F1 | Hamilton, il lungo digiuno e il dibattito sull’eredità: tra Ferrari, podi mancati e un carattere da riscoprire
Nico Rosberg e Martin Brundle, due impressioni sull'esperienza di Lewis Hamilton in Ferrari

F1 Hamilton Ferrari – Il passaggio di Lewis Hamilton alla Ferrari ha acceso l’immaginazione di tifosi e appassionati. Ma la rincorsa all’ottavo titolo iridato, il traguardo che lo separa dalla solitudine nella storia della Formula 1, si sta rivelando più tortuosa del previsto. Da quando ha indossato i colori di Maranello, il sette volte campione del mondo non è ancora riuscito a ritrovare la strada del podio, con una serie di dodici gare senza piazzamenti tra i primi tre.
Un dato che racconta molto sulle difficoltà incontrate in questa fase della sua carriera. L’adattamento alla nuova monoposto e ai limiti imposti dal regolamento sulle vetture a effetto suolo si è sommato a un rendimento della Ferrari ancora lontano dalla costanza richiesta per lottare al vertice. La sfida è doppia: tecnica e personale.
Il rendimento di Hamilton è tornato al centro del dibattito, tra chi lo considera già uno dei più grandi di sempre e chi continua a metterlo a confronto con icone del calibro di Michael Schumacher e Ayrton Senna. Nella discussione si è inserito anche il dominio attuale di Max Verstappen, che con la Red Bull ha riscritto le gerarchie della Formula 1.
Durante un approfondimento andato in onda su Sky Sports F1, Martin Brundle ha analizzato il profilo dei piloti più spietati della storia del campionato, citando Senna, Schumacher e Verstappen come esempi di aggressività trasformata in successo. L’ex pilota ha sottolineato come “questi campioni affrontino la sconfitta come una questione personale, trasformandola in motivazione” e come “si muovano ai limiti del regolamento per spremere ogni margine”. Hamilton, invece, è stato solo marginalmente menzionato, lasciando intendere che, secondo Brundle, non rientri pienamente in questa categoria.
Un punto di vista che ha suscitato la replica di Nico Rosberg, campione del mondo 2016 e compagno di squadra di Hamilton in Mercedes. Pur riconoscendo il talento e la determinazione di Verstappen, Rosberg ha offerto un ritratto ben diverso del britannico. “Lewis è sempre stato un combattente. La sua reputazione da gentleman non deve trarre in inganno: in gara ha saputo muoversi sul filo del regolamento, al limite, senza mai varcare la linea,” ha affermato il tedesco. “Era bravissimo a trovarsi in situazioni dove la responsabilità era condivisa e quindi difficilmente sanzionabile”.
Rosberg ha citato episodi come il discusso incidente del 2021 con Verstappen a Silverstone, quando Hamilton, coinvolto in un duello ad alta velocità con l’olandese, non alzò il piede e proseguì fino alla vittoria, mentre l’avversario fu costretto al ritiro dopo un violento impatto. Toto Wolff, team principal Mercedes, all’epoca rivelò: “Lewis aveva deciso che non si sarebbe fatto da parte. Non avrebbe più concesso terreno”. Le osservazioni di Rosberg offrono un’interpretazione alternativa al concetto di “ruthless driver”, suggerendo che Hamilton, pur con uno stile diverso da quello di altri campioni, abbia comunque saputo esprimere una feroce competitività, combinata a lucidità e controllo.
Oggi, alla ricerca del riscatto con la Ferrari, il sette volte campione potrebbe dover tornare a mostrare quel lato più combattivo del proprio repertorio. Il cammino per tornare alla vittoria e per riscrivere la storia del Mondiale passa anche da qui: ritrovare l’istinto del lottatore che, al momento giusto, non ha mai avuto paura di affondare il colpo.
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