Bruce McLaren: Uomo, pilota, leggenda – Parte Prima

Bruce McLaren: Uomo, pilota, leggenda – Parte Prima

«To do something well is so worthwhile that to die trying to do it better cannot be foolhardy. It would be a waste of life to do nothing with one’s ability, for I feel that life is measured in achievement, not in years alone.»

La scuderia McLaren è ormai considerata un cardine della Formula Uno ed insieme alla Williams uno dei team britannici più longevi e vincenti di sempre. Ma per capire meglio la storia che si cela dietro i moltissimi trionfi della scuderia di Woking dobbiamo risalire alla sua fondazione, avvenuta grazie al genio di Bruce McLaren. Cosa portò un neozelandese a correre nella massima serie? Scopriamolo.

Bruce Leslie McLaren nasce ad Auckland, allora modesta cittadina della Nuova Zelanda ed oggi metropoli, il 30 agosto 1937 da Les e Ruth McLaren. I genitori possiedono una stazione di servizio ed un’officina di riparazione ed il giovane Bruce vi cresce innamorandosi a prima vista delle automobili, sfruttando ogni attimo di tempo libero per apprenderne il più possibile a riguardo. Purtroppo a soli nove anni viene colto dalla malattia di  Legg-Calvé-Perthes, una malattia degenerativa che va a colpire la testa del femore: i medici sentenziano che in breve tempo non riuscirà più a camminare. Fortunatamente si sbagliano e dopo due anni di dolorosi trattamenti il ragazzo torna a camminare seppur zoppo, a causa dell’accorciamento della gamba sinistra. Ma la passione per i motori va ben oltre quello che sembra essere stato un piccolo ostacolo nella sua vita. Quando ha quindici anni il padre, che lui chiama affettuosamente “Pop”, restaura una Austin 7 Ulster che poi Bruce usa per una “HillClimb”, ovvero una corsa in salita. Vedendo del potenziale nel proprio figlio Les McLaren lo incoraggia a continuare: Bruce non lo deluderà prendendo parte due anni dopo alla sua prima vera gara da pilota e guidando prima una Ford 10 Special, poi una Austin – Healey ed infine, nel 1957, una performante Cooper – Climax da Formula 2 su cui lui stesso mette mano modificandola e migliorandola notevolmente. Ciò gli permette di essere secondo nel campionato neozelandese al pari di piloti che portano con sé meccanici ben esperti, mentre Bruce McLaren fa quasi tutto da solo.

In quella stessa stagione viene notato nientemeno che da Jack Brabham che lo invita a correre con lui in Europa, dove si corrono gare di altissimo livello e con la possibilità di giungere in Formula Uno. Grazie all’aiuto degli organizzatori del Gran Premio della Nuova Zelanda può permettersi di andare verso il Vecchio Continente vincendo il programma Drive in Europe. Il ventenne lascia così la famiglia per dirigersi in Gran Bretagna portando con sé Colin Beanland, un meccanico, ma ritrovandosi apparentemente da solo, sebbene il suo spirito da leader e la sua impeccabile gentilezza sembrino essere un biglietto da visita di tutto rispetto. Brabham è però di parola e grazie ad un accordo con John e Charles Cooper, possessori dell’omonima scuderia, fa ottenere a Bruce una monoposto di Formula 2 per la stagione 1958. Comincia con un 13° posto ma man mano le sue prestazioni migliorano finché non giunge costantemente a podio. L’impresa che lo rese famoso al grande pubblico arriva di lì a poco.

3 agosto, Gran Premio di Germania, i piloti dovranno affrontare l’Inferno Verde. Dato lo scarso numero di Formula Uno iscritte alla gara gli organizzatori decidono di far correre assieme anche le Formula 2. Venticinque vetture rombanti scattano al via e si inoltrano per gli oltre venti chilometri del Nordschleife da compiere per quindici volte. Vince l’inglese Tony Brooks su Vanwall, seguito dal connazionale Roy Salvadori su Cooper – Climax e dal francese Maurice Trintignant con l’altra Cooper. Ma a fine gara gli onori vanno anche a Bruce McLaren, uno sconosciuto ventunenne proveniente dall’altro capo del mondo che a bordo di una Cooper F2, partente dodicesimo, giunge quinto a soli dieci secondi di distacco dalla Ferrari 246 F1 di Wolfgang von Trips: Jack Brabham ha capito di aver fatto il “colpo”. Bruce ha le capacità di correre nella massima serie e la dimostrazione l’ha data in Germania, mettendosi dietro piloti famosi quali Phil Hill, Mike Hawthorn e Peter Collins. Rifiuta l’offerta di Ken Tyrrell che lo vorrebbe con sé in Formula 2 fino al resto della stagione e si prepara al grande salto.

Così per la stagione 1959 ottiene il sedile per una Cooper – Climax F1 affiancato da Brabham e Masten Gregory. Bruce è un perfezionista, lo era stato sin da giovane, dedicando molto tempo allo studio della vettura, la T51, eseguendo molti test e cercando con i meccanici e con Brabham i punti in cui migliorarla. Sarà un periodo in cui si legherà molto con il pilota inglese, che per lui era come il padre che in Europa non poteva avere, e con due meccanici della Cooper, “Noddy” Grohman e Mike Barney, della stessa scuola “perfezionista” di McLaren. Quello che il giovane neozelandese comprende è l’importanza non solo della potenza data del propulsore, ma anche di modificare il telaio per avere più grip in curva e maggiori velocità di percorrenza e questo fu uno dei motivi per cui Tyrrell cercò in tutti i modi di portarlo con sé. Alla prima gara, tenutasi a Monaco, giunge già a punti grazie ad un quinto posto e due mesi più tardi si ripete in Francia. Due settimane più tardi, il 18 luglio, nel Gran Premio di Gran Bretagna giunge a podio per la prima volta in Formula Uno agguantando il terzo posto alle spalle di Brabham e Stirling Moss. Ma è all’ultima gara del campionato, durante il Gran Premio degli Stati Uniti, che Bruce McLaren entra nella leggenda.

L’ultimo appuntamento per la stagione 1959 della massima serie si svolge il 12 dicembre sul circuito di Sebring, un tracciato lungo poco più di 8 chilometri costruito su un ex aeroporto militare. Jack Brabham lotta per il titolo mondiale con Stirling Moss e Tony Brooks, piazzandosi secondo durante le qualifiche mentre il giovane compagno di squadra è solo decimo. Ma i 42 giri previsti regalano emozioni ad entrambi: Bruce McLaren con una spettacolare rimonta vince il Gran Premio, diventando il più giovane vincitore della massima seria a 22 anni e 104 giorni, un record battuto soltanto nel 2003 da Fernando Alonso (22 anni e 26 giorni); Jack Brabham arriva spingendo la sua vettura, ormai senza più carburante, sulla linea del traguardo giungendo quarto e diventando campione del mondo. Per la Cooper la soddisfazione è doppia perché in tal modo porta a casa anche il titolo costruttori.

Chiude il campionato 1959 con la sesta posizione nella classifica piloti conquistando 16,5 punti frutto di una vittoria, due terzi posti e due quinti, unica pecca sono i tre ritiri consecutivi in Germania, Portogallo ed Italia dovuti a problemi riguardanti il corpo vettura, in particolare la trasmissione. Ma l’epopea di Bruce McLaren è solo agli inizi, come pilota e come costruttore.

Continua…

Andrea Villa

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