21 ottobre 2007, il trionfo più grande di Kimi Raikkonen
Nove anni fa il finlandese vinse il titolo con la Rossa
Da qualche anno a questa parte il verbo vincere non riesce più ad essere coniugato nelle giuste forme e nei giusti modi in casa Ferrari. Da quando questo accadde, ai supporter della Rossa non resta che sfogliare l’album dei ricordi, in attesa che la pista torni a pronunciarsi in maniera favorevole ai colori di Maranello.
La giornata andata in archivio ieri non è stata una data come tante altre nella storia del Cavallino: infatti 9 anni fa (21 ottobre 2007) Kimi Raikkonen si laureava campione del mondo al primo anno in Ferrari.
Forse in pochi, se non in pochissimi, avrebbero potuto pronosticare un anno così epico per il finlandese, chiamato a Maranello per sostituire un totem come Michael Schumacher, con il passaggio di consegne tra i due verificatosi sul podio di Monza (non in un luogo qualunque) nel settembre 2006.
Raikkonen aveva dimostrato le sue ottime doti al volante della McLaren nel quinquennio precedente, sfiorando il titolo nel 2003 (sfuggito per soli 2 punti) e nel 2005, dove una monoposto fragile non gli consentì di lottare ad armi pari con Fernando Alonso. Quando invece la MP4-20 si mostrava al top, il finlandese era capace di rimonte straordinarie come quella di Suzuka: da 17° a 1°.
Pronti via, alla prima gara con la tuta rossa della Ferrari, Raikkonen mise subito la propria firma, andando a vincere la corsa inaugurale della stagione sul tracciato di Melbourne. Un’impresa portata a compimento prima di Raikkonen solo da due grandissimi piloti che rispondono al nome di Juan Manuel Fangio (nella sua Argentina nel 1956) e Nigel Mansell (a Jacarepaguá, nel GP del Brasile 1989).
In una stagione caratterizzata dalla rivalità interna al team McLaren – tra il campione del mondo in carica Fernando Alonso e il giovane cocco di Woking (in particolar modo di Ron Dennis) Lewis Hamilton – e la sgradevole vicenda della spy-story, Raikkonen fu protagonista di ottime prestazione come quella nel Gran Premio di Gran Bretagna disputato a Silverstone. Nei giri decisivi per l’assegnazione di quella gara, percorsi da autentico fuoriclasse, Raikkonen fece stropicciare gli occhi anche al presidente Montemolo che senza mezze misure dichiarò al termine della corsa: “In quei giri ho rivisto Schumacher in Kimi Raikkonen”.
Quale migliore investitura da un uomo di pista come Montezemolo che nella sua trentennale carriera nel mondo delle corse ha visto scendere in pista i migliori campioni?
E pensare che, attualmente, lo sport più comune diffuso dai tifosi della Ferrari sia quello di criticare (a prescindere) Raikkonen, quando i problemi (quelli seri) di Maranello sono da riscontrare altrove…
Dopo quell’autentica dimostrazione di forza a Silverstone, per il finlandese iniziò un periodo dove, nonostante ottimi piazzamenti, arrivò solo una vittoria (nella “sua” Spa) nelle successive sei gare. Al termine della stagione mancavano solamente due appuntamenti (Cina e Brasile) e la sfida iridata divenne sempre più un discorso esclusivamente a due tra il veterano Alonso (95) e il debuttante Hamilton (107), con Raikkonen e Massa staccati rispettivamente di 17 e 27 punti dalla vetta della classifica iridata occupata dall’inglese della McLaren che iniziava ad assaporare odore di impresa al primo anno in Formula Uno.
Sembrava un copione già scritto… ma gli dei del motorsport furono con la Ferrari che a Shanghai ottenne con Raikkonen una vittoria inaspettata, servita su un piatto d’argento da l’inesperienza di Hamilton, autore di un banale errore di tempismo nel cambio gomme che gli costò il ritiro.
Si arrivò dunque all’atto conclusivo di Interlagos con Hamilton leader iridato (107), seguito da Alonso (103) e Raikkonen (100). Al finlandese non bastava vincere, ma doveva sperare nell’aiuto della buona sorte. Destino che tese la mano in gara al finlandese, con i problemi di settaggio riscontrati da Hamilton sul volante della sua McLaren che lo fecero scivolare in fondo al gruppo costringendolo ad una gara di rimonta.
Rimonta vana, che non permise all’inglese (giunto 7°) di ricucire il gap di punti che si era creato in classifica con Raikkonen che, grazie alla vittoria, favorita dall’ottimo gioco di squadra di Felipe Massa, si laureò campione del mondo per un solo punto sull’accoppiata Hamilton-Alonso (110 a 109). E così il finlandese si unì a quella ristretta schiera di piloti (Jual Manuel Fangio e Jody Scheckter) capace di vincere l’iride al primo anno in Ferrari.
Un sogno dunque diventato realtà, con Raikkonen che malgrado un carattere introverso, non avvezzo alle celebrazioni pubbliche, non riuscì a trattenere la gioia e le lacrime durante la festa del podio.
Proprio quel 21 ottobre 2007 è ad oggi il punto massimo raggiunto da un pilota Ferrari in questi ultimi nove anni. Sono seguite cocenti delusi (Interlagos 2008, Abu Dhabi 2010) e progetti tecnici non all’altezza a cui hanno fatto seguito varie rivoluzioni tecniche e gestionali in seno al Cavallino, creando più confusione che ordine.
La Formula Uno, al pari di altre discipline sportive, è ciclica e toccherà anche alla Ferrari, e ai suoi futuri piloti, riassaporare la gioia della vittoria finale. Ma al momento non è possibile prevedere quando questo periodo di digiuno terminerà.
Piero Ladisa
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