F1 | La crisi infinita e definitiva di Vettel, spenga il cervello e corra per divertirsi
Il pilota tedesco sta vivendo un momento di carriera assai delicato
Come delle sliding doors, un fottuto e maledetto bivio, così l’errore di Hockenheim. Un dritto che ha sdoganato tutta la vulnerabilità e fragilità di Sebastian Vettel, che ha mandato in vero e proprio cortocircuito un quattro volte campione del mondo che continua a commettere errori da principiante.
Quanto accaduto in Bahrein non dovrebbe in realtà stupire più di tanto. E’ la conseguenza di un momento di carriera assai delicato, difficile, un periodo che si protrae evidentemente da mesi, e a nulla è servito questo famoso quanto inutile inverno per rigenerarsi.
Sebastian Vettel è un pilota irriconoscibile. Sembra spesso spento, è veloce per talento e per inerzia, ma ha smesso di crederci da un pezzo. Forse addirittura di credere in se stesso. Seba è un ragazzo dotato di intelligenza e scaltrezza superiori, è sveglio, ha l’occhio furbo, la battuta di spirito sempre pronta. E’ anche un ragazzo fondamentalmente semplice e molto riservato, un antidivo per eccellenza. E’ diverso da molto dei suoi colleghi, ha sempre l’aria di chi tutto sommato pensi che un po’ è vero che i piloti girino come dei criceti in tondo. Dà insomma l’idea di essere in qualche modo avanti, superiore, più legato a valori nobili del vissuto quotidiano che alla mera competizione motoristica.
Per tutta questa serie di motivi Vettel non è attualmente recuperabile. Suonerà strano, attirerò schiere di hater sui social, ma resto fermamente convinto che c’è un Sebastian prima e dopo. Ed è con questa versione 2.0 qui che la Ferrari deve fare i conti. Il ragazzo cannibale degli anni in Red Bull ha lasciato il passo a questo campione maturo e un po’ stanco, sornione per eccellenza. Il talento e la velocità sono rimaste intatte, Vettel può e farà ancora la differenza, nonostante – e non è una scusa – con le monoposto dell’era ibrida non abbia mai ritrovato il feeling che aveva in frenata fino al 2013. Roba di poco conto, perché al volante della stessa Ferrari Sebastian ha vinto gare bellissime e realizzato numeri di alta scuola.
Il problema è che Vettel non può e a questo punto non deve sopportare sulle spalle il peso e la responsabilità delle sorti della Scuderia. In lui si è rotto qualcosa, non corre con la serenità e la calma dei forti, non può portare il fardello di essere la prima guida designata della Ferrari. I troppi testacoda, i contatti nei duelli corpo a corpo, tradiscono fretta, ansia da prestazione, voglia di strafare, sogno di riscattare la propria immagine quanto più velocemente possibile. Ma non va così. Seb è finito in un tritacarne, tra l’incudine e il martello, tra una Mercedes che continua a divorare punti e vittorie e un compagno di squadra dotato di leggerezza e talento naturale. Vettel a Hockenheim ha lasciato una parte di se, rivelandone al mondo un’altra.
Stanco di essere Perfettel, il tedeschino pignolo con il taccuino, Seba ha rotto gli schemi, si è umanizzato nelle reiterate imperfezioni, l’ha data un po’ su e non vuole essere rotto i coglioni. Come se gli errori nascondessero un messaggio sublimanale: non fidatevi, dimenticatemi. Basta con la retorica del condottiero, del capitano, del prescelto. Vettel non è l’erede di nessun altro tedesco ed è venuto meno troppe volte per continuare a descriverlo come quello che non è.
Sebastian è un pilota molto talentuoso, un fuoriclasse, che sta lentamente perdendo smalto e convinzione, che vive di sprazzi e che sbaglia troppo spesso. Fa male, ma è così. Lewis Hamilton nell’ultimo biennio l’ha di fatto ridimensionato, Leclerc lo potrebbe addirittura mandare in pensione. E che facciamo allora, lo buttiamo? No, mai. Perché Vettel ha esperienza, classe e acume.
La Ferrari – del tutto incapace di recuperarlo e di lavorare a dovere sulle ragioni della crisi, se non uscendosene con una banale e controproducente nomina di prima guida – dovrebbe fare in modo che Seba spenga il cervello e torni a correre divertendosi. Senza ansie di risultato o stratagemmi complicati. Oltre al baffetto, serve un cuore e un istinto alla Mansell. Vai Seba, buttati dentro, sorpassa, poi se sbagli non fa nulla, non ci vogliamo aspettare più nulla.
Antonino Rendina
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