F1 | GP di Stiria, Sainz: una rimonta basata sull’attesa

Dopo un sabato anonimo, lo spagnolo è riuscito a ritagliarsi un ruolo da protagonista in gara

F1 | GP di Stiria, Sainz: una rimonta basata sull’attesa

Carlos Sainz è stato un dei protagonisti del Gran Premio di Stiria, conquistando un ottimo sesto posto dopo una qualifica anonima, in cui non era riuscito a portare gli pneumatici nel giusto range di temperatura per farlo funzionare nella maniera corretta. Ciò aveva impattato in maniera importante sulla guidabilità e sulla fiducia che lo spagnolo provava nei confronti della sua vettura, subendo del sottosterzo nel tratto guidato che non gli aveva permesso di esprimersi al meglio. Nonostante un sabato difficile, Carlos è poi riuscito a riscattarsi in gara, con una strategia ben ragionata da parte del muretto Ferrari e un ottimo passo.

Allo spegnimento dei semafori, Sainz non era stato protagonista di un buon rilascio frizione, tanto da essere immediatamente sopravanzato da Daniel Riccardo, autore di un ottimo scatto al via. Complice la brutta partenza e il poco spazio a disposizione in mezzo al gruppo, nelle prime curve lo spagnolo aveva scelto ancora una volta la via della prudenza, cercando di evitare contatti che potessero compromettere prematuramente la sua corsa, come era invece occorso al suo compagno di squadra, costretto a rientrare ai box al termine del primo giro a seguito di un incidente con Pierre Gasly. Proprio la presenza della vettura del francese dell’Alphatauri, suo malgrado vittima di una foratura, aveva creato una situazione di scompiglio in curva tre, che il pilota di Madrid fortunatamente era riuscito ad evitare anticipando leggermente la staccata e rimanendo rimanendo su una traiettoria molto interna. Dopo un primo giro movimentato, tuttavia, non era ancora giunto il momento di rifiatare, perché negli specchietti del Ferrarista Sebastian Vettel si era fatto estremamente minaccioso, tentando un attacco all’esterno di curva tre, abilmente respinto gestendo in maniera accorta la situazione. In staccata di curva tre, infatti, Sainz aveva cercato di proteggere l’interno, lasciando al tedesco come unica alternativa quella di percorrere la linea più esterna, la quale non avrebbe permesso al portacolori dell’Aston Martin di forzare la fase di frenata e trovare lo spazio necessario per concludere la manovra di sorpasso. D’altro canto, optare per una traiettoria così interna avrebbe avuto anche i suoi effetti contrario nella fase di uscita in quanto, dovendo girare con maggior angolo volante per chiudere la curva, ciò avrebbe compromesso la fase di trazione, favorendo così il ritorno di Vettel, il quale avrebbe potuto sfruttare quel piccolo vantaggio per portare l’attacco sul rettilineo successivo, quello che porta a curva quattro. Un elemento di cui lo spagnolo era consapevole e per cui aveva abilmente preso delle contromisure, allargando leggermente la traiettoria in uscita per togliere spazio al quattro volte campione del mondo, ma senza spingerlo totalmente fuori dai limiti della pista: una manovra corretta ed efficace, che aveva costretto Vettel a portarsi con la parte sinistra della vettura oltre il cordolo, in una zona dove vi è minor grip, compromettendo di conseguenza la fase di trazione. In pochi metri, quindi, non solo il Ferrarista era riuscito ad arginare un attacco del tedesco, ma anche a prevenire che lo stesso potesse nuovamente sfruttare la scia e farsi minaccioso alla frenata di curva quattro.

Con il trenino di vetture che si era venuto a creare dopo i primi passaggi, senza un netto vantaggio di gomma o di passo, riuscire a sopravanzare un’altra vettura era divenuta un’impresa ardua, in quanto chi precedeva poteva contare sul fattore scia e sull’utilizzo del DRS per difendersi, assottigliando le differenze velocistiche tra le altre monoposto. Non a caso, infatti, durante l’intero Gran Premio non si è registrato un elevato numero di sorpassi e, tendenzialmente, questi erano legati a condizioni favorevoli o a una differenza di passo o prestazioni degli pneumatici. Nonostante all’apparenza potesse sembrare una gara relativamente tranquilla, senza scambi di posizioni o eventi di particolare risalto, in realtà si trattava di una corsa intensa, dove non era concesso il minimo errore considerando i distacchi ridotti tra le monoposto che formavano il gruppo della midfield, guidato da Lance Stroll in sesta posizione: basti pensare che in circa dieci secondi erano racchiusi ben otto piloti, pronti a sfruttare qualsiasi sbavatura degli avversari per risalire in classifica. Un’altra sfida da non sottovalutare era quella dell’affidabilità, soprattutto per quanto riguardava la questione temperature. Su una pista come quella del Red Bull Ring, ricca di rettilinei e tratti ad alta velocità, rimanere a lungo dietro un’altra vettura può portare ad una minor efficienza del sistema di raffreddamento, con conseguente aumento delle temperature sia dell’impianto frenante che di quelle della Power Unit, esattamente come era occorso a Sainz nelle prime fasi di gara. Già durante il terzo giro, infatti, sul volante della monoposto numero 55 era comparso un messaggio di errore, il quale sottolineava la necessità di raffreddare i freni per migliorarne l’efficacia. Una richiesta poi ciclicamente ripetuta anche dal suo ingegnere di pista, Ricciardo Adami, che non esitava ad intervenire via radio per suggerire al proprio pilota quali azioni intraprendere al fine di riportare sotto controllo le temperature, indicando come alternative quelle di spostarsi sui rettilinei per evitare di rimanere nella scia dei rivali e di effettuare delle tecniche di lift and coast prima del punto di staccata, in modo da ridurre lo stress a cui era sottoposta l’intera vettura. Di riflesso, ciò andava ad impattare anche sugli pneumatici, i quali non solo si dovevano scontrare contro un asfalto che nella giornata di domenica registrava oltre 50°C, ma anche con il fatto che l’aria calda proveniente dall’impianto frenante si andasse poi a trasmettere ai cerchi e, successivamente, alla gomma stessa, le cui possibilità di rifiatare si facevano sempre più ridotte. Unendo tutti questi elementi, era semplice comprendere come per i piloti si sarebbe trattata di una corsa da giocarsi non tanto nell’immediato, quanto sulla lunga distanza, cercando di preservare le coperture e la monoposto fino al momento in cui si sarebbe presentata l’opportunità di girare a pista libera imponendo il proprio passo.

Da questo punto di vista, la prima metà di gara non aveva riservato grandi sorprese, data l’impossibilità di rendersi minaccioso negli specchietti degli avversari e la relativa semplicità con cui era stato in grado di contenere Sebastian Vettel alle sue spalle, dato che a quest’ultimo in più occasioni era stato chiesto di prendere margine per far raffreddare la vettura prima di riavvicinarsi sia per fini strategici, sia per il fatto che il ritmo mantenuto dal gruppo fosse in realtà piuttosto elevato, permettendo così un facile rientro. Dettagli secondari per il Ferrarista, che sapeva di dover pazientare per giocarsi le proprie chance al momento giusto, ovvero quanto i piloti davanti a sé che avevano preso il via della corsa sulla gomma soft sarebbero rientrati. Sfruttando gli incidenti che avevano visto coinvolti Leclerc e Gasly, oltre ai i momentanei problemi di potenza che avevano colpito Ricciardo nel corso del settimo giro, Sainz era infatti riuscito a riportarsi sino al nono posto ma, soprattutto, poteva contare sul fatto di essere il primo tra gli alfieri di centro gruppo a montare la mescola media, la quale avrebbe garantito maggior flessibilità a gara inoltrata, permettendo di allungare lo stint e puntare su una doppia alternativa. Nel caso il passo si fosse rivelato promettente, come lasciavano intendere i dati registrati dal suo compagno di squadra, il quale aveva avuto la chance di girare in aria libera a seguito dell’incidente, Carlos avrebbe potuto pensare di continuare ad estendere il più possibile la fase sulla copertura a banda gialla, cercando l’overcut su coloro che si erano fermati in precedenza: nel caso questa strategia non avesse dato i suoi frutti, la speranza era comunque quella di creare un offset abbastanza ampio da poter sfruttare quella differenza di gomme sul finale, anche se, in realtà, la hard non avrebbe dovuto accusare particolari problemi di durata.

La situazione aveva preso una svolta nel corso del ventiseiesimo giro, quando Tsunoda era stato richiamato ai box per quella che sarebbe stata la sua unica sosta, lasciando così pista libera allo spagnolo della Ferrari, che aveva sfruttato quell’occasione per estendere lo stint mantenendo un ritmo simile a coloro che si erano già fermati. Importante era stata anche la scelta della Ferrari che, nel momento in cui aveva visto rientrare i piloti che si trovavano alle spalle del numero 55, come ad esempio Vettel, aveva deciso di non rispondere, proseguendo per la propria strada nella convinzione che quella fosse la scelta giusta. La squadra di Maranello sapeva di avere il passo per poter farsi valere e lo aveva messo in atto, cercando di proseguire fino a quando i tempi fossero rimasti competitivi e fino a quando non fossero riusciti a liberarsi di qualche avversario dalla propria pit windows, rientrando così in una finestra a loro favorevole. In concomitanza con il calo degli pneumatici sulla vettura di Sainz, Stroll, Tsunoda ed Alonso avevano iniziato ad abbassare il proprio ritmo, nella speranza di rimanere davanti nel momento in cui il pilota di Madrid avrebbe effettuato la sosta. Solamente i portacolori dell’AlphaTauri e dell’Aston Martin c’erano riusciti, anche il divario era estremamente ridotto, senza tenere conto che vi sarebbe stata una differenza di vita tra gli pneumatici di quasi quindici giri, un vantaggio che avrebbe potuto fare la differenza soprattutto in fase di trazione. Un elemento che Sainz aveva rapidamente sfruttato a suo favore, attaccando prima il giapponese e poi il canadese, anche se per far ciò aveva dovuto sfruttare sin dai primi metri le coperture, tanto da spingerlo ad aprire la radio e a chiedere qualche giro di gestione, in modo che potesse raffreddare le gomme.

Con ancora una ventina di tornate alla bandiera a scacchi, l’obiettivo era quello di provare a chiudere il gap da Lando Norris, non solo per conquistare un quinto posto che avrebbe confermato le bontà della SF21 in chiave gara, ponendola come regina della midfield, ma allo stesso tempo per guadagnare ulteriori punti in classifica costruttori. A fermare le ambizioni dello spagnolo, tuttavia, per quanto possa sembrar inusuale da sottolineare considerando il contesto storico attuale, era stato Hamilton che, in calo con gli pneumatici, aveva rappresentato un ostacolo nella rimonta del Ferrarista: seppur inizialmente fosse circa tre secondi più avanti, l’effetto dell’aria sporca rappresentava comunque elemento di disturbo per lo spagnolo, giro dopo giro quel vantaggio andava sempre più ad assottigliarsi, tanto da farsi che circa sei sette giri si era avvicinato in maniera importante, seppur non abbastanza per riuscire a completare il sorpasso. Dopo una comunicazione tra il muretto box Ferrari e quello Mercedes, il portacolori della squadra italiana era riuscito a sopravanzare il britannico, migliorando notevolmente il proprio passo, ma a quel punto era ormai troppo tardi per riuscire a ricucire quel gap che si era venuto a creare con Norris. Per quanto fosse vero che l’inglese della McLaren avesse gestito la situazione potendo sfruttare della presenza di Hamilton tra sé e il rivale, è anche vero che Sainz avrebbe potuto farsi minaccioso nei giri finali e rappresentare un avversario difficile da tenere a basa.

Il secondo appuntamento al Red Bull Ring rappresenterà un’occasione importante per il team guidato da Mattia Binotto per riscattarsi, partendo dal passo mostrato sulla lunga distanza come punto di partenza, ma con l’obiettivo di migliorare la qualifica per rendersi la vita più semplice in gara.

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