F1 | Ferrari imbarazzante: così non si va da nessuna parte, servono innesti di spessore
Pessima figura a Gedda, al team servono un direttore tecnico e progettisti di livello, bisogna seguire il modello Todt
Se è vero che la notte è più buia subito prima dell’alba, il rischio è che questo buio somigli tanto ad un buco nero che tutto assorbe, e che non vedremo più la luce. Perché Gedda segna un punto di non ritorno con il diritto a rimanere perplessi, per una Ferrari che si dimostra più lenta anche delle peggiori ipotesi.
Quarta forza in pista, senza il ritmo per avvicinare la W14, ovvero la monoposto Mercedes che in Mercedes stanno per cestinare anticipatamente, perché reputata concettualmente sbagliata. Gli uomini di Wolff reputano un catorcio una vettura più veloce di questa Ferrari, e questo dice già molto.
Poi dobbiamo sorbirci la fiera delle banalità dinanzi ai microfoni, con Vasseur sornione che ripete la filastrocca secondo cui una vettura veloce in qualifica non può essere lenta in gara. Ma dove sta scritto? Eppure è uomo di corse. Nel 2002 Montoya con la Williams fece ben sette pole position, chiudendo però con zero vittorie all’attivo in un anno dominato dalla Ferrari. Eppure Vasseur è fin troppo esperto per non sapere che tra giro secco e gara cambia tutto, evidentemente le sue parole sono un modo per liquidare stampa e tifosi, evidentemente la verità fa male.
La Ferrari è lenta. La Rossa puntava a tutta forza su Gedda, in GeS erano sicuri di far vedere il vero potenziale della SF-23 su un circuito (sulla carta) amico, con pieghe veloci, lunghi rettilinei e zero degrado. A Gedda un’altra Ferrari. Ci credevano loro e ci credevamo noi, immaginando il Cavallino quantomeno seconda forza. Scoprendo invece una monoposto che non manda in temperatura le gomme sufficientemente, non ha ritmo, non ha trazione. Insomma un progetto che su due piste diverse si è dimostrato carente, manca il terzo indizio per fare una prova, ma non ci aspettiamo miracoli a Melbourne.
Di chi è la colpa? Chi è il responsabile dello scempio in rosso? Vasseur? Assolutamente no. E’ arrivato da poco e ha trovato una situazione complicatissima, e la monoposto è figlia della precedente gestione. L’unica cosa che gli si chiede è di smetterla con quest’aura sorniona, da turista, come se fosse capitato lì per caso o andasse tutto bene. I sorrisi, la pacatezza, vanno bene se fai un sesto posto con la Sauber; in Ferrari dopo una gara come quella saudita i microfoni dovevano volare per aria, altro che “è un problema di assetto”.
La responsabilità è forse degli ingegneri di Maranello? No. Ferrari ha fior fior di tecnici, ognuno bravissimo nel proprio lavoro, ma evidentemente la metodologia di lavoro è completamente sbagliata. La Scuderia abbisogna di una profonda riorganizzazione, andrebbe cambiata velocemente: non cacciare nessuno, perché tutti sono utili alla causa, ma aggiungere tecnici esperti, di scuola inglese, che portino il loro metodo di lavoro.
Il metodo orizzontale è stato un fallimento, urge un direttore tecnico, molto bravo nel suo lavoro, che sappia comandare e indirizzare quello dei vari reparti (telaio, aerodinamica, motore), affinché la Rossa non operi a compartimenti stagni ma di concerto, seguendo una sola idea, un unico concetto di auto. Ad esempio se viene progettata un’ala questa una volta montata non dovrà ballare la macarena, ma funzionare subito.
E qui il discorso si sposta sulla volontà. Elkann, Vigna, i massimi dirigenti, sembrano non solo assenti, ma vivere in un multiverso tutto loro. Il presidente è lontano dal team, non commenta, pare aver delegato tutto. L’amministratore delegato l’abbiamo lasciato con proclami tuonanti sulla Rossa più veloce di sempre, non c’era alla presentazione dell’auto e le uniche notizie uscite sono su (non confermate) scaramucce con Vasseur su chi comanderebbe davvero in GeS.
Be’, a chiunque dei due decida – sperando sia monsieur Frederic che di F1 dovrebbe capirne un pelino in più di un ad che ha tutt’altra estrazione – chiediamo di andare a bussare alla porta dei migliori tecnici e portarli qui, oggi e non domani, per salvare il futuro, per salvare una squadra che non vince da sedici anni e continuerà a non farlo, se non si segue l’esempio della gestione Todt, che prese il gotha dell’epoca.
Una scuderia convinta di riscattarsi in un fine settimana dove è invece finita ultima dei top team, scoprendosi semplicemente lenta, è una squadra che non funziona bene, che forse sopravvaluta il proprio lavoro e che così non va da nessuna parte. Red Bull è su un altro pianeta, ripete il fuoriclasse malinconico Leclerc. Il problema è che sul pianeta Ferrari il problema sarebbe solo di bilanciamento. Buona fortuna.
Antonino Rendina
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