Ferrari: Tutti i segreti del pit-stop di Fernando Alonso a Monza
Mai come in quest’occasione la Formula 1 ha dimostrato di essere uno sport di squadra. Il successo di Fernando Alonso non è stato dovuto soltanto all’abilità del pilota e alla competitività della monoposto ma anche, per meglio dire soprattutto, al lavoro fatto dalla squadra nel momento del pit-stop di Alonso.
Lo ha riconosciuto lo stesso Fernando nell’immediatezza del dopo gara, quando ha dichiarato di essere rimasto sorpreso per quanto erano stati veloci i ragazzi nel cambiargli gli pneumatici. Tre secondi e quattro decimi: questo il tempo impiegato dalle sedici persone impegnate nelle operazioni – due addetti ai carrelli (anteriore e posteriore), uno al semaforo, uno al controllo del traffico in pit-lane, tre ciascuno per ogni ruota – per rimandare in pista Fernando. Un ottimo tempo, inferiore alla media fin qui tenuta dai ragazzi della Ferrari (3”7) ma non il record in gara, che risale invece al Gran Premio del Canada quando il pit-stop fu completato in 3”3, una prestazione che consentì proprio a Fernando di sopravanzare Hamilton, che si era fermato nello stesso giro.
“Abbiamo lavorato con grande intensità quest’anno per migliorare quanto possibile le operazioni di sostituzione degli pneumatici” – ci spiega Diego Ioverno, responsabile Operazioni in gara e Montaggio vettura e cambio – “Fino alla stagione scorsa era la lunghezza del rifornimento benzina che determinava quella della sosta e i meccanici che dovevano lavorare al cambio gomme avevano un margine di sicurezza abbastanza confortevole, anche se parliamo sempre di secondi. Oggi ogni errore si paga a caro prezzo: si può dire che è molto più facile perdere una gara al pit-stop piuttosto che vincerla.”
Tutto vero e perfettamente condivisibile però negli occhi degli appassionati sono rimaste le immagini di quello che hanno fatto ieri pomeriggio i meccanici in rosso nella pit-lane di Monza. Vediamo come si sono svolte nel dettaglio le operazioni, decimo dopo decimo, a partire dal momento in cui Fernando ha arrestato la sua F10 nella piazzola di sosta, rispettando al millimetro la posizione stabilita:
+ 0”35: vettura sollevata in aria dai due addetti ai carrelli
+ 0”70: tolte le ruote con le gomme morbide
+ 1”40: montate le ruote con le gomme dure
+ 2”30: avvitata la prima ruota e alzato il braccio per conferma
+ 2”60: avvitata la seconda ruota
+ 2”70: avvitata la terza ruota
+ 2”90: avvitata la quarta ruota
+ 3”40: macchina a terra e semaforo verde
Come si fa ad arrivare ad un livello di prestazione simile? “I segreti, se tali si possono chiamare, sono due: allenamento e ripetitività delle istruzioni” – aggiunge Ioverno – “Dall’inizio dell’anno abbiamo fatto oltre 1300 prove di pit-stop, in pista e in fabbrica. Nelle settimane in cui non abbiamo un Gran Premio ci alleniamo tre volte, effettuando una trentina di simulazioni al giorno. In pista lavoriamo dal giovedì al sabato, affrontando il fine settimana come se si trattasse di una squadra di calcio: alla vigilia una rifinitura, la domenica relax prima della partita. E’ importante che i ragazzi ricevano le istruzioni in maniera calma, senza concitazione: sono perfettamente consapevoli che nelle loro mani c’è una bella responsabilità, soprattutto in gare come quella di ieri. Non serve a niente spronarli, li può solo indurre in errore.”
Oltre ai sedici protagonisti del pit-stop standard ci sono altre otto persone pronte ad intervenire quando la macchina rientra ai box: un addetto al carrello laterale per l’eventuale sostituzione del musetto, due alla modifica dei gradi d’incidenza del flap dell’ala anteriore, uno all’avviatore nel caso il motore dovesse spegnersi e quattro alle gomme per l’eventuale “doppio”, cioè il pit-stop consecutivo dei due piloti.
Gli addetti sono scelti fra una rosa formata da circa trenta persone che svolgono peraltro altre attività, sia quando sono in fabbrica sia quando si trovano in pista: una vera squadra di calcio. Per guadagnare dei decimi si può lavorare anche sugli strumenti utilizzati in questa delicata operazione. In particolare, particolare attenzione è stata dedicata ai carrelli – a metà stagione ha fatto il suo debutto quello anteriore ad aggancio frontale e sganciamento laterale – e ai dadi, di cui sono stati ottimizzati la filettatura e il disegno. Durante la fase di progettazione della vettura, Ioverno e la sua squadra cooperano con i tecnici per definire quei dettagli che possono facilitare il lavoro al pit-stop e far guadagnare così dei decimi preziosi all’interno dell’economia di una gara. Una delle novità più rilevanti introdotta dalla Ferrari negli ultimi anni è stata il semaforo: quei tre decimi guadagnati in media con l’utilizzo di questo strumento sono oggi un asset consolidato rispetto a tanti degli avversari principali.
Fondamentale resta comunque l’aspetto umano. “Il pit-stop è una specie di balletto scandito dalla musica del motore, in cui un gruppo di uomini devono agire in perfetta sincronia fra loro e con l’etoile, cioè il pilota che sta dentro la macchina” – continua Ioverno – “La riuscita delle operazioni dipende molto anche da lui: è cruciale fermarsi sempre nella posizione prestabilita, altrimenti si perdono dei decimi preziosissimi perché venti centimetri in più o in meno costringono tutti gli addetti a spostarsi. Ogni ruolo richiede delle caratteristiche fisiche e mentali specifiche. Ad esempio, gli addetti ai carrelli devono essere piuttosto robusti, visto che devono sollevare di solito una vettura che pesa circa settecento chili. Agilità, freddezza e prontezza di riflessi devono essere i punti di forza di chi deve lavorare sulle ruote; in particolare, gli addetti alle pistole devono essere in possesso di doti tecniche importanti perché l’operazione che devono compiere è tutt’altro che banale. In allenamento siamo riusciti ad avvicinarci anche ai tre secondi netti ma quello che conta è la gara ed è per questo che la prestazione di ieri è stata straordinaria: quando ho chiamato i ragazzi fuori dal box sapevano bene che la vittoria passava attraverso i loro gesti. Ce l’hanno fatta e si poteva leggere nei loro visi la soddisfazione e l’orgoglio, anche se mancavano ancora tanti chilometri alla bandiera a scacchi. Quando Fernando ha tagliato il traguardo allora hanno potuto dare sfogo alla loro gioia, insieme a quella di tutta la squadra.”
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