F1 | Montoya: “Se la Ferrari vuole vincere nel 2026, deve puntare tutto su Hamilton”
"Lewis non si aspettava questa forte componente politica nella Scuderia", ha detto il colombiano
Con l’arrivo di Lewis Hamilton in Ferrari si sperava in un inizio di stagione decisamente migliore. Invece, la SF-25 non è nata affatto bene, e il sette volte iridato non si sta trovando con la monoposto, e il rapporto con il suo gruppo di lavoro, compreso l’ingegnere di pista Adami, non è al momento idilliaco. Tra le voci a esprimersi nelle ultime settimane c’è quella di Juan Pablo Montoya, ex pilota della Williams, che ha condiviso la sua visione sul ruolo che Lewis potrebbe ricoprire nel processo di sviluppo della monoposto. Il colombiano mette a confronto le esigenze del britannico con quelle dell’attuale prima guida della Scuderia, Charles Leclerc, suggerendo che il team dovrà fare scelte strategiche ben precise per puntare concretamente al titolo nel 2026.
“Attualmente la Ferrari non sembra concentrata su Lewis Hamilton, ma sarà interessante capire se, con la monoposto della prossima stagione, inizieranno a dare maggiore peso alle sue esigenze rispetto a quelle di Leclerc – ha detto Montoya. A mio avviso, se l’obiettivo è essere realmente competitivi nel 2026, sarà fondamentale che la base del progetto tecnico sia più allineata allo stile di guida di Hamilton che a quello di Charles. Le vetture che rispondono alle preferenze del monegasco, per quanto veloci, tendono a essere vincenti in singole occasioni, ma difficilmente permettono di lottare per un campionato intero”.
“Con Lewis alla guida, invece, quando la vettura è prestazionale, riesce a trovare rapidamente la giusta direzione di sviluppo ed è molto efficace nel dare indicazioni su cosa migliorare. Penso che l’ambiente Ferrari sia caratterizzato da una forte componente politica e che questo abbia in parte colto di sorpresa Hamilton. Probabilmente si aspettava che, considerando il suo profilo, a Maranello si sarebbero allineati completamente alle sue richieste. In fondo, anche noi osservatori ci aspettavamo qualcosa di simile. Comunque, l’ego e le dinamiche interne di un team di questo calibro sono spesso più complesse di quanto si possa immaginare”.
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