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F1 | La Formula 1 predica bene e razzola male: l’ipocrisia tra bombe e vil denaro

Circuit atmosphere - fire following a missile strike on an Aramco oil facility. 25.03.2022 Formula 1 World Championship, Rd 2, Saudi Arabian Grand Prix, Jeddah, Saudi Arabia, Practice Day. - www.xpbimages.com, EMail: requests@xpbimages.com © Copyright: Moy / XPB Images

Quello che vi stiamo raccontando è certamente uno dei weekend più drammatici della storia della Formula 1. Nulla che riguarda la pista, ma quello che accade a pochissimi chilometri dal circuito di Jeddah, in Arabia Saudita. Nel corso della prima sessione di prove libere una bomba è stata sganciata dai ribelli yemeniti, probabilmente da un drone a una ventina di chilometri dal tracciato, con obiettivo una struttura petrolifera dell’Aramco (ma guarda un po’). Una forte esplosione, dopo la quale una barriera di fumo si è alzata in cielo e la puzza di bruciato è arrivata nell’aria in pochi secondi, con Verstappen che addirittura è riuscito a sentirla mentre si trovava in vettura, pensando ad un problema alla sua power unit.

Il tempo di rendersi conto della situazione e il Circus si è riunito per capire il da farsi. La possibilità di un annullamento del weekend ha preso corpo prima dell’inizio della seconda sessione, ma sono arrivate le prime rassicurazioni da parte delle autorità saudite. Con un quarto d’ora di ritardo rispetto al programma, i piloti sono tornali al lavoro per le FP2, ma nel frattempo le discussioni tra gli organi della Formula 1 e la FIA e il governo arabo non sono terminate. Stefano Domenicali, con evidente imbarazzo devia le domande sulla sicurezza in attesa di un ulteriore meeting con i piloti subito dopo la fine della giornata di prove libere.

Questo incontro ha fatto sì che FIA, Formula 1 e team, all’unanimità siano concordi con il proseguire il weekend, ma i piloti, ancora in riunione possono decidere liberamente di fare ciò che vogliono, e quindi anche boicottare la manifestazione. Sembra alquanto curioso che tutto sia in mano a dei ragazzi, alcuni molto giovani e che molto probabilmente non hanno contezza di quello che accade al di fuori della bolla Formula 1, mentre nel frattempo, proprio in questi istanti, altre esplosioni continuano a pochissimi chilometri dal circuito.

IPOCRISIA PORTAMI VIA

Ha veramente dell’incredibile come la Formula 1, sempre in prima linea per mandare i giusti messaggi nei momenti più caldi, sia in difficoltà quando è il proprio tornaconto ad essere intaccato. Eh sì, perché fare la campagna “We Race As One” è facile quando non hai nulla da perdere, anzi. E’ facile inginocchiarsi prima di una gara quando è mainstream farlo. E’ facilissimo dire ciao ciao alla Russia (giustamente, ci mancherebbe) in un momento geopoliticamente così complicato. E poi? Poi esplodono bombe a 20 chilometri dal tuo luogo di lavoro di questa settimana, l’Arabia Saudita, paese che di motorsport ne sa quanto io ne so di make up, che paga un fracco di soldi grazie anche al main sponsor, Aramco, obiettivo principale dei ribelli dello Yemen non solo oggi, ma da anni, title sponsor anche dell’Aston Martin e in una strettissima e ricchissima collaborazione con la Formula 1 anche al di fuori del Gran Premio in sé.

Una contrapposizione devastante e che mette in secondo piano tutto quello che accade pur di non rovinare le collaborazioni con chi, evidentemente, tira fuori i soldi per avere il divertimento sotto casa, in un tracciato orrendo, pericoloso e che di Formula 1 non ha nulla. Tralasciando questa ultima parte meramente soggettiva, il Circus è intrappolato per sua stessa volontà più che necessità di un sistema che fa acqua da tutte le parti. L’arrivo di Stefano Domenicali aveva dato una speranza in chi scrive e che, ad oggi, è stata tremendamente delusa. Evidentemente il vil denaro, per chiudere il discorso definitivamente, non tiene conto delle bombe, non tiene conto della sicurezza, perché chi può dirlo che quelle stesse bombe cadute a 20 km dal tracciato oggi, domani non colpiscano il paddock di Formula 1? Chi lo stabilisce?

E permetteteci un ultimo appunto, caro presidente Ben Sulayem: il fatto che non ci siano feriti e non siano stati colpiti direttamente dei civili, non significa dover porgere l’altra guancia. Fatto sta che la Formula 1 corre, e sullo sfondo ci sono bombe e fumo nero di esplosioni. Siamo così vicini al terrore, ma lo vogliamo ignorare perché gli interessi sono più importanti. E con quale faccia, fino all’anno scorso, predicavamo “We Race As One” e “Black Live Matters”?

Da un appassionato, prima ancora che giornalista e addetto ai lavori, deluso e amareggiato.

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