F1 | GP d’Australia, Ferrari: una vittoria schiacciante sulle difficoltà della Red Bull
La squadra di Maranello ha fatto la differenza dove la rivale di Milton Keynes è andata in crisi, ovvero nella gestione degli pneumatici
Alba rossa. Nelle prime ore di una domenica mattina italiana, dall’altra parte del mondo andava in scena una prova d’assolo da parte della Ferrari. Una gara che già dopo poche tornate si era chiaramente indirizzata a favore di Charles Leclerc, bravo nel bissare la pole del sabato conquistando il suo secondo successo stagionale dopo quello di apertura in Bahrain.
Una prova senza appelli, senza rivali, perché quella in Australia è stata una Ferrari perfetta sotto molteplici aspetti, dalla performance alla gestione delle gomme, elementi in cui gli avversari non hanno saputo tenere il ritmo. Un Gran Premio vinto non solo con il lavoro fatto in fabbrica, ma anche in pista, sapendo limitare quei piccoli inconvenienti incontrati al venerdì. Nella terra dei canguri la F1-75 si è dimostrata ancora una volta la vettura più equilibrata, con un mix di fondamenti impossibili da battere. Venticinque punti che arrivano a seguito della prova più schiacciante di questo inizio di stagione, in un certo senso anomala per i valori che si erano visti in campo, ma sicuramente ben accolta dagli ingegneri del Cavallino, che probabilmente si aspettavano una competizione molto più aperta.
Un appuntamento che avrebbe potuto concludersi anche con una doppietta se non fosse stato per i ritiro di Carlos Sainz, costretto al ritiro dopo un inizio di gara tutto in salita. Il problema nell’accensione della vettura e l’errore nell’ultimo giro in qualifica lo avevano costretto a prendere il via da metà schieramento, ma a complicare ulteriormente la situazione era stato un guasto di natura tecnica al volante. Ciò aveva spinto i meccanici a sostituire l’unità con un’altra di scorta, che in termini di parametri doveva essere identica per le norme del parc fermé. Il problema di fondo non erano, quindi, tanto i parametri in sé, ma il feeling del pilota con il paddle della frizione, che spesso va regolato per capire il punto di stacco ideale. Non deve sorprendere, infatti, che lo spagnolo fosse andato in anti-stallo per ben due occasioni, prima nel giro di formazione, poi alla partenza, costringendolo a una corsa all’attacco. La scelta di montare gli pneumatici duri allo spegnimento dei semafori era più in prospettiva, perché era chiaro che gli strateghi del Cavallino avessero in mente di giocare sulla lunga distanza, creando un offset oppure andando di overcut quando chi prendeva il via con la media sarebbe rientrato ai box per la sosta obbligatoria. Purtroppo, nella foga di recuperare quando perso alla partenza, Sainz aveva commesso un errore finendo nella ghiaia, concludendo nel peggiore dei modi un weekend che, fino a pochi minuti dall’inizio della Q3, sembrava avere prospettive nettamente più incoraggianti.
Gli scenari
Seppur le qualifiche avessero raccontato di una Ferrari assoluta protagonista, tanto da riuscire a conquistare la pole position con quasi tre decimi di vantaggio, il destino della gara sembrava molto più incerto. Non si trattava solamente di una questione di prestazioni, ma anche di strategia, perché la Red Bull avrebbe potuto giocare con due punte su una pista, mentre Leclerc non avrebbe potuto contare sul supporto del suo compagno di squadra. Su una pista dove, nonostante le ultime modifiche, rimane tutt’ora difficile sorpassare, riuscire a inquadrare rapidamente quali sarebbero stati i temi predominanti della corsa sarebbe stato fondamentale per non farsi cogliere di sorpresa. Se il monegasco fosse stato in grado di mantenere il comando dopo lo spegnimento dei semafori, si sarebbero venuti a creare due possibili scenari: da una parte, la possibilità di trovare il passo per scappare, dall’altra quella di mantenere compatto il gruppo alle sue spalle.
Riuscire a costruire un margine sufficiente per mettere sotto scacco Red Bull sarebbe stato fondamentale, specie tenendo a mente che la squadra di Milton Keynes avrebbe potuto usare Perez come una pedina in grado di cambiare il destino della corsa. Le variabili in gioco erano molteplici, ma nel caso il compound medio si fosse dimostrato sufficientemente robusto per tentare un overcut, Red Bull avrebbe potuto costringere la Ferrari ad anticipare la sosta finendo dietro Perez. Nello scenario opposto, il team inglese avrebbe sempre potuto tentare la carta dell’undercut, specie se Verstappen si fosse mantenuto ad un distacco inferiore ai due secondi. Tutto girava intorno a ipotesi, semplici ipotesi, che però avrebbero potuto ribaltare i valori i campo della vigilia e proprio per questo agli strateghi della Rossa spettava l’arduo compito di comprendere quale fosse la strada migliore.
Risposta che, in realtà, sarebbe arrivata da sola con il passare dei giri, perché nel momento in cui Leclerc era stato in grado di mantenere il comando alla partenza mettendosi subito al riparo da eventuali attacchi, un tassello era già stato messo al giusto posto. L’entrata della Safety Car per il ritiro di Sainz aveva fornito a Verstappen un’altra chance per tentare un attacco al capoclassifica, ma anche in questo caso il monegasco aveva saputo mantenere sangue freddo interpretando alle perfezione la ripartenza. A quel punto la strada era in discesa, perché già pochi passaggi dopo la ripresa era chiaro che Verstappen non avesse il passo per mantenersi nella scia del Ferrarista, semplificando il lavoro del muretto in rosso.
Red Bull ha patito il graining
Sin dalle prime prove libere era emerso come uno dei punti chiave per il resto del fine settimana sarebbe stata la gestione delle gomme, in particolare relativamente alla limitazione del graining. Un fenomeno di cui avevano sofferto sia Red Bull che Ferrari, seppur quest’ultima in maniera minore. Per compensare, gli ingegneri del Cavallino era intervenuti sia a livello meccanico che aerodinamico incrementando il livello di carico all’anteriore, mentre nel team di Milton Keynes non tutto era filato in modo liscio. Il set-up con cui aveva iniziato il weekend, preparato in fabbrica al simulatore, non si era rilevato efficace, costringendo i tecnici in pista a adottare una diversa configurazione più carica. Grazie a questi interventi, entrambi i piloti avevano denotato un miglioramento nel comportamento della monoposto, evidenziando tuttavia un fastidioso sottosterzo.
Se in qualifica questo fenomeno non si presenta in maniera così evidente, specie garantendo alle coperture un giro di preparazione aggiuntivo per facilitare la fase di warm-up, in gara si accentua, soprattutto se si inizia a spingere prima che la gomma sia nella corretta finestra di funzionamento. Se Leclerc nei primi di gara sotto questo punto di vista non aveva evidenziato particolari difficoltà, ben diversa era la situazione per Verstappen, che già nelle tornate successivi al rientro della vettura di sicurezza ai box aveva dovuto alzare il ritmo per non affaticare eccessivamente gli pneumatici. Qualcosa di ravvisabile in particolare nelle curve più impegnative del tracciato, quelle ad alta velocità che generavano più stress, ma che giocano un ruolo importante a livello cronometrico. Come si può evincere dalla telemetria, il pilota della Red Bull accusava un distacco di sei km/h rispetto a Leclerc in curva sei, venti alla dieci e tredici alla dodici.
Tutti curvoni verso sinistra, quelli ad alta percorrenza, ma che avevano anche un ulteriore risvolto: per tentare di compensare quanto perso nei tratti a velocità più sostenute, Verstappen cercava di seguire linee più aggressive nelle zone più lente. Se nelle prime tornate, quando la mescola non era ancora così compromessa dal graining, un approccio del genere garantiva i suoi benefici consentendo al pilota di Hasselt di seguire traiettorie più strette e remunerative in termini di distanza percorsa, con il passare dei giri ciò non era più possibile. In parte per il decadimento della gomma, in parte perché al fine di gestire il graining, l’alfiere della Red Bull era stato costretto a intervenire sul differenziale, compromettendo la percorrenza dei tratti più lenti.
Un altro aspetto altrettanto importante era quello del lift and coast. Dato il poco grip a disposizione a causa del graining sulle gomme anteriori, al fine di non affaticarle ulteriormente, Verstappen era costretto ad alzare il piede con diversi metri d’anticipo rispetto al punto ideale di staccata. Una tecnica che, per quanto minimizzi la perdita di tempo, ha comunque una sua rilevanza sul cronometro, andando ad incrementare lo svantaggio. Più ci si inoltrava nella corsa, più aumentava il gap dal leader che, al contrario, non soffriva delle stesse problematiche: “Penso che siamo rimasti tutti sorpresi dal nostro ritmo. Sì, perché voglio dire, sulla media, già, verso la fine dello stint, eravamo estremamente forti, abbiamo gestito quelle gomme estremamente bene. Non abbiamo avuto troppo graining, quindi sì, il ritmo era molto forte. E poi sulla dura, probabilmente ci aspettavamo che la Red Bull fosse un po’ più vicina in termini di ritmo, ma anche lì sembriamo avere il sopravvento. E sì, dopo le qualifiche e le FP2, non abbiamo visto quella differenza di prestazioni tra noi e la Red Bull. Quindi è stata un’ottima sorpresa”, ha spiegato Leclerc al termine della corsa.
Nel periodo più acuto di graning sulla media, infatti, Verstappen arrivava ad accusare un distacco di oltre un secondo al giro, rendendo di fatto impossibile non solo pensare di poter reggere il ritmo del capoclassifica, ma anche impostare una strategia che potesse invertire il destino della corsa. Con l’anteriore sinistra ormai al limite, non tanto per una questione di degrado della gomma in sé, ma per i problemi di gestione precedentemente menzionati, Red Bull era stata costretta ad anticipare la sosta, lasciando a Leclerc la chance di allungare lo stint e creare un offset. L’entrata in pista della Safety Car per l’incidente di Sebastian Vettel, tuttavia, sembrava aver garantito una nuova possibilità alla squadra anglo-austriaca, complice un piccolo errore da parte di Leclerc alla ripartenza, il quale finendo sui marbles aveva mancato la linea ideale all’uscita dell’ultima curva. Nonostante avesse tentato di approfittarne, Verstappen aveva dovuto fare i conti con il fatto che a metà della prima curva era stato costretto ad alzare il piede dall’acceleratore trovandosi in piena scia del rivale, con una conseguente perdita di carico aerodinamico. Questo aspetto, unito all’ottima trazione della F1-75, aveva dato al monegasco l’opportunità di difendersi, ponendo le basi per un’altra fuga. Con il compound più duro, il confronto sarebbe stato più arduo perché i problemi di graining non si sarebbero presentati in maniera altrettanto accentuata quando con la media, ma le qualità della monoposto di Maranello avevano consentito al numero 16 di prendere il largo anche in questa occasione.
Il ritiro di Verstappen
Senza la Safety Car, probabilmente Leclerc sarebbe riuscito a concludere la corsa con un vantaggio compreso tra i venti e i trenta secondi, ma l’aspetto più interessante è che probabilmente gli uomini in rosso si aspettassero una gara differente. Durante la corsa, infatti, in più occasioni gli ingegneri via radio avevano suggerito al proprio pilota di passare in una modalità per “bruciare” la quantità di carburante in eccesso: molto probabilmente, al fine di gestire un eventuale duello con la Red Bull, prima della corsa gli strateghi del Cavallino avevano deciso di imbarcare un buon quantitativo di benzina. Con l’entrata della vettura di sicurezza in due occasioni, tuttavia, quel carburante extra si era andato ad aggiungere a quello risparmiato dietro la vettura di sicurezza, tanto da rendere la vettura più pesante del necessario nella parte conclusiva di gara.
A mettere la parola fine alle speranze del team di Milton Keynes era stato un problema al sistema di alimentazione, esterno alla Power Unit: “Naturalmente è molto deludente non finire la gara di oggi, non so ancora cosa sia successo alla macchina, la riporteremo alla fabbrica e ci riorganizzeremo. Sapevo già che c’era una possibilità prima della gara che avremmo potuto non finire, ma ho cercato di non pensarci. Questo non è quello di cui hai bisogno quando vuoi lottare per il campionato, il divario è già abbastanza grande. Naturalmente, Checo ha fatto bene ad arrivare secondo, ha segnato alcuni buoni punti. Nel complesso non sembra che ci sia una soluzione facile, quindi abbiamo bisogno di lavorare sodo come squadra, ci sono un sacco di cose su cui lavorare. Ci sveglieremo domani e ci concentreremo sulle prossime gare e faremo il meglio che possiamo. Naturalmente è una lunga stagione e molte cose possono accadere; penso che a questo punto abbiamo bisogno di 45 gare”, ha spiegato Verstappen nelle interviste. Un tema, quello dell’affidabilità, costato al campione del mondo in carica già 43 punti in sole tre gare.
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