F1 | Rumorosi silenzi e delusione, la Ferrari è ancora una squadra unita?

Aumentano i dubbi sulle divisioni interne dopo i fatti di Silverstone

F1 | Rumorosi silenzi e delusione, la Ferrari è ancora una squadra unita?

Tutto torna e al contempo non torna niente. C’è un uomo solo al comando, Mattia Binotto, il quale è costretto letteralmente a dividersi tra i suoi due piloti. Il dito puntato contro Leclerc per redarguirlo delle (giuste e sacrosante) rimostranze di Silverstone si è trasformato in una cena di chiarimenti a Montecarlo, con in mezzo un’altra cena, questa volta con Sainz, per festeggiare la sua prima vittoria in F1.

Insomma mentre l’alfiere spagnolo, che in questa storia ha pochissime colpe se non forse quella di piagnucolare un po’ troppo via radio, brindava a Maranello, il “capitano” (?) Leclerc rimuginava nella sua Montecarlo disintossicandosi dalla atroce delusione. Amicissimi a parole, ma ormai uno a levante e l’altro a ponente, e anche avversari in pista.

In mezzo c’è Binotto, la cui strategia non è poi così chiara. Senza abbandonarci a dietrologie che lasciano il tempo che trovano la sensazione – e non c’è nulla di male a dirlo, ben potendo essere sbagliata – è che il boss del Cavallino creda particolarmente in Sainz, una sua scelta, non volendolo relegare a priori allo scomodo ruolo di gregario del predestinato Charles.

Ciò non significa che la Ferrari sfavorisca Leclerc o abbia eletto Sainz primo pilota, dopotutto a Silverstone prima dell’ingresso della safety car il pilota monegasco aveva la gara in pugno. Può però significare – e la differenza è tanto sottile quanto dirimente – che la Scuderia non lavori e non ragioni esclusivamente per portare in alto Leclerc in ottica mondiale e quindi di fatto non agisca secondo una gerarchia ben definita tra i due piloti.

La Ferrari tratta i suoi piloti alla pari, talmente alla pari che dinanzi alla possibilità di blindare la vittoria di un GP ha preferito farlo con Sainz e non con il pilota in lotta per il mondiale. Anche dando per buone le numerose e reiterate spiegazioni del team sulla scelta della strategia adottata in terra d’Albione ciò che si evince in modo netto è una mancanza di visione a lungo termine.

A meno che, poi, il piano non sia quello di lottare con due piloti per il titolo, visto che zitto zitto Sainz dista solo undici lunghezze in classifica da Leclerc. Undici punti che non sono niente se pensiamo al divario di prestazione tra  due, e questo dovrebbe far riflettere sui tanti punti persi dal monegasco.

Vedremo adesso come si comporterà il team in Austria dopo una settimana di polemiche e malumori; raramente una vittoria del Cavallino è stata così “contestata”. Arrivati in Austria Sainz ha fatto lo gnorri dichiarando che ha fame di altre vittorie, evidentemente c’ha preso gusto, mentre Leclerc ha parlato di squadra unita e ha voluto smorzare le polemiche, con una faccia che però tradiva ben altre emozioni.

C’è da registrare poi la “solitudine” di Binotto. La Ferrari ha vinto in Gran Bretagna, un GP sempre particolare, sia perché è una gara storica sia perché è il GP di casa di quasi tutte le squadre di F1. Trionfare in Inghilterra assume da sempre un significato speciale per l’italianissima Ferrari, eppure né il presidente Elkann, né l’amministratore delegato Vigna, né il proprietario e tifosissimo Lapo Elkann (che sulla Rossa si espone sempre, ma ha taciuto domenica) hanno fatto i complimenti alla squadra per il primo posto di domenica scorsa.

Contro la corazzata Red Bull servirebbe un team unito e coeso, che remi in un’unica direzione. La speranza è che la Rossa ragioni ancora da squadra e che abbia ben chiare le gerarchie tra i due piloti. Ma questa Ferrari, al suo interno, in tutte gli attori protagonisti, è ancora un team con unità di intenti e affiatato?

Gli spifferi purtroppo (ne avrete letti da ogni donde, fonti più e meno affidabili) raccontano altro e la gestione del dopo Silverstone tra dichiarazioni contraddittorie, rumorosi silenzi e cene riparatorie è stata tutt’altro che rassicurante.

Antonino Rendina

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