abbiamo visto la vera Ferrari. Qui però bisogna approfondire il discorso, allargarlo, provando ad andare oltre la superficie. Perché la vera Ferrari difficilmente sarà quella che hanno voluto raccontare per mesi. Non troveremo traccia del team con l’inerzia dalla sua parte “perché è cresciuto nel 2024 più di tutti” – le ultime gare vinte da Red Bull e McLaren non considerate – della scuderia pronta all’abbrivio vincente “perché ha preso Hamilton”, del mondiale già vinto a parole con titoloni tronfi e roboanti, un bombardamento mediatico stucchevole e ridondante, finito dopo i test invernali, dove si era già capita l’antifona, ma ricominciato alla vigilia di Melbourne tra feste in piazza, proclami e retorica.
La Ferrari raccontata è questo, un enorme baraccone che probabilmente genera interesse e quindi fa comodo, ma che è totalmente distante dal dato reale. Quello di un team che ha cambiato tre presidenti e cinque team principal – l’ultimo Fred Vasseur è al timone da fine 2022 ma per tanti gode ancora di immunità di giudizio – senza spezzare il digiuno iridato, una squadra che da quasi vent’anni è incapace di dare continuità ad un buon progetto. Come si fa a passare infatti da una SF24 seconda forza quasi alla pari della McLaren ad Abu Dhabi alla roba vista a Melbourne è un mistero inquietante.
La gente dovrebbe avere le palle piene dei mondiali vinti soltanto sui mass media, delle foto sui social e dei “vi amo siete bellissimi” strappati in claudicante italiano. E‘ contorno. E’ nulla. Questo è uno sport fatto di auto veloci, visiere abbassate e piloti che corrono. La McLaren in inverno, da campione Costruttori in carica, ha goduto di una narrazione molto più equilibrata e aveva tra le mani una vettura (che pare) spaziale. La nostra stampa, per fare un esempio, non ha mai parlato di Verstappen, il quale a Melbourne ha confezionato un mezzo capolavoro.
Eppure gli indizi per essere un po’ più equilibrati c’erano tutti. La Rossa il cambio di passo vincente non l’aveva dimostrato nel 2024, e cambiare lo schema sospensivo anteriore in tempi di assoluta stabilità regolamentare, per giunta all’ultimo anno, era comunque un salto nel buio. La McLaren aveva stravinto l’ultima gara ad Abu Dhabi ed era stata di gran lunga la monoposto più versatile e veloce in ogni condizione.
Vi hanno fatto credere in una cavalcata iridata priva però di reali presupposti, basata su nient’altro che supposizioni e speranze. Non su queste pagine, non il sottoscritto, il quale analizza da tempo la scuderia sul lungo termine e crede che gli orrori (più che errori) siano fin troppo radicati per sparire senza scelte drastiche. Ma questo è un altro discorso.
Ciò che preme sottolineare, facendo salvo il rispetto della libertà di pensiero di tutti quelli che scrivono di F1, è che un tipo di narrazione da “Nazionale dei motori” e “volemose bene” non funziona, non attacca, anzi finisce per essere controproducente. Di sicuro c’è che questa Formula 1 la sanno fare meglio ad altre latitudini. A Maranello tocca rimboccarsi le maniche e lavorare, lavorare, lavorare.
Antonino Rendina
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