Considerazioni sul GP di Corea

Considerazioni sul GP di Corea

A fatica, il circus della F1 ha superato il temuto ostacolo Corea.

E’ stato senza dubbio un parto gemellare. Già mesi prima dell’evento voci preoccupanti raccontavano di ritardi nei lavori, e con l’avvicinarsi della data stabilita i dubbi sono aumentati a dismisura.

La decisione di posticipare il sopralluogo definitivo da parte della Federazione fino a pochi giorni dalla gara, ha allarmato ulteriormente l’ambiente e si è arrivati così all’ultima frenetica settimana con un grande cantiere e centinaia di persone al lavoro per ultimare gli ultimi dettagli.

Si è corso, comunque, in un paesaggio surreale. Ma andiamo con ordine.

Il Layout

Il layout del tracciato di Yeongam

Parlando del puro layout del tracciato di Yeongam, Tilke ho optato per una divisione in tre settori piuttosto netti.

T1 – Velocissimo e composto, oltre che dal rettilineo iniziale, da due rettifili molto lunghi (il primo da 1,2 km) raccordati dalle solite curve a gomito, marchio di fabbrica della produzione Tilkiana.
T2 – Misto con curve veloci simil Malesia e una curva simile alla famosa 8 di Istanbul, anche se più lenta.
T3 – Più lento del T2, con diverse curve ad angolo retto.

Riguardo il tempo sul giro si è notata un’esagerata sproporzione tra gli intermedi, con il primo ben oltre i 40 secondi e gli ultimi due intorno ai 20. Probabilmente la scelta è stata data dal fatto di voler “assecondare” i tre settori reali del tracciato e rendere l’idea di come le monoposto si adattassero ai tre segmenti, ma 45 secondi per il T1 sono davvero tanti. Sarebbe bastato anticiparlo tra le curve 3 e 4, invece che porlo tra la 6 e la 7.

Scandaloso l’ingresso ai box. I piloti se ne sono accorti subito e per la prossime edizioni si auspica che l’entrata venga anticipata o quanto meno resa meno pericolosa. Incredibile come da un foglio bianco non si sia tenuto conto del pericolo di un ingresso simile.
Anche l’uscita non è felicissima ma si può ritenere comunque meno grave.

Si temeva tanto per l’asfalto, ed in effetti è stato un problema. Ma non per i timori della vigilia.
La preoccupazione, data la stesura fresca dell’ultimo strato del manto, era che l’asfalto potesse sgretolarsi in condizioni di asciutto al passare delle monoposto, soprattutto nei tratti di maggior carico laterale come il T2 e nei punti di frenata più impegnativi come i due rettilinei del T1.
Nelle giornate di venerdì e sabato non è successo nulla, anche se le maggiori preoccupazioni riguardavano la domenica. La pioggia ha cancellato questi dubbi, ma ha portato alla luce un altro problema grave, cioè quello del drenaggio dell’acqua.

Ed ecco il disastro. I primi 4 giri sotto Safety Car hanno solo confermato le pessime condizioni dell’asfalto che, alla prima pioggia pesante, oltre a non drenare per nulla ha lasciato emergere anche il vario materiale liquido utilizzato per la posa del manto, con la conseguenza di avere un fondo impraticabile. La bandiera rossa ha riportato la memoria al GP della Malesia del 2009. E ha fatto, probabilmente, sudare freddo Bernie Ecclestone. Dopo un’ora di attesa, consultazioni tra piloti e direzione gara, la corsa è ripresa con altri 10 giri abbondanti sotto Safety Car per andare a regime solo all’inizio del 17° giro, ma con quasi un’ora e mezza di ritardo sulla tabella di marcia. Tant’è che Alonso ha festeggiato la vittoria quasi al buio. Almeno a Singapore c’erano i riflettori..

Piloti o donnine?

Tutti in coda dietro la Safety Car, guidata da Bern Maylander

Qui ci fermiamo per aprire una parentesi.
Durante l’ora di sospensione e anche nei successivi giri sotto Safety Car, si è assistito ad alcune polemiche riguardo la paura dei piloti di correre con l’asfalto bagnato. Webber (come se stesse presagendo la sua fine) agitato a colloquio con Alonso, Chris Horner e anche con la direzione gara. Successivamente dichiarazioni di altri piloti, tra i quali Trulli, hanno alimentato le lamentele dei tifosi e degli appassionati più datati, che faticano a digerire le partenze in regime di Safety Car e hanno nostalgia delle grandi gare del passato sotto l’acqua. Ci vengono in mente Portogallo ’85, Adelaide ’91 (partita ma poi sospesa), Donington ’93, Barcellona ’96, Spa ’98. Solo per citarne alcune. La voce fuori dal coro di Hamilton, che durante il regime di SC invocava la partenza sottolineando come per lui le condizioni fossero “buone”, è stata apprezzata e ha fatto da contrasto a quella dei colleghi, che anche dopo la gara hanno confermato l’inagibilità del tracciato.

Non possiamo affermare con certezza che la F1 è diventata una sport da “donnine” come una piccola parte del tifo sostiene, però dobbiamo tenere conto di un fattore importante soprattutto in queste condizioni. Il parco chiuso. Le monoposto non possono essere toccate dal sabato alla domenica (tranne per casi straordinari), e una F1 settata per l’asfalto asciutto è completamente diversa da una settata per il bagnato. Altezza da terra, rigidità delle molle, carico aerodinamico delle ali, sono alcuni dei parametri che vengono modificati passando da assetto per l’asciutto a quello per il bagnato. E’ evidente che in una pista nuova, scivolosa, che non drena l’acqua ma quasi la contiene, una monoposto che spancia a terra non puoi portarla al limite ma puoi solo tentare di tenerla in strada e di arrivare al termine. Considerazioni sulla paura o meno dei piloti, la decisione della direzione gara si può ritenere giusta, in termini di sicurezza, applicata a questa circostanza (tracciato nuovo e asfalto sudicio), ma non deve e non può diventare comunque un’abitudine. L’abolizione del parco chiuso e la liberalizzazione delle modifiche dei setup sarebbe un’ottima soluzione a riguardo, ma la Formula 1 è sempre stata caratterizzata da corse sotto l’acqua e non si può pensare di vedere in azione la Safety Car per decine di giri.

Chiusa la parentesi, torniamo al layout.

Complessivamente, se parliamo di tracciato asciutto e non consideriamo l’ingresso/uscita dai box, il nuovo lavoro di Tilke non ha deluso completamente. Alcuni piloti l’hanno trovato interessante soprattutto nella parte mista, e si sono potute notare le differenze tra le varie monoposto. Red Bull in difesa nel primo tratto e fortissima negli ultimi due, Ferrari fortissima nel primo, buona nel secondo e nel terzo. Da rivedere l’asfalto e il drenaggio, ma ora c’è un anno di tempo per pensarci.

Organizzazione

Le avveniristiche strutture di Yeongam..

Visti i ritardi, è stata data assoluta priorità al tracciato e ai suoi dettagli.
Come detto, si è corso in uno scenario d’altri tempi. Le riprese dall’alto hanno mostrato quanto si sia rischiato davvero di non poter correre. Era di pochi giorni fa un video che mostrava i lavori affrettati per ultimare cordoli, delimitare la pista e quant’altro. Le squadre hanno dovuto ricorrere ad alloggi non proprio di lusso, perchè i primi alberghi disponibili erano a chilometri di distanza. Insomma, il fatto che si dovesse correre a tutti i costi ha costretto a lavori dell’ultimo minuto quanto meno per permettere ai piloti di scendere in pista. Tutto quello che è previsto dal progetto del circuito e non è stato completato, verrà costruito per l’anno prossimo. Vedremo quindi un tracciato scenograficamente diverso, immerso in una vera e propria città.

La pioggia ha poi destabilizzato ancora di più un equilibrio sul limite della precarietà. Se al venerdì e al sabato, seppure con qualche lamentela legata a terriccio sui cordoli e altri dettagli minori, si era corso regolarmente, la sospensione (così come tutta l’organizzazione) della domenica non è stata una bella pubblicità per la Formula 1, che pur di conquistare nuove frontiere si espone a rischi inutili in nome del business. La Federazione pare voglia inserire nel regolamento l’omologazione delle piste 90 giorni prima dell’effettivo svolgimento dei Gran Premi, in modo da poter valutare con sicurezza gli impianti. Scelta condivisibile vista l’esperienza di Yeongam.

Conclusione
Dopo la grande paura Coreana si torna ad Interlagos, pista old style ma sempre gradita.
L’anno prossimo toccherà all’India fare il suo ingresso in F1. Con la speranza che, di giri in testa, Bern Maylander ne completi molti meno.

Alessandro Secchi

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