F1 | La vittoria Red Bull di Barcellona e il dilemma del gioco di squadra

La Red Bull trionfa sfruttando i problemi Ferrari e una strategia diversificata

F1 | La vittoria Red Bull di Barcellona e il dilemma del gioco di squadra

Dopo la pole position conquistata al sabato in grande stile, tutti gli occhi erano puntati su Charles Leclerc e la Ferrari, pronti a sfruttare l’occasione e portare a casa una preziosa vittoria per rispondere agli ultimi successi Red Bull. Si trattava di un weekend importante, non solo per tentare di aumentare il proprio vantaggio nella gerarchia iridata, ma anche perché la tappa spagnola rappresentava l’appuntamento perfetto per comprendere se gli aggiornamenti portati a Barcellona avessero sortito l’effetto sperato.

A dispetto di una prima parte di gara controllata da protagonisti indiscussi, a tradire il monegasco era stata proprio la sua Rossa, ammutolita da un problema legato alla Power Unit. Un guasto tecnico che aveva costretto il numero sedici della Ferrari al ritiro, dando così l’addio anche a quella che sarebbe stata senza ombra di dubbio la sua terza affermazione stagionale. Una sconfitta difficile da digerire, specie pensando che Leclerc si trovava in una posizione di relativamente tranquilla grazie all’errore del rivale più temibile, quando con un lungo in curva quattro Max Verstappen aveva suo malgrado perso ogni chance di giocarsi la vittoria già nei primi giri di gara. Episodio che aveva complicato non poco la gara dell’olandese, costringendolo a doversi confrontare anche con un DRS malfunzionante, che in diverse occasioni non gli aveva permesso di completare quei sorpassi che avrebbero potuto semplificare la sua rimonta. Nonostante ciò, la corsa si è conclusa con una doppietta targata Red Bull anche grazie all’ottimo secondo posto di Sergio Perez, bravo nell’approfittare delle varie situazioni per portare a casa un altro trofeo.

A concludere il podio George Russell, capace di inserirsi nella lotta e reggere fino a quando strategia e vettura l’hanno consentito: la sua figura è stata essenziale nella lotta per la vittoria perché, sebbene non sia mai stato davvero della partita, la difesa schierata dall’inglese ha alterato l’andamento la sfida al vertice. Corsa che avrebbe potuto regalare di più anche a Lewis Hamilton e Carlos Sainz, per motivi diversi alle prese con un weekend ricco di alti e bassi: il sette volte campione del mondo è stato suo malgrado vittima di un contatto nel corso del primo giro, dovendo così rimontare dal fondo, mentre lo spagnolo ha commesso il medesimo errore di Verstappen, finendo lungo in curva quattro prima di ritrovarsi imbottigliato nel traffico.

Red Bull: rimanere a distanza per colpire al momento giusto

Così come in altri appuntamenti, anche in Spagna la sessione di qualifiche si era tinta di Rossa, grazie alla pole conquistata da Charles Leclerc. Un rivale difficile da battere sul giro secco, ancor di più in caso di problemi tecnici come occorso il sabato nell’ultimo tentativo, quando Verstappen aveva dovuto rinunciare al giro per un’inconveniente al DRS. La seconda posizione rappresentava comunque un buon punto di partenza su cui impostare una strategia che potesse garantire qualche possibilità di giocarsi il successo, specie se la F1-75 avesse incontrato le stesse difficoltà del venerdì pomeriggio nonostante il cambio di set-up.

La partenza non aveva regalato grandi soddisfazioni in tal senso, con il monegasco rapido nel chiudere qualsiasi opportunità di attacco andando a chiudere l’interno. Da quel momento in poi, per l’alfiere della Red Bull sarebbe stata una gara d’attesa, evitando di surriscaldare gomme e vettura, oltre ad attendere il momento giusto per effettuare la propria mossa. Con le alte temperature registrate a Barcellona, intorno ai 35°C a livello ambientale e i 50°C d’asfalto, rimanere a lungo in scia avrebbe rappresentato un problema non da poco per le coperture e la parte meccanica della monoposto. Non a caso, già dopo qualche tornata l’olandese era stato costretto a prendere spazio, arretrando fino a quel distacco intorno ai due secondi riscontrato fino al momento dell’errore nel corso del nono giro. Una situazione che ricordava già quanto visto in Bahrain, dove pur avendo un passo piuttosto simile, Verstappen aveva dovuto indietreggiare per non far salire eccessivamente le temperature dei freni.

Con queste premesse, l’unica vera alternativa per il muretto Red Bull sarebbe stata quella di rimanere alla giusta distanza e preparare un’eventuale undercut, cercando oltretutto di togliere a Leclerc quel vantaggio di essere partito a gomma nuova. Grazie a un set di qualche passaggio più fresco, il Ferrarista avrebbe avuto la possibilità di allungare lo stint, rendendo così più semplice attuare quella strategia a due soste pronosticata alla vigilia. Qualcosa che in Red Bull dovevano assolutamente evitare, costringendo il muretto della Rossa a dover giocare “alla pari”. Tattica che poi non avrebbe funzionato, dato che l’errore del campione del mondo lo avrebbe rispedito nel traffico, dando a Leclerc l’opportunità di amministrare la corsa con una certa tranquillità.

Il ruolo di Russell

Allo spegnimento dei semafori, il britannico della Mercedes aveva subito approfittato delle difficoltà di Sainz, guadagnando così una terza posizione che apriva a numerosi scenari. Tenere il passo dei due piloti di testa sembrava impresa ardua, se non impossibile, ma su un tracciato dove sorpassare è altrettanto complicato, sembrava esserci il margine per lottare ai margini della zona podio. Un obiettivo ambizioso, ma che doveva essere il primo atto della rincorsa Mercedes, la quale si era presentata a Barcellona con un sostanzioso pacchetto di aggiornamenti.

Riuscire a mantenere alle sue spalle Sergio Perez per i primi dieci giri aveva fornito un’idea piuttosto chiara di come la W13 potesse essere in grado di difendersi, sfruttando il vantaggio in uscita dall’ultima curva. L’errore di Max Verstappen aveva cambiato gli scenari, perché lo aveva rispedito non solo dietro al compagno di squadra, ma anche dietro allo stesso portacolori della squadra di Brackley. Dopo una decina di tornate senza essere riuscito a completare il sorpasso, il muretto aveva giustamente tentato uno scambio di posizioni, dando così all’olandese l’opportunità di tentare l’attacco. Un problema al DRS, tuttavia, aveva reso estremamente più arduo il compito del campione del mondo: secondo quando rivelato dal team principal, Christian Horner, ciò sarebbe dovuto ad un alleggerimento eccessivo del sistema che attiva l’ala mobile, che con le alte temperature registrate in Spagna non avrebbe funzionato a dovere. Nonostante i tentativi per risolvere il guasto dopo le qualifiche, gli interventi non avevano sortito gli effetti sperati, riproponendo lo stesso comportamento a intermittenza denotato il sabato.

Proprio per questo, gli strateghi della Red Bull avevano dovuto cambiare tattica, andando a diversificare le strategie dei proprio due piloti: da una parte, con Verstappen, il team aveva cercato di coprire su Russell, copiandone di pari passo la strategia. Sapendo che l’inglese sarebbe comunque rimasto davanti dopo la sosta sfruttando il beneficio dato dalla gomma nuova, l’obiettivo era quello di marcarlo a stretto contatto, nella speranza che il DRS riprendesse a funzionare, oppure tentando un undercut nel tentativo successivo. A quel punto, infatti, la strategia di gara si era trasformata in una corsa a tre soste, più aggressiva. Ben diverso era il discorso per Perez, che per diversificare era rimasto su quello che era il “Plan A”, ovvero le due soste. Invece di seguire Verstappen e Russell ai box, il messicano era rimasto in pista, allungando così il primo stint, in modo da poter contare su coperture più fresche per i restanti due run.

Perez poteva vincere?

Questa è probabilmente la domanda più spinosa dell’interno Gran Premio. In termini generali, la differenza tra una tattica a due o tre soste non era così ampia in termini di tempo effettivo, ma vi erano diversi elementi da tenere in considerazione. La strategia con tre pit stop avrebbe dato il meglio di soprattutto in assenza di traffico, potendo così girare in aria libera, anche a costo di dover leggermente anticipare il rientro. Proprio per questo, Red Bull aveva deciso di far tornare Verstappen ai box dopo solo quindici giri, in modo da dargli l’opportunità di completare qualche tornata senza piloti che potessero infastidirlo, a patto di liberarsi rapidamente di Valtteri Bottas.

Ed è proprio in questo frangente che, molto probabilmente, si sono infrante le possibilità di Perez di portare a casa il successo. Sfruttando il duello tra il suo compagno di casacca e Russell, dopo la prima sosta il messicano era stato in grado di chiudere piuttosto rapidamente il gap, arrivando con gomme più fresche e nel corretto range di temperatura. Avendo scambiato posizioni in precedenza, era logico che Perez si aspettasse che il muretto ricambiasse il favore, consentendogli di provare l’attacco. Ciò tenendo inoltre a che lo stesso Verstappen era ancora alle prese con i problemi all’ala mobile, rendendo arduo completare la manovra. L’esitazione degli strateghi nell’invertire i ruoli, tuttavia, aveva fatto a perdere non solo quei tre-quattro passaggi dove era stato costretto a rimanere a mettere in stand-by la sua strategia.

Un ordine indiretto da parte del team, che via radio gli aveva comunicato di rimanere quantomeno a un secondo e mezzo per mantenere fresche le coperture e la vettura. Allo stesso tempo, però, ciò rappresentava anche un sacrificio necessario, perché scambiando le posizioni Mercedes avrebbe potuto reagire a un’eventuale pit stop di Verstappen, avendo quei due secondi di margine per rientrare nel giro successivo e ricominciare tutto da capo.

Mettendosi nei panni di Perez, tuttavia, è chiaro come quei tre-quattro giri passati dietro la monoposto numero 33, così come i tre giri necessari per riagganciare e sorpassare il britannico, avessero avuto un impatto piuttosto importante. Passaggi in cui il pilota di Guadalajara avrebbe potuto prendere la testa della corsa e aumentare considerevolmente il suo vantaggio. Nei cinque giri successivi al sorpasso completato su Russell, Sergio era stato in grado di guadagnare circa sei secondi, mentre il suo compagno con la soft era riuscito a chiudere il margine proprio sul britannico nonostante la sosta aggiuntiva. Sostanzialmente, quello che avrebbe potuto essere un buon margine su cui giocarsi le proprie chance in realtà si era trasformato in un vantaggio di soli sette secondi. Un gap troppo ristretto per pensare di poter lottare ad armi pari con circa trenta passaggi ancora da completare. L’ordine di scuderia giunto più tardi non ha fatto altro che semplificare ed evitare problemi in un duello il cui finale era già scritto, date le circostanze. Per quanto gli ordini di scuderia siano un aspetto del gioco che spesso si vorrebbe evitare, in un contesto in cui Red Bull ha già fatto capire di puntare sul proprio pilota di riferimento, difficile dargli torto per essersi semplificata la vita. È un problema che nel momento in cui si è posto, era quasi un non problema.

La delusione della Rossa

Dopo le qualifiche, le prospettive in casa sembravano estremamente positive, con entrambi i piloti nelle prime due file, pronti a giocarsi le proprie chance in gara. Gli interventi correttivi tra venerdì e sabato sul set-up sembravano aver dato gli effetti sperati, migliorando la gestione delle gomme sulla lunga distanza, vero tallone d’Achille nel primo giorno di libere. Tra la teoria e la pratica, tuttavia, c’è sempre di mezzo il mare, come si era visto anche a Miami. Per questo la prova di Barcellona rappresentava una sorta di test, in modo da comprendere se gli aggiornamenti avessero funzionato come previsto, anche sulla lunga distanza.

Leclerc era stato scaltro nel difendersi al via, andando progressivamente a chiudere la traiettoria interna nel tentativo non solo di bloccare Verstappen nel punto di attacco più noto, ma anche di rompere la scia. Una tecnica che aveva dato i suoi frutti, mettendo il monegasco nella posizione di poter scappare ed imporre subito il suo ritmo. L’errore di Verstappen aveva offerto un ulteriore carta da sfruttare a proprio favore, da una parte perché il rivale più diretto era tornato nel traffico, dall’altra perché le difficoltà nel sopravanzare Russell consentivano di mantenere alto il passo senza dover sforzare eccessivamente le coperture. Al di là dei tempi, l’aspetto più significativo l’ha fornito proprio Leclerc, che dopo la corsa, a dispetto delle zero finale, si è confermato soddisfatto per il comportamento della vettura e, più in particolare, della gestione delle coperture. Qualcosa che era invece mancato negli ultimi appuntamenti, dove la F1-75 aveva fatto fatica nel mantenere vivo l’anteriore, qui forse anche “over-protected”, tanto che i team sono andati in crisi soprattutto con l’asse posteriore. Sarà quindi un tema da approfondire nei prossimi appuntamenti, anche se rimane l’amarezza per un ritiro arrivato come un fulmine a cel sereno, imprevisto e inaspettato. Uno zero dovuto a un problema legato al turbo e al motogeneratore H, con quest’ultimo che probabilmente che ha portato al danneggiamento della turbina in maniera irreparabile.

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