Felipe Massa a Maranello: “La squadra è al mio fianco”

"Assolutamente sì, sento che tutta la squadra è al mio fianco"

Felipe Massa a Maranello: “La squadra è al mio fianco”

Arrabbiato. E’ un eufemismo per descrivere l’umore di Felipe Massa, oggi a Maranello per una giornata di lavoro da trascorrere fra simulatore e riunioni con i suoi ingegneri. A cinque giorni di distanza dal Gran Premio di Spagna il pilota brasiliano ha ancora il dente avvelenato per l’esito di una gara che avrebbe potuto essere sicuramente diverso senza la penalità che gli è stata inflitta poco prima di metà corsa e, magari, senza il traffico che lo ha penalizzato in Q2 sabato pomeriggio.

Chiaro che il piazzamento finale difficilmente sarebbe stato diverso da uno nella parte bassa della zona punti ma, considerato lo score di Felipe in questo primo quarto di campionato, sarebbe stato comunque una boccata d’ossigeno. E invece Felipe si ritrova a commentare il quarto zero della stagione.

“Sì, sono inc….o nero” – attacca Felipe – “Faccio fatica ancora oggi a spiegarmi la ragione del drive through ed è lì che la mia corsa è stata rovinata.”

Ogni pilota, consciamente o meno, ha come punto di riferimento il suo compagno di squadra e non è facile accettare e spiegarsi differenze di punteggio così elevate come quella attuale fra Felipe e Fernando. Felipe non è però un ragazzo che si nasconde e risponde alla nostra domanda con sincerità.
“Credo che quest’anno l’unica gara in cui davvero c’è stata una grande differenza fra me e Fernando sia stata l’Australia e poi in Malesia la pioggia ha fatto ha reso tutto più complicato da capire. A partire dalla Cina, la differenza in qualifica fra noi due non è stata così drammatica. Anche a Barcellona, fatta la tara del traffico al mio tempo in Q2, era in linea con le gare precedenti e domenica il passo non era così distante. Credo che dobbiamo considerare che adesso Fernando sta guidando in maniera straordinaria: è in grandissima forma, forse perfetta.”

Pensi che ci sia un problema specifico sulla vettura che t’impedisce di tirarne fuori il potenziale?
“Sicuramente non è una macchina molto facile da guidare ed è difficile trovare un bilanciamento buono. Tante volte mi ritrovo un po’ come a lottare contro la vettura e, in queste circostanze, è facile perdere decimi qui o là: col mio stile forse mi trovo più in difficoltà perché non si riesce a prendere la giusta fluidità nella guida. Poi sappiamo bene che non abbiamo ancora un buon livello di carico aerodinamico e difettiamo in trazione nell’uscita dalle curve lente, forse il problema più grande. In Spagna abbiamo migliorato in maniera significativa, lo si è visto bene con la prestazione di Fernando in gara ma anch’io, quando ho potuto avere pista libera, avevo un buon ritmo. Abbiamo anche fatto un piccolo progresso in termini di velocità di punta, un altro dei fronti in cui abbiamo sofferto sin dall’inizio della stagione.”

Senti la fiducia della squadra e che cosa chiedi per uscire da questo momento difficile?
“Assolutamente sì, sento che tutta la squadra è al mio fianco. Ovvio, non sono contenti dei risultati così come non lo sono io: entrambi vogliamo uscirne e tornare alla normalità. So che ne ho la possibilità ed è quello che voglio, questo è certo. E so che, insieme alla squadra, ci riusciremo.”

E’ una domanda difficile ma in tanti, con più o meno coraggio, vorrebbero chiedertela. Ti sei mai posto il dubbio di non avere più la stessa velocità dopo l’incidente di Budapest?
“Me lo sono chiesto quarantacinquemila volte, non credere che non l’abbia mai fatto. E’ ovvio che si a così: dopo che in tre anni avevamo vinto tanto – undici gare – la domanda viene spontanea. E non mi sono soltanto limitato a pormela ma sono andato a cercare anche la risposta, facendo quarantacinquemila domande e altrettanti esami medici. Tutti i dottori che ho consultato sono pronti a mettere la propria mano sul fuoco sul fatto che non ci sia più alcuna traccia dell’impatto con la molla. Né io mi sento in alcun modo diverso rispetto a com’ero prima di quel fine settimana. Ad esempio, se fosse vero che magari non ho più la stesa voglia di prima o lo stesso coraggio, allora come si spiegherebbe il fatto che in partenza rimango probabilmente uno dei piloti più forti o che non sono certo uno che si tira indietro nei sorpassi?”

Erano quasi trent’anni che non si vedevano cinque vincitori su cinque macchine diverse nella prima parte della stagione: secondo te da che dipende questa imprevedibilità?
“Credo sia molto bello per lo spettacolo perché la competitività è molto più allargata. Credo che i tanti cambiamenti avuti negli ultimi anni, sia dal punto di vista tecnico che economico, contribuiscono in maniera decisiva. Fino a pochi anni fa chi non aveva budget elevati non aveva alcuna chance ma oggi non è più così e credo che continuerà anche in futuro, anche perché la tendenza va sempre verso una riduzione dei costi, alla luce di quanto succede fuori dal nostro mondo.”

La prestazione delle gomme è davvero così imprevedibile e determinante?
“Sì, ma la loro incidenza varia di circuito in circuito. In Bahrain e in Spagna abbiamo avuto un alto degrado e allora gli pneumatici hanno avuto un’influenza decisiva ma in altre, dove il degrado sarà più nella norma, allora credo che la macchina più veloce in termini assoluti avrà la prevalenza. Detto questo, è chiaro che chi saprà gestire al meglio gli pneumatici, chi farà la strategia migliore e non commetterà errori avrà la chance di vincere.”

Monaco è la tua seconda gara di casa. Cosa si prova a girare su una Formula 1 sulle stesse strade dove qualche giorno prima e dopo questo Gran Premio ti trovi magari a passeggiare insieme a tuo figlio?
“Nei giorni normali non sembra di stare in pista, eccezion fatta per il tornantino del Loews, dove ci sono sempre i cordoli. Quando si passa lì allora viene sempre in mente di essere proprio sullo stesso tracciato del Gran Premio. In tutti gli altri punti non capita di pensarci. Ovvio che ora, nei giorni immediatamente precedenti il weekend di gara, sei già praticamente in pista perché le barriere e i cordoli sono già stati sistemati. Felipinho sa che è lì che corro ma a lui interessa solamente che io possa fare come Mario Kart e passare qui o lì per raccogliere i bonus! Ci passa le ore con quel videogioco…”

Che emozione dà fare il giro perfetto, quello da pole position, su una pista come quella di Monaco?
“E’ qualcosa di fantastico e mi dispiace tantissimo di non essere riuscito a vincere quella volta, nel 2008, che ero riuscito a partire davanti a tutti. La pioggia e la safety-car non furono certo a mio favore perché avevamo il passo per vincere. Quel giro del giorno prima però fu davvero straordinario, qualcosa di cui mi ricorderò sempre. Finire la gara di Monaco è già un bel risultato ma vincerla è qualcosa che ti fa rimanere comunque nella storia.”

Oggi sei a Maranello anche per lavorare al simulatore. Qual è il programma della giornata?
“Nulla di relativo al prossimo appuntamento, anche perché se c’è una pista che è praticamente impossibile da riprodurre nel dettaglio al simulatore questa è proprio Monaco. Lavoriamo principalmente come back-up del Gran Premio di Barcellona per confermare i dati che abbiamo visto lo scorso weekend.”

Sei d’accordo con quei tuoi colleghi, primo fra tutti Fernando, che sostengono che un giorno di test in pista vera ne vale un numero ben più alto su quella virtuale?
“Assolutamente, al cento per cento! Non c’è nulla che possa sostituire la guida in pista e non lo dico soltanto perché sono un pilota e mi diverto di più in pista ma credo che anche i tecnici siano d’accordo con me…”

C’è qualcosa di diverso nell’approccio a questa gara rispetto alle altre?
“Sì, soprattutto dal punto di vista fisico. Il Gran Premio di Monaco è una corsa molto lunga, dove non c’è un attimo di relax perché si è sempre al limite, sempre a sfiorare le barriere. Allora alleno molto di più il cuore, lavorando soprattutto sulla distanza. Dal punto di vista tecnico, l’assetto della vettura ha delle caratteristiche abbastanza particolari: solo da quando c’è la gara a Singapore c’è un tracciato simile a quello monegasco.”

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